Legge di Bilancio, arriva il fondo unico per 10mila assunzioni nella Pubblica Amministrazioni: si va dai tribunali ai musei

Un fondo unico per sbloccare il turnover nella Pubblica Amministrazione e tornare ad assumere laddove ce n’è bisogno: più di 10 mila posti in concorso oltre a quanto già previsto per la sanità: dal personale per smaltire l’arretrato nei tribunali ad architetti per tenere in piedi il patrimonio artistico italiano. La novità sarà inserita in manovra, con uno stanziamento intorno ai 350-400 milioni.

Una fetta della torta da 1,9 miliardi destinata al pubblico impiego, dove il rinnovo del contratto dovrebbe fare la parte da leone: inizialmente il budget per l’aumento degli stipendi era stato fissato in 900 milioni, ma sarebbe in corso il tentativo per superare la soglia del miliardo, anche in risposta alle richieste dei sindacati, per ora tutt’altro che soddisfatti. Il resto delle risorse sarebbe dedicato alle forze dell’ordine, per cui è in arrivo il riordino delle carriere.

Il nuovo fondo per le assunzioni nascerebbe senza vincoli, che legano tot posti a un settore, e in aggiunta a quanto previsto per il reclutamento e le stabilizzazioni nella sanità e nella scuola, che vengono trattate a parte con appositi stanziamenti. Solo tra medici e infermieri sono stati già sbloccati ingressi per 7mila. E ora, grazie alle nuove risorse, le amministrazioni sotto organico potranno sforare i limiti imposti dal turnover, fermo al 25% nella maggior parte degli uffici (con i risparmi di 4 uscite si guadagna un’entrata).

L’Sos che segnala l’emergenza occupazionale è già stato lanciato dal comparto della giustizia, con tribunali e cancellerie in cronico affanno. In lizza per attingere al fondo ci sarebbe anche il ministero dei beni culturali, a caccia di nuove leve (tra archeologi, storici dell’arte, architetti, bibliotecari) per rinforzare le dotazioni a disposizione di musei e altri siti. L’Inps, come più vuole rilanciato dal presidente Tito Boeri, vuole mettere dentro 900 nuove professionalità. E, lo ha annunciato lo stesso premier Matteo Renzi, di sicuro saranno accresciute le unità che compongono le forze dell’ordine, dai carabinieri ai vigili del fuoco.

I sindacati, è il caso della Uil, mettono l’accento su tutti i precari, circa “80mila” da sistemare, ma soprattutto tornano a battere i pugni per incrementare le risorse per il rinnovo dei contratti: “é evidente che una miliardata è insufficiente”, dice la leader della Cisl, Annamaria Furlan. “Non ci siamo proprio”, aveva spiegato in un’intervista al Corriere della Sera, Susanna Camusso. C’è la possibilità che il Governo riesca ad innalzare la cifra inizialmente circolata (900 milioni per il triennio 2016-2018). Tuttavia c’è già chi sottolinea che non basterebbe: “una cifra di 1,2 miliardi di euro resta inaccettabile, visto che si tratterebbe di 35 euro lordi”, mette le mani avanti la Confsal Unsa. Il pressing per strappare un budget maggiore è destinato ad andare avanti nei prossimi giorni, in attesa di una convocazione da parte della ministra della P.a, Marianna Madia, quando entreranno in ballo anche le regole attraverso cui procedere al rinnovo, a cominciare dalla legge Brunetta.
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Legge di Bilancio, Matteo Renzi: “RIlievi Ue? Basta egoismi, diano una mano sui migranti”

Sulla Legge di Bilancio appena varata dal governo rischia di innescarsi un nuovo scontro tra Roma e Bruxelles. Ad accendere la miccia è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, in una intervista al Tg1. Rispondendo sui possibili rilievi che la Commissione potrebbe fare sulla manovra, il premier ha spiegato: “Sono curioso capire quali rilievi. L’Ue – ha aggiunto – vuole discutere le nostre spese immigrazioni? Ho un’idea brillante idea: inizino a darci mano loro, mentre stanno prevalendo gli egoismi e non la solidarietà. Appena ci iniziano a dare una mano, le spese si abbasseranno”.

Sul fronte europeo, secondo quanto spiegato oggi da Repubblica, sarebbe stata accolta decisamente male la decisione del governo di fissare l’asticella del defict al 2,3%. L’accordo con i massimi livelli dell’esecutivo Ue sarebbe stato di arrivare al massimo al 2,2%. L’ulteriore aumento fissato in extremis dal capo del governo italiano sarebbe stato interpretato come un blitz non concordato e su cui la Ue non vorrebbe transigere. Rimanendo pronta, sempre secondo quanto riportato da Repubblica, a bocciare la manovra già entro il prossimo 30 ottobre.

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Ricorso sul quesito referendario. “Spot per il Sì” per M5S e Sinistra. “Riprende il titolo della legge” per i dem. Il Colle si tira fuori

“Quella scheda è uno spot, così non rispetta la legge”. La guerra referendaria finisce tra carte bollate e ricorsi con i comitati del No che chiedono l’impugnazione del quesito che comparirà sulla scheda davanti al Tar. Dietro le quinte della tenzone giuridica, i senatori del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi e di Sinistra Italiana, Loredana De Petris che contestano la formulazione “impropria e incompleta ”che finisce per tradursi in uno “spot pubblicitario a favore della conferma e dunque inganna i cittadini”. La querelle è nota da quando è stata svelata la scheda che sarà consegnata agli elettori il prossimo 4 dicembre.

Questo il contenuto: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione, approvato dal Parlamento eccetera eccetera…?”.

“E chi non sarebbe d’accordo?”, dicono i fautori del No, secondo cui nella domanda per loro manca molto altro. Secondo le motivazioni presentate davanti al tribunale amministrativo dagli avvocati Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, quel testo non rispetterebbe la legge che regola i passaggi del referendum costituzionale. Il punto d’attacco è la legge 352 del 1970 dove all’articolo 16, si prescrive che nel quesito sia indicato il singolo o i singoli articoli della Costituzione oggetto di revisione. La seconda contestazione, riguarda la citazione sul “contenimento dei costi” che non trova riferimento nelle norme revisionate, ma è solamente una conseguenza e neppure poi tanto certa. Chiedono perciò di riformulare la domanda nella scheda al fine di rendere chiara in tutte le parti la scelta dell’elettore evitando letture distorte.

“Un ricorso pretestuoso, summa di cavilli” replicano dalla maggioranza, che si limita a ricordare come sia stata la Cassazione a dare il via libera al quesito. Il costituzionalista Stefano Ceccanti conferma che la domanda da sottoporre all’elettore “non può che riprendere il titolo della legge votato dalle Camere e che il richiamo ai singoli articoli non c’è stato neppure nelle precedenti consultazioni”. Ma la vicenda del ricorso fa tanto rumore e ottiene già il primo effetto di rimbalzare sul Quirinale contro il quale si rivolgono le sedici pagine di motivazioni degli avvocati Palumbo e Bozzi. Un quesito e una formulazione da cui la Presidenza della Repubblica si tira subito fuori, ricordando che “è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, secondo le norme e riproduce il titolo della legge approvata dal Parlamento”.

Fondate o meno le motivazioni del ricorso, il Colle non vuole entrare nella disfida restando in territorio neutrale. Una precisazione corretta per il costituzionalista Francesco Clementi, che definisce bene il percorso referendario. Interpellato dall’Huffington Post, spiega che le motivazioni del ricorso hanno pochi appigli. La legge 352 è chiara, e prevede due scelte differenti per la formulazione del quesito referendario. “In questo caso il governo ha preferito la seconda ipotesi così com’è avvenuto anche nelle precedenti tornate referendarie ”. Questa la domanda semplificata: “Approvate il testo della legge costituzionale… concernente… approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero …del …?”. Versione “più leggibile e aggiungo di buon senso”, spiega ancora il professor Clementi, “ perché supportata dalla giurisprudenza con una sentenza della Corte costituzionale: la scelta da sottoporre all’elettore deve essere intellegibile, questi deve capire ciò che sta votando, sia con il voto elettivo sia deliberativo come nel caso del referendum”.

Se lo scontro tra i Sì e i No, si arma delle baionette giuridiche, c’è da giurare che saranno due mesi di campagna elettorale senza esclusione di colpi e il campo di battaglia del Tar, sarà solo uno dei tanti.

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