Paziente morta alla Scotte, audit Centro Gestione Rischio Clinico: non sono emerse criticità nel percorso assistenziale

FIRENZE – In relazione al decesso della paziente avvenuto a seguito di complicanza insorta dopo parto cesareo, il pool regionale di esperti, individuato dal Centro Gestione Rischio Clinico per la realizzazione di un audit sul percorso clinico assistenziale, si è riunito in data 3 luglio 2019 presso la AOU Senese insieme ai professionisti che hanno seguito il caso.

Da una prima analisi della documentazione disponibile e dalla ricostruzione realizzata con i professionisti dell’AOUS, emerge un quadro clinico da subito complesso affrontato in maniera tempestiva e multidisciplinare dal team aziendale, il cui operato non ha evidenziato criticità nella gestione del percorso clinico assistenziale.

Il lavoro del pool di esperti  si concluderà con una relazione. La commissione regionale resta, comunque, in attesa delle risultanze dell’autopsia che è in corso di esecuzione.

Il pool è composto dagli auditor clinici esperti Federico Mecacci, ginecologo, e Carlo Dani, neonatologo, dell’Ospedale di Careggi, Gianluca Bracco, ginecologo dell’USL Nordovest e Armando Cuttano neonatologo dell’AOU di Pisa, da Sara Albolino, responsabile ad interim del Centro Regionale Gestione Rischio Clinico (GRC)  e Michela Tanzini referente Toscana sud est per il Centro GRC. 

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Primo paziente al mondo a guarire dal virus dell’Hiv

La speranza è che un uomo di 44 anni possa essere la prima persona al mondo ad essere guarita completamente dal virus Hiv, ma il risultato definitivo si potrà avere solo fra qualche anno. Il paziente, riportano molti media tra cui il Guardian, è stato il primo a completare la sperimentazione di un nuovo protocollo messo a punto da diversi istituti britannici, e al momento il virus sembra sparito dal suo sangue.

La ricerca, condotta su 50 persone, combina l’uso delle terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus Hiv ‘dormiente’ nel sangue, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette. Nella prima persona che ha completato la cura il virus non è più rilevabile nel sangue, anche se il risultato definitivo del test non arriverà prima di cinque ani.

“Questo è uno dei primi tentativi seri di trovare una cura definitiva per l’Hiv – spiega Mark Samuels, dirigente dell’Nhs inglese che sta finanziando il test -. È una sfida enorme, ed è ancora all’inizio, ma il progresso è notevole”.

Ora, che con le terapie antiretrovirali si riesce a eliminare il virus Hiv nel sangue, la sfida è riuscire a stanarlo dai ‘reservoir’, i depositi nelle cellule in cui rimane dormiente ma pronto a riattivarsi.

Potrebbero esserci riusciti i ricercatori di un team britannico, che hanno annunciato al Sunday Times che il virus sembra essere sparito nell’organismo del primo paziente che ha concluso la loro terapia sperimentale.

Il protagonista della vicenda è un uomo di 44 anni, assistente sociale, che fa parte di un gruppo di 50 pazienti selezionato per ricevere la terapia. Il protocollo messo a punto dalle università di Oxford, Cambridge, Imperial College, University College London e King’s College combina l’uso delle terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus Hiv ‘dormiente’, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette.

“Questa è la strategia che seguono tutti i diversi gruppi che stanno affrontando il problema nel mondo – spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità -, fra cui anche uno europeo a cui partecipa anche l’Iss”.

“Trovare il modo di curare definitivamente la malattia è fondamentale perchè anche se le terapie antiretrovirali sono un grande successo, così come l’essere riusciti a portarle in Africa dove stanno salvando 17 milioni di persone, c’è un problema di sostenibilità di costi e di difficoltà ad aderire a una terapia che comunque va presa per tutta la vita. La notizia è quindi ottima, anche se bisogna aspettare prima di cantare vittoria, questo virus ha già dimostrato in passato di poter tornare dopo un po’ di tempo”.

“Il risultato definitivo del test, precisano gli stessi autori non arriverà prima di cinque anni. Nel cosiddetto ‘paziente di Berlino’, un uomo sieropositivo colpito da leucemia, l’Hiv è sparito dopo un trapianto di midollo. Nel 2013 aveva suscitato molte speranze la ‘Mississippi baby’, una bambina nata sieropositiva curata aggressivamente fin dalle prime ore di vita, ma anche in questo caso il virus, che sulle prime sembrava sparito, è tornato qualche mese dopo aver interrotto il trattamento.

Lo scorso anno i medici del Necker di Parigi hanno invece presentato il caso di una diciottenne anch’essa nata sieropositiva e curata con la terapia antiretrovirale fino ai sei anni. Nel sangue della ragazza, hanno spiegato i medici pur restando molto cauti sulle prospettive, il virus non è rilevabile ormai da 12 anni. “Le terapie antiretrovirali riescono già a eliminare il virus dal sangue, ma rimane quello il cui Dna è integrato con quello delle cellule – sottolinea Vella -. È quello che si ‘risveglia’ quando si interrompe la terapia, ed è il motivo per cui ci vuole sempre prudenza in questi casi, deve passare molto tempo prima di poter dire che una persona è guarita”.

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