Il taglio del cuneo fiscale solo per i neoassunti. Le risorse scarseggiano e l’azione del Governo parte a rilento

Un cantiere ridotto al lumicino perché le risorse da recuperare nell’immediato sono pochissime e se un segnale si vuole dare, politico ancora prima che economico, meglio allora privilegiare i giovani, cioè i soggetti che più di tutti hanno difficoltà con il mercato del lavoro. Si muove lungo questa direzione di marcia il cantiere per il taglio del cuneo fiscale che vede al lavoro la squadra degli economisti di palazzo Chigi e i tecnici del Tesoro. Con un occhio alla manovra da 3,4 miliardi, che va confezionata entro aprile per ottemperare ai rilievi di Bruxelles, e un altro sul dossier cuneo fiscale e contributivo, il Governo prova a dare impulso a quella crescita che l’Ocse oggi ha fissato, in modo stabile, all’1% fino al 2018, il livello più basso nell’anno in corso tra i maggiori Paesi dell’Unione europea. L’impegno massimo che si potrà mettere in campo, tuttavia, non potrà essere che essere fortemente limitato.

“Se aumenta l’Iva paradossalmente ci sono più risorse a disposizione, ma se non ci sarà allora tutte le risorse vanno individuate”, spiega una fonte di governo vicina al dossier all’Huffington Post. Le opzioni sul campo sono diverse, tutte accomunate dalle necessità di trovare le coperture adeguate, ma con un orientamento preciso: per ora si interviene solo sui neoassunti. L’orientamento che starebbe prevalendo al momento, viene spiegato da alcune fonti dell’esecutivo, è quello di privilegiare il taglio di 3-5 punti di contributi a favore dei neoassunti con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. L’operazione costa 300 milioni per ogni punto di riduzione del costo del lavoro stabile riservata appunto ai neo assunti: moltiplicando per l’obiettivo che si vuole centrare, quello della decurtazione di 5 punti, le risorse necessarie ammontano a 1,5 miliardi. Un importo che però è legato anche alla scelta, ancora da fare, su chi sosterrà il peso del taglio: se cioè l’impresa e i lavoratori in egual misura oppure un alleggerimento di 2/3 per l’azienda e di 1/3 per i lavoratori.

Per allargare la platea a tutti i lavoratori, cioè nuovi e vecchi assunti, serve molto di più: circa 2,5 miliardi per un punto di contributi in meno, per un totale quindi di circa 12 miliardi. Cifra nemmeno ipotizzabile con una legge di stabilità che richiederà uno sforzo enorme per fare quadrare conti già ballerini, che si dovranno scontrare con i temi spinosissimi della flessibilità e delle clausole di salvaguardia, Iva in testa. “Questa opzione – spiegano le stesse fonti – non è sul tavolo: faremo il taglio solo per i neoassunti, ma di quanto bisogna ancora capirlo perché dipende dalle risorse che si riusciranno a recuperare”.

Non ci sono neppure spazi per interventi sull’Irpef, come auspicato dalla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, in un’intervista a Huffpost, dove l’esponente di Ncd ha affermato: “Rilanciamo e tagliamo le aliquote Irpef per ridare poter d’acquisto a famiglie e lavoratori”.

Dietro il lavoro sul taglio del cuneo c’è la squadra degli economisti di palazzo Chigi, molti dei quali sono rimasti in campo anche dopo l’avvicendamento tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Matrice Pd tanto che, secondo quanto si apprende, le misure che si stanno studiando in queste ore saranno sottoposte a un check durante la manifestazione promossa per il fine settimana dall’ex premier al Lingotto di Torino.

Prima di pensare al cuneo, bisogna occuparsi della correzione dei conti chiesta dalla Commissione europea entro aprile. Una delle voci che caratterizzeranno l’intervento del Governo è quello dell’aumento delle accise. Un capitolo spinoso, sul quale uno studio del Centro studi Casmef-Luiss invita a porre molta attenzione. “È importante non alterare gli equilibri raggiunti dal mercato e il suo assetto concorrenziale. Il decreto che il Mef starebbe valutando rischia di distorcere la concorrenza. Gli obiettivi di gettito possono essere conseguiti senza alterare l’assetto del sistema”, sottolinea il professor Marco Spallone in relazione all’ipotesi di un aumento delle accise sui tabacchi e di un possibile decreto ministeriale che secondo lo studio prevederebbe “un aumento abnorme dell’onere fiscale minimo, a fronte di un lieve ritocco degli altri parametri disponibili”.

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Terremoto, Renzi annuncia il nuovo decreto ma senza risorse. Si rimanda alla legge di bilancio, opposizioni all’attacco

A nuovo devastante terremoto segue nuovo decreto, ma – almeno per ora – le risorse restano pressoché immutate. Nel corso della conferenza, al termine del consiglio dei ministri, dice il premier: “Le risorse necessarie sono già stanziate nella legge di Stabilità, perché c’è un ampio margine. Se ci sarà bisogno di ulteriori risorse metteremo ulteriori risorse”.

La notizia della prima riunione del governo dopo il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia è –paradossalmente – in una parola che proprio in Irpinia diventò sinonimo di incubo: container, il provvisorio che diventa definitivo. Perché, di fronte all’ansia delle popolazioni, alla preoccupazione di vivere una condizione di sradicamento, da migranti nel proprio paese (leggi qui la rabbia a Norcia), Renzi ha deciso una “ricostruzione in quattro fasi”. La prima, di qui a Natale: gli alberghi. La seconda, entro Natale, sono i container: “è meno piacevole della casetta di legno – spiega il premier – spendiamo un po’ di più, ma ci consente di riportare lì la gente partendo dall’assunto che le tende a dicembre a Norcia e dintorni sono un problema”. Entro primavera estate, “si va avanti con la costruzione delle casette di legno”. Quarta: “la ricostruzione vera e propria per mettere le case a regola d’arte”.

Sarà scritto in un nuovo decreto, che sarà presentato di qui a venerdì. Mossa che, al netto dei titoli che danno l’idea della risposta, “faremo un decreto”, si presta alla malizia delle opposizioni. Perché fare un decreto 2 sul terremoto, visto che il decreto 1 – arrivato da poco in Senato – non è stato convertito? Non bastava un emendamento? Il punto fermo di tutta la storia, come spesso accade, sono i soldi. Perché un qualunque decreto – a legge di bilancio aperta – può utilizzare le risorse dell’anno in corso, dunque del 2016, altrimenti incide sui saldi della manovra. Quindi sarà un decreto con assai poche risorse, come effettivamente ammette il premier.

L’impostazione della conferenza stampa, ma più in generale della gestione del terremoto, da parte di Renzi viaggia da giorni su due piani. Quello verbale, fatto di toni determinati con l’Europa: “Se dopo quello che è accaduto qualcuno mi parla di regole europee significa che ha perso la testa”. Quello sostanziale, fatto di cifre che, al momento non tornano. L’HuffPost ha documentato come ci sia un forte gap tra la flessibilità ottenuta in Europa (3,4 miliardi) e i soldi stanziati sul terremoto nella manovra (leggi qui articolo): 600 milioni ora certi. Il resto è nel regno delle ipotesi più che delle certezze: 200 milioni dal 2018 al 2047, per la cosiddetta ricostruzione privata. Il che significa che, già adesso, si prevede una ricostruzione di 30 anni.

Ed è proprio sulle cifre che, gli “appelli” alla collaborazione sono già caduti. Perché il premier chiede di votare le sue misure. E le opposizioni invocano un confronto per ridiscuterle. Il capogruppo di Sinistra Italiana, Arturo Scotto, proprio citando la ricostruzione dell’HuffPost annuncia una interrogazione parlamentare: “La presenteremo perché è evidente è troppo poco per dire che c’è una svolta, con 600 milioni di euro su 3,4 miliardi di flessibilità. Avevamo proposto un punto di Pil per un grande piano per la sicurezza, la prevenzione e la cura del territorio. Su quello avremmo collaborato”. Duro anche Brunetta, che parla di “imbroglio” del governo: “La nostra mission sarà di presentare emendamenti per smontare e cancellare le marchette, nella manovra e nel decreto, di Renzi e Padoan e per destinare tutte le risorse e i fondi necessari alle popolazioni colpite dal sisma”. Anche per i 5Stelle “i conti non tornano”. La cifra era stata già stanziata prima della scossa di domenica. E resta invariata.
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