Non è come quando ogni concerto poteva diventare una rissa, tipo Bologna 1980 coi punk che gli occuparono il palco. Non è come quando sul palco faceva la sua comparsa anche il mantello ‘a la bela’, in onore di Bela Lugosi, il Dracula più famoso del cinema. Ma c’è sempre più di un motivo per andare a vedere Peter Murphy dal vivo, ieri sera al Quirinetta di Roma. Il suo ‘Stripped tour’ non chiede nulla al pubblico, non pretende, mostra Peter Murphy ‘a nudo’, senza i suoi Bauhaus, certo, quelli sono di una vita fa, ma ancora con la sua voce cavernosa che scalda il cuore dei tanti over40 presenti.
E’ orgoglio anni ’80, specificatamente orgoglio gothic-dark di un tempo che è stato ma che vale la pena rivedere dal vivo. “Everything passes away”, dice del resto Murphy, 59 enne inarrestabile. E proprio per questo introduce una cover di David Bowie, ‘The Bewlay brothers’. Perché vale la pena di ricordare il Duca Bianco scomparso di recente, in fondo padre ispiratore dei Bauhaus, un legame di musica e indole come si vede nel film di Tony Scott ‘Miriam si sveglia a mezzanotte’, interpretato da Bowie, con i Bauhaus che eseguono ‘Bela Lugosi’s dead’.
Con lo stesso brano Murphy saluta il pubblico del Quirinetta, luogo dall’ambiente dark al punto giusto. Sedici pezzi in scaletta, 7 dei Bauhaus, uno di Bowie appunto, gli altri della sua lunga carriera solista, iniziata prima con Mick Karn dei Japan e i ‘Dali’s car’ e poi effettivamente da solo per trent’anni dalla metà degli anni ‘80. Inizia con ‘Cascade’. Poi ‘Indigo eyes’, approfondisce con la bellissima ‘Marlene Dietrich’s favourite poem’. Con ‘A strange kind of love’ colpisce al cuore con il violino di Emilio China, uno dei due musicisti che lo accompagnano sul palco, l’altro è John Andrews, entrambi collaborano con Murphy da anni.
Naturalmente sono i brani dei Bauhaus che scaldano di più. Murphy inizia da ‘King volcano’ e poi ‘Kingdom’s coming’. Su ‘Silent hedges’ il pubblico accompagna con applausi a ritmo. In scaletta non c’è ‘The passion of lovers’, manca ‘She’s in parties’, il pubblico se ne fa una ragione: del resto, la formula in semi-acustico non permette tutto. E allora ‘All we ever wanted was everything’ diventa quasi l’inno della serata, con Murphy che tra un urlo e l’altro ci infila un “Roma, la dolce vita…”.
‘The three shadows’, ‘Hollow hills’: si scivola verso la fine, dopo un’ora e mezza di musica. Sul palco si allunga l’ombra di Bela Lugosi, Murphy è perfettamente nella parte. ‘Bela Lugosi’s dead…’ e sei nel castello di Dracula, almeno 30 anni fa, in un tempo lontano ma non più triste.
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