Lo stress ferma ancora Virginia Raggi, ricoverata. Poi va alla riunione sullo stadio. Verso accordo su Tor di Valle

Si va verso la chiusura dell’accordo: lo Stadio della Roma si farà a Tor di Valle. Campidoglio e società sarebbero arrivati a un punto d’incontro per un taglio di circa il 50% delle cubature previste e una riduzione proporzionale delle operte pubbliche. La società a questo punto potrebbe però chiedere il rinvio della conferenza dei servizi aperta presso la Regione di un mese per la definizione dei dettagli del progetto. Al tavolo con l’amministrazione capitolina siedono il costruttore Luca Parnasi e il ds della Roma Mauro Baldissoni, in rappresentanza del presidente James Pallotta.

La giornata è stata di quelle tormentate. Proprio nella giornata clou, quella in cui era attesa alla sua grande prova sullo Stadio della Roma, Virginia Raggi è stata e per tante ore si è pensato anche che potesse restare ricoverata all’ospedale San Filippo Neri dove è arrivata questa mattina intorno alle nove. L’incontro con la società, con i proponenti, si fa o non si fa? La domanda è rimbalzata per tutto il giorno. “Voglio essere presente alla riunione e dovrà essere oggi come stabilito”, andava ripetendo il sindaco di Roma mentre i medici hanno controllato per nove ore il suo stato di salute.

Si è trattato di un malore improvviso, forse dovuto allo stress. E non è il primo per Virginia Raggi, che già una volta in questi mesi si era recata in ospedale per accertamenti ed è svenuta durante l’interrogatorio, davanti ai pm, nell’ambito dell’inchiesta sulle nomine. “Sono stati eseguiti gli accertamenti clinici e diagnostici necessari e non sono state riscontrate alterazioni significative”, hanno sottolineato i medici nel bollettino. Adesso “le condizioni cliniche appaiono in netto miglioramento. Il Sindaco verrà mantenuto regolarmente in osservazione per valutare la sua dimissibilità nelle prossime ore”.

Questo intorno all’ora di pranzo. Poi il Campidoglio contatta i proponenti dello stadio per chiedere di spostare la riunione dalla 16 alle 19, segno che la sindaca vuole essere presente e che è fuori pericolo. Infatti intorno alle 18 Raggi viene dimessa e lascia l’ospedale insieme al suo vice Luca Bergamo che intanto l’ha raggiunta per decidere la linea da tenere con la società durante la riunione. Tra l’altro è lo stesso ex marito della sindaca, che è andato a trovarla, ad annunciare ai cronisti che il sindaco avrebbe con ogni probabilità partecipato all’incontro: “Sicuramente non è una vita facile questa, però piano piano si sta riprendendo. È un po’ magra, dovrebbe mangiare di più”.

Arrivata a Palazzo Senatorio il sindaco si chiude in una riunione fiume con i consiglieri mentre la società aspetta di incontrarla. Sul fronte dei proponenti, resta sul tavolo la contrarietà a ogni ipotesi di ubicazione alternativa dello stadio, rispetto al progetto approvato dalla giunta Marino, protocollato come di pubblica utilità e approdato in quanto tale in conferenza dei servizi. Nelle ultime ore, la diplomazia ha incessantemente lavorato a un compromesso sulla cubatura delle ormai famose torri di Libeskind, cercando di non pensare alle frasi con cui, in sostanza, Beppe Grillo ha accolto le tesi dall’ala ortodossa del Movimento, contraria in toto al progetto attualmente sul tavolo della sindaca Raggi.

La carta giocata oggi dalla As Roma e dal costruttore Parnasi, oltre al “controsondaggio”, è stata quella di chiamare a raccolta i tifosi organizzati facenti capo all’Unione Tifosi Romanisti (non gli ultrà, quindi), che si sono dati appuntamento (non moltissimi) in piazza del Campidoglio per intensificare il pressing sulla Giunta nel senso del sì allo stadio, intonando slogan a favore del progetto e contro la sindaca. Una manifestazione, tra l’altro, che è finita nei radar della Digos, che starebbe procedendo all’identificazione dei partecipanti attraverso le riprese a circuito chiuso, poiché a quanto pare non vi era stata alcuna richiesta di autorizzazione. Anche Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera e consigliere comunale Pd, era presente: “Mi autodenuncio per aver partecipato alla manifestazione non autorizzata dei tifosi della Roma oggi in Campidoglio. Farebbe ridere, se non fosse avvilente, leggere che – niente di meno – la Digos sia stata mobilitata per la manifestazione pacifica e non violenta dei tifosi romanisti a piazza del Campidoglio per chiedere all’amministrazione di interrompere il balletto sul progetto dello stadio”.

Un confronto difficile ed estenuante, dunque, che ormai si sta svolgendo su due piani paralleli: quello formale fatto di cifre, dati, percentuali, coordinate e quello, per ora sottaciuto, delle carte bollate, dei dossier che gli uffici legali di entrambi le parti dovrebbero avere già messo a punto per l’inevitabile guerra legale in caso di rottura.
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Raggi fa arrabbiare i Movimenti per l’acqua pubblica. Sgomberata la sede del Comitato: “Affossa una delle cinque stelle”

“La sindaca Raggi affossa una delle 5 stelle, quella dell’acqua pubblica”. È l’accusa del Forum dei Movimenti protagonista della campagna referendaria del 2011 e che da anni lotta per la ripubblicizzazione del servizio idrico in tutta Italia.

La stella dell’acqua pubblica “cade” a Roma stamattina, quando i vigili inviati dal dipartimento patrimonio del comune fanno capolino al Rialto, lo spazio occupato in via Sant’Ambrogio. L’edificio ospita anche la sede romana del Comitato Acqua Pubblica e il Forum ambientalista, e viene sgomberato, spiegano dal Forum, “impedendo l’accesso a tutti coloro che da anni quotidianamente fanno vivere uno spazio altrimenti abbandonato”.

Ed è subito polemica, visto che l’acqua pubblica è uno dei significati delle cinque stelle del Movimento di Beppe Grillo, insieme a mobilità sostenibile, sviluppo, connettività e ambiente.

“Gli uffici stanno agendo sull’onda di vecchie determine dirigenziali”, spiega Simona Savini, attivista del comitato romano per l’acqua pubblica. “La nostra era del 2015”. Queste determine “riguardano gli spazi di Roma che si trovano in una situazione simile alla nostra: magari non hanno avuto una concessione, o l’hanno avuta e non è mai stata finalizzata. Una storia che parte da lontano, dalle giunte precedenti”.

L’accusa, però, da parte di alcuni è anche per questa amministrazione: perché i cinque stelle si dicono contro gli sgomberi, ma a Roma negli ultimi mesi gli sgomberi non sono mancati. Perchè l’acqua pubblica è un pilastro del programma grillino, ma la sede degli attivisti viene sgomberata. “È qui che si è fatta la storia del movimento dell’acqua che ha portato alla vittoria del referendum del 2011”, si legge in una nota del Forum dei movimenti per l’acqua pubblica. Vittoria “spesso rivendicata dalla stessa giunta Raggi e dal Movimento 5 stelle. Evidentemente la loro prima stella si è prosciugata”.

Eppure la giunta sottolinea che la sua volontà politica è ben altra. L’assessore al Bilancio e Patrimonio di Roma Capitale, Andrea Mazzillo, ha spiegato subito dopo lo sgombero, che domani verrà sottoposta all’approvazione della Giunta Capitolina una memoria con cui verrà dato mandato agli uffici di sospendere i provvedimenti di rilascio degli immobili dati in concessione per attività senza fine di lucro, “nelle more dell’approvazione del nuovo Regolamento sulle concessioni in discussione presso la competente commissione Patrimonio di Roma Capitale”.

L’assessore “ha ribadito che la sua volontà politica non è quella di sgomberare questi spazi”, conferma Simona Savini dal Forum dopo l’incontro avuto nel pomeriggio proprio con Mazzillo. “Noi, però, siamo stati sgomberati oggi e non rientriamo in questa memoria. Non solo: lo stesso assessore ci ha detto di non essere convinto dell’efficacia della memoria stessa. Non è convinto che gli uffici la riterranno sufficiente per annullare le determine dirigenziali già fatte e quindi per gli sgomberi già decisi dai dirigenti”.

Una situazione “kafkiana”, insomma, secondo gli attivisti per l’acqua pubblica, “in cui la politica agisce ma l’ultima parola ce l’hanno gli uffici amministrativi che agiscono su mandato della Corte dei conti. Per ammissione dell’assessore, sono l’amministrazione e la Corte dei Conti a governare Roma”, chiosa Simona Savini.

Sullo sgombero del Rialto, Mazzillo assicura poi che l’amministrazione si è anche attivata per individuare “una collocazione alternativa” in considerazione “dell’importante attività di interesse pubblico e sociale svolta in particolare sui temi dell’acqua pubblica e dell’ambiente”.

Nel 2011, quando oltre 26 milioni di italiani hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali, la sindaca di Roma Virginia Raggi ha fatto campagna referendaria attiva per l’acqua pubblica. Ma oggi, dicono gli attivisti, il bilancio della sua amministrazione per Roma è di “immobilismo”. Acea, la multiutility che fornisce il servizio idrico e di cui Roma Capitale è azionista di maggioranza con il 51%, “sta agendo come meglio crede”, aggiunge Simona Savini. “È partita alla conquista dell’acqua del centro Italia, realizzando quel progetto renziano di privatizzazione del servizio idrico che eravamo riusciti a bloccare fino ad adesso. In assenza di atti politici concreti da parte della giunta”. Un esempio? “Ha acquisito la parte privata di Acqualatina, passando sopra alla volontà di intere comunità locali visto che i comuni – con sindaci anche M5S – avevano fatto una delibera per ripubblicizzare, senza che il socio di maggioranza, il Comune di Roma, compiesse degli atti concreti”. O “inconcreti”: “Nonostante le nostre richieste, la sindaca Raggi non ha mai fatto dichiarazioni pubbliche. Dicono che il rischio sarebbe quello di far ballare il titolo in borsa e di essere denunciati per aggiotaggio”.

Dal M5S non si sbottonano. Qualcuno sottolinea il tempismo “peculiare” e “inedito” della burocrazia. “Noi possiamo dare un indirizzo agli uffici amministrativi”, spiegano dal Campidoglio. “Ovviamente gli uffici competenti agiscono in base alla legge e alle norme di riferimento: Corte dei conti e procura potrebbero chiedere conto di eventuali danni erariali”, giacché le situazioni come quella della sede del Forum per l’acqua pubblica era “non formalizzata”. E su Acea? “È una società quotata in borsa. Presto ci sarà un indirizzo politico, visto che c’è un piano di riorganizzazione di tutte le partecipate”.

Dal Forum si dicono “arrabbiati”, ma non si sentono traditi. “Non ci eravamo sposati con nessuno. Forse sono gli elettori e i deputati Cinque Stelle a sentirsi traditi, visto che molti hanno votato il movimento di Grillo proprio per quella stella del loro simbolo”, conclude Simona Savini.
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Libero risponde alle critiche per il titolo su Virginia Raggi elencando i titoli sessisti sul blog di Beppe Grillo

“Pistola fumanti”. Così Libero decide di aprire l’edizione di oggi, dopo la bagarre di ieri in seguito al titolo rivolto alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Quanto chiasso per una ‘patata bollente’, l’occhiello del titolo. “Gli educati inventori del Vaffaday ci mettono alla gogna e la sinistra si accoda accusandoci si sessismo – si legge nel sommario che accompagna l’editoriale del direttore Vittorio Feltri -. Ma quando riservammo a Ruby la medesima copertina dedicata alla Raggi nessuno si lamentò, al solito, due pesi e due misure”.

In prima pagina anche un editoriale di Gianluca Veneziani dal titolo “Così i professionisti dell’insulto trattano le rivali politiche”, corredato da un fotomontaggio ripreso dal blog di Grillo che nel 2011 “sbeffeggiava alcuni protagonisti del dibattito sul caso Ruby”, come si legge nella didascalia dell’immagine con Gad Lerner, Mara Carfagna, Nicole Minetti e la stessa Ruby.
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Beppe blinda Virginia e mette a tacere gli ortodossi. Raggi: “Non mi dimetto. Alcuni contro di me? Me ne faccio una ragione”.

Beppe Grillo furioso. Non con Virginia Raggi bensì con chi, nel Movimento 5 Stelle, ha attaccato il sindaco di Roma per la polizza vita stipulata per “motivi affettivi”, nel gennaio 2016, in suo favore da Salvatore Romeo, divenuto ad agosto capo della segreteria con uno stipendio triplicato. Insomma, ancora una volta, il leader pentastellato nel pomeriggio ha mandato un chiaro messaggio ai naviganti, che in sostanza è riassumibile così: “Guai a chi parla, nessuna dichiarazione contro Virginia. Sarà lei e solo lei a parlare”. Decide così di far andare il sindaco in tv e affida la preparazione della performance a Rocco Casalino, il punto di raccordo tra i vertici del Movimento e Roma. “Nel Movimento alcuni contro di me? Ci sono persone che ti amano e persone che ti amano meno, facciamocene una ragione e andiamo avanti”, dirà ospite di ‘Bersaglio mobile’.

Il primo cittadino della Capitale viene quindi blindato ancora una volta da Grillo e Davide Casaleggio. Raggi va avanti. “Ho la fiducia del Movimento, ho anche sentito Grillo”. Niente dimissioni, anche se “non posso dire di non averci pensato, in questi mesi”, ammette. Dopo il diktat del leader, nessuno ha parlato ufficialmente né tra i pragmatici né tra gli ortodossi. Questi ultimi che, fino a poche ore prima delle indicazioni arrivate da Grillo, invocavano il giudizio della Rete, adesso sulla storia della polizza, sempre a taccuini chiusi, tendono a sminuire, come chiesto loro espressamente dal leader. Leader che non ha concesso, e per adesso non ha alcuna intenzione di farlo, il voto degli iscritti, anzi ha invitato tutti ad abbassare i toni e ad entrare nel merito della questione il meno possibile. Alessandro Di Battista, per esempio, nel post scriptum su Facebook annota: “Questa sera Virginia Raggi risponderà a tutte le domande”. Mentre Beppe Grillo condivide sul suo blog la nota in cui il sindaco dice che fino a ieri non era a conoscenza delle polizze assicurative.

Stessa linea difensiva utilizzata in tv. “A Romeo chiederò perché non mi ha avvertito, non averlo saputo è stata una cosa spiacevole. E quando lo vedrò – dice Raggi – gli chiederò di cambiare il beneficiario della polizza perché solo l’idea di questa polizza mi mette ansia”. Poi racconta di aver conosciuto l’ex capo della segreteria nel 2013, “lui ci ha aiutato tantissimo quando eravamo consiglieri di opposizione. Nel tempo si è consolidato il rapporto con tutti e quattro del gruppo, si è consolidata un’amicizia, lui ci ha presentato Raffaele Marra, poi era mortificato per averlo fatto. Per quanto riguarda Marra era una persona molto competente, in qualche modo ci ha fatto capire come funzionava la macchina del Comune”.

Sta di fatto che dopo l’interrogatorio fiume di ieri sul caso Marra e le rivelazioni sulle polizze vita, oggi a Palazzo Senatorio è trascorsa un’altra giornata campale. Nel bel mezzo arrivano anche le parole di Salvatore Romeo all’agenzia Ansa in cui si difende dicendo che le polizze “non hanno nulla a che vedere con il Movimento, né tantomeno sono state aperte a favore di suoi esponenti in modo da favorire Virginia Raggi piuttosto che un altro candidato alle primarie per la scelta del Sindaco di Roma. Grave e non vera è la tesi secondo cui le somme con cui sono state aperte tali polizze non sarebbero state in realtà mie ma di terzi, con ciò facendomi passare per un tesoriere occulto o un prestanome”.

Poco dopo Raggi aggiunge: “Credo che Romeo abbia commesso una grande leggerezza, voglio vederci la buona fede”. Poi chiede: “Basta gossip, sono sindaca di una capitale che deve rinascere”. “Non ho ricevuto un solo euro” dalle polizze, dirà poi, minacciando querele. E Romeo: “voglio chiarire che non c’è stata e non c’è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi”. La procura fa sapere che le polizze per l’allora aspirante sindaca – una da 30 mila euro del gennaio 2016 e priva di scadenza, l’altra da 3.000 euro con scadenza 2019 – non hanno rilevanza penale “in quanto non emergerebbe un’utilità corruttiva”. Anche Romeo conferma di averle stipulate senza dirglielo: “Per una grande stima e amicizia nei suoi confronti”. Ma i pm vogliono comunque capire se ci fossero motivazioni diverse da quelle indicate dal titolare delle assicurazioni sulla vita.

Nel M5S i dubbi, seppur messi a tacere, rimangono tra i militanti e i consiglieri comunali che appaiono preoccupati e divisi. Si aspettano sviluppi giudiziari, qualcuno tra i corridoi di Camera e Senato teme che non sia finita qui. Intanto però toni bassi fino a nuovo ordine.
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La Procura apre un fascicolo sul presunto dossier Raggi contro De Vito. L’amarezza di Grillo: “Forse abbiamo sottovalutato”

Virginia Raggi, accusata di abuso d’ufficio e falso, non è ancora stata interrogata dalla Procura a proposito della nomina di Renato Marra a capo del dipartimento Turismo, ma in casa 5Stelle scoppia già un altro problema. In realtà era un problema latente, forse sottovalutato come avrebbe ammesso lo stesso Beppe Grillo parlando con le persone a lui più vicine. Si tratta del presunto dossier contro Marcello De Vito, attuale presidente dell’Assemblea capitolina. Questo dossier sarebbe stato stilato un anno fa – secondo quanto ha rivelato Il Fatto Quotidiano – dall’attuale sindaco di Roma, dall’assessore Daniele Frongia e dal vicepresidente dell’assemblea Enrico Stefàno per far fuori Di Vito dalla competizione interna ai 5Stelle per la carica di sindaco. In pratica dalle comunarie. Così la procura di Roma ha aperto un fascicolo, al momento senza ipotesi di reato e indagati, per far luce su questo dossieraggio interno ai 5Stelle poiché dietro queste carte potrebbe esserci Raffaele Marra, ora in carcere per corruzione. Chi ha parlato con il leader M5S lo ha sentito amareggiato: “Forse un anno fa abbiamo sottovalutato cosa stava succedendo”.

Nel fascicolo in questione De Vito veniva accusato di aver compiuto una serie di atti contrari alla buona amministrazione e un reato. Cioè un abuso d’ufficio in relazione a una richiesta di accesso agli atti. De Vito, il 7 gennaio scorso, in piena campagna per le comunarie, viene convocato dai tre consiglieri alla presenza dei parlamentari romani tra cui Alessandro Di Battista, Roberta Lombardi e Carla Ruocco. Lui si difenderà poi con una mail, ma quando viene fuori la notizia di questo dossieraggio interno ai 5Stelle, il senatore Andrea Augello del gruppo Idea-Cuoritaliani presenta un esposto in Procura. E infatti sabato scorso è stata sentita come testimone Roberta Lombardi e, secondo quanto riportato sempre da “Il fatto quotidiano”, avrebbe riferito che dietro le accuse formulate a De Vito ci sarebbe stato Raffaele Marra, l’ex braccio destro di Virginia Raggi arrestato il 16 dicembre scorso per corruzione. Lo stesso De Vito sarebbe stato sentito dai pm di piazzale Clodio ed altri esponenti del movimento pentastellato saranno sentiti prossimamente dagli inquirenti. Con ogni probabilità chi era presente a quella riunione.

Andrea Augello ricorda: “Quando ho deciso di rivolgermi alla magistratura per fare chiarezza sulle inquietanti voci relative ad una presunta attività di dossieraggio, basata su false informazioni e finalizzata ad eliminare il consigliere De Vito dalla corsa per le primarie nel M5S che si concluse con la vittoria della Raggi, l’assessore Frongia minacciò querele. I primi interrogatori della Procura confermano invece lo squallido regolamento di conti che lacerò i Cinque stelle, aprendo una faida senza fine”.
Frongia, tirato in ballo insieme alla stessa Raggi, non ci sta e posta su Fb: “Continuano a uscire sui giornali ricostruzioni fantasiose su chat e dossier, prive di fondamento. Il senatore Andrea Augello da luglio continua a rilasciare dichiarazioni prive di senso sul mio conto. Forse ha un’ossessione per me”. Giovedì la sindaca dovrebbe essere sentita dai magistrati nell’ ambito dell’inchiesta sulla nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, per cui risulta indagata. In quell’occasione non è detto che i pm non le chiedano qualcosa anche su questo nuovo fronte giudiziario.

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Raggi indagata ma non scaricata. Come i 5s hanno preparato il paracadute per il sindaco di Roma

Sono stati giorni di vertici, incontri, riunioni. Veri e propri gabinetti di guerra per capire come gestire la cosa, dal punto di vista politico e comunicativo. Virginia Raggi, tutto il suo entourage e tutto il Movimento 5 stelle capitolino e nazionale, sapeva che a giorni sarebbe arrivata la notizia d’indagine sul collo della prima cittadina. Quando la Procura si è mossa, tutto era preparato. Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico sono i reati contestati.

Imputazioni pesanti, soprattutto da chi ha fatto della diversità morale la propria cifra di governo. Per questo evitare territori scivolosi, buchi comunicativi causati da pressappochismo e impreparazione, è stata la bussola di queste ultime due settimane. Raggi ha riunito il giro più stretto, in costante contatto con i dioscuri nazionali che coadiuvano il Campidoglio, i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.

Al centro di tutti i colloqui la gestione di una notizia che non si poteva controllare. La bussola è stata una: evitare il pastrocchio del caso Muraro. Quel groviglio di mail male interpretate, mezzi silenzi e verità monche, che si sono appiccicate per mesi sulla giacca del sindaco e del suo assessore. Di conseguenza la strada scelta era inevitabile: comunicare tutto e subito. Tanto al quartier generale milanese quanto più ai cittadini romani.

Così, poco prima di cena, ecco comparire il post su Facebook: “Oggi mi è giunto un invito a comparire dalla Procura di Roma [il prossimo 30 gennaio, ndr] nell’ambito della vicenda relativa alla nomina di Renato Marra a direttore del dipartimento Turismo che, come è noto, è già stata revocata. Ho informato Beppe Grillo e adempiuto al dovere di informazione previsto dal Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle”.

Poche righe dalle quali viene furbescamente spuntata la parola “indagata”; nelle quali si parla della revoca di Marra Jr. come se fosse elemento di per sé sufficiente a smontare il lavoro dei magistrati che indagano; e in cui ben si sottolinea da un lato la telefonata al fondatore (Pizzarotti non lo fece squillare, e a questo s’aggrapparono per metterlo in naftalina), dall’altro il rispetto delle procedure codici stellati alla mano.

Il sindaco è sotto inchiesta per aver detto alla responsabile anticorruzione del Comune Mariarosa Turchi di aver deciso da sola sulla nomina di Marra Jr (l’ipotesi di falso), nel merito della quale sarebbe invece intervenuto anche il fratello Raffaele. Quanto all’ipotesi di abuso d’ufficio, la sindaca non avrebbe effettuato una comparazione valutativa dei curricula, procedendo a valutazioni parziali sempre sotto l’occhio vigile dell’ex capo di Gabinetto (l’abuso d’ufficio), indagato anch’egli con lo stesso capo d’accusa.

Le ipotesi su cui sarebbe arrivata la comunicazione della magistratura erano note da tempo. E forse il sedimentarsi tra i corridoi di Palazzo Senatorio hanno contribuito a disinnescare lo psicodramma, genere su cui si sono cimentati poco volentieri ma con molto profitto i grillini capitolino ogni qual volta in questi mesi sono stati travolti da una bufera mediatico/giudiziaria. Casi che ormai non bastano le dita di due mani per essere contati.

L’area che ruota attorno a Marcello De Vito, la vera controparte romana della Raggi, e che, per la proprietà transitiva delle cordate politiche, in ultimo fa capo a Roberta Lombardi, lascia trasparire un certo nervosismo, ma sembra aver riposto nel cassetto gli strali d’altri tempi. Una fonte di primo livello imputa al sindaco e al suo entourage la colpa del sostanziale immobilismo dell’amministrazione: “Ogni volta che iniziamo a lavorare sui temi concreti, ecco che spunta l’ennesima grana legata alle nomine o a vicende giudiziarie”. Ma aggiunge anche significativamente: “Il clima è cambiato, Virginia dopo gli ultimi fatti ha capito la lezione, e questa volta la gestirà bene”. De Vito in chiaro detta la linea: “Al sindaco va tutto il mio sostegno e quello dei portavoce comunali del M5s. Governare Roma è un’impresa, la sindaca ce la sta mettendo tutta, e siamo certi che abbia sempre operato avendo come unica bussola l’interesse dei cittadini romani”

Lo stesso Grillo aveva preparato la strada, con il Codice di comportamento pubblicato una ventina di giorni fa. Che eliminava l’equivalenza tra indagine/condanna politica, e da molti è stato letto come un vero e proprio “salva Raggi”. E a qualcosa è servito il paziente lavorio di Fraccaro e Bonafede, in costante via vai tra Montecitorio e il Comune, al fianco del sindaco anche nelle ore della comunicazione della Procura.

Certo, la ricostruzione di un rapporto fiduciario e lontana dall’essere giunta sopra la soglia d’attenzione. I molti critici non hanno perdonato alla prima cittadina il “è uno dei 23mila funzionari del Comune” tributato dalla Raggi all’onnipotente Marra. E insistono con la richiesta di pubblicare (almeno a uso interno) il contenuto delle chat dei “quattro amici”, perché “siamo stufi di venire a sapere le cose dai giornali”.

Nessuno, a nessun livello, ha interesse a scaricare il sindaco in questo momento. La gestione dell’indagine a suo carico, anzi, potrebbe essere l’occasione per ricostruire un rapporto con le varie anime che le si oppongono, e di rilanciare la sua azione di governo. Un’operazione alla portata, ma comunque molto complesso. Il filo che la lega ai vertici del Movimento rimane ancora molto sottile.

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Salvatore Romeo: “Io e Virginia Raggi sapevamo delle cimici in Campidoglio, siamo andati sul tetto 15 volte”

“Io e Virginia Raggi sapevamo delle cimici in Comune dal secondo giorno di governo della città. Sul tetto ci saremo andati quindici volte, quel giorno mangiavamo un panino, come sempre, poi è uscita fuori quella foto ed ecco che è scoppiato un caso”. Lo afferma Salvatore Romeo, ex capo della segreteria politica in Campidoglio, in un’intervista al Messaggero in cui chiede che il contenuto della chat con Raggi, Marra e Frongia non venga reso noto.

“Se ci sono gli omissis nelle carte dell’inchiesta, tali devono rimanere, perché non hanno rilevanza penale”, dichiara Romeo. “Faccio un esempio: se io le scrivo in una chat che sono innamorato di lei, e poi viene pubblicato, la gente penserà che io e lei siamo amanti anche se non è vero. E se avrò detto, faccio un altro esempio, che mi piaceva una segretaria, non penso che sia interessante la pubblicazione di questo dialogo”.

Romeo, che si definisce “un grillino in vacanza” in attesa di tornare al suo vecchio lavoro lunedì, dice di aver “pagato” per difendere la sindaca. “Il mio passo indietro lo considero un atto di responsabilità necessario per consentire alla giunta di andare avanti serenamente. E soprattutto per difendere Virginia dagli attacchi interni”. Quanto a Raffaele Marra, “ho pagato il nostro rapporto privilegiato. Io non sono un gargarozzone, un ingordo di potere, non faccio parte di questo mondo. Non voglio mettere in difficoltà il mio sindaco. In questa città bisogna lavorare, se ci sono degli ostacoli è un problema”.

“La mia conoscenza con Raffaele – racconta Romeo – è iniziata nel 2013 quando lui era il mio capo di dipartimento. Sicuramente ci sarà stato un errore di valutazione evidente da parte mia. Ma i fatti che gli vengono addebitati sono precedenti al suo rapporto con il M5S che nessuno di noi conosceva”.
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Giunta Raggi, l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban ai 5 Stelle: “L’onestà non basta, primi mesi poco efficienti”

È arrivato dal nord Italia inviato dalla Casaleggio Associati per dare una mano a Virginia Raggi – i maligni dicono “commissariare” – per gestire le enormi difficoltà di gestione di Roma Capitale. Il bilancio dei primi mesi che fa Massimo Colomban, imprenditore trevigiano oggi assessore alle Partecipate, sulle pagine del Messaggero non è positivo.

“È innegabile che i primi mesi della Raggi sono stati poco efficienti e non molto produttivi. È la testimonianza che non basta essere onesti per governare, servono esperienze e soprattutto capacità manageriali che il M5S dovrà creare al proprio interno o reperire velocemente all’esterno. Detto questo, la gestione di Roma è di una complessità enorme. E a me non va di entrare in polemiche strumentali verso un Movimento fatto di giovani, sicuramente onesti, che devono però affrontare il passaggio da protesta e contestazione, al più complesso e gravoso compito della gestione. Purtroppo non sarà facile né per loro, né per i professionisti che li stanno affiancando, come il sottoscritto, stante il ginepraio burocratico e dissesto finanziario trovato”.

L’eredità ricevuta è pesantissima, spiega l’assessore, Atac e Ama sono “tecnicamente fallite”, per cui il Governo “deve farsi carico di salvarle”.

“Non pensavo la situazione fosse così deteriorata. Le partecipate dal Campidoglio sono società che, se agissero nel privato, sarebbero già fallite da tempo; ma siccome svolgono servizi pubblici essenziali come i trasporti e la nettezza urbana, non possono fermarsi o fallire. Società che hanno privilegiato la spesa corrente in personale, salari e stipendi, anziché investire in strutture e macchine, che ora sono per il 30-50% da rottamare. Per farlo, servono ingenti risorse che, sommate ai debiti e agli indebitamenti bancari, portano il buco, le necessità economiche di cassa, fra i 2 ed i 3 miliardi”.

Serve più collaborazione fra Campidoglio e Palazzo Chigi.

“Un’idea potrebbe essere tirare una linea, azzerare il pregresso come si fa in tutte le società che si vogliono rilanciare, aggiungendo ai 12 miliardi del debito storico di Roma questi 3 miliardi accumulati dal 2008 al 2016, che potrebbero essere restituiti nei prossimi decenni con un tasso di interesse pari al tasso dei titoli di stato. Altrimenti il nostro sforzo sarà inutile”.


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Dodici addii di peso in sei mesi: il Campidoglio ai tempi di Virginia Raggi. Tanto caos sulle nomine e pochi provvedimenti

Sei mesi, poco meno di duecento giorni, vissuti ad altissima tensione. Sembra di trovarsi sulle montagne russe e invece si è in Campidoglio ai tempi di Virginia Raggi, dove per esempio in un solo giorno si sono registrate anche cinque dimissioni di peso. Tanto caos che ha gettato la Giunta capitolina in un pantano da cui il sindaco prova a uscire ma con grande difficoltà. In rari casi il sindaco è entrato in contatto con la città, a parte alcuni blitz con l’allora assessore Paola Muraro per verificare, di persona, pulizia e decoro, e in particolare il corretto smaltimento dei rifiuti. Al di là di queste apparizioni popolari, il primo semestre del Movimento 5 Stelle alla guida di Roma sarà ricordato più per le nomine firmate con relative marce indietro, che per i provvedimenti messi a punto dalla Giunta capitolina, che segnano in pratica un nulla di fatto e una svolta ancora molto lontana rispetto agli annunci sbandierati in campagna elettorale.

Come primo atto Virginia Raggi sceglie di avere Daniele Frongia capo di Gabinetto, tuttavia vengono subito sollevati dubbi di compatibilità con la legge Severino essendo stato consigliere comunale nella precedente amministrazione. Dubbi che vengono successivamente fugati ma Raggi intanto ha deciso di averlo al suo fianco come vicesindaco e gli viene revocato l’incarico. Al suo posto arriva Carla Raineri, giudice della Corte di Appello di Milano. Si dimetterà a seguito di un parere dell’anticorruzione che contesta un errore nel tipo di contratto scelto dal Campidoglio per inquadrare il suo ruolo. In pratica la retribuzione concordata era troppo alta. “Lo stipendio non c’entra – spiega il magistrato – pensavo di dover garantire la legalità, ma la verità è un’altra”. A seguire, nello stesso giorno, arrivano le dimissioni del super-assessore al Bilancio, Marcello Minenna, dirigente della Consob. Per lui erano venute meno le condizioni politiche per continuare in assenza del magistrato a capo di Gabinetto, con cui lavorava in tandem. Poche ore dopo si registrano le dimissioni del direttore generale e dell’amministratore unico di Atac Marco Rettighieri e Armando Brandolese, e dell’amministratore unico di Ama, l’azienda rifiuti, Alessandro Solidoro.

All’inizio dell’amministrazione targata 5Stelle, Raffaele Marra viene nominato vice capo di Gabinetto vicario. Si scatena una polemica interna al Movimento: il dirigente comunale in passato ha avuto ruoli apicali sia con la giunta comunale di Gianni Alemanno che con quella regionale di Renata Polverini. Viene considerato uno del “Raggio Magico”, cioè un uomo che influenza le scelte del sindaco, così viene descritto dalla stessa Raineri. Adesso Marra si trova in carcere per corruzione, avrebbe ricevuto una tangente nel 2013 dall’immobiliarista Sergio Scarpellini quando era a capo del dipartimento per le Politiche abitative. Prima però che scoppiasse lo scandalo giudiziario, Marra era stato trasferito, in seguito sempre alle polemiche all’interno del Movimento, a capo del personale ed è finito sotto accusa per la promozione del fratello Renato a capo del dipartimento Turismo.

Tornando all’assessorato al Bilancio, la sostituzione è complicata. La sindaca nomina Raffaele De Dominicis, ex procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio. Dura in carica due giorni: si scopre che è indagato per abuso d’ufficio e quindi Raggi ne revoca l’incarico. Al suo posto arriverà Andrea Mazzillo, ex Pd e anche lui finito nel mirino degli ortodossi. Mentre Massimo Colomban, uomo di Davide Casaleggio imposto dai vertici per sanare una situazione allo sbando, va alle Partecipate.

Tra veti e scontri all’interno del Movimento dove l’ala ortodossa, compreso Beppe Grillo, ha chiesto al sindaco di azzerare il ‘Raggio Magico’, formato in particolare da Raffaele Marra e Salvatore Romeo, arriva su quest’ultimo il parere dell’anticorruzione: lo stipendio è troppo alto. Con una delibera ad hoc viene ridimensionato da 120mila a 93mila euro. E poi ancora nella notte tra lunedì 12 e martedì 13 dicembre l’assessore all’Ambiente Paola Muraro, difesa anche lei dalla sindaca contro tutto e tutti, rassegna le dimissioni dopo aver ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti. Sotto la lente di ingrandimento della Procura ci sono i rapporti tra l’allora consulente di Ama e il duo Fiscon-Panzironi travolti nell’inchiesta di Mafia Capitale.

In tutto questo marasma inizia a scricchiolare la poltrona di Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica entrato in rotta di collisione con la maggioranza. Come se non bastasse il 15 dicembre la Guardia di Finanza entra in Campidoglio e acquisisce una serie di atti e documenti relativi alle nomine di dirigenti dell’amministrazione Raggi. Il blitz degli investigatori è legato all’inchiesta della Procura di Roma che procede contro ignoti per verificare la regolarità delle nomine dei dirigenti Raffaele Marra, Carla Raineri, Salvatore Romeo decise dal sindaco Raggi. Il giorno dopo Marra viene arrestato con l’accusa di aver intascato una tangente nel 2013 quando in Campidoglio era a capo del dipartimento per le politiche abitative. Da questo momento in poi Grillo “minaccia” Raggi di toglierle il simbolo del Movimento 5 Stelle. Il sindaco si arrende e rinuncia, dopo tante pressioni, al suo ‘Raggio magico’. Daniele Frongia si dimette da vice sindaco e al suo posto arriva l’assessore Luca Bergamo. Anche Salvatore Romeo è costretto a lasciare la segretaria.

Andando invece agli atti rivendicati in questi mesi dal comune Roma vi è in particolare lo sblocco del salario accessorio, garantendo circa 300 euro in più in busta paga ai dipendenti comunali. Poi ancora la lotta all’abusivismo. La sindaca ha chiesto infatti al Comandante della Polizia Locale di intensificare il contrasto ai parcheggiatori abusivi. L’amministrazione ha chiesto anche un aumento della videosorveglianza e della presenza dei vigili sul territorio nell’ambito del ‘piano sicurezza’ della Capitale. Ancora da Palazzo Senatorio sottolineano che entro settembre 2017 sarà aperta la stazione della metro San Giovanni come proseguimento della linea C1, tuttavia si tratta di un progetto già approvato dalla vecchia amministrazione. Invece l’attuale Giunta capitolina ha bloccato la prosecuzione. Infine il trasporto pubblico: sono stati presentati i primi 25 bus consegnati ad Atac, su un totale di 150 che andranno a rinnovare la flotta dell’azienda dei trasporti romana. Da menzionare infine il tormentato No alle Olimpiadi annunciato dal sindaco.

Fino a questo momento, ogni giorno la Giunta guidata da Virginia Raggi, eletta con il 67% dei voti dei romani, ha dovuto affrontare un guaio. Ora però si teme quello più pericoloso. Cioè che il sindaco possa essere raggiunta da un avviso di garanzia dopo che l’Autorità anticorruzione ha dichiarato illegittima la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo del dipartimento del Turismo a causa di un presunto conflitto di interessi di cui Raggi era a conoscenza. I vertici pentastellati ragionano già su come affrontare la nuova grana.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Rodolfo Murra, ex capo Avvocatura Campidoglio: “Raggi e i suoi scelsero Marra per vincere. Ma poi poteva ricattarli”

“Virginia Raggi frequentava Raffaele Marra ben prima dell’inizio della campagna elettorale. Me lo raccontò Marra spiegando che lei, Salvatore Romeo e Daniele Frongia volevano vincere e lo avevano reclutato come punto di riferimento in Campidoglio. Lui poi ha preso il potere pieno e noi abbiamo sempre pensato che alla base di tutto ci potesse essere un ricatto. Era interlocutore dei costruttori e aveva legami con la destra romana”. Lo dice in un’intervista al Corriere della Sera Rodolfo Murra, ex capo dell’Avvocatura capitolina tra i testimoni chiave dell’inchiesta sulle nomine al Comune di Roma.

“Non posso essere più preciso”, dice a proposito dell’ipotesi di ricatto. “So soltanto quello che mi diceva lui in continuazione: ‘So tutto di loro, prima o poi parlerò. E se parlo non so che cosa succede’”. “Si può dire che nella stanza della sindaca c’erano sempre Marra e Romeo. E naturalmente Frongia. Loro contro tutti. Frongia è il migliore perché comunque ha metodi civili e dedica ascolto alle persone. Gli altri due sono arroganti e volgari, ma la sindaca li ha sempre appoggiati. Parlare da soli con lei non era possibile. Se le chiedevo chiarimenti oppure opinioni sulle questioni mi rispondeva: ‘Ne parli con Marra, si rivolga a Marra’”. Romeo “impartiva ordini. La premessa era sempre: ‘Vengo a nome di Virginia’”. Un ridimensionamento di Romeo e Frongia? “È una farsa. Senza di loro la sindaca non può far niente”.

Intervistato anche dal Messaggero, Murra sottolinea che Raffaele Marra non era “uno dei 23mila lavoratori comunali”.
“Questa è una menzogna a cui non credono neanche i grillini più accaniti”, dice. “Marra era l’alter ego di Virginia Raggi. E il suo rapporto stretto con la sindaca lo conoscono tutti in Campidoglio”.
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