Assemblea dem, estremo appello di Dario Franceschini: Congresso in autunno per salvare il Pd

Congresso in autunno per salvare il Pd. È l’estremo appello di Dario Franceschini, l’ultima supplica con Matteo Renzi per fermare la macchina che sta stritolando il partito. Mentre al Testaccio a Roma Emiliano, Rossi e Speranza intonano bandiera rossa, di fatto un de profundis al Pd, si consuma anche l’ultimo braccio di ferro tra il segretario e il ministro.

Il primo duro, inflessibile, rigido, convinto che parte della minoranza “va via comunque, qualunque cosa faccia”. Il secondo mediatore, da giorni, spasmodicamente intento a tessere la tela che – confida ancora Franceschini – può tenere insieme tutto. La minoranza vuole più tempo, chiede il congresso a scadenza naturale. Fa niente se qualche settimana fa l’ha chiesto immediato: se celebrare l’assise a ottobre serve a salvare il Pd, che sia.

Ma Renzi non ne vuole sapere. A sera dice al ministro che potrebbe valutare una mossa spiazzante, il congresso a ottobre appunto. Ma poi però lascia trapelare messaggi diametralmente opposti. E cioè che la linea decisa lunedì scorso e votata in direzione non cambia. Domani in assemblea verrà riconfermata: congresso subito, chi c’è c’è.

Renzi infatti resta convinto che – a differenza dei bersaniani e di D’Alema – alla fine i due governatori, Emiliano e Rossi, non diranno addio al Pd ma si misureranno nel congresso. Anche se oggi il governatore pugliese, dopo la bandiera rossa romana, è pure andato a Rimini per farsi fotografare con la sinistra di Vendola e con gli scissionisti di Sinistra Italiana: anche lì, che caos. Molto scenografico per Renzi: o solo scenografico.

Proprio per questo Renzi vorrebbe rimanere fermo sulla sua posizione. Mentre Franceschini non si rassegna: lui resta tra quelli che, pur sostenendo Renzi, vedono nubi all’orizzonte della scissione, nubi comunque anche per chi resta.

La notte porterà consiglio alla vigilia dell’assemblea. Ma è certo che, se scissione sarà, potrebbe ripercuotersi anche nei rapporti tra Renzi e Franceschini, l’asse finora più solido del renzismo, la garanzia più forte per il segretario: ora sottoposta a grande stress.
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Mps, appello dei sindacati al Governo per “agire immediatamente” per salvare la banca. Oggi Cda, atteso verdetto Consob

Un appello congiunto dei tre leader sindacali per salvare Mps subito. Con soldi pubblici, per evitare le pesanti conseguenze della crisi della banca senese.

“La soluzione della crisi politica mette il nuovo governo in carica nella condizione, senza ulteriori temporeggiamenti, di agire immediatamente con tutti gli strumenti idonei compreso l’intervento pubblico per mettere il sicurezza Mps e salvaguardare il settore creditizio interessato da alcune situazioni di pesanti difficoltà e crisi aziendali” dichiarano in una nota unitaria i segretari generali Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil). “Non è più tempo di incertezze e di inammissibili ritardi – aggiungono – che non farebbero altro che aumentare le criticità a carico di un settore decisivo per la vita economica del paese. Il governo deve avere chiara la necessità di difendere l’occupazione e di tutelare i risparmiatori retail evitando gli errori già compiuti in passato”.

Ieri è stato ufficializzato il No della Bce alla proroga per l’aumento di capitale del Monte dei Paschi. Tra le motivazioni addotte, si legge nella nota di Mps, la Bce ha messo in evidenza che “il ritardo nel completamento della ricapitalizzazione potrebbe comportare un ulteriore deterioramento della posizione di liquidità e un peggioramento dei coefficienti patrimoniali, ponendo a rischio la sopravvivenza della banca. La banca centrale europea ritiene inoltre che lo slittamento dell’operazione al mese di gennaio 2017 non garantirebbe un contesto di mercato più favorevole che consenta la stipula di un accordo di garanzia con le banche del consorzio”.

Il Wsj oggi evidenzia come il nodo del salvataggio del Monte dei Paschi di Siena sia centrale per il nuovo Governo: “Con Gentiloni al suo posto e il ministro delle Finanze di Renzi, Pier Carlo Padoan, ancora nel suo lavoro, Roma può salvare Mps, forse nazionalizzandola”. Stando a quanto riporta ‘la Repubblica’, oggi i vertici di Mps attendono il responso della Consob sulla conversione volontaria dei bond subordinati in mano al retail. Se arriverà il disco verde, si riapriranno i termini per rafforzare patrimonialmente la banca anche ricorrendo agli obbligazionisti. È fissato un Cda nel primo pomeriggio. L’alternativa è la soluzione con la garanzia pubblica. Se invece arriverà il Sì, domani partirà la conversione dei bond e l’aumento di capitale.

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Mps non ottiene la proroga Bce. Crolla il titolo. Fonti Tesoro: “Pronto il decreto per salvare la banca”

La notizia trapelata dalla Bce di un no alla proroga dei tempi per l’aumento di capitale e una giornata drammatica in Borsa hanno stretto in modo perentorio il sentiero di Mps verso il salvataggio. Ora il tempo è davvero agli sgoccioli e la soluzione passa sempre di più per il salvataggio pubblico, con il Tesoro che ha già messo a punto lo schema del decreto per salvare il Monte con denari pubblici. Il 31 dicembre è il termine ultimo per raccogliere i 5 miliardi di euro della ricapitalizzazione. La parola d’ordine è fare presto, una locuzione che si intreccia con la partita della formazione del nuovo governo, dove la vicenda Mps è piombata come un macigno. Al piano A, quello della soluzione di mercato, credono ancora i vertici della banca, che nel corso del cda che si è tenuto a Milano hanno deciso di andare avanti con questa opzione, ma l’aggiornamento della stessa riunione del cda a domenica pomeriggio, quando probabilmente avrà giurato il nuovo esecutivo, rende evidente che chi guida Mps sta di fatto prendendo tempo in attesa che il quadro politico si stabilizzi.

Una giornata drammatica per Rocca Salimbeni a piazza Affari. Dopo una raffica di sospensioni, il titolo ha chiuso a -10,5 per cento. L’ombrello dello Stato è pronto ad aprirsi per contribuire a una fetta importante della ricapitalizzazione, subentrando nel ruolo di garante al consorzio bancario guidato da JPMorgan e Mediobanca. Di fatto spetterà allo Stato fare da garante di ultima istanza per l’acquisto dell’inoptato, cioè tutto quel nuovo capitale che non troverà un riscontro positivo sui mercati. Qui si inseriscono le aspettative dei vertici della banca di non far tramontare del tutto il piano A. Si lancerà l’aumento di capitale in un contesto dove un nuovo governo, un nuovo premier e il decreto del governo che disegna l’ombrello protettivo potranno giocare una funzione di stimolo nei confronti degli investitori, a iniziare dal fondo del Qatar, che potrebbero così contribuire alla partita dell’aumento di capitale. L’amministratore delegato, Marco Morelli, avrebbe esposto al cda l’idea di lanciare l’aumento di capitale la prossima settimana riaprendo la conversione dei bond subordinati retail. In questo modo i risparmiatori potrebbero contribuire all’aumento di capitale fino a due miliardi e la restante parte verrebbe coperta dal miliardo già in cassa con la conversione volontaria dei bond e dall’intervento del fondo del Qatar e del mercato.

Qualora l’avventura sui mercati dovesse andare male, ecco pronta la rete protettiva del Tesoro. Una soluzione che si declina attraverso la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale, prevista dall’articolo 32 della direttiva Ue sulle banche e autorizzata per gli istituti, come Mps, che non hanno superato gli stress test, senza tuttavia risultare insolventi.

Come si articola l’intervento del Tesoro? XX settembre sottoscriverebbe l’aumento precauzionale per la quota mancante rispetto ai 5 miliardi da raccogliere. Siena ha già raccolto 1 miliardo dalla conversione volontaria dei bond in azioni. Altri due miliardi verrebbero raccolti attraverso la conversione forzata delle obbligazioni subordinate in mano al retail, mentre un miliardo dalla conversione dei bond in mano agli investitori istituzionali. Operazioni che daranno vita alla nazionalizzazione della banca più antica del mondo: il Tesoro, già azionista con il 4%, salirebbe al 20 per cento.

Il decreto è pronto nelle sue linee generali e si lavora intanto alla soluzione del nodo principale, cioè come tutelare i circa 40mila piccoli risparmiatori che sono possessori di oltre 2 miliardi di obbligazioni subordinate. L’operazione di salvataggio pubblico prevede, infatti l’acquisto da parte dello Stato di questi bond, che saranno poi convertiti in azioni. Il nodo è rappresentato appunto dall’entità e dalle modalità del risarcimento che deve essere corrisposto a questi risparmiatori che vedranno appunto azzerarsi il valore delle obbligazioni detenute.

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