Libero risponde alle critiche per il titolo su Virginia Raggi elencando i titoli sessisti sul blog di Beppe Grillo

“Pistola fumanti”. Così Libero decide di aprire l’edizione di oggi, dopo la bagarre di ieri in seguito al titolo rivolto alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Quanto chiasso per una ‘patata bollente’, l’occhiello del titolo. “Gli educati inventori del Vaffaday ci mettono alla gogna e la sinistra si accoda accusandoci si sessismo – si legge nel sommario che accompagna l’editoriale del direttore Vittorio Feltri -. Ma quando riservammo a Ruby la medesima copertina dedicata alla Raggi nessuno si lamentò, al solito, due pesi e due misure”.

In prima pagina anche un editoriale di Gianluca Veneziani dal titolo “Così i professionisti dell’insulto trattano le rivali politiche”, corredato da un fotomontaggio ripreso dal blog di Grillo che nel 2011 “sbeffeggiava alcuni protagonisti del dibattito sul caso Ruby”, come si legge nella didascalia dell’immagine con Gad Lerner, Mara Carfagna, Nicole Minetti e la stessa Ruby.
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Mps non ottiene la proroga Bce. Crolla il titolo. Fonti Tesoro: “Pronto il decreto per salvare la banca”

La notizia trapelata dalla Bce di un no alla proroga dei tempi per l’aumento di capitale e una giornata drammatica in Borsa hanno stretto in modo perentorio il sentiero di Mps verso il salvataggio. Ora il tempo è davvero agli sgoccioli e la soluzione passa sempre di più per il salvataggio pubblico, con il Tesoro che ha già messo a punto lo schema del decreto per salvare il Monte con denari pubblici. Il 31 dicembre è il termine ultimo per raccogliere i 5 miliardi di euro della ricapitalizzazione. La parola d’ordine è fare presto, una locuzione che si intreccia con la partita della formazione del nuovo governo, dove la vicenda Mps è piombata come un macigno. Al piano A, quello della soluzione di mercato, credono ancora i vertici della banca, che nel corso del cda che si è tenuto a Milano hanno deciso di andare avanti con questa opzione, ma l’aggiornamento della stessa riunione del cda a domenica pomeriggio, quando probabilmente avrà giurato il nuovo esecutivo, rende evidente che chi guida Mps sta di fatto prendendo tempo in attesa che il quadro politico si stabilizzi.

Una giornata drammatica per Rocca Salimbeni a piazza Affari. Dopo una raffica di sospensioni, il titolo ha chiuso a -10,5 per cento. L’ombrello dello Stato è pronto ad aprirsi per contribuire a una fetta importante della ricapitalizzazione, subentrando nel ruolo di garante al consorzio bancario guidato da JPMorgan e Mediobanca. Di fatto spetterà allo Stato fare da garante di ultima istanza per l’acquisto dell’inoptato, cioè tutto quel nuovo capitale che non troverà un riscontro positivo sui mercati. Qui si inseriscono le aspettative dei vertici della banca di non far tramontare del tutto il piano A. Si lancerà l’aumento di capitale in un contesto dove un nuovo governo, un nuovo premier e il decreto del governo che disegna l’ombrello protettivo potranno giocare una funzione di stimolo nei confronti degli investitori, a iniziare dal fondo del Qatar, che potrebbero così contribuire alla partita dell’aumento di capitale. L’amministratore delegato, Marco Morelli, avrebbe esposto al cda l’idea di lanciare l’aumento di capitale la prossima settimana riaprendo la conversione dei bond subordinati retail. In questo modo i risparmiatori potrebbero contribuire all’aumento di capitale fino a due miliardi e la restante parte verrebbe coperta dal miliardo già in cassa con la conversione volontaria dei bond e dall’intervento del fondo del Qatar e del mercato.

Qualora l’avventura sui mercati dovesse andare male, ecco pronta la rete protettiva del Tesoro. Una soluzione che si declina attraverso la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale, prevista dall’articolo 32 della direttiva Ue sulle banche e autorizzata per gli istituti, come Mps, che non hanno superato gli stress test, senza tuttavia risultare insolventi.

Come si articola l’intervento del Tesoro? XX settembre sottoscriverebbe l’aumento precauzionale per la quota mancante rispetto ai 5 miliardi da raccogliere. Siena ha già raccolto 1 miliardo dalla conversione volontaria dei bond in azioni. Altri due miliardi verrebbero raccolti attraverso la conversione forzata delle obbligazioni subordinate in mano al retail, mentre un miliardo dalla conversione dei bond in mano agli investitori istituzionali. Operazioni che daranno vita alla nazionalizzazione della banca più antica del mondo: il Tesoro, già azionista con il 4%, salirebbe al 20 per cento.

Il decreto è pronto nelle sue linee generali e si lavora intanto alla soluzione del nodo principale, cioè come tutelare i circa 40mila piccoli risparmiatori che sono possessori di oltre 2 miliardi di obbligazioni subordinate. L’operazione di salvataggio pubblico prevede, infatti l’acquisto da parte dello Stato di questi bond, che saranno poi convertiti in azioni. Il nodo è rappresentato appunto dall’entità e dalle modalità del risarcimento che deve essere corrisposto a questi risparmiatori che vedranno appunto azzerarsi il valore delle obbligazioni detenute.

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Mps, via libera al piano industriale. Il titolo vola in Borsa a +28%. Ora si aprono due mesi decisivi per il futuro di Siena

Via libera del consiglio d’amministrazione di Mps al nuovo piano industriale con cui presentarsi al mercato per chiedere i 5 miliardi di euro necessari a ripulire il bilancio della banca da 27,7 miliardi di sofferenze e ad alzare le coperture sugli altri crediti deteriorati ancora sui libri della banca. Il via libera al piano è arrivato nel corso di un consiglio-fiume, iniziato alle 10 di mattina e protrattosi fino a sera nel corso del quale sono stati anche approvati i conti del terzo trimestre e convocata l’assemblea che, a fine novembre, dovrà approvare l’aumento fino a cinque miliardi di euro necessario a ricostituire i requisiti patrimoniali chiesti dalla Bce.

In attesa di conoscere i numeri del piano, che secondo indiscrezioni potrebbe prevedere un utile superiore al miliardo al 2019 per la banca ripulita, il titolo ha registrato l’ennesimo rally di Borsa, chiudendo con un poderoso rialzo del 28,28% a 0,34 euro, tra scambi pari al 14,7% del capitale. Da martedì scorso le azioni hanno raddoppiato il loro valore – la capitalizzazione è ora di 1 miliardo di euro – ed è passato di mano oltre il 50% del capitale sulle voci di contatti con grandi fondi sovrani (Qatar, Kuwait, Abu Dhabi), ricchi investitori (da Blackrock a George Soros) ed hedge fund. Nessuno ha per ora assunto impegni di sottoscrizione ma chi farà richiesta potrà accedere a una data room subordinatamente alla sottoscrizione di un accordo di riservatezza. Ad alimentare la corsa del titolo ha contribuito anche il ‘piano B’ messo a punto dal banchiere ed ex ministro, Corrado Passera, che punta a ridurre l’ammontare dell’aumento di capitale attorno agli 1-1,5 miliardi di euro grazie all’intervento di alcuni grandi fondi Usa (tra cui Atlas e Warburg Pincus).

Dopo l’approvazione del piano industriale si aprono due mesi decisivi per Mps, nel corso dei quali si capirà se la ‘soluzione di mercato’ auspicata dal governo e a cui lavorano gli advisor Jp Morgan e Mediobanca riuscirà a risolvere i problemi dell’istituto senese, allontanando una volta per tutte le spettro del ‘bail-in’.

Domani il piano messo a punto dall’amministratore delegato Marco Morelli verrà presentato al mercato e alla stampa dopodiché inizierà il road-show di un paio di settimane tra gli investitori per convincerli a puntare sulla ‘nuova’ Mps, ripulita da 27,7 miliardi di sofferenze. Tappe fondamentali saranno Londra, dove Morelli si fermerà da mercoledì a venerdì, e New York, dove il banchiere volerà la prossima settimana.

A fine novembre si terrà l’assemblea per approvare l’aumento di capitale fino a cinque miliardi di euro, il cui esatto ammontare sarà definito, a ridosso dell’assise, sulla base della disponibilità degli obbligazionisti subordinati a convertire i propri bond in azioni e dell’impegno di eventuali anchor investor (sono circolati i nomi di Qatar, Kuwait, Cina, oltre che di grandi investitori come Blackrock, Soros e Paulson) a prenotare fette importanti della ricapitalizzazione.

Per ottenere il via libera dell’assemblea straordinaria (l’aumento è senza diritto di opzione, dunque penalizzante per gli attuali soci) servirà la partecipazione di almeno il 20% del capitale e il sostegno della maggioranza. Ma più dei quorum assembleari la vera incognita è rappresentata dall’esito del referendum del prossimo 4 dicembre. In caso di vittoria del ‘sì’, il consorzio di collocamento avrebbe ‘una storia’ da vendere insieme alla azioni Mps, quella di un Paese che fa le riforme e di un premier ben saldo alla sua guida. In tal caso l’aumento partirebbe tra il 6 e il 7 dicembre per concludersi prima di Natale. Ma se dovesse vincere il no, l’aumento verrebbe rinviato al 2017, con esiti molto incerti, per sottrarre Mps alla volatilità che si abbatterà sul mercato.

Poco prima dell’aumento, sulla base dell’interesse suscitato tra gli investitori, verrà anche definito il prezzo a cui verranno vendute le nuove azioni mentre contestualmente all’aumento verranno ceduti i 27,7 miliardi di sofferenze a un veicolo che dovrà successivamente cartolarizzarle, grazie all’intervento di Atlante e a un prestito-ponte di 5 miliardi di Jp Morgan.
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Mediaset presenta un ricorso contro Vivendi: “Sequestrare il 3,5% delle azioni dei francesi”. Il titolo ko in Borsa

Mediaset stringe nella battaglia giudiziaria contro Vivendi per portare il gruppo francese a onorare il contratto per l’acquisto di Premium. Secondo quanto appreso dall’ANSA, il Biscione ha depositato una richiesta di sequestro di azioni proprie di Vivendi pari al 3,5% del capitale (dal valore di circa 820 milioni), cioè la quota che le parti si sarebbero dovute scambiare: il Tribunale di Milano ha fissato la prima udienza sull’istanza cautelare per il prossimo 8 novembre, mentre al momento le cause per danni intentate da Mediaset e Fininvest rimangono in calendario il 21 marzo 2017.

Di fronte al giudice civile Vincenzo Perrozziello, che ha accolto la fondatezza del ricorso d’urgenza di Mediaset, le parti dovranno presentarsi e presumibilmente portare proprie memorie sulla vicenda: di fatto il Biscione prova a ‘stanare’ i francesi, che per ora tentano di cuocere lentamente una controparte che si deve occupare interamente di una società che pensava di aver già ceduto, non potendo tra l’altro compiere su di essa alcuna scelta. Formalmente la pay tv sarebbe infatti in una gestione condivisa, ma se il management Mediaset prende delle decisioni queste potrebbero venir impugnate come mancanze nel contratto di vendita.

Oggetto del contendere è ovviamente il contratto di acquisto di Premium da parte di Vivendi firmato nell’aprile scorso con uno scambio paritario del 3,5% tra le capogruppo Mediaset e Vivendi. La valorizzazione della pay tv, dalla quale sarebbe dovuto uscire il socio di minoranza Telefonica, fu superiore ai 700 milioni, ma in maggio i conti del primo trimestre di Premium evidenziarono una perdita mai emersa prima: oltre 56 milioni, che in proiezione indicava un rosso di oltre 200 milioni l’anno, pur superando la quota di due milioni di abbonati.

Ed è su questa debolezza strutturale della pay tv che in Borsa il titolo Mediaset fatica: nell’ultima seduta il Biscione ha ceduto il 4% tornando ai minimi degli ultimi due anni toccati in agosto. Dall’emersione dei contrasti con Vivendi Mediaset ha perso il 20%, dalla Brexit un terzo del suo valore. La novità delle ultime ore è che Premium, che già ha dato via libera a un aumento di capitale per ripianare le perdite, potrebbe fortemente rivedere il suo perimetro. In che modo non è ben chiaro, ma gli analisti pensano ovviamente a un forte taglio dei costi.

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Ricorso sul quesito referendario. “Spot per il Sì” per M5S e Sinistra. “Riprende il titolo della legge” per i dem. Il Colle si tira fuori

“Quella scheda è uno spot, così non rispetta la legge”. La guerra referendaria finisce tra carte bollate e ricorsi con i comitati del No che chiedono l’impugnazione del quesito che comparirà sulla scheda davanti al Tar. Dietro le quinte della tenzone giuridica, i senatori del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi e di Sinistra Italiana, Loredana De Petris che contestano la formulazione “impropria e incompleta ”che finisce per tradursi in uno “spot pubblicitario a favore della conferma e dunque inganna i cittadini”. La querelle è nota da quando è stata svelata la scheda che sarà consegnata agli elettori il prossimo 4 dicembre.

Questo il contenuto: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione, approvato dal Parlamento eccetera eccetera…?”.

“E chi non sarebbe d’accordo?”, dicono i fautori del No, secondo cui nella domanda per loro manca molto altro. Secondo le motivazioni presentate davanti al tribunale amministrativo dagli avvocati Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, quel testo non rispetterebbe la legge che regola i passaggi del referendum costituzionale. Il punto d’attacco è la legge 352 del 1970 dove all’articolo 16, si prescrive che nel quesito sia indicato il singolo o i singoli articoli della Costituzione oggetto di revisione. La seconda contestazione, riguarda la citazione sul “contenimento dei costi” che non trova riferimento nelle norme revisionate, ma è solamente una conseguenza e neppure poi tanto certa. Chiedono perciò di riformulare la domanda nella scheda al fine di rendere chiara in tutte le parti la scelta dell’elettore evitando letture distorte.

“Un ricorso pretestuoso, summa di cavilli” replicano dalla maggioranza, che si limita a ricordare come sia stata la Cassazione a dare il via libera al quesito. Il costituzionalista Stefano Ceccanti conferma che la domanda da sottoporre all’elettore “non può che riprendere il titolo della legge votato dalle Camere e che il richiamo ai singoli articoli non c’è stato neppure nelle precedenti consultazioni”. Ma la vicenda del ricorso fa tanto rumore e ottiene già il primo effetto di rimbalzare sul Quirinale contro il quale si rivolgono le sedici pagine di motivazioni degli avvocati Palumbo e Bozzi. Un quesito e una formulazione da cui la Presidenza della Repubblica si tira subito fuori, ricordando che “è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, secondo le norme e riproduce il titolo della legge approvata dal Parlamento”.

Fondate o meno le motivazioni del ricorso, il Colle non vuole entrare nella disfida restando in territorio neutrale. Una precisazione corretta per il costituzionalista Francesco Clementi, che definisce bene il percorso referendario. Interpellato dall’Huffington Post, spiega che le motivazioni del ricorso hanno pochi appigli. La legge 352 è chiara, e prevede due scelte differenti per la formulazione del quesito referendario. “In questo caso il governo ha preferito la seconda ipotesi così com’è avvenuto anche nelle precedenti tornate referendarie ”. Questa la domanda semplificata: “Approvate il testo della legge costituzionale… concernente… approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero …del …?”. Versione “più leggibile e aggiungo di buon senso”, spiega ancora il professor Clementi, “ perché supportata dalla giurisprudenza con una sentenza della Corte costituzionale: la scelta da sottoporre all’elettore deve essere intellegibile, questi deve capire ciò che sta votando, sia con il voto elettivo sia deliberativo come nel caso del referendum”.

Se lo scontro tra i Sì e i No, si arma delle baionette giuridiche, c’è da giurare che saranno due mesi di campagna elettorale senza esclusione di colpi e il campo di battaglia del Tar, sarà solo uno dei tanti.

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Juventus, è festa scudetto! Quarto titolo consecutivo – Tuttosport


Tuttosport

Juventus, è festa scudetto! Quarto titolo consecutivo
Tuttosport
GENOVA – E sono quattro. La Juventus conquista il quarto scudetto consecutivo con quattro giornate di anticipo che ora serviranno come allenamento per la Champions League e la finale di Coppa Italia. E' lo scudetto che arriva prima di tutti: alla 34ª giornata …
Genova per loro: la festa Juve è a MarassiLa Stampa
Vecchia Signora, che noiaIl Tempo

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