Franco Moscetti nuovo a.d. del Sole 24 Ore. Battaglia in Confindustria. Giornalisti in sciopero

L’assemblea degli azionisti era ancora in corso quando i giornalisti del quotidiano ‘Il Sole 24 Ore’ hanno proclamato lo sciopero. A stretto giro anche l’agenzia di stampa Radiocor e Radio24 hanno annunciato che martedì incroceranno le braccia. L’assise del Gruppo 24Ore, a tratti molto tesa con diverbi animati, così viene descritta da chi era presente, si è conclusa con l’elezione del nuovo consiglio di amministrazione e di Giorgio Fossa presidente del Cda. Non ha partecipato Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria (principale azionista del quotidiano), che domenica sera intervistato durante il programma “Faccia a faccia” ha parlato di un piano aziendale “lacrime e sangue”. Dietro queste parole i giornalisti vedono l’intenzione di impartire un taglio drastico di quasi la metà dei 1.250 dipendenti, così hanno indetto uno sciopero anche contro “la superficialità con la quale si annunciano tagli da lacrime e sangue, dopo una gestione deficitaria del Gruppo”.

Scioperi e licenziamenti in vista sono da inserire in un quadro giudiziario che vede due inchieste aperte con al centro il dissesto dei conti. Una è sul tavolo della Procura di Milano e l’altra della Consob. Queste due indagini, che ipotizzano il reato di falso in bilancio, scaturiscono dagli esposti di un gruppo di giornalisti del Sole 24 Ore e dell’associazione dei consumatori Adusbef. A creare il caos non solo l’inchiesta giudiziaria ma anche una battaglia all’interno di Confindustria, dove Boccia, con il consenso delle banche creditrici, ha scelto come amministratore delegato dell’azienda Francesco Moscetti, che portò Amplifon, di cui era a.d., fuori dall’Assolombarda. Anche per questo motivo Moscetti non piace ai milanesi guidati da Gianfelice Rocca, attorno al quale orbitano anche altri territori del Nord.

Confindustria quindi è spaccata e in questo clima si trova a gestire quello che potrebbe diventare un grandissimo scandalo economico-finanziario. I numeri parlano chiaro. In otto anni di quotazioni in Borsa il Gruppo ha bruciato 350 milioni di liquidità. Basti pensare che nel giorno del debutto a Piazza Affari, il 6 dicembre del 2007, un’azione valeva 5,75 euro, oggi vale invece 35 centesimi. Solo nei primi nove mesi del 2016 si è registrata una perdita di 61,6 milioni.

Adesso, nella relazione agli azionisti, si legge che il nuovo piano industriale del gruppo, quello 2016-2020 approvato il 3 novembre scorso in sostituzione del piano “disatteso” 2015-2019, prevede il raggiungimento di un utile nel 2019. L’altro aspetto contenuto nella relazione, che conferma la volontà di un forte taglio dei costi e l’intenzione di procedere con un aumento di capitale, consiste nella previsione di un margine operativo lordo sul fatturato, nel 2020, al 10%.

Per i giornalisti in sciopero l’azionista “deve assicurare le risorse per il risanamento e nello stesso tempo recuperare credibilità. Serve un rilancio vero e servono atti di fiducia”. Quindi viene avanzata una richiesta: “Come azionisti, come dipendenti ma soprattutto come giornalisti chiediamo un posto in consiglio di amministrazione o, almeno, un posto come invitati permanenti alle riunioni del Consiglio. Almeno fino al momento del ritorno all’utile”. Al momento non è arrivata alcuna risposta così come durante l’assemblea del Gruppo non sono state fornite risposte sulle questioni giudiziarie non essendo all’ordine del giorno. Antonio Matonti, dirigente dell’Area Affari Legislativi di Confindustria, si è limitato a dire che “sono in corso accertamenti sia amministrativi sia penali e saranno valutate azioni di responsabilità”.

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Il nuovo spot di Natale di John Lewis è comico: un cane prende possesso del regalo della bambina

L’atteso spot di Natale di John Lewis è finalmente uscito, ma quest’anno la famosa catena ha deciso di creare un video davvero speciale. L’ironica clip, già annunciata dal teaser, non è la solita pubblicità natalizia, ma ha qualche cosa in più.

Una bambina, che ha tanto desiderato il suo regalo di natale, riceve una inaspettata sorpresa: la mattina di Natale vede infatti il cane di casa prendere possesso del suo regalo. La scena è comica: l’animale salta soddisfatto su un tappeto elastico. “I regali che tutti ameranno” è la frase conclusiva dello spot, e sì anche il cane, e gli animali selvatici, ameranno il dono di natale della bambina.
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Terremoto, Renzi annuncia il nuovo decreto ma senza risorse. Si rimanda alla legge di bilancio, opposizioni all’attacco

A nuovo devastante terremoto segue nuovo decreto, ma – almeno per ora – le risorse restano pressoché immutate. Nel corso della conferenza, al termine del consiglio dei ministri, dice il premier: “Le risorse necessarie sono già stanziate nella legge di Stabilità, perché c’è un ampio margine. Se ci sarà bisogno di ulteriori risorse metteremo ulteriori risorse”.

La notizia della prima riunione del governo dopo il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia è –paradossalmente – in una parola che proprio in Irpinia diventò sinonimo di incubo: container, il provvisorio che diventa definitivo. Perché, di fronte all’ansia delle popolazioni, alla preoccupazione di vivere una condizione di sradicamento, da migranti nel proprio paese (leggi qui la rabbia a Norcia), Renzi ha deciso una “ricostruzione in quattro fasi”. La prima, di qui a Natale: gli alberghi. La seconda, entro Natale, sono i container: “è meno piacevole della casetta di legno – spiega il premier – spendiamo un po’ di più, ma ci consente di riportare lì la gente partendo dall’assunto che le tende a dicembre a Norcia e dintorni sono un problema”. Entro primavera estate, “si va avanti con la costruzione delle casette di legno”. Quarta: “la ricostruzione vera e propria per mettere le case a regola d’arte”.

Sarà scritto in un nuovo decreto, che sarà presentato di qui a venerdì. Mossa che, al netto dei titoli che danno l’idea della risposta, “faremo un decreto”, si presta alla malizia delle opposizioni. Perché fare un decreto 2 sul terremoto, visto che il decreto 1 – arrivato da poco in Senato – non è stato convertito? Non bastava un emendamento? Il punto fermo di tutta la storia, come spesso accade, sono i soldi. Perché un qualunque decreto – a legge di bilancio aperta – può utilizzare le risorse dell’anno in corso, dunque del 2016, altrimenti incide sui saldi della manovra. Quindi sarà un decreto con assai poche risorse, come effettivamente ammette il premier.

L’impostazione della conferenza stampa, ma più in generale della gestione del terremoto, da parte di Renzi viaggia da giorni su due piani. Quello verbale, fatto di toni determinati con l’Europa: “Se dopo quello che è accaduto qualcuno mi parla di regole europee significa che ha perso la testa”. Quello sostanziale, fatto di cifre che, al momento non tornano. L’HuffPost ha documentato come ci sia un forte gap tra la flessibilità ottenuta in Europa (3,4 miliardi) e i soldi stanziati sul terremoto nella manovra (leggi qui articolo): 600 milioni ora certi. Il resto è nel regno delle ipotesi più che delle certezze: 200 milioni dal 2018 al 2047, per la cosiddetta ricostruzione privata. Il che significa che, già adesso, si prevede una ricostruzione di 30 anni.

Ed è proprio sulle cifre che, gli “appelli” alla collaborazione sono già caduti. Perché il premier chiede di votare le sue misure. E le opposizioni invocano un confronto per ridiscuterle. Il capogruppo di Sinistra Italiana, Arturo Scotto, proprio citando la ricostruzione dell’HuffPost annuncia una interrogazione parlamentare: “La presenteremo perché è evidente è troppo poco per dire che c’è una svolta, con 600 milioni di euro su 3,4 miliardi di flessibilità. Avevamo proposto un punto di Pil per un grande piano per la sicurezza, la prevenzione e la cura del territorio. Su quello avremmo collaborato”. Duro anche Brunetta, che parla di “imbroglio” del governo: “La nostra mission sarà di presentare emendamenti per smontare e cancellare le marchette, nella manovra e nel decreto, di Renzi e Padoan e per destinare tutte le risorse e i fondi necessari alle popolazioni colpite dal sisma”. Anche per i 5Stelle “i conti non tornano”. La cifra era stata già stanziata prima della scossa di domenica. E resta invariata.
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Mariano Rajoy ottiene la fiducia ed è di nuovo primo ministro in Spagna

Il Congresso dei deputati spagnolo, l’equivalente della nostra Camera dei Deputati, ha votato in serata la fiducia al leader del Pp Mariano Rajoy, eletto cosi nuovo primo ministro.

Il leader del Pp e premier uscente ha ottenuto 170 voti a favore su 349, 111 contrari e 68 astensioni. Una quindicina di deputati socialisti su 84 hanno votato ‘no’ disobbedendo all’ordine di astenersi del Psoe.

Il nuovo governo spagnolo sarà annunciato giovedì pomeriggio e giurerà venerdì davanti a re Felipe VI.
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Il nuovo terremoto rafforza le ragioni di Roma contro Bruxelles: ecco la risposta di Padoan alla Commissione Ue

Il sisma della notte scorsa non cambia la sostanza della risposta italiana alla Commissione Europea sulla manovra economica ma certo rafforza la posizione del governo Renzi. Il caso insomma fa la sua parte, pur catastrofica per le popolazioni colpite. E’ un fatto se stamane, dopo una notte di scosse e paura nel centro Italia, a Bruxelles la portavoce del Commissario Pierre Moscovici, Annika Breidthardt, sia stata costretta dagli eventi a tornare su quei “costi per l’emergenza in risposta a catastrofi naturali” che “secondo le regole Ue” sono “esclusi dal calcolo degli sforzi strutturali di uno Stato durante la valutazione del rispetto delle regole del Patto di stabilità e crescita”. A Roma si diffonde lo stesso ottimismo che ha colto il premier Matteo Renzi venerdì scorso a Bruxelles quando il Consiglio europeo ha riconosciuto “gli sforzi italiani, anche quelli economici” per accogliere i migranti. Terremoto e profughi sono infatti i due capisaldi di spesa sui quali non a caso fa leva l’attesa risposta del ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan alla lettera della Commissione Europea.

Si tratta di una semplice email, indirizzata al Vice Presidente Dombrovskis e al Commissario Moscovici. “Dear Valdis, dear Pierre”, scrive con fare informale Padoan. La missiva viene pubblicata sul sito del ministero di via XX Settembre e su quello della Commissione Europea, quello dove ci sono tutte le leggi di bilancio presentate dagli Stati membri con le relative lettere della squadra Juncker per l’Italia e altri sei paesi (Lituania, Finlandia, Belgio, Spagna, Portogallo, Cipro). Un testo di sei pagine (incluse le tabelle) in cui il Tesoro fornisce nuovi argomentazioni per cui le spese per la ricostruzione post-sisma e messa in sicurezza del territorio e quelle per l’accoglienza dei profughi devono essere scorporate dal patto di Stabilità e crescita.

La missiva parte dal peggioramento delle condizioni economiche globali. “Questo significa che l’economia italiana sta ancora soffrendo condizioni cicliche difficili – si legge – e si appresta ad un più graduale aggiustamento verso gli obiettivi di medio termine, che resta il pareggio di bilancio nel 2019”. E’ per questo che il deficit strutturale non scende, spiega il Tesoro nella risposta a Bruxelles. Ma anche per via delle “spese straordinarie su migranti e rischio sismico”.

I costi straordinari dell’accoglienza saranno lo “0,2 per cento del pil per il 2017”. “Il numero di migranti e rifugiati arrivati sulle nostre coste o salvati dalla nostra marina e guardia costiera è aumentato quest’anno – continua la lettera per l’Ue – e c’è il rischio concreto che questo trend persista nel 2017. Fino al 26 ottobre 156.705 migranti sono stati salvati nel 2016, più dell’intero 2015”. E’ la prima volta che il governo mette nero su bianco l’aumento degli arrivi: prima dell’estate insisteva nel dire che i profughi sbarcati non erano aumentati rispetto all’anno scorso. Invece la lettera per l’Ue diventa l’occasione per l’ennesima invettiva italiana sull’immigrazione.

“Il numero degli immigrati arrivati in Italia nel 2016 è di tre volte superiore a quello del 2013 e ancor più rispetto al 2011-2012”. E ancora: “I confini esterni dovrebbero essere responsabilità comune. L’Italia sta giocando un ruolo critico nella difesa dei confini esterni dell’Ue e ha fatto sforzi finanziari eccezionali per l’Unione Europea per assolvere i suoi compiti umanitari”. Perciò “le spese per le operazioni di soccorso, prima assistenza sanitaria, accoglienza ed educazione per più di 20mila minori non accompagnati sono stimate in 3,3 miliardi di euro nel 2016 e 3,8 mld nel 2017 in uno scenario stabile. Ma se il flusso dovesse continuare a crescere con il ritmo che ha avuto di recente, la spesa salirebbe a 4,2 miliardi di euro”. E inoltre “va sottolineato che diversamente da altri Stati europei l’Italia non include i costi aggiuntivi per l’integrazione sociale dei migranti, perchè non sono direttamente correlate alla gestione dei confini esterni”.

Per quanto riguarda invece i costi del rischio sismico, “il governo nel 2017 avrà spese considerevoli per l’assistenza post-terremoto e la ricostruzione, per un totale di 2,8 miliardi di euro. Inoltre, data la frequenza di terremoti distruttivi e la sofferenza che hanno causato alle popolazioni italiane, il governo intende portare avanti un programma aggiuntivo per affrontare il rischio sismico con più forza che in passato. Questa azione è necessaria per assicurare per esempio i nostri 42mila edifici scolastici, il 30 per cento dei quali richiedono manutenzione strutturale o devono essere completamente ricostruiti”. Oltre agli “investimenti pubblici” destinati a questo obiettivo, nella legge di bilancio “aumentano” anche “gli incentivi fiscali per gli interventi anti-sismici per le abitazioni private” per un costo di “2 miliardi di euro” sul budget del 2016. La somma degli investimenti pubblici e degli incentivi fiscali per gli interventi anti-sismici fa lo “0,2 per cento del pil”.

Ora la Commissione Europea ha tempo fino alla fine di novembre per esprimere un nuovo parere. Mentre il 9 novembre, diffonderà le previsioni economiche d’autunno per tutta l’Ue. A Roma non si aspettano altri bracci di ferro. Non prima del referendum costituzionale del 4 dicembre. La risposta della Commissione Juncker dovrebbe essere ‘provvisoria’, un parere teso a prendere tempo fino al 5 dicembre, quando si riunirà l’Eurogruppo. Il braccio di ferro contro il governo di Roma potrebbe iniziare solo allora. Domani intanto a Bratislava il ministro Pier Carlo Padoan avrà modo di toccare con mano la reazione di Moscovici in un bilaterale ad hoc a margine di una conferenza sull’Unione monetaria.

Se Renzi vince il referendum è sua intenzione cominciare da subito la battaglia per cambiare il Patto di stabilità e crescita e il Fiscal Compact, battaglia che gli assorbirà tutto il 2017, peraltro anno di campagna elettorale verso le politiche del 2018 (se non prima, secondo alcune voci di Palazzo). E come per la campagna referendaria la critica all’Europa sarà il cavallo di battaglia del premier anche in vista delle elezioni per il rinnovo della legislatura di governo. Già da ora Renzi ha lanciato il suo sasso nel pozzo delle tensioni europee, minacciando il veto italiano sui fondi ai paesi che non accolgono i migranti nella discussione sul prossimo bilancio europeo 2020-2026 che inizierà l’anno prossimo. Roba che ha già scatenato reazioni in Ungheria. “Se l’Italia rispettasse le regole, allora ci sarebbe minore pressione migratoria nell’Unione europea”, attacca il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto. Gli risponde a tono il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni: “Con muri e referendum l’Ungheria ha sempre rivendicato di violare le regole europee sulle migrazioni. Ora almeno eviti di dare lezioni all’Italia”.

Scintille destinate a intensificarsi, se Renzi resta in sella vincendo il referendum. Se invece lo perde, lo scenario è tutto da disegnare anche a Bruxelles, dove sperano comunque che il premier italiano non faccia la fine di David Cameron messo ko dalla Brexit.
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