Rigopiano, i parenti dei dispersi tra speranza e rassegnazione: “Mio figlio sarà morto di freddo”

È una notte di speranza nel centro di coordinamento di Penne. Forse l’ultima. È una notte di rassegnazione davanti all’obitorio dell’ospedale di Pescara, dove questa mattina sono arrivati i corpi senza vita dei due ragazzi morti intrappolati nell’hotel Rigopiano. I Vigili del Fuoco nel tardo pomeriggio stazionano davanti la porta della camera mortuaria in attesa che, su un’autoambulanza, arrivi la terza vittima tirata fuori dalle macerie e da una montagna di neve. I genitori sono in arrivo per compiere il triste rito del riconoscimento. L’ennesimo dal 24 agosto, quando il terremoto ha causato quasi trecento vittime.

I parenti delle persone coinvolte nel crollo del Rigopiano e di cui non si hanno notizie sono radunate a Penne, in una stanza all’interno dell’ospedale. “Speriamo, speriamo”, dice una donna, che poi scoppia in lacrime. Ore e ore di attesa e di paura. Due papà scendono dalla montagna piangendo. Sono i genitori di Stefano Faniello, 28 anni, e di Stefania Bronzi 25: “Era la loro prima vacanza insieme, sono fidanzati ed erano venuti qui per fare qualche giorno di relax. Speriamo che siano vivi, devono essere vivi insieme”. Ma i loro occhi sono pieni lacrime.

Secondo qualcuno, le persone presenti in albergo forse hanno trovato rifugio nel centro benessere al piano inferiore, ma è l’ultima speranza a cui ci si aggrappa in questa notte, anche se i cani dell’unità cinofila non rilevano presenze ormai da molte ore. “Siamo tutti all’oscuro, non sappiamo niente di niente”, dice il padre di una ragazza, la quale ha mandato un ultimo sms alle quattro del pomeriggio di ieri spiegando che non riusciva ad andar via dall’albergo per la colpa della troppa neve, che voleva scappare ma non potere muoversi. E infatti lo spazzaneve non è mai arrivato lassù, a 1200 metri di altezza dove sorgeva il resort diventato come l’hotel Roma di Amatrice una trappola umana.

A tarda sera, secondo i calcoli della Protezione civile, i dispersi dell’hotel Rigopiano dovrebbero essere 29, si continua a scavare anche di notte. “È la speranza il motore dei soccorsi, senza speranza i soccorritori non lancerebbero il cuore oltre l’ostalo”, dice Fabrizio Curcio. Ma gli occhi dei parenti, nella saletta dell’ospedale di Penne, sono quasi spenti: “C’erano tantissimi ragazzi, erano tutti i giovani i ragazzi che lavorano lì”. Qualcuno ha voglia di dire qualcosa, tanti altri preferiscono restare in silenzio e nel dolore. Sperando in ciò che anche loro considerano impossibile: “Mio figlio sarà morto di freddo”. Lungo i corridoi e nelle varie sale dell’ospedale di Penne ci sono una quindicina di psicologhe: “Cerchiamo di stare vicini a queste persone in momenti terribili e difficili – spiega una delle volontarie – in questo momento non c’è altro da fare che attendere e stare loro vicini. Li aiuta molto anche il fatto di essere in connessione tra loro – prosegue la psicologa – non è una situazione facile e c’è bisogno di sostegno”.

Si dispera, dal letto del reparto di Rianimazione di Pescara, Giampiero Parete, il,38enne di Montesilvano che si è salvato per puro caso: “Mia moglie aveva mal di testa e aveva bisogno di una medicina che era in macchina. Allora sono uscito dall’albergo e sono andato in auto. Mentre tornavo verso l’hotel ho sentito rumori e scricchiolii e ho visto la montagna cadere addosso all’edificio. Ha travolto anche me, ma parzialmente. Ho visto gran parte dell’albergo ricoperto dalla neve”. Poi piange e si dispera perché sotto ciò che resta dell’hotel Rigopiano ci sono ancora la moglie e i due figli di 6 e 8 anni. Le speranze sono ormai ridotte a lumicino e domani, nell’obitorio di Pescara, potrebbe continuare il lungo tragico rito del riconoscimento delle vittime.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Il derby tra “rabbia e speranza” precipita sul Pd. La minoranza dem: “Parole da capo-ultrà”

Il “derby” precipita sul Pd. Quando Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani si sentono per un rapido scambio, appena finito il discorso di Renzi, la rabbia per i toni ascoltati alla Leopolda scalda la linea telefonica: “Questo non è né il discorso di uno statista ne’ di un leader. È il discorso di un capo ultras che aizza le curve. Usa la costituzione prima per dividere il paese, ora per dividere il Pd”.

È così forte la rabbia che, a quel punto, l’ex segretario stacca il telefono, per qualche ora di pace prima di volare a Palermo, per il suo tour siciliano a favore del no, da dove risponderà colpo su colpo. Mentre Roberto Speranza, invece, inizia a dare interviste ai quotidiani. Il problema, come in ogni derby, è come si arriva al 90 minuto. Perché la Leopolda segna il salto di qualità. Nel senso che si è passati dal “noi non ce ne andremo dal Pd che è casa nostra” al “Renzi ci vuole cacciare”. Gli affondi dal palco contro la Ditta, annoverata nell’elenco degli avversari come Grillo e Salvini, l’ironia su Schifani “che ha cambiato idea per alludere a Bersani” con la complicità della platea, ma soprattutto quei cori: “Fuori, fuori” all’indirizzo dei propri compagni di partito: “Se vince il si – ragiona Speranza con i suoi compagni nasce il Partito di Renzi”.

L’odore della pulizia etnica delle liste già si sente: “Ormai – dice un militante di Montecatini alla Leopolda – l’insofferenza è antropologica, si vive da separati in casa. I bersaniani con me non parlano, io non parlo con loro”. Gli applausi più forti alla Leopolda sono contro la sinistra interna. Né c’è un solo dirigente renziano che minimizza i cori “fuori fuori”, o che magari dice “è un errore di qualche scalmanato”, “dal 5 novembre si sta tutti assieme, chi ha votato si e chi ha votato no”: “Renzi – sbotta arrabbiato Bersani – continua a mettere le dita negli occhi alla sua gente, pensando che arrivino i voti delle destra ma sbaglia”.

Accaldato, camicia pezzata di sudore più di quella di Bettino Craxi a Bari, il premier ha chiamato alle armi per la battaglia finale. Nei toni, però, in parecchi vedono anche evidenti segni di paura, anche tra i suoi: “È stanco, nervoso – dice chi ha scambiato qualche battuta nel backstage – perché i sondaggi non sono belli”. I suoi collaboratori coccolano i giornalisti, l’attenzione alla comunicazione, trasmissioni e tg, è quasi maniacale, a vedere gli sguardi preoccupato con cui guardano Marco Travaglio a In Mezz’ora per poi mettere a punto il contro spin.

Uno di loro fa notare che, nel rumore di fumi e tamburi del derby, rischia di sfuggire la “notizia”, ovvero che il premier ha dato appuntamento alla prossima Leopolda dal 20 al 22 ottobre del 2017. Significa che non solo non cambia mestiere, non solo non lascia la politica, ma che la battaglia continua, sia in caso di vittoria che di sconfitta: “Gli basta lo 0,1 in più per fare piazza pulita” assicurano. Non a caso Gianni Cuperlo non è stato nemmeno nominato, né il famoso documento sulla legge elettorale in nome del quale Cuperlo ha rotto, segno che il premier di qui a un mese tutto ha intenzione di fare fuorché parlare delle modifiche all’Italicum: “Quella bozza – dice Bersani – è un pezzetto di carta che non vale nulla”.

Quel che vale, a questo punto, è solo il risultato al novantesimo minuto: “Sta trasformando in un bunker l’Italia del si – dice Miguel Gotor – lacera il paese, divide il Pd. Con questo approccio già abbiamo visto come sono andate le amministrative. Avrà un risveglio amaro”.

Due milioni di voti del Pd è la cifra stimata per procurare a Renzi questo tipo di risveglio, ovvero un quinto dell’elettorato del Pd. Questi i calcoli del pallottoliere della Ditta. Risveglio amaro, ma fino a un certo punto, dicono gli altri. David Ermini, un ragionatore, pacato, parlotta vicino al bar: “Io sono convinto che vince il si, ma nella malaugurata ipotesi che vinca il no, quello che prende Matteo, il 48, il 47, il 49 che sia, è tutto suo. È un capitale politico enorme, mentre nel restante 52 ci sono Grillo, Salvini, D’Alema, Berlusconi. Ma dove vanno?”.

Ipotesi, scenari, timori. 28 giorni al risultato, in un clima infernale dentro il Pd: “Per Renzi – è la battuta che fa spesso Bersani con i collaboratori – il comunista buono è solo quello morto”.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost