Paolo Gentiloni all’assemblea dei parlamentari Pd: “Non mi rassegno all’idea di tirare a campare”

“Non mi rassegno all’idea di un governo e una maggioranza in cui si tira a campare. Non può essere così, sarebbe non solo un errore ma anche un torto alla nostra coscienza, al nostro dovere e al senso delle istituzioni. Così il premier Paolo Gentiloni si è rivolto all’assemblea dei deputati Pd. “E poi di fatto non è così, se penso a questi tre mesi del nuovo governo”, ha aggiunto il presidente del Consiglio.

Referendum, il premier: “Correggeremo le norme”
“Abbiamo la sfida di correggere nei prossimi giorni le norme che saranno oggetto del referendum che abbiamo convocato. Il capogruppo Rosato organizzerà anche i modi nei quali nel gruppo discuteremo di come affrontare la tematica”, ha detto il premier.

Gentiloni ha confessato di non aver mai pensato di “fare un’assemblea del gruppo Pd da presidente del Consiglio” ma – ha aggiunto “la vita è strana”. Il premier ha annunciato che i decreti attuativi del provvedimento per il contrasto alla povertà sono “quasi pronti” e ha rilanciato l’azione dell’esecutivo. “In un tempo definito dalla vita della legislatura, come governo dobbiamo fare cose fondamentali che consentano al Pd di arrivare alle elezioni politiche nella migliore forma possibile. Questa è non solo un’affermazione di principio ma anche un’esigenza che deriva dalle difficoltà degli ultimi mesi”, ha sottolineato.
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La Waterloo di Grillo. Alde rifiuta l’ingresso di M5S. Salta la strategia del leader: parlamentari contro di lui

È la Waterloo di Beppe Grillo. E in fondo il luogo dove è caduto Napoleone non è molto distante da Bruxelles, teatro invece dello schiaffo di Guy Verhofstadt al leader M5S, rimasto sconfitto e con un partito confuso e arrabbiato. La mossa strategica di lasciare Nigel Farage per aderire al gruppo Alde e conquistare terreno nell’Europarlamento, in poche ore, si è rivelata un boomerang per i grillini. L’Alleanza dei Democratici e dei liberali per l’Europa ha infatti votato contro l’ingresso dei 5Stelle nel gruppo. Il ‘no’ secco è arrivato in particolare dai francesi e dai tedeschi e il capogruppo Verhofstadt non ha potuto che prenderne atto e salutare Grillo: “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie per portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave”.

Parole sorprendenti che arrivano pochi giorni dopo che il leader pentastellato, in gran segreto grazie alla mediazione di David Borrelli, ha siglato un pre accordo proprio con Guy Verhofstadt. Ma la sede dell’Europarlamento oggi è diventata un campo di battaglia e Grillo ha fatto il suo ingresso questa mattina presto con l’intento di sedare la protesta di alcuni europarlamentari che non hanno condiviso il cambio di rotta e l’adesione al gruppo più europeista che c’è in Ue, gruppo che fu di Romano Prodi e Mario Monti, per intendersi. Intanto a mezzogiorno vengono pubblicati i risultati del sondaggio, annunciato domenica a sorpresa tra lo stupore di tutti: il 78,5% degli iscritti al blog ha scelto di aderire all’Alde. Al di là del risultato quasi plebiscitario, la base, stando ai commenti, da domenica si è rivoltata contro Grillo. Le bacheche Facebook dei parlamentari sia nazionali sia europei sono state prese di mira e si sono trasformate in un delirio di commenti. Tutti presi alla sprovvista, in pochi hanno appoggiato la decisione del leader pentastellato. E c’è chi, come Nicola Morra e Carlo Sibilia, ha deciso di uscire allo scoperto. Non solo. Questa incongruenza, tra il voto della Rete e gli umori invece della Rete e dei parlamentari, ha prestato il fianco anche al sospetto che il voto web fosse stato manipolato.

Sta di fatto che a Luigi Di Maio è toccato l’ingrato compito di dover arrabattarsi e fornire giustificazioni parlando di una “mossa tecnica e non politica”. Il candidato premier in pectore garantisce inoltre che il referendum sull’euro verrà fatto comunque e che l’adesione a un gruppo europeista serve soltanto a mantenere diritti all’interno dell’Europarlamento, tra cui i 700mila euro che ogni partito ha a disposizione ed entrare poi nella partita delle presidenze delle commissioni. L’unico risultato che sortisce il post di Di Maio è una pioggia di commenti negativi e pochi “like”.

Passano poche ore ed ecco il colpo di grazia. Le stanze dell’Europarlamento sono ormai un campo di battaglia. In una, Beppe Grillo e Davide Casaleggio provano a sedare la protesta degli europarlamenti scontenti, in un’altra pochi passi più in là c’è Verhofstadt che prova a convincere i suoi, anche perché si sta giocando la sua personalissima gara per la presidenza dell’Assemblea, e strappare il ‘sì’ all’ingresso dei grillini. Ma dopo tanti tormenti e dichiarazioni al vetriolo, come quella della vicecapogruppo dell’Alde, la francese Marielle de Sarnez (“Farò di tutto per impedire che succeda. Sarebbe un’alleanza empia”), arriva la posizione ufficiale del gruppo: M5S è fuori.

Il danno d’immagine è enorme dopo che Grillo, in ventiquattro ore, ha mandato in tilt la base, ha mandato su tutte le furie i parlamentari nazionali ed europei, che si sono ritrovati con un accordo già firmato prima ancora che venisse ratificato dal blog, e per finire non ha ottenuto il risultato sperato. Anzi, ha subito una vera e propria cacciata. La difesa del leader pentastellato è quella solita d’ufficio: “L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi”. Recita la parte della vittima anche Alessandro Di Battista, l’altra punta M5S scesa in campo in una giornata da psicodramma: “Si sono tirati indietro – dice ospite a Otto e mezzo – perché è bene che alcune nostre idee vengano un po’ ostacolate”. Ma la sconfitta politica, al di là delle dichiarazioni ufficiali, rimane e adesso i grillini confluiranno nel gruppo Misto, che – secondo Grillo – significa “occupare una poltrona con le mani legate: non poter lavorare”. È la resa.
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M5S, fra tre mesi Roberto Fico sarà capogruppo alla Camera. Gli ortodossi prendono la guida dei gruppi parlamentari

Il cambio di passo, o per lo meno di umore, all’interno del Movimento 5 Stelle lo segnano i deputati: Roberto Fico sarà il nuovo vicecapo gruppo alla Camera. In gergo grillino questo si traduce nel fatto che fra tre mesi sarà il nuovo capogruppo. Sarà dunque lui a guidare i deputati nel momento più critico della legislatura, quello che secondo i rumors potrebbe portare al voto. Fico, diviso ormai da Luigi Di Maio da visioni del Movimento contrapposte, ha già sfidato il ‘delfino’ di Beppe Grillo nella corsa alla candidatura a premier e da capogruppo potrebbe guidare i deputati riportandoli all’idea originale del Movimento, quella dell’uno vale uno. Come ha spiegato di recente, in un solo concetto: “Senza personalismi”. Con Fico capogruppo, dopo che il Direttorio a causa delle beghe interne al Movimento non esiste più, potrebbe essere inaugurato un nuovo corso, dove a farne da padrone potrebbe esserci un testa a testa tra Fico e Di Maio, che nei fatti è già iniziato con il ‘caso Roma’ che non accenna a placarsi.

Dopo che il sindaco Virginia Raggi ha nominato Luca Bergamo suo vice e Pinuccia Montanari assessore all’Ambiente, quando tutto doveva ripartire sulla strada giusta, una nuova bomba le è scoppiata tra le mani. L’Organismo di revisione dei conti della Capitale (Oref) ha sonoramente bocciato il Documento unico di programmazione contenuto nel bilancio di previsione del Campidoglio, poiché “non chiaro negli obiettivi di gestione da raggiungere”. I revisori, valutando il Dup proposto dalla Giunta Raggi, spiegano che “pur mostrando una tendenza verso politiche di contenimento della spesa, tuttavia non evidenzia in modo esaustivo gli obiettivi di gestione, nei quali si declinano politiche, programmi e progetti dell’ente rilevabili nel breve periodo, in termini di efficacia ed efficienza”.

Inoltre “non sono espresse le politiche da adottare circa il recupero delle entrate, più volte oggetto di raccomandazione dei Revisori e che costituisce uno degli aspetti più drammatici e critici di Roma Capitale”. Insomma il documento redatto dall’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo, che Raggi avrebbe voluto come vicesindaco salvo subire lo stop di Grillo, è da rifare e con grande imbarazzo Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, ha dovuto sospendere la seduta poiché non era possibile andare avanti nel dibattito. Mentre i gruppi di opposizione hanno cominciato a urlare “a casa, a casa”, il capogruppo M5S Paolo Ferrara difende la Giunta dicendo che “il Pd in testa è senza pudore. Applaudono su uno scenario difficile che hanno creato loro stessi nel corso degli anni, con amministrazioni di opposto colore politico ma di uguale risultato: una situazione drammatica per la Capitale, che stiamo cercando con tutte le forze di risolvere”. Ciò non toglie però che il documento, secondo l’Oref, è stato redatto in modo sbagliato. Dunque, un nuovo stallo, che si somma a tutte le altre nomine da portare ancora a termine.

Per questa ragione Beppe Grillo e Davide Casaleggio continuano a tenere gli occhi aperti sul Campidoglio. Il garante del M5S e il figlio del cofondatore del Movimento, che ormai riveste un ruolo sempre più di primo piano, in queste ore continuano a lavorare sulle vicende capitoline, dopo l’ultima burrasca che ha portato all’arresto di Raffaele Marra e a un millimetro dalla rottura Virginia Raggi. Così il sindaco sarà affiancata da due fedelissimi dei vertici 5 Stelle: i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, quest’ultimo nominato di recente ‘probiviro’, ovvero chiamato a decidere con i colleghi Paola Carinelli e Nunzia Catalfo dei procedimenti disciplinari interni ai 5 Stelle.

Fraccaro e Bonafede, negli ultimi due giorni hanno fatto la ‘spola’ tra Campidoglio e Montecitorio. I due fanno parte del gruppo di supporto ai Comuni del M5S, da cui la città di Roma era esclusa, ma data l’emergenza e considerato che il mini-direttorio, a causa di numerose incomprensioni non esiste più, saranno gli occhi Grillo sulla Capitale. Raggi ha dichiarato di non sentirsi commissariata, ma le scelte delle ultime ore sembrano convergere tutte in questa direzione, anche perché è da Roma che passa la possibilità che i 5Stelle arrivino a Palazzo Chigi. Chi sarà il candidato premier, se Di Maio o Fico, ancora non è dato saperlo. Sta di fatto che nessuno esclude che nella partita possa entrare anche Alessandro Di Battista.

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