“A fare le cose senza tener conto delle regole succedono pasticci come è accaduto per la riforma della Pubblica Amministrazione che la Consulta ha poi in parte bocciato. E’ stato il Governo a negare il via libera sulle risorse per l’emergenza sanitaria tarantina. Ci sono i resoconti parlamentari e gli sms che lo dimostrano”, afferma Francesco Boccia al telefono con l’HuffPost senza nascondere il suo stupore. La polemica incrociata tra Palazzo Chigi, Camera e Regione Puglia sui 50 milioni spariti dalla legge di Bilancio per i malati dell’Ilva della città pugliese dura ormai da giorni. Il presidente del Consiglio ha però scaricato la colpa su Boccia, presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio: “È lui che ha dichiarato inammissibile quell’emendamento, siamo alla mistificazione della realtà, noi siamo pronti a discutere al Senato”, ha detto il premier durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi.
Ricostruzione totalmente falsa, dice Boccia all’HuffPost. “Per due volte, durante i lavori in Commissione, ho chiesto al governo il perché non ci fosse il via libera sull’emendamento Taranto. E mi sono sentito rispondere per due volte che non c’era l’ok dell’esecutivo. Punto. Tutto questo è corredato non solo dai riscontri parlamentari ma anche da decine di sms volati quella notte tra Camera, Mef e Palazzo Chigi. Non riduciamoci a questo, vorrei evitare di aprire il mio telefonino”.
Il premier inciampa così su Taranto. Un passo falso che può costare caro in termini di consenso nella settimana decisiva prima del referendum costituzionale di domenica. Soprattutto perché è nel Sud Italia che si sta concentrando l’attenzione del Governo per cercare di tirare la volata al Sì. Il Meridione, come dimostrato anche da uno studio dell’Istituto Cattaneo, sarà il vero ago della bilancia che deciderà le sorti della partita più importante per Renzi. E il premier non ci sta a passare come il leader dell’esecutivo che ha tolto risorse economiche a una città in condizioni sanitarie difficilissime come Taranto. Ma deve fare i conti con le smentite di Francesco Boccia e del Governatore Michele Emiliano.
L’emendamento in questione prevedeva la deroga al decreto ministeriale 70 sull’organizzazione dei servizi sanitari regionali per la Puglia, sbloccando così 50 milioni di euro per i malati Ilva. Ricostruisce Boccia: “Nella legge di Bilancio arrivata dal Governo c’erano 104 articoli. E dentro c’era di tutto, da cose importanti come l’Ape, le pensioni e le misure fiscali ad altre meno prioritarie, come la Ryder Cup, la coppa del mondo di sci, il centro di meteorologia europeo. Taranto non c’era. Se c’era la volontà politica avrebbero stanziato i soldi già lì, nell’articolato originario”.
Cosa accade poi? Secondo le regole parlamentari tutti gli emendamenti che non sono scritti a norma vengono stralciati. “Questo non lo decido io o Matteo Renzi, ma le leggi che vengono fatte rispettare da eccellenti uffici tecnici della Camera”. Gli emendamenti saltati perché inammissibili possono poi essere recuperati dal Governo o dal relatore. E qui Boccia dice come è andata. Il passo successivo è “la lista delle priorità fatta da maggioranza e presidente di Commissione in accordo con il Governo”. In questa fase vengono quindi recuperate tutte le proposte di modifica saltate (duemila su cinquemila di natura parlamentare più quelle di fonte governativa eliminate dall’articolato presentato da Palazzo Chigi). Tra queste c’è di tutto: dalla famosa Ryder Cup alla Coppa del Mondo di scii fino al centro meteorologico europeo. “Punto A: il Governo ha presentato gli emendamenti e Taranto non c’era, né prima né dopo. Punto B: il relatore ha presentato l’emendamento Taranto ma il governo ha negato il via libera. Nella notte tra il 23 e il 24 novembre è arrivato lo stop di Palazzo Chigi. Non c’è nessun mistero”.
Secondo Boccia c’è “uno stato di schizofrenia evidente” ma “suppongo che Renzi abbia detto quello che ha detto perché è stato informato in maniera errata. Ha detto una cosa da tanto al chilo”, conclude Boccia.
Ma il presidente del Consiglio non ha riservato parole affettuose neanche per il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, definendo la polemica da lui innescata “strumentale” dato che il “Governo ha messo 1,6 miliardi su Taranto”.
Anche Emiliano però non ci sta a passare per colpevole. E allora rifà i conti al premier: “Verifico che quanto ho spiegato al presidente Renzi durante la cosiddetta ‘rifirma del Patto per Taranto’ gli è nuovamente sfuggito. Rifacciamo i conti: gli 850 milioni del Contratto istituzionale per Taranto riguardano essenzialmente interventi programmati a valere su fondi regionali FAS 2000/2006 e FSC 2007/2013 e quindi precedenti all’insediamento dell’attuale governo. Il presidente del Consiglio parla di circa 1,6 miliardi per Taranto. Pertanto suppongo che gli ulteriori 750 milioni di euro siano da ricondurre ad interventi per la cosiddetta riambientalizzazione di Taranto, e su questo la comunità pugliese si riserva di valutarne gli effetti non appena saranno chiari gli interventi realizzati o da realizzare”.
Il governo nei giorni scorsi ha assicurato che riesaminerà la questione durante i lavori sulla legge di Bilancio al Senato. Proprio quel Senato che il governo si appresta a ridimensionare con la riforma costituzionale, laddove venisse approvata. Non è un bell’inizio di settimana per Renzi, a sei giorni dal fatidico 4 dicembre.
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