La mamma della ragazza morta in Val di Susa: “Mia figlia sotto la valanga. Ho capito che era grave: il telefono squillava a vuoto”

I corpi senza vita dei tre giovani dispersi sul Monte Chaberton in Val di Susa, venerdì pomeriggio, sono stati ritrovati ieri mattina alle 8 al fondo del canale nord est della montagna che divide Francia e Italia. Sono di Margherita Beria d’Argentina, 24 anni, una lontana parentela con la famiglia Beria di Argentine e figlia del sindaco di Sauze di Cesana; del fidanzato Antonio Lovato Dassetto, 28 anni, nato a Verona, e di Adriano Trombetta di Torino, 38 anni, guida alpina dal 2003.

Si legge su Repubblica:

La ragazza aveva mandato una foto alla mamma intorno alle 11 dalla cresta della montagna dopo aver fatto insieme agli amici tutta la salita con le pelli di foca. Da quel momento non ha più dato notizie e alle chiamate insistenti di parenti e amici preoccupati tutti i telefoni suonavano a vuoto. «Già venerdì – ha detto Maurizio, il papà di Margherita, a
Valsusa – oggi avevo il presentimento che fosse avvenuto qualcosa di brutto. Intorno alle 17,30 ho provato a chiamare Margherita sul cellulare ma non rispondeva, anche se suonava libero. Anche Antonio non rispondeva… allora ho chiamato il maresciallo di Sestriere, ero preoccupato. Mia moglie è andata a Monginevro, e quando ha trovato l’auto ho avuto la certezza che fosse successo qualcosa di grave». Margherita Beria sciava da quando era bambina, maestra di sci e molto conosciuta in Valle.

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Il principe William racconta della morte di Lady Diana a un’orfana: “Ho perso la mamma quando ero troppo piccolo”

Diventare orfani è un’esperienza che segna profondamente e che solo chi l’ha vissuta sulla propria pelle può comprendere fino in fondo. E anche quando si diventa grandi, il lutto e il dolore provati non scompaiono del tutto. Lo sa bene il principe William, il promettente rampollo della Royal Family britannica, che ha perso la mamma, Diana Spencer, quando aveva solo 15 anni. E proprio per questo ha potuto consolare un bambina che non ha più suo padre, raccontando la sua sofferenza per la morte di Lady D.

Nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 gennaio, infatti, il figlio di Carlo e la moglie Kate si sono recati al Child Bereavement, un’associazione di Stratford che supporta i bambini che devono superare la perdita di un familiare e di cui William è padrino sin dal 2009. Tra i tanti piccoli aiutati dalla struttura, il duca di Cambridge ha incontrato anche una bambina di soli 9 anni, Aoife, senza padre.

Per consolare la piccola, William ha ricordato l’esperienza terribile della morte di Lady D, di cui si ricorderanno i 20 anni il prossimo agosto. “Sai cosa mi è successo? Ho perso mia mamma quando ero troppo piccolo” ha raccontato il principe. “Avevo 15 anni e mio fratello ne aveva 12. Eravamo entrambi troppo giovani”.

In questo modo, William ha cercato di entrare in empatia con la piccola Aoife, che è apparsa ancora molto scossa dal lutto che l’ha toccata. “Parli mai di tuo padre? È importante che tu lo faccia, è fondamentale per il tuo benessere” ha aggiunto poi il principe, che evidentemente ha trovato nella comunicazione del suo dolore la chiave per uscirne.

Affianco ad Aoife era seduta anche la madre, che è rimasta molto colpita dalla disponibilità di William e si è commosso nel sentire il ricordo di Lady D. “Non riuscivo a crederci quando ha iniziato a parlare di sua madre” ha commentato dopo l’incontro. “È stato un momento davvero commovente e ho cercato in tutti i modi di non iniziare a piangere”.

Non è la prima volta, tuttavia, che i due figli di Carlo d’Inghilterra si espongono in pubblico raccontando del loro lutto familiare. Nel maggio del 2016, ad esempio, Harry aveva ottenuto la copertina di People grazie a un’intervista in cui ricordava quel tragico 1997 e i terribili anni successivi. “So che ho molto di mia madre dentro di me. Tutto quello che voglio fare è renderla incredibilmente orgogliosa. Passerò il resto della mia vita a provare a riempire quel vuoto il più possibile. E lo stesso farà William” aveva detto in quell’occasione.

Due mesi dopo, invece, in occasione di una raccolta fondi indetta dall’associazione Heads Together per le persone affette da malattie mentali. Lo zio di George e Charlotte aveva raccontato: “Per moltissimi anni non sono riuscito a parlare di lei e della sua morte” confessa Harry, che è riuscito a guarire dalla sua depressione solo dopo aver riconosciuto la sua problematica e aver cominciato a parlarne con chi gli era attorno. “Va bene soffrire, ma è necessario parlare con qualcuno. Parlare del proprio dolore non è sintomo di debolezza. La vera debolezza è avere un problema e non riconoscerlo: questo non risolve nulla”.

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“Nicole è morta mentre la abbracciavo. Ci ha insegnato a vivere ogni attimo”. Parla la mamma a cui i colleghi avevano donato le ferie

Nicole non ce l’ha fatta: la piccola, affetta da tetraparesi spastica, è morta tra le braccia di sua madre la sera della vigilia di Natale. La sua storia però resterà un esempio di altruismo, quello dei colleghi della mamma, Michela Lorenzin, che le avevano regalato parte delle proprie ferie per permetterle di trascorrere tempo con la sua bambina.

“L’ho tenuta in braccio fino alla fine. E anche dopo. Nicole è mancata così, in un abbraccio tenero”. Era serena? “Era serena, non ha sofferto, è stata brava, non mi ha fatto disperare neppure questa volta. Era lì, con me, la tenevo posata al mio cuore… ed è volata via”.

Michela adesso sorride: è quello che vorrebbe Nicole. Parlando dei suoi ultimi giorni al Corriere della Sera, ricorda solo tanti bei momenti.

“Sono venuti a trovarci a casa alcuni volontari travestiti da pagliacci. E poi è arrivato Babbo Natale e Nicole non la smetteva di sorridere. Sotto la barba c’era un mio collega, che mi aveva regalato tre settimane di ferie. Mia figlia conquistava il cuore di tutte le persone che incontrava: ha vissuto poco ma è riuscita a farsi amare da tutti”.

Questo è solo l’ultimo dei gesti di altruismo da parte dei colleghi che hanno alleviato il dolore delle ultime ore di Nicole e della sua famiglia.

“La nostra è un’azienda che funziona, in crescita, e quindi gran parte di loro li conoscevo solo di vista e in pochi, fino a quel momento, sapevano dei problemi di mia figlia. Sono rimasti sorpresi, perché al lavoro ero sempre sorridente. Non potevano sapere che ero così felice perché c’era Nicole a darmi la serenità necessaria a superare qualunque giornata. Anche quelle più difficili, quando la notte non si chiudeva occhio perché gli allarmi suonavano e io e mio marito dovevamo intervenire con l’aspiratore per liberarle le vie aeree”.

Dietro tanta serenità si nasconde ancora più forza: e proprio questo è il regalo, l’ultimo, che Nicole ha fatto a sua madre.

“Ero una donna fragile e invece Nicole mi ha insegnato la forza e il coraggio di vivere l’amore infinito, la speranza per il futuro e la gioia. È questo che mi ha trasmesso, è meraviglioso” (…) “Quando brontolavo per qualche motivo, mi riprendeva lamentandosi come per dire: ‘Mamma non devi essere arrabbiata’. E allora mi veniva da ridere e le rispondevo: ‘Hai ragione, ho capito…’. Funzionava così il nostro rapporto: era una vitamina di felicità. Questo è l’insegnamento più importante che ci ha lasciato”.

Tornando a quella tragica notte, Michela parla di un “abbraccio di arrivederci”. Mentre la sua bambina volava via, ai suoi genitori e alle persone a loro più vicine è rimasto un grande insegnamento:

“La vita è bella. Nonostante le difficoltà, il dolore, le cattiverie, la vita è bella. E poi, con tutta questa solidarietà che abbiamo ricevuto, la vicenda di Nicole dimostra a tutti che il tempo è prezioso, e come tutte le cose preziose va donato per dare una mano alle persone che amiamo”.

La catena di solidarietà non finisce però qui. Michela e Igor Lago, il padre di Nicole, in questi giorni si sono attivati per fare in modo che Nicole continui a vivere, aiutando chi sta ancora soffrendo come è successo a lei.

“Io e mio marito vogliamo che Nicole aiuti anche loro. Tutti i soldi raccolti in questi giorni e fuori dalla chiesa verranno devoluti all’“Isola che c’è”, l’hospice pediatrico di Padova che sostiene i bambini come lei, che soffrono di patologie complicate. È una struttura molto bella, e se grazie a nostra figlia potranno aiutare anche soltanto un bimbo in più, sarebbe un meraviglioso traguardo. Lei, da lassù, sarà ancora più contenta”.

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La mamma di Tiziana Cantone: “Solo una piccola vittoria. Non mi basta, voglio ancora giustizia per mia figlia”

“Non mi fermo”. “Solo una piccola vittoria giudiziaria”. “Mia figlia deve avere ancora giustizia”. “Le cose cominciano a cambiare solo dopo aver bruciato una vita”. Parole come pietre quelle della mamma di Tiziana Cantone (la giovane donna che si è tolta la vita il 13 settembre scorso a causa di un video hard diffusosi a macchia d’olio e che la vedeva protagonista) che in un’intervista a La Repubblica commenta la decisione del Tribunale civile di Aversa-Napoli che ha bacchettato Facebook ricordando che i link su Tiziana andavano rimossi.

“Questo pronunciamento dei giudici mi dà qualche speranza, in mezzo alla mia disperazione. Se Facebook e tutti i colossi del web avessero avuto più timore delle leggi, non avrebbero potuto usare come carne da macello i video girati da mia figlia in un momento di manipolazione”.

Nella signora Teresa, infatti, la convinzione che la figlia sia stata costretta a rendersi protagonista di quelle immagini su precisa richiesta del suo ex fidanzato.

“Qualcuno ha approfittato della sua fragilità emotiva. Questi video sono stati girati quando mia figlia conviveva con quell’uomo. Quando andai a riprendermela, Tiziana aveva lividi e ecchimosi sul corpo…”,

Precise le accuse della mamma che spiega che

“solo quando è morta, tanti sono venuti a riferirmi condotte strane di quella persona. Tiziana soffriva molto, ma voleva lottare. Era una ragazza intelligente, non solo bellissima: aveva un diploma di liceo classico e aveva dato diversi esami a Giurisprudenza, ma i momenti di depressione non la abbandonavano più”.

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