Stefania Saccardi domattina a Torregalli, a visitare le attività chirurgiche in funzione anche il sabato

FIRENZE – Domani mattina, sabato 20 luglio, l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi sarà al nuovo San Giovanni di Dio a Torregalli, per visitare le attività chirurgiche in funzione anche il sabato, nell’ambito del progetto di riduzione delle liste di attesa.

Dopo l’accoglienza alle 9.30 all’ingresso dell’ospedale, la visita partirà dall’Aula Muntoni, per proseguire nella chirurgia programmata del secondo piano, Padiglione Vespucci, e nelle sale operatorie, per poi concludersi nel reparto di chirurgia d’urgenza del Padiglione Vespucci.

I giornalisti e gli operatori televisivi che volessero partecipare alla visita, possono trovarsi all’ingresso dell’ospedale alle 9.30, oppure raggiungerci nel corso della visita, che si concluderà intorno alle ore 11.

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Fi-Pi-Li, il cantiere si allontana da Ginestra e le ditte lavoreranno anche il sabato pomeriggio

FIRENZE – Il cantiere sulla strada di grande comunicazione Fi-Pi-Li si allontana dallo svincolo di Ginestra Fiorentina e da domani si sposta verso Montelupo.

L’annuncio è stato dato dall’assessore alle Infrastrutture e alla Mobilità della Regione Toscana, Vincenzo Ceccarelli, nel corso della cabina di regia istituita da Regione, Comuni territorialmente interessati ai lavori e Prefettura il cui incontro si è svolto nel pomeriggio di oggi, venerdì 28 giugno, a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della Presidenza della Giunta, dove sono intervenuti i rappresentanti dei Comuni di Empoli, Lastra a Signa, Montelupo Fiorentino, Scandicci e Signa, delle società della Ati che sta realizzando i lavori, ossia Sodi, Avr e Feri, della Prefettura di Firenze.

“Sono allo studio soluzioni per l’utilizzo di viabilità alternative in modo da sgravare la superstrada di traffico”, ha detto l’assessore Ceccarelli. “Va tuttavia registrato che l’incremento dei treni da e per Firenze sulla linea per Pisa e l’intera campagna informativa sui lavori, nell’ottica di alleggerire il traffico sulla superstrada, hanno dato e stanno dando dei buoni risultati attenuando le situazioni di maggiore criticità”.

Per favorire l’alleggerimento del traffico sulla Fi-Pi-Li, in ogni caso, la Regione sta convolgendo le società che gestiscono le autostrade in Toscana, adesso anche Sat e Salt, per stipulare accordi tesi a garantire degli sconti agli operatori del taffico pesante che utlizzeranno l’autostrada A11 (la Firenze Mare, ndr).

L’assessore Ceccarelli, che ha convocato la riunione odierna per informare ed aggiornare sulla situazione e su quanto sta avvenendo, ha poi annunciato lo spostamento del cantiere: “Da questa notte i lavori non interesseranno più l’uscita di Ginestra e il cantiere si sposterà verso il mare”.

Di fronte alla richiesta fatta nei giorni scorsi dalla Regione, le ditte impegnate nei lavori, oggi, hanno confermato la diponibilità, fin da domani, di lavorare il sabato pomeriggio e di aumentare l’orario di lavoro nei giorni feriali.

Da ricordare, infine, che la Regione ha messo in campo svariate misure di comunicazione con l’utilizzo di diversi canali informativi. Lo scopo è comunicare in modo flessibile e chiaro per raggiungere il più ampio bacino di utenza ed utilizzare canali diversi in funzione dei differenti target di utenza.

Il programma include un piano di segnalamento stradale destinato agli utenti che percorrono la strada ed acquisiscono informazioni visivamente dai cartelli, un piano di infomobilità, la app telefonica Sgc Fipili, il numero verde 800.110.270 attivo giorno e notte, la pagina Facebook di Global Service FiPiLi, il sito Fipili.montelupoginestra.it. E’ attiva anche la collaborazione con Muoversi in Tosacna che gestisce notiziari ed informazioni su molte emittenti radiofoniche regionali.

 

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Codice Celiachia, al via da sabato 1 giugno. Sostituisce il buono cartaceo

FIRENZE – Da oggi, sabato 1 giugno, come già annunciato più volte, entra in vigore in Toscana il Codice Celiachia, che consentirà ai pazienti con morbo celiaco o dermatite erpetiforme di prendere i prodotti alimentari specifici semplicemente esibendo un codice abbinato alla tessera sanitaria. Non saranno quindi più validi i buoni cartacei in uso finora.

Le istruzioni per i ritardatari

Chi ancora non è in possesso del proprio Codice Celiachia può andare a ritirarlo al Servizio farmaceutico integrativo della propria Asl di appartenenza. Gli indirizzi degli sportelli e i relativi orari sono disponibili sul sito della Regione Toscana, nelle pagine dedicate alla celiachia, e sui siti delle Aziende sanitarie toscane.

Cos’è il Codice Celiachia

Il Codice Celiachia è un codice numerico rilasciato dall’azienda sanitaria di riferimento, che il paziente celiaco potrà utilizzare per acquistare i prodotti alimentari specifici nei supermercati della grande distribuzione organizzata, le farmacie, parafarmacie e gli altri esercizi commerciali comunque convenzionati, su tutto il territorio regionale (in tutto 900 esercizi).

Il Codice Celiachia rientra nel progetto regionale Cel@RT, che prevede la dematerializzazione dei buoni cartacei e l’introduzione di una piattaforma informatizzata per la gestione di tutto il processo.

Per informazioni e aiuto

 

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L’Ue va avanti a più velocità ma non lo scrive: ecco la bozza della dichiarazione di Roma. Sabato la firma (DOCUMENTO)

“Agiremo insieme quando possibile, con ritmi e intensità diversi quando sarà necessario, come abbiamo fatto in passato all’interno della cornice dei trattati e lasciando la porta aperta a coloro che vogliono unirsi dopo. La nostra Unione non è divisa ed è indivisibile”. E’ il passaggio chiave della dichiarazione che i 27 leader europei contano di firmare a Roma sabato prossimo, in occasione delle celebrazioni per i 60 anni della firma dei Trattati di Roma, fondativi dell’Ue.

Dall’ultima bozza dell’agenda comune – di cui Huffington Post è in possesso, mentre gli sherpa dei vari Stati continuano a limare il testo – sparisce la parola ‘speed’, velocità, a favore di un più morbido ‘pace’, che in inglese vuol dire velocità ma anche ritmo, andamento. E’ l’escamotage che si spera possa bastare a vincere le resistenze della Polonia e dei paesi dell’Est spaventati dalla prospettiva annunciata tempo fa da Angela Merkel. E cioè di un nucleo europeo che va avanti, con gli altri che seguono per superare le lentezze e gli ostacoli di un’Unione grande e pachidermica. I paesi dell’est temono di essere lasciati indietro. E non solo loro.

Ma in vista di sabato si pone l’accento ancora sull’unità per salvare ancora una volta le apparenze ed uscire con una dichiarazione comune. E forse ci si sta riuscendo.

Dalle informazioni che arrivano a Palazzo Chigi, paese ospitante e dunque in prima linea nell’organizzazione dell’evento al Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, la Polonia non si metterà di traverso sabato prossimo. La dichiarazione comune dovrebbe quindi essere firmata da tutti i leader, tranne Theresa May, la premier britannica che invece non sarà a Roma ma che proprio oggi ha annunciato per il 29 marzo la data di attivazione dell’articolo 50 dei trattati per mettere in pratica la Brexit. Anche qui: fair play istituzionale tra Londra e Bruxelles interessate a non pestarsi i piedi a vicenda.

Tutto tranquillo dunque per sabato? Dal punto di vista della sicurezza no, viste le tantissime manifestazioni annunciate. Ma anche tra i 27 leader non regna ottimismo, naturalmente. I 60 anni dei trattati fondativi dell’Ue cadono nel punto di crisi più acuta per l’Unione da quando è nata. E la dichiarazione di Roma non promette nulla di incisivo, se non un lavoro che comincia pian piano a vincere le resistenze sull’Europa a due velocità.

Proprio per garantire questo risultato, la dichiarazione di Roma si manterrà vaga, come spesso accade nei passaggi chiave dell’Ue. Non espliciterà i criteri che porteranno un nucleo di paesi europei a procedere più avanti e più in fretta di altri. Non chiarirà fino in fondo i dubbi sul perimetro tra ‘serie A’ e ‘serie B’, per citare una dei timori più espressi rispetto al disegno della Cancelliera tedesca.

Tuttavia la dichiarazione dovrebbe calcare molto sulla sicurezza comune (“Safe and secure Europe…”) e su un sistema di difesa comune europeo che non crei “duplicati della Nato”. Anche quest’ultima rassicurazione è stata inserita nel tentativo di placare le ansie dei paesi dell’Est, che hanno sempre avuto il loro scudo anti-Mosca nell’Alleanza Atlantica peraltro messa in discussione dal riavvicinamento la Russia e gli Usa nell’era Trump.

La difesa comune è il quarto e ultimo punto dell’Agenda di Roma:

Un’Europa più forte sulla scena globale: un’Unione che costruisce nuove partnership e promuove stabilità e prosperità nelle sue immediate vicinanze a est e sud, ma anche in Medio Oriente, in Africa e globalmente; un’Unione pronta a prendersi più responsabilità e a sostenere la creazione di una industria della difesa più integrata, un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comune, assicurando complementarietà ed evitando duplicati della Nato; un’Unione che protegga un sistema multi-laterale, orgogliosa dei propri valori e che protegga la sua gente, promuovendo il libero scambio e una politica positiva sul clima.

Altro punto dell’agenda quello su un’Europa “prospera e sostenibile”, che crei “crescita laddove un mercato unico vasto e in sviluppo e una moneta unica stabile e ulteriormente rafforzata aprono autostrade alla crescita, competitività, innovazione, scambio”. E c’è un punto anche sull’Europa “sociale”, che promuova “progresso sociale ed economico e coesione e convergenza, considerando la varietà dei modelli sociali e il ruolo chiave dei partner sociali; che promuova uguaglianza di genere, diritti e pari opportunità per tutti; che combatta le discriminazioni, l’esclusione sociale, la povertà…”.

“Ci siamo uniti per il meglio. L’Europa è il nostro futuro comune”, si conclude la bozza di dichiarazione. Per sapere chi andrà avanti e chi no, bisognerà aspettare ancora.

Qui sotto il testo integrale della bozza di dichiarazione comune:

We, the representatives of 27 Member States and the Institutions of the EU, take pride in the achievements of the European Union: the construction of European unity is a bold, far-sighted endeavour. Sixty years ago, recovering from the tragedy of two world wars, we decided to bond together and rebuild our continent from its ashes. We have built a Union with common institutions and strong values, a unique community of peace, democratic rights and the rule of law.

European unity started as the dream of a few, it became the hope of the many. Then Europe became one again. Today, we are united and stronger: hundreds of millions of people across Europe benefit from living in an enlarged Union that has overcome the old divides.

The European Union is facing unprecedented challenges, both global and domestic: regional conflicts, terrorism, growing migratory pressures, protectionism and social and economic inequalities. We are confident that the EU is capable of addressing these challenges of a rapidly changing world and offers to its citizens both security and new opportunities.

We are determined to make the EU stronger and more resilient, through even greater unity and solidarity amongst us. Unity is both a necessity and our free choice Taken individually, we would be sidelined by global dynamics. Standing together is our best chance to influence them, and to defend our common interests and values. We will act together whenever possible, at different paces and intensity where necessary, as we have done in the past within the treaty framework and leaving the door open to those who want to join later. Our Union is undivided and indivisible.

In the 10 years to come we want a Union that is safe and secure, prosperous and sustainable, with an enhanced social dimension, and with the will and capacity of playing a key role in the global world. We want a Union where citizens have new opportunities for cultural, social development and economic growth. We want a Union which remains open to those European Countries that fully share our values.

In these times of change, we commit to the Rome Agenda, and pledge to work towards:

1. A safe and secure Europe: a Union where all citizens feel safe and can move freely, where our external borders are secured and where migration is managed effectively, humanely and in respect of international norms; a Europe determined to fight terrorism and organised crime.

2. A prosperous and sustainable Europe: a Union which creates growth, where a vast and developing Single Market and a stable and further strengthened single currency opens avenues for growth, competitiveness, innovation and exchange; a Union promoting sustained and sustainable growth, through investment, structural reforms and the completion of the Economic and Monetary Union; a Union where economies converge; a Union where energy is secure and affordable and the environment clean and safe.

3. A social Europe: a Union which promotes economic and social progress as well as cohesion and convergence, taking into account the variety of social models and the key role of social partners; a Union which promotes gender equality and rights and equal opportunities for all; a Union which fights discrimination, social exclusion and poverty; a Union where young people receive the best education and training and can study and find jobs across the continent; a Union which preserves cultural diversity and promotes our cultural heritage.

4. A stronger Europe on the global scene: a Union building new partnerships and promoting stability and prosperity in its immediate neighbourhood to the east and south, but also in the Middle east and across Africa and globally; a Union ready to take more responsibilities and to assist in creating a more integrated defence industry, a Union committed to strengthening its common security and defence, ensuring complementarity and avoiding duplications with the North Atlantic Treaty Organisation; a Union protecting a rule-based multilateral system, proud of its values and protective of its people, promoting free and fair trade and a positive global climate policy.

We will pursue these objectives, firm in the belief that Europe’s future lies in our own hands and that the European Union is the best tool to achieve our objectives. We pledge to listen to the concerns expressed by our citizens. We will work together at the level that makes a real difference, be it the EU, national, regional, or local, and in a spirit of loyal and close cooperation, both among Members States and between them and the EU Institutions. We will allow for the necessary room of manoeuvre at the various levels to strengthen Europe’s innovation and growth potential. We want the Union to be big on big issues and small on small ones, in line with the principle of subsidiarity. We will promote a more effective and transparent decision-making process and better delivery.

We as leaders, working together within the European Council and among the Institutions, will ensure that today’s agenda is implemented, so to become tomorrow’s reality. We have united for the better. Europe is our common future.

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Scissione Pd, lavori in corso. Il pranzo di Bersani coi suoi, le telefonate dalle federazioni: “Se non accade niente di serio, sabato l’annuncio”

La scissione è servita. Ristorante Mario, via della Vite, pieno centro di Roma. Cucina toscana, vino rosso al centro del tavolo. Attorno, a ora di pranzo, si siedono Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza, Nico Stumpo, Davide Zoggia, Massimo Paolucci. Il ragionamento condiviso, nel primo lunghissimo giorno di quello che pare un lungo addio al Pd, è: “Se non accade niente di serio, domenica non andiamo all’assemblea del Pd”. La scissione, appunto. La tappa successiva: nuovi gruppi parlamentari.

Qualche abboccamento c’è stato. Tra i commensali c’è chi ha sentito Orlando, dopo la direzione: “Ha detto Andrea che anche nella maggioranza ci sono molti pieni di dubbi”. C’è chi ha sentito Franceschini: “Sta provando a dare segnali su un congresso a maggio, per far vedere che non si vota a giugno”. Tutti gli scenari sono sul tavolo, con annesse variabili. A partire dalla variabile Orlando, il protagonista di uno smarcamento alla direzione. Qualche tempo fa, gli era stato suggerito da Bersani di non entrare nel governo, dopo la vittoria del no, come segnale di “discontinuità”. Il che avrebbe aperto un dialogo in vista del congresso. Ora pare complicata, perché il guardasigilli è contrariato, molto contrariato, ma ha parecchi dei suoi che lo frenano. È chiaro che una sua candidatura sarebbe un fatto nuovo, perché apre una frattura nella maggioranza che sostiene Renzi.

Al momento l’ipotesi non c’è. C’è un po’ di gioco sulle date, giorno più giorno meno, nulla di più. Bersani, tornato col piglio del segretario, ha tagliato corto: nulla di serio, perché settimana più, settimana meno, non cambia la questione di fondo. E cioè che sia apra una discussione politica sul futuro del paese, sul governo, sulla legge elettorale, sul partito. È solo un modo per spostare il plebiscito dai primi giorni della primavera a primavera inoltrata: “In questa situazione – è l’analisi condivisa – il Pd diventa il partito di Renzi e noi facciamo un’altra cosa senza perdite di tempo. Un pezzo del nostro popolo la scissione l’ha già fatta”.

Un’altra e cosa in tempi brevi, senza partecipare al congresso. L’idea, se non si apre una trattativa vera, è di partecipare sabato all’iniziativa di Enrico Rossi, a Roma, quartiere Testaccio, ed annunciare lì la non partecipazione all’assemblea del Pd di domenica. Lì Bersani e Emiliano dichiareranno la la “presa d’atto” che c’è una chiusura di fronte alla richiesta di un altro percorso. Poi, i gruppi parlamentari. Parecchi sono i parlamentari perplessi, timorosi: “Ma se nasce un altro gruppo, come fa a durare il governo?”; altri si chiedono: “Come spieghiamo alla nostra gente che rompiamo sul calendario”. Pare il dilemma del prigioniero: se partecipiamo al congresso, è finita, perché è chiaro dagli articoli molto informati sull’ex premier quale sia lo spirito con cui si predispone al congresso (li seppellirò con le loro regole); se usciamo abbiamo un problema a spiegarlo.

In questa dinamica, contrariamente a parecchie rappresentazioni, Bersani è particolarmente determinato. Non è un caso che è tornato a dichiarare in prima persona, con frasi forti, determinate. Eccolo attraversare il Transatlantico, col parlamentare torinese Giacomo Portas, che ha una lista I Moderati e parecchi voti in Piemonte: “Guarda che ci sono le condizioni per fare noi il centrosinistra vero. Mica andiamo a fare una roba minoritaria”. Poi si ferma di fronte ai cronisti: “Non siamo un gregge, è impossibile andare avanti così. Io voglio bene al Pd, fino a quando è il Pd, ma se diventa il PdR, il partito di Renzi, non gli voglio più bene”. E ancora: “Non so se andremo domenica all’assemblea”. Posizione pubblica che lascia aperta la via di una trattativa, qualora Renzi volesse, ma che in caso contrario significa: siamo pronti.

Pronti a fare un nuovo partito. Questa è la seconda parte della discussione. Dopo il “quando”, il “che cosa”. E il che cosa non è una cosa rossa, minoritaria e di testimonianza, ma una costituente di centrosinistra, ulivista, con i moderati dentro. Da far nascere prima delle amministrative, con l’obiettivo poi di raccogliere dopo i cocci del Pd. Insomma, un’Opa sullo scontento che c’è in giro nel partito, dopo anni di renzismo. Torino, Roma, Napoli. Il cellulare di Stumpo ha ripreso a suonare come quando era responsabile dell’organizzazione della Ditta. Dice un big: “Renzi ha fatto due errori. Ha sottovalutato Bersani e la sua capacità di rottura scambiando buon senso con arrendevolezza, e pensando che prevalessero i vecchi rancori comunisti tra lui e D’Alema. Ha pensato che Rossi non si sarebbe candidato. Ha sottovalutato Emiliano”. Ora la scissione è servita. Quattro giorni per evitarla. Altrimenti sarà annunciata sabato, a Testaccio, core di Roma.
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