Ambiente, Fratoni: “Sui corsi d’acqua apuani Regione in prima linea”

FIRENZE – “Siamo noi a commissionare ad Arpat studi approfonditi per conoscere e intervenire sui problemi ambientali. A chi da ultimo lamenta uno scarso presidio del territorio da parte della Regione, diciamo che non sa di che parla: il nostro territorio è presidiato e la Regione sta governando attivamente i fenomeni evidenziati da Arpat”.

Così l’assessore all’ambiente Federica Fratoni risponde alla denuncia dell’associazione Grig (Gruppo di intervento giuridico) che, commentando il rapporto Arpat sulle acque di fiumi e laghi in Toscana, parla di “smarrimento del buon governo del territorio” ed evidenzia alcuni dati negativi rilevati sui corsi d’acqua apuani Frigido e Carrione.
  
“Invece per quanto riguarda l’impatto dell’attività estrattiva delle cave apuane sui fiumi della zona – prosegue Fratoni – ci fa piacere che l’associazione Gruppo di intervento giuridico citi il progetto speciale varato dalla Regione e finanziato con oltre 1 milione e 400 mila euro. Questo progetto è la conferma dell’impegno della Regione in prima linea. Il piano prevede, infatti, un’intensificazione degli strumenti di controllo, aumento del personale e più controlli in cava: un’attività che mai prima d’ora era stata fatta con queste dimensioni e che ha fatto fare un salto di qualità all’attività di prevenzione e tutela ambientale. E’ in questa direzione che vogliamo continuare a lavorare con l’obiettivo di migliorare la qualità ecologica di fiumi e torrenti”.

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Prima e dopo la strage dei Georgofili: Palermo, Capaci e poi gli attentati a Roma e Milano

FIRENZE – Il prologo della strage dei Georgofili inizia un anno prima, nel 1992. Il 12 marzo viene ucciso il parlamentare europeo ed ex sindaco di Palermo, Salvo Lima. Il 23 maggio c’è l’attentato di Capaci, in cui muoiono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, magistrato anche lei, gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Due mesi più tardi, il 19 luglio, è la volta in via d’Amelio del giudice Paolo Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Casentino e Claudio Traina. Poi arriva il 5 novembre, quando nel giardino di Boboli a Firenze viene fatto ritrovare un proiettile di artiglieria avvolto in un sacchetto per rifiuti: l’ordigno era collocato vicino alla statua del Magistrato Cautius, inventore della cauzione, e l’episodio fu poi definito dagli inquirenti come l’anticamera delle stragi del 1993.

La prima è del 14 maggio: un’autobomba esplode a Roma in via Fauro ai Parioli, poco dopo il passaggio della vettura del giornalista Maurizio Costanzo che rimane illeso. I feriti sono ventiquattro. Il 27 maggio tocca a Firenze: un furgone imbottito di esplosivo viene fatto saltare in aria sotto la Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili. Muoiono in cinque, quarantuno i feriti. La torre del Pulci viene quasi completamente distrutta e la stessa Galleria degli Uffizi subisce notevoli danni: tre dipinti furono perduti per sempre e 173 danneggiati, insieme a 42 busti e 16 statue anch’essi rovinati.

Il 27 luglio , quasi in contemporanea, altre due bombe esplodono davanti alla Basilica di San Giovanni Laterano a Roma e in via Palestro a Milano, dove muoiono un vigile urbano, due vigili del fuoco e un cittadino marocchino che passava sul lato opposto della strada.  Dodici i feriti. Il giorno dopo, il 28 luglio, un’altra vettura esplode davanti alla chiesa di San Giorgio al Velabro, sempre a Roma. Una ventina, anche in questo caso, i feriti.

Ci sono anche due attentati falliti. Il 23 gennaio 1994 non esplode una Lancia Thema imbottita con oltre 120 chili di esplosivi, parcheggiata nelle vicinanze dello Stadio Olimpico a Roma. A Formello, paese della provincia romana, il 14 aprile viene invece ritrovato dell’esplosivo sotto il ciglio di una strada dove solitamente passa il collaboratore di giustizia Salvatore Contorno.

In tribunale
ll pool di magistrati fiorentini che lavorò alle inchieste sulla stragi del 1993 era composto da Gabriele Chelazzi, Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini, sotto la guida dell’allora procuratore capo della Repubblica Pier Luigi Vigna, coadiuvato dal procuratore aggiunto Francesco Fleury. I responsabili materiali della strage vengono individuati velocemente. Resta ancora aperta la ricerca degli eventuali mandanti “occulti”, che Chelazzi aveva avviato e per cui l’associazione “Tra i familiari delle vittime” ha chiesto  la riapertura delle indagini.

Il processo sulla strage dei Georgofili si apre il 12 novembre 1996.  La sentenza di primo grado arriva il 6 giugno 1998, con 14 ergastoli e varie condanne.  Nel 2000 c’è la sentenza stralcio relativa a Riina, Graviano e altri, con due ergastoli. Nel 2002 la Cassazione conferma  15 ergastoli. Tra i condannati c’è Bernardo Provenzano (all’epoca latitante, fu arrestato nel 2006) e Matteo Messina Denaro (considerato, dopo l’arresto di Provenzano, il capo di Cosa nostra, è tutt’ora latitante).

Nel 2009 nuovi elementi d’accusa inducono la procura della Repubblica di Firenze, guidata da Giuseppe Quattrocchi, a chiedere la riapertura della vecchia inchiesta, archiviata, sui mandanti “occulti” delle stragi del 1993 e che vede imputato Francesco Tagliavia accusato di essere uno dei responsabili degli attentati del 92/93. I pm Quattrocchi, Nicolosi e Crini hanno motivato la richiesta di riapertura dell’inchiesta con l’esigenza di nuove indagini che prendono spunto dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, uno dei quali, Spatuzza, direttamente coinvolto nell’esecuzione dell’attentato di via dei Georgofili.

Al processo si costituiscono trenta parti civili con Regione, Comune e Stato. Alti esponenti delle istituzioni come Mancino e Conso sono chiamati a testimoniare sulla presunta “trattativa” che sarebbe intercorsa con Cosa nostra per l’eliminazione del 41 bis, quale movente mafioso per le stragi del 1993. Il 5 ottobre 2011  boss mafioso Francesco Tagliavia viene condannato all’ergastolo per tutte le stragi del ’93 di Roma, Firenze e Milano. La sentenza è la prima che riconosce la piena attendibilità del pentito Gaspare Spatuzza, l’ex reggente del mandamento di Brancaccio.

Un nuovo processo si apre il 27 maggio 2013 per la cosiddetta “trattativa Stato-mafia”. Il 20 aprile 2018 la Corte di Assise di Palermo condanna  il boss mafioso Leoluca Bagarella a 28 anni di reclusione, il boss mafioso Antonino Cinà a 12 anni,  l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex vertici del Ros Antonio Subranni e Mario Mori a 12 anni, l’ex colonnello Giuseppe De Donno a 8 anni. Viene assolto l’ex ministro Nicola Mancino, mentre interviene la prescrizione per il pentito Giovanni Brusca.

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LA PRIMA VITTIMA PER SOUTHWEST AIRLINES.

La Southwest capostipite dei vettori low cost che ha iniziato le operazioni nel 1971, deve purtroppo segnare la sua prima vittima. Si tratta di un passeggero del volo 1380 da La Guardia (NYC) al Dallas Love Field il 17 Aprile 2018.

Il Boeing 737-7H4 (N772SW) era decollato alle 09.43 locali, si trovava ancora nella fase di salita (FL320) quando alle 10.04 una esplosione avveniva nel motore di sinistra.
Frammenti e detriti penetravano nella carlinga provocando la morte di un passeggero.
A bordo dell’aereo che venivano immediatamente dirottato su Philadelphia dove atterrava alle 10.19, si trovavano 143 passeggeri e cinque membri di equipaggio.
Il motore coinvolto nell’esplosione è il CFM56-7B.

 

E’ questa la prima vittima per la compagnia texana se si prescinde dall’incidente occorso l’otto dicembre 2005 allorchè un B737 in atterraggio a Chicago non si fermò a fine pista e investì nella sua corsa un auto provocando la morte di un ragazzo di 6 anni che si trovava a bordo.
L’incidente è avvenuto ieri 17 aprile e il velivolo coinvolto era stato consegnato alla compagnia il 26 giusno 2000 e pertanto aveva una anzianità di 17 anni e 10 mesi.
Scoppi di motori o “engine failures” occorrono frequentemente ma sono molto rari i casi che hanno provocato vittime fra i passeggeri. (1)
Il motore CFM 56 prodotto in joint venture dalla GE Aviation e dalla francese Safran Aircraft Engine è entrato in servizio nel 1997 accumulando oltre 350 milioni di ore volo.
Per il momento l’incidente viene additato come un “engine failure” ma, parlando di questa tipologia di incidente va annotato che il motore degli aerei proprio per evitare di esplodere e spargere micidiali frammenti dispone di anelli di protezione. Va pertanto appurato quale sezione sia realmente esplosa.
Il 27 agosto 2016 un altro B737 della Southwest (N766SW) ebbe il distacco in volo della air inlet cowl (2) , mentre molto scalpore suscitò l’incidente all’A380 della Qantas avvenuto nei cieli asiatici il 4 novembre 2010 con 459 persone a bordo e di cui pubblichiamo le immagini. In quell’incidente l’aereo montava motori Rolls Royce.

 

Antonio Bordoni

 

Note:
(1) Ci riserviamo di pubblicarli in una successiva Newsletter
(2) Volo da New Orleans a Orlando, con diversione a Pensacola.

 

fonte: Safety Newsletter 18/2018 del 18 Aprile 2018
www.air-accidents.com


Foto: Il motore del volo Southwest Airlines esploso in volo (Ansa)

 

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Paola Perego alle Iene: “Prima dicono sì e poi si scusano. Il programma era stato approvato”

“Mi sento messa in mezzo in una cosa molto più grande di me”. Sono le parole di Paola Perego, pronunciate nell’intervista concessa a Le Iene per rispondere alle accuse ricevute dopo la messa in onda della “lista delle donne dell’est”, lista che ha portato alla chiusura del programma “Parliamone sabato” trasmesso su Rai 1.

Accuse di ogni tipo sono state scagliate sulla conduttrice, accuse a cui lei non sa dare una risposta: “Sono disorientata, spaventata. Non riesco a capire bene cosa sia questa violenza contro di me”. La Perego dice di essere confusa, di non rendersi ancora conto di quello che le è accaduto, ma di una cosa è certa: “Sono spaventata. Vedo i giornali e mi sembra una cosa surreale, che non sta capitando a me. Non ho ancora metabolizzato. Non me lo merito, credo di essere una brava persona.”. Poi un pensiero a tutte le persone che, come lei, hanno perso il lavoro dopo la chiusura del programma: “Sto male per tutte quelle persone che, fidandosi di me, mi hanno seguita in questo programma. Ora resteranno senza lavoro e avranno problemi a pagare l’affitto”.

parliamone sabato

Ma per la conduttrice c’è sicuramente altro: “C’è qualcosa di molto più grande. C’è gente che ha bestemmiato, hanno intervistato il figlio di Totò Riina facendogli l’altarino, abbiamo visto in televisione qualunque cosa”. Per la Perego il suo “era un gioco”. “È scoppiata la bomba – prosegue – ma la bomba non c’è. Hanno usato me come potevano usare forse qualcun altro. Forse è scomodo mio marito”. “Hanno chiuso il programma – spiega – e credo che rescinderanno anche il mio contratto, ma questo non è un problema, cioè io non sono quella persona che stanno descrivendo e chi mi conosce lo sa”.

Ma più che la rescissione del contratto, ciò che più ferisce la sensibilità della conduttrice è un’altra, come spiega nell’intervista a Le Iene, l’essere passata per una sessista insensibile: “Sì, perché non lo sono. Poi non posso stare qui a elencare i miei pregi o le cose che io ho fatto, ho anche otto mila miliardi di difetti, però io non sono quella persona che oggi è descritta sui giornali”. “Sì, può essere stata una pagina brutta, ma è incredibile perché dal niente è partita un’eco mostruosa su una cosa che non c’è, non esiste. È devastante. Non verrà mai fatta chiarezza. Gli argomenti in Rai vengono approvati prima di essere messi in onda dal capostruttura, dal direttore di rete. Mi hanno approvato questo argomento e mi hanno cassato il femminicidio perché non volevano che ne parlassimo perché non era con la linea editoriale”.

Un’accusa “pesante” come sottolinea la Iena, ma la Perego ribatte. “Prima l’approvano e poi si scusano. Ma di cosa? Ma di che stiamo parlando? Loro si sono dissociati da una cosa che avevano approvato e adesso fanno la figura di quelli che stanno salvando l’Italia da questo “mostro” che è sessista, che porta in televisione queste cose”. Poi sulla lista precisa: “Ha fatto casino perché è l’unica cosa che hanno visto, non hanno visto tutto il resto”. La conduttrice sostiene che il “programma andava visto, bisognava seguire la discussione e cogliere il lato ironico della cosa”. “Forse però – afferma – mi è venuta male perché non sono tanto ironica io”.

Poi ammette che quanto accaduto è “una pagina mediocre come tante altre” della televisione: “Ma mi vorrei scusare per la dichiarazione di Fabio Testi. Ho chiesto di non invitarlo più”. Poi la Iena le riporta le dichiarazioni della Boldrini, la quale ha affermato che la Perego abbia trattato “la donna come un animale domestico”. “Quando la signora Boldrini ancora non era in politica – risponde la conduttrice – e faceva televisione, io già lottavo per i diritti delle donne. Perché non sono sessista, ma non solo non lo sono, perché porto avanti una battaglia da sempre, perché è uno dei miei principi base, la difesa dei diritti delle donne principalmente. Fa male”.

“Dalle posizioni che hanno preso – conclude – è difficile tornare indietro. E poi sono dei codardi”
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Matteo Renzi si paragona a Claudio Ranieri: “Prima esaltato, poi maramaldeggiato. Ma lui tornerà, chi lo ha tradito chissà”

Matteo Renzi come Claudio Ranieri. Dallo scudetto con il Leicester all’esonero, dal trionfo del 41% alla sconfitta del referendum. “Le favole finiscono. È normale. Prima o poi finiscono. Ma quando finiscono male la tristezza pervade non solo i bambini che hanno creduto alla favola” scrive l’ex premier sulla sua eNews.

“Lo scorso anno il calcio mondiale è stato letteralmente rivoluzionato da una piccola squadra inglese, il Leicester, che grazie a un italiano coraggioso e tenace come Claudio Ranieri ha trionfato in Premier League. A distanza di otto mesi la squadra gli si è rivoltata contro e mister Ranieri è stato esonerato: gli stessi che esaltavano l’impresa, hanno maramaldeggiato sul mister romano. Ma anche se le favole finiscono, prima o poi, le persone vere restano. Chi conosce Ranieri sa che lui tornerà, mentre i giocatori che lo hanno tradito… chissà. Viva il calcio, viva le favole”.

Nella eNews, Renzi torna a parlare di Pd e di Governo. Sul Partito Democratico l’ex segretario lancia un appello in vista delle primarie del 30 aprile e rilancia l’appuntamento al Lingotto dal 10 al 12 marzo: “Perché finalmente si discuta di cosa serve all’Italia, e non più di quanto è antipatico Tizio o Caio, è fondamentale rilanciare sui contenuti, sulle idee, sulle proposte. Sulla sanità, la cultura, le tasse, l’innovazione, il capitale umano”.

Sul Governo, Renzi scrive che “ha il compito di guidare il Paese fino alle elezioni e noi facciamo il tifo per l’Italia, quindi per tutto l’esecutivo. Ci sono cose da fare, avanti tutta! Nei mille giorni abbiamo commesso alcuni errori e ottenuto risultati storici, ma abbiamo anche lasciato un’eredità concreta. Non mi riferisco alle statistiche, ma ai progetti già finanziati. Ci sono quasi due miliardi di euro sulla povertà: niente chiacchiere, si spendano! Ci sono cinquecento milioni di euro già pronti sulle periferie (e con quelli già stanziati si arriva a oltre due miliardi): si parta, i progetti – alcuni molto belli – sono già pronti da mesi. E sull’Europa noi non vogliamo violare le regole, anzi. Nei mille giorni abbiamo ridotto al minimo le infrazioni europee, segno che vogliamo che le regole siano rispettate (quelle che non ci piacciono le vorremmo cambiare, ma questa è un’altra storia): l’importante è che il Paese sia forte e autorevole nella trattativa con Bruxelles sui numeri del bilancio. E noi stiamo dalla parte dell’Italia, sempre”.

Renzi scrive infine di essersi “rimesso in viaggio e continuerò a girare, con l’allegra curiosità di chi è innamorato della vita e del futuro, scrivendo i miei appunti su un taccuino che diventerà libro molto presto”.

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Prima telefonata tra Paolo Gentiloni e Donald Trump: al centro del collquio la Libia e il G7 di Taormina

E’ prevista per questa sera la prima telefonata tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, stando a quanto si apprende da fonti della Casa Bianca. Il colloquio è fissato per le 22 circa, ora italiana.

Si tratta del primo colloquio telefonico tra il premier italiano e il nuovo inquilino della Casa Bianca. Trump chiamerà Roma dal resort di Mar-a-Lago in Florida, dove si trova per un week end con la moglie Melania e il figlio Barron. L’unico contatto tra Italia e Stati Uniti dopo l’elezione di Trump era avvenuto nei giorni scorsi con una telefonata tra il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il segretario alla Difesa Mattis. Fu l’occasione per discutere della “forte partnership” che lega Washington e Roma ma soprattutto per sottolineare, da parte Usa, il ruolo dell’Italia nel quadrante nordafricano e in particolare in Libia.

Tema ripreso poi dal segretario di Stato Rex Tillerson a fine gennaio quando elencò una serie di punti sui quali si sarebbe mossa la collaborazione tra i due Paesi. La Libia, dove “abbiamo bisogno dell’esperienza italiana”. Ma anche l’Ucraina, dal momento che l’Italia, disse Tillerson, è un membro “responsabile dell’Unione Europea” e può contribuire a tenerla unita. E infine la Russia, in vista del G7 che l’Italia ospiterà a fine maggio a Taormina: c’è da decidere se invitare al consesso il leader del Cremlino Vladimir Putin e compiere un ulteriore passo nel processo di riavvicinamento tra Mosca e Washington che va avanti dall’avvento della nuova presidenza.

Il colloquio tra Trump e Gentiloni avviene dopo due settimane dall’insediamento del presidente Usa. Roma non rientra quindi nel “primo giro” di contatti avviato dalla Casa Bianca. Una circostanza che non sfugge, soprattutto se si ricorda la scelta di Barack Obama di accogliere l’ex premier Matteo Renzi per la sua ultima State dinner da presidente degli Stati Uniti. Dopo la diffusione dei contenuti della telefonata tra Trump e Gentiloni si inizierà a capire quali temi saranno considerati prioritari dai due nuovi leader del G7 e quale sara il corso dei rapporti con la nuova presidenza Usa.

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Valanga all’Hotel Rigopiano, la prima richiesta della piccola Ludovica: “Voglio i miei biscotti”

“Voglio i miei biscotti”. Questa la prima richiesta di Ludovica, 6 anni, la figlia di Giampiero Parete, l’uomo di 38 anni che per primo ha lanciato l’allarme dall’hotel di Rigopiano.

A riferire le parole della bambina, estratta viva questa sera dalle macerie, è Quintino Marcella, amico e datore di lavoro di Giampiero, che ha parlato al telefono con lei. “Ha chiesto i suoi biscotti, i suoi preferiti”.

“La bambina sta bene” continua Marcella. “Certo, la famiglia Parete è provata, ma Gesù ha riconsegnato loro quello che hanno seminato, perché sono delle persone stupende”.

La moglie di Parete, Adriana, e il figlio Gianfilippo, sono stati i primi due a essere recuperati da sotto le macerie dell’albergo. Ora la famiglia si è riunita all’ospedale di Pescara.
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Terrorismo in Turchia, un anno di attacchi prima della strage di capodanno

L’attacco della scorsa notte di Capodanno alla discoteca Reina di Istanbul è l’ultimo di una serie di attacchi terroristici che ha colpito la Turchia nell’ultimo anno. Questi i più gravi:

– 17 febbraio: potente autobomba contro un convoglio militare in pieno centro ad Ankara: 28 morti e oltre 60 feriti.

– 13 marzo: nuova autobomba guidata da un kamikaze esplode nell’affollato centro di Ankara nell’ora di punta serale vicino ad un autobus nell’affollato centro uccidendo 38 persone. Il governo accusa il Pkk e bombarda i curdi in Iraq.

– 28 giugno: attacco con un ordigno e uomini armati all’aeroporto Ataturk di Istanbul: 42 morti. La strage viene attribuita all’Isis.

– 30 luglio: miliziani curdi attaccano una base dell’esercito turco nella provincia sudorientale di Hakkari, al confine con l’Iraq, ma vengono respinti: 35 i miliziani e 8 soldati uccisi.

– 20 agosto: un kamikaze minorenne si fa esplodere a un matrimonio a Gaziantep, uccidendo 51 persone, fra cui almeno una trentina fra bambini e ragazzini. Incolpato l’Isis.

– 10 dicembre: doppio attacco dinamitardo fuori dallo stadio di calcio del Besiktas, vicino al night club Reina, uccidendo 44 persone. Rivendica un gruppo curdo Tak (Falchi per la liberazione del Kurdistan).

– 1 gennaio 2017: 2 o 3 terroristi vestiti da Babbo Natale sparano alla cieca contro la folla nella discoteca Reina a Istanbul, la notte di Capodanno, uccidendo almeno 39 persone, fra cui 15 stranieri, e ferendone altre decine.


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Ciriaco De Mita “Con il proporzionale non torna la prima repubblica”

Il ritorno al proporzionale “potrebbe essere utile, ma con un premio di maggioranza che solleciti le convergenze. Un premio però diverso da quelli del Porcellum o dell’Italicum: il premio deve sollecitare le aggregazioni, non sostituirsi al consenso, altrimenti è antidemocratico”. È quanto afferma al quotidiano la Stampa, Ciriaco De Mita, secondo cui parlare di ritorno alla Prima Repubblica è “una semplificazione poco adatta alla situazione dell’Italia di oggi. Un tentativo banale di capire un presente che sfugge alla comprensione e che si rivela nella sua impotenza”.

In ogni caso le coalizioni, spiega De Mita, andrebbero fatte “prima del voto, ma con la logica degasperiana i partiti diversi che si mettono insieme per fare qualcosa. Che è molto diverso dalle coalizioni della seconda repubblica, come l’Ulivo, nate solo per avere la maggioranza”.

Alla domanda se ritiene possibile l’ipotesi di un rientro a palazzo Chigi dello stesso Renzi, De Mita replica: “Se tornasse a palazzo Chigi trasmetterebbe l’idea che la politica non è una cosa seria”.

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Scoperta in Egitto un’antica città di 7mila anni fa e una necropoli databile alla Prima Dinastia

Un’importante scoperta contribuirà a far luce sulla storia dell’antico Egitto. Gli archeologi hanno riportato alla luce un’antica città databile a 7000 anni fa e una necropoli risalente alla Prima Dinastia, circa al 5300 a.C. secondo il Nouvel Observateur, nella provincia meridionale di Sohag. La scoperta, come riporta il Guardian, è stata annunciata dal Ministro delle Antichità Mahmoud Afifi. I reperti si trovano a 400 metri dal tempio di Seti I, nell’antica città di Abydos, dove gli archeologi hanno scoperto anche una serie di utensili e di ceramiche.

Questa città, secondo gli studiosi, era la sede di alti funzionari. Gli scavi hanno infatti portato alla luce delle tombe più grandi di quelle reali di Abydos della Prima Dinastia; una scoperta che certamente consentirà di comprendere meglio la ricca storia di questa antica città. Gli esperti ritengono che Abydos fosse la capitale dell’Egitto verso la fine del periodo predinastico e durante il regno delle prime 4 dinastie. Situato a sud del Cairo, il sito di Abydos è già un importante centro archeologico, che ospita la tomba di Osiride e quello di Seti I.

Il ritrovamento della città potrebbe permettere al turismo dell’Egitto, la fonte di ricchezza primaria di questo stato attualmente in crisi, di ripartire.


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