Notte degli Oscar, le star del cinema protestano contro Trump. Bufera sulla Casa Bianca per bando media

Mancano poco più di ventiquattr’ore alla notte degli Oscar, che si prevede, come spiega l’agenzia LaPresse, sarà altamente politicizzata dopo che anche le star solitamente più schive hanno scelto di esporsi contro il presidente Donald Trump unendosi alle proteste che ormai ogni giorno si tengono nel Paese. Trump, in risposta, ha provocatoriamente twittato: “Forse i milioni di persone che hanno votato per ‘Rendere l’America grande di nuovo’ dovrebbero organizzare la propria manifestazione. Sarebbe la più grande di tutte!”. Ciò mentre la Casa Bianca è in una nuova bufera dopo che diversi giornalisti di grandi media statunitensi ieri non sono stati ammessi al briefing giornaliero del portavoce, Sean Spicer. E intanto emerge che il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, il generale H.R. McMaster, ha preso le distanze dalla rigida posizione dell’amministrazione sul mondo islamico, contestando la definizione di “terrorismo islamico radicale”. A questo poi si aggiunge lo scoop del Washington Post secondo cui la Casa Bianca avrebbe ingaggiato alti dirigenti dell’intelligence e del Congresso nel tentativo di confutare le notizie di stampa sui presunti contatti tra l’entourage di Donald Trump e l’intelligence russa, oggetto di inchiesta da parte dell’Fbi nonchè del Congresso.

JODIE FOSTER CONTRO TRUMP. La United Talent Agency di Beverly Hills quest’anno ha cancellato la festa in vista della notte degli Oscar, trasformandola in una manifestazione contro Trump. Vi hanno partecipato star e personaggi del cinema, e tra loro è spiccata Jodie Foster, solitamente restia a mostrarsi sotto i riflettori per prendere posizioni politiche. L’attrice, vincitrice dell’Oscar per ‘Il silenzio degli innocenti’ e ‘Sotto accusa’, ha dichiarato: “Non sono una persona che ama usare il suo volto pubblico per l’attivismo”, “ma quest’anno è diverso, è tempo di impegnarsi. È una periodo insolito nella storia”.

Sul palco è salita anche la star di ‘Ritorno al futuro’, Michael J. Fox, che ha parlato di sé e delle star del cinema come di “quelli fortunati”, affermando di voler condividere un po’ di quella fortuna con i profughi che vogliono entrare negli Usa. Le proteste dei divi, così come quelle ormai quotidiane in tutto il Paese, contestano infatti le politiche migratorie di Trump, dopo il suo ordine esecutivo per bloccare l’ingresso negli Usa ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana. In video conferenza da Teheran è anche intervenuto il regista iraniano Asghar Farhadi, nominato agli Oscar come miglior film straniero ‘Il cliente’ ma che boicotterà la cerimonia. Con altri cinque candidati al miglior film straniero, ha inoltre firmato un comunicato in cui viene criticato il clima “di fanatismo e nazionalismo” degli Usa e di altre parti del mondo.

IL DIVIETO AI GIORNALISTI ALLA CASA BIANCA. I reporter di Cnn, New York Times, Politico, Los Angeles Times e BuzzFeed non sono stati ammessi al briefing ‘a telecamere spente’ di Spicer, senza una motivazione sulla scelta delle testate bandite. Trump si è più volte scagliato contro i media, che accusa di fornire “notizie false” e ha definito “nemici” degli americani. La decisione ha scatenato una dura risposta. “Nulla del genere è mai accaduto alla Casa Bianca nella nostra lunga storia in cui abbiamo seguito molte amministrazioni di diversi partiti”, ha scritto Dean Baquet, il direttore del New York Times, sottolineando che “il libero accesso dei media a un governo trasparente è ovviamente di cruciale interesse nazionale”.

Cnn ha twittato: “Questo è uno sviluppo inaccettabile”, “apparentemente legato al riportare fatti che a loro non piacciono, cosa che continueremo a fare”. Proteste sono arrivate anche dalla White House Correspondents Association, l’associazione dei corrispondenti dalla Casa Bianca. Proprio ieri, Spicer aveva ribadito: “Non lasceremo che racconti falsi, storie false e fatti inaccurati escano da qui”.

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Referendum. Al Nazareno e senza snack, il racconto della notte della sconfitta del Giglio Magico

Persino la macchinetta delle bevande e degli snack di conforto a un certo punto dice: No. Maledetta. Notte elettorale del 4 dicembre 2016 a Largo del Nazareno. Il secondo round di exit poll ha già buttato i presenti nello sconforto più inconsolabile. Maria Elena Boschi, chiusa nella stanza del segretario Matteo Renzi – che nel frattempo è a Palazzo Chigi – con Luca Lotti, Francesco Bonifazi e altri che vanno e vengono, ha il viso tiratissimo e ha anche pianto un po’. Marianna Madia è vestita di nero, a lutto, preparata ad una sconfitta che era nell’aria ma che non si annunciava così funesta. I nervi sono tesissimi. Si abbattono anche sulla povera macchinetta automatica: che infatti si inceppa, lasciando tutti a secco. C’è ancora quella del caffè che sputa tazzine di continuo, anche se qui nessuno avrebbe bisogno di caffeina. Eppure, ci si aggrappa. A quello che c’è.

Notte da fine dell’impero per i Leopoldini toscani sbarcati a Roma con belle speranze, arrivati all’apice del potere senza nemmeno sapere come e deposti con altrettanta velocità. Supersonica. Cosa si fa? Come si reagisce al ko che nessuno di loro aveva previsto di queste dimensioni? Al Nazareno la domanda fa il giro delle stanze, sbatte contro i muri e ritorna in circolo. Da Palazzo Chigi è arrivata notizia dello sfogo di Renzi: “Mollo tutto, basta con la politica, basta con il Pd. Mollo il governo e anche il Pd”. Poi sarà Dario Franceschini a convincerlo a restare, come farà nella direzione nazionale Dem convocata dopodomani. Ma sulle prime sono tutti atterriti. Ma non increduli. Tanto che quando il premier prende la parola dalla sala dei Galeoni di Palazzo Chigi per dire delle sue dimissioni dal governo, appena finita la conferenza stampa, nei corridoi del Nazareno echeggia l’inizio di un applauso. Qualcuno insomma prende l’iniziativa di battere le mani al premier nel momento più buio della sua storia al governo. Il punto è che nessuno lo segue e il battimani si perde nell’aria. Clap, clap. Stop.

In quel momento, al secondo piano del palazzone del Pd a Largo del Nazareno ci sono circa 150 persone, tra dirigenti e staff. Oltre a Boschi, arrivata al partito intorno alle 22 direttamente dalla sua Laterina, oltre a Lotti e il portavoce di Renzi, Filippo Sensi, che invece arrivano da Palazzo Chigi dove hanno trascorso il pomeriggio con il premier, ci sono anche Dario Franceschini, Gianni Cuperlo, Pina Picierno e Francesco Nicodemo, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani. C’è la deputata Anna Ascani terrorizzata perché poco dopo deve andare in tv. Ed è dura andarci da sconfitti, mandati a casa da quasi il 70 per cento dell’elettorato. Ma al partito a un certo punto arriva anche Luigi Berlinguer, lui che renziano di osservanza non è ma che si è battuto tantissimo nella campagna del sì. “Sono qui per festeggiare…”. Tutti lo guardano sbigottiti: sei pazzo? “…per festeggiare la grande partecipazione… che è democrazia”. Ah sì, vabbè. I visi tirati non si sciolgono in sorriso. Nessuna consolazione per il partito di Renzi.

Intorno all’una meno un quarto sono tutti ammutoliti. Il premier ha parlato, in una conferenza stampa peraltro decisa già nel pomeriggio. Da mezzogiorno infatti gli instant poll del Pd parlano chiaro: pollice verso. Comunque, a notte non tanto fonda le dimissioni di Renzi dal governo sono sul tavolo, anche i sondaggisti hanno detto la loro. Il fedelissimo Sensi li ha consultati per tutta la sera. Piepoli, Masia, Ghisleri: giri di telefonate per capire come avrebbero aggiornato i dati alla luce della maxi-affluenza alle urne, totalmente inaspettata. Ansia inutile o comunque mal ripagata: ci pensano le prime proiezioni a suonare il de profundis. A quel punto, al Nazareno, oltre alla macchinetta dell’acqua, anche le chiacchiere dicono: No. Bla, bla. Stop.

Nessuno ha più voglia di parlare, commentare, arrabbiarsi. Tutto è già accaduto. Boschi, Lotti, anche Sensi sono tutti lì con la testa china sugli smart phone a digerire la sconfitta a colpi di sms. Automi, compulsivi, quasi non alzano la testa per salutare chi arriva. Al massimo un “Ciao”. Poi si lasciano andare a qualche commento sulle roccaforti del sì: Firenze, Bologna, Milano. Ma già chiamarle roccaforti suona strano. Guardano la cartina del voto: le tre città del nord che hanno dato ragione a Renzi sono tre isolette in un mare di no. Non c’è speranza.

Fa freddo in questa notte di dicembre. Dopo la conferenza stampa di Renzi, il gruppo del Nazareno si disperde. Lotti però torna a Palazzo Chigi. Da un premier preso a pugni da una realtà che non aveva considerato. Eppure, racconta chi lo vede ogni giorno al palazzo del governo, gliel’avevano detto. Lo avevano avvertito che si andava a sbattere. Nell’ultima settimana al suo quartier generale tutti sapevano della sconfitta più che probabile. Lui un po’ ci credeva, un po’ ha fatto leva su quell’ottimismo della volontà che mai gli è mancato. Certo non si aspettava la debacle. E ora?

La reazione prende forma all’indomani del voto. Renzi accetta di restare al governo per l’approvazione della legge di stabilità. Poi, dimissioni. A metà giornata in piazza Colonna, sollevando lo sguardo verso Palazzo Chigi, Antonio Funiciello, un dei suoi fedelissimi, dice: “Ce ne dobbiamo andare da qui prima possibile”. Dove? Direzione voto in primavera. E’ ciò che Renzi chiede a Mattarella. In 24 ore infatti si è rialzato dal ko tecnico e ha deciso di restare alla guida del Pd. Lo sfogo della notte ha avuto effetto. Franceschini non è l’unico a chiedergli di restare. L’invito arriva anche dai Giovani Turchi. Nello specifico da Matteo Orfini. Nonostante che il guardasigilli Andrea Orlando sia in gelo con Renzi per la storia della mancata fiducia sul ddl sul processo penale, rimasto sul binario morto in Senato. Insomma avanti con Renzi, che dopodomani in direzione non mancherà di affondare contro la minoranza Dem che ha detto no, spaccando il partito. Tutto tranquillo nel Pd?

No, Renzi sa che non è così. Ma per ora si fida della sua maggioranza. Anche Delrio gli ha assicurato sostegno. Sì ma a cosa, ora che l’impero è caduto? L’idea è di appoggiare un governo a tempo per andare al voto a primavera. Magari un governo Padoan, l’unico che a differenza di ogni altro candidato non avrebbe ambizioni politiche e che quindi non avrebbe problemi a stringere un accordo e rimanere a Palazzo Chigi solo fino a marzo. Tanto sarebbe sempre lui il ministro dell’Economia, se Renzi dovesse tornare al governo. Ad ogni modo, questo è il piano di un Renzi che non esce di scena. E conta di potersi poggiare sulla richiesta di elezioni anticipate che arriva anche dal M5s, dalla Lega, da buona parte del fronte del no. Tranne la minoranza Dem, contraria anche ad anticipare il congresso.

Ed è questo il secondo punto del piano: elezioni anticipate a primavera, senza congresso. Con Renzi candidato premier e al massimo primarie con chi nel partito volesse sfidarlo. Come fece lui con Bersani nel 2012, quando perse. In questo scenario il congresso verrebbe celebrato a fine anno. E’ una mediazione anche con i Giovani Turchi, che vorrebbero candidare Orlando ma hanno bisogno di tempo per organizzarsi. E’ un modo per non mandare in frantumi quello che rimane nel Pd. Ed è il senso del tweet di Lotti:

Tanto alle elezioni si andrebbe con un sistema proporzionale, non con l’Italicum. E dunque la candidatura alla premiership potrebbe risultare meno appetibile. E’ un piano che porta un po’ di serenità dopo la notte del terrore. “Come abbiamo fatto a non pensare che questo referendum sarebbe finito come un ballottaggio del tutti contro Renzi?!”, allarga le braccia in Transatlantico un deputato renziano. Già. Come hanno fatto a decantare le lodi dell’Italicum? Errori di gioventù, arrivata a Roma con furore, detronizzata senza nemmeno sapere come.
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L’8 ottobre è la Notte della Luna: il Moonwatch si celebra in tutto il mondo, tanti gli appuntamenti

Conto alla rovescia per la Notte della Luna. In tutto il mondo l’’8 ottobre si celebra il Moonwatch. Nuvole e pioggia permettendo, centinaia di telescopi saranno puntati nella notte sul nostro satellite, che si troverà molto vicino a Marte.

Centinaia di telescopi puntati sulla Luna
L’International Observe the Moon Night (InOMN) è una iniziativa lanciata a livello internazionale da numerose organizzazioni, tra cui la Nasa, mentre in Italia l’appuntamento è promosso da Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Unione Astrofili Italiani (Uai). Sono previste osservazioni al telescopio e conferenze sulla Luna, le sue origini, le caratteristiche fisiche, le missioni spaziali passate e quelle future.

Luna al primo quarto, vicina a Giove
”L’8 ottobre, la Luna è al primo quarto, la fase ideale per l’osservazione al telescopio perché il Sole la illumina lateralmente e fa vedere bene i crateri e i monti. Quando la luna è piena invece è troppo luminosa e alcuni dettagli si perdono”, ha detto Paolo Volpini, dell’Unione Astrofili Italiani (Uai). A rendere speciale la serata contribuisce anche un quartetto di pianeti: Marte incontra la Luna nella costellazione del Sagittario, mentre Venere, Saturno e Marte, che sfilano in direzione Sud-Ovest.

Telescopi e conferenze
Tantissime le manifestazioni organizzate da Nord a Sud, che fanno dell’Italia uno dei Paesi con maggiori adesioni all’iniziativa. ”La collaborazione tra astrofili e astronomi – ha rilevato Volpini – ha dato un ottimo risultato per la diffusione capillare della manifestazione”. Fra le serate di osservazione ci sono quelle previste nella sede dell’Inaf di Torino e quelle nell’Osservatorio Comunale di Perinaldo (Imperia), in collaborazione con i ricercatori dell’Inaf-Osservatorio di Trieste, che ‘traslocheranno’ per l’occasione. A Bologna, nel Parco dei Giardini, la notte dedicata alla Luna comincerà con una conferenza e proseguirà con le osservazioni guidate dagli astrofili. Manifestazioni sono previste anche all’Osservatorio astronomico di Cagliari e al Planetario Provinciale Pythagoras di Reggio Calabria; presso l’Osservatorio di Acquaviva delle Fonti (Bari) e al Planetario di Palermo.

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