Torna l’idea di una bad bank europea per gestire i 1.000 miliardi di crediti deteriorati (npl) del Vecchio Continente ma, questa volta, senza venire meno alle regole Ue di aiuti di stato e bail in.
La proposta arriva dal presidente dell’autorità bancaria europea, l’italiano Andrea Enria e riceve anche il plauso dell’Esm, il fondo salva stati più volte chiamato in causa per i salvataggi bancari, proprio perché non distribuisce gli oneri sui contribuenti degli altri paesi.
L’idea, che comunque bisognerà vedere quale accoglienza avrà nelle capitali europee e sul mercato, non è nuova e se ne parlava già nel 2009. Potrebbe, forse, essere utile per gli istituti italiani che detengono il 16% della massa dei crediti che oramai ha raggiunto i 1.000 miliardi e verso i quali la Bce non allenta la presa. In un’intervista a Repubblica la presidente del consiglio di vigilanza dell’istituto centrale Daniele Nouy infatti sprona ad affrontare “il rischio di credito e i crediti deteriorati”. La Nouy sarà martedì e mercoledì di questa settimana a Roma per incontrare sia i responsabili della Banca d’Italia che diversi banchieri. Si parla di Massiah (Ubi), Viola (Veneto banca e Popolare Vicenza), Castagna (Bpm) e Papa (Unicredit) ma la lista non è esaustiva. Sono di sabato le parole del governatore Visco che ha chiesto di agire sugli Npl ma ha ribadito come le banche sane non debbano avere fretta nella cessione invitando anzi gli istituti a gestire questi crediti invece di venderli in blocco.
La soluzione individuata da Enria quindi sembra cercare una soluzione per risolvere ‘il fallimento del mercato’ e non spalmare l’onere sugli altri stati aggirando le regole del bail in. Circostanza questa che provocherebbe il veto della Germania.
In sostanza come ha spiegato il responsabile dell’Esm questa ‘bad bank’ potrebbe ricevere crediti dalle banche per 250 miliardi. Il trasferimento, secondo Enria, avverrebbe al loro valore di mercato e la differenza fra gli attuali prezzi di mercato e il valore reale potrebbe essere teoricamente esente dall’aiuto di stato e coperta, ad interim, dalla stessa Bad bank e da investitori privati. Nel caso la bad bank non riuscisse poi a cedere questi crediti in un tempo fissato (per esempio tre anni) allora le banche dovrebbero riprendersi questi Npl e assorbire in toto le perdite facendo scattare la ricapitalizzazione preventiva da parte dei singoli stati membri (come nel caso Mps). Misura accompagnata quindi dal bail in con perdite sugli azionisti. Non ci sarebbe così una mutualizzazione dei rischi sugli altri stati dell’Unione e si rispetterebbero le regole e le risoluzioni sugli aiuti di Stato. Una circostanza che non convince il docente della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè secondo cui proprio per questo “nasconde solo sotto un tappeto blu a stelle i crediti” comprando tempo, ma “i rischi restano tutti a obbligazionisti e azionisti” e agli stati nazionali.
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