Il nuovo spot dell’Adidas in una casa di riposo insegna che la libertà è quello che abbiamo di più prezioso

Bastano un paio di scarpe per sentirsi veramente liberi. Partendo da questa semplice verità, il regista moldavo Eugen Merher ha creato un nuovo spot per la Adidas ambientandolo in una casa di riposo e facendo commuovere il mondo intero.

Il protagonista del video è un ex atleta, ormai costretto a soggiornare in una casa di riposo e a non poter mai uscire dalla struttura che lo ospita. Ritrovate per caso un paio di scarpe vecchie – di marca Adidas, ovviamente -, nasce di nuovo in lui la voglia di correre, di uscire da quella che percepisce come una prigione, di sentirsi finalmente libero.

L’uomo tenta allora più volte di fuggire, correndo, via di lì, ma il personale infermieristico dell’ospizio riesce a bloccarlo ogni volta prima di aver guadagnato la porta di uscita. Questo intristisce molto l’anziano, che si chiude nel mutismo e nella depressione, specie quando quella che sembra essere la direttrice della struttura gli toglie le sue adorate scarpe.

I suoi amici – anziani rinchiusi come lui – riescono però a “rubare” le Adidas dall’armadietto della donna, dando il coraggio all’ex atleta di provare un’ultima volta la sua fuga. Riuscendo a bloccare l’intervento degli infermieri, gli amici dell’uomo decretano il suo successo, in un finale che fa scendere più di qualche lacrima a chi guarda il video.

In realtà, il trionfo della libertà e della vita grazie a un paio di scarpe da ginnastica sembra non aver interessato molto l’Adidas, che non ha commissionato il girato, realizzato in autonomia dal giovanissimo Eugen, allievo della Filmacademy Baden-Wuerttemberg. “Abbiamo provato a spedire all’azienda il video, ma loro non hanno reagito” ha spiegato il regista in erba all’Huffington Post.

Evidentemente il brand tedesco non ha compreso l’importanza del cosiddetto storytelling dei valori, ormai in voga nel mondo del marketing e secondo cui raccontare i valori dell’azienda è ormai diventato il modo più efficace per fidelizzare i clienti. Non a caso, nelle ultime ore la Samsung ha portato avanti una operazione molto simile per il pubblico indiano, realizzando un spot con protagonisti dei non vedenti.

La viralità dello spot, tuttavia, potrebbe far cambiare idea alla Adidas.

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Il nuovo spot di Natale di John Lewis è comico: un cane prende possesso del regalo della bambina

L’atteso spot di Natale di John Lewis è finalmente uscito, ma quest’anno la famosa catena ha deciso di creare un video davvero speciale. L’ironica clip, già annunciata dal teaser, non è la solita pubblicità natalizia, ma ha qualche cosa in più.

Una bambina, che ha tanto desiderato il suo regalo di natale, riceve una inaspettata sorpresa: la mattina di Natale vede infatti il cane di casa prendere possesso del suo regalo. La scena è comica: l’animale salta soddisfatto su un tappeto elastico. “I regali che tutti ameranno” è la frase conclusiva dello spot, e sì anche il cane, e gli animali selvatici, ameranno il dono di natale della bambina.
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“Ehi tu porco, levale le mani di dosso”: nello spot di Hillary, Trump diventa Biff di Ritorno al Futuro

Trump come Biff Tannen. L’ultimo spot elettorale di Hillary Clinton fa presa sulla memoria collettiva cinematografica americana: nella clip, pubblicata sull’account twitter della candidata democratica, The Donald diventa il bullo della celebre trilogia di fantascienza.

Il video inizia con una semplice definizione tratta dal vocabolario della parola: “Bullo è una persona arrabbiata e prepotente, che denigra e intimidisce gli altri”. Tra le scene dei film appaiono l’infermiera Rached di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, le cattive ragazze di “Mean Girls” e poi Biff Tanned, l’eterno bullo di “Ritorno al futuro”.

Il violento e arrogante Biff Tannen nel video di Hillary è associato al suo antagonista per la corsa alla Casa Bianca. Nella clip si vede Trump schernire i suoi avversari politici (e non) così come Biff faceva con McFly. Il tycoon è ripreso mentre ripete pedissequamente la parola “stupido”, mentre zittisce le persone e utilizza similitudini come “piccolo bambino” e “maiale”. Il video culmina nell‘imitazione di un giornalista disabile, Serge Kovaleski.

Il filmato si conclude con Hillary che dialoga con una bambina, che le dice di essere presa in giro dai suoi coetanei perché soffre d’asma. Questo il messaggio della candidata alla presidenza: “Esistono tanti bulli a questo mondo. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di averne uno alla Casa Bianca”.

Dopo il paragone Trump-Biff, si potrebbe pensare, relativamente agli scandali sessuali del candidato repubblicano, la stessa frase che il protagonista di “Ritorno al futuro” ripete a Biff Tannen: “Porco, levale le mani di dosso!”.


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Ricorso sul quesito referendario. “Spot per il Sì” per M5S e Sinistra. “Riprende il titolo della legge” per i dem. Il Colle si tira fuori

“Quella scheda è uno spot, così non rispetta la legge”. La guerra referendaria finisce tra carte bollate e ricorsi con i comitati del No che chiedono l’impugnazione del quesito che comparirà sulla scheda davanti al Tar. Dietro le quinte della tenzone giuridica, i senatori del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi e di Sinistra Italiana, Loredana De Petris che contestano la formulazione “impropria e incompleta ”che finisce per tradursi in uno “spot pubblicitario a favore della conferma e dunque inganna i cittadini”. La querelle è nota da quando è stata svelata la scheda che sarà consegnata agli elettori il prossimo 4 dicembre.

Questo il contenuto: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione, approvato dal Parlamento eccetera eccetera…?”.

“E chi non sarebbe d’accordo?”, dicono i fautori del No, secondo cui nella domanda per loro manca molto altro. Secondo le motivazioni presentate davanti al tribunale amministrativo dagli avvocati Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, quel testo non rispetterebbe la legge che regola i passaggi del referendum costituzionale. Il punto d’attacco è la legge 352 del 1970 dove all’articolo 16, si prescrive che nel quesito sia indicato il singolo o i singoli articoli della Costituzione oggetto di revisione. La seconda contestazione, riguarda la citazione sul “contenimento dei costi” che non trova riferimento nelle norme revisionate, ma è solamente una conseguenza e neppure poi tanto certa. Chiedono perciò di riformulare la domanda nella scheda al fine di rendere chiara in tutte le parti la scelta dell’elettore evitando letture distorte.

“Un ricorso pretestuoso, summa di cavilli” replicano dalla maggioranza, che si limita a ricordare come sia stata la Cassazione a dare il via libera al quesito. Il costituzionalista Stefano Ceccanti conferma che la domanda da sottoporre all’elettore “non può che riprendere il titolo della legge votato dalle Camere e che il richiamo ai singoli articoli non c’è stato neppure nelle precedenti consultazioni”. Ma la vicenda del ricorso fa tanto rumore e ottiene già il primo effetto di rimbalzare sul Quirinale contro il quale si rivolgono le sedici pagine di motivazioni degli avvocati Palumbo e Bozzi. Un quesito e una formulazione da cui la Presidenza della Repubblica si tira subito fuori, ricordando che “è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, secondo le norme e riproduce il titolo della legge approvata dal Parlamento”.

Fondate o meno le motivazioni del ricorso, il Colle non vuole entrare nella disfida restando in territorio neutrale. Una precisazione corretta per il costituzionalista Francesco Clementi, che definisce bene il percorso referendario. Interpellato dall’Huffington Post, spiega che le motivazioni del ricorso hanno pochi appigli. La legge 352 è chiara, e prevede due scelte differenti per la formulazione del quesito referendario. “In questo caso il governo ha preferito la seconda ipotesi così com’è avvenuto anche nelle precedenti tornate referendarie ”. Questa la domanda semplificata: “Approvate il testo della legge costituzionale… concernente… approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero …del …?”. Versione “più leggibile e aggiungo di buon senso”, spiega ancora il professor Clementi, “ perché supportata dalla giurisprudenza con una sentenza della Corte costituzionale: la scelta da sottoporre all’elettore deve essere intellegibile, questi deve capire ciò che sta votando, sia con il voto elettivo sia deliberativo come nel caso del referendum”.

Se lo scontro tra i Sì e i No, si arma delle baionette giuridiche, c’è da giurare che saranno due mesi di campagna elettorale senza esclusione di colpi e il campo di battaglia del Tar, sarà solo uno dei tanti.

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