Semafori LED nei marciapiedi per chi cammina con lo smartphone in mano, arrivano in Olanda

Incollati con lo sguardo allo schermo del cellulare, intenti a mandare messaggi vocali e testuali a parenti e amici, impegnati a “scrollare” la bacheca del proprio profilo Facebook: è questo l’identik di un numero sempre crescente di pedoni, che così facendo perdono il contatto diretto con ciò che li circonda (ma mai col loro smartphone). Un atteggiamento non solo vietato dal codice stradale, ma anche molto pericoloso. E per questo stanno arrivando dei semafori che potrebbero risolvere il problema della visibilità da parte di chi è distratto. Stanno arrivando, è vero, ma in Olanda.

Si chiamano +Lichtlijn e si stanno sperimentando nella cittadina di Bodegraven-Reeuwijk. Si tratta di semafori dotati di illuminazione LED e impianti non sopra un palo – come sarebbe normale – bensì all’interno dei cigli dei marciapiedi. In tal modo, infatti, la luce che indica il divieto o meno di attraversare la strada sarà visibile anche da chi mantiene lo sguardo basso in quanto preso dal cellulare.

Attualmente, tuttavia, i semafori già impianti sono parte di una sperimentazione in un’area circoscritta della città, ovvero nelle vicinanze di tre scuole (i ragazzi, si sa, sono i più “dipendenti” dai telefonini). “I social media, i giochi, WhatsApp e la musica rappresentano le maggiori distrazioni per i pedoni” ha dichiarato l’assessore Kees Oskam nell’illustrare il progetto. “Non possiamo cambiare questo trend, ma possiamo prevenire il problema” ha concluso poi.

La sperimentazione, tuttavia, non è stata ben vista da tutti e ha scatenato in particolare le proteste dell’Associazione per la Sicurezza Stradale Olandese: “Così si invoglia la gente a camminare indisturbata col cellulare” ha protestato Jose de Jong, membro delle VVN. “È un cattivo segnale quello che si lancia” concludeva. Solo al termine della sperimentazione si potrà dire con certezza chi ha ragione.

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Quando Nikola Tesla preannunciò l’invenzione dello smartphone

Nikola Tesla era un visionario. Una mente avanti almeno di un secolo, tanto da riuscire a prevedere invenzioni che sarebbero state realizzate molti anni dopo la sua morte. Basti pensare che nel 1926 era riuscito a prevedere l’invenzione degli smartphone.

Un genio – sono oltre 700 i brevetti che portano il suo nome – mai riconosciuto fino ai giorni nostri, tanto che il suo nome non compare nei libri di storia. Eppure molta della tecnologia dei nostri tempi si deve a lui. Su tutte le comunicazioni radio senza fili e i raggi x.

John B. Kennedy, un reporter americano, ha avuto la fortuna di intervistare Tesla, “un uomo alto, snello, una figura ascetica che veste abiti sobri e che osserva il suo interlocutore con sguardo fisso e profondo”, scrive nel suo articolo il giornalista. Una vita quasi monacale quella dell’ingegnere-filosofo-inventore: non beve, non fuma, segue una dieta ferrea. Totalmente concentrato nella sua missione: scoprire e creare.

tesla

Dopo un paio di domande, Tesla spiazza il suo intervistatore con una frase: “C’è una netta differenza tra progresso e tecnologia. Il progresso fornisce benefici all’umanità. La tecnologia non necessariamente”. Quindi inizia a parlare, spiegando a Kennedy la sua visione di un mondo futuro: “Quando la telefonia senza fili sarà perfettamente applicata, l’intera Terra si trasformerà in un enorme cervello, quale di fatto è, e tutte le cose saranno parte di un intero reale e pulsante. Saremo in grado di comunicare l’uno con l’altro in modo istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Non solo, ma attraverso la televisione e la telefonia riusciremo a vederci e sentirci esattamente come se ci trovassimo faccia a faccia, anche se lontani migliaia di chilometri; e gli strumenti che ci permetteranno di fare ciò saranno incredibilmente semplici, in confronto al telefono che usiamo ora. Un uomo sarà capace di tenerli nel taschino del gilet”.

Con queste poche parole, l’inventore ha anticipato di quasi un secolo tutta la tecnologia che oggi ci sembra tanto banale possedere: smartphone, internet, la rete wireless, Face Time e le altre centinaia di app che utilizziamo tutti i giorni. E lo ha fatto nel 1926. Ma il suo nome non appare sui libri di storia.

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