Sergio Staino: “Matteo Renzi è sparito, questo non è un leader. Bonifazi? Non auguro a nessuno di averci a che fare”

“Fa sempre così: parte, si butta, si disamora e ti abbandona. Fine della storia. E questo è un leader, questo è un segretario?”.
Così il direttore de L’Unità Sergio Staino, in una intervista a Repubblica, se la prende direttamente con il segretario del Pd che ha riaperto l’Unità nel 2015 ponendo il vignettista alla guida del quotidiano che ora rischia nuovamente di chiudere. “Ho rotto con decine di amici, mi sono preso quintalate di offese e di insulti per venire a dirigere l’Unità renziana. Il giornale è cambiato, è migliorato. Lo vedono tutti. C’è più confronto, ci sono opinioni diverse ma a Matteo non serve più. Allora lo dica: ho fatto una cazzata a riaprirlo e ora lo chiudo. Invece no. Sparito. Lui che ci mette sempre la faccia. Scomparso. Matteo, perché ti nascondi?”. Quindi Staino attacca l’ambasciatore inviato dal premier per gestire la faccenda: “Uno che te lo raccomando, non auguro a nessuno di avere a che fare con lui. Ma il tesoriere che c’entra?”.

Alla notizia prima dei licenziamenti per 12 redattori e poi del preannuncio di una chiusura imminente, Staino accusa: “Non chiama, non risponde al telefono, non legge i messaggini”. E aggiunge: “La situazione economico finanziaria è grave. Ma la crisi vera è politica. La crisi è Renzi. Sono stato nominato da lui. Mi dice: ‘Fai un bel giornale, ricco, tante pagine. E dei soldi non preoccuparti, quelli ci sono’. Una delle battute più infelici che potesse farmi”.
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La Waterloo di Grillo. Alde rifiuta l’ingresso di M5S. Salta la strategia del leader: parlamentari contro di lui

È la Waterloo di Beppe Grillo. E in fondo il luogo dove è caduto Napoleone non è molto distante da Bruxelles, teatro invece dello schiaffo di Guy Verhofstadt al leader M5S, rimasto sconfitto e con un partito confuso e arrabbiato. La mossa strategica di lasciare Nigel Farage per aderire al gruppo Alde e conquistare terreno nell’Europarlamento, in poche ore, si è rivelata un boomerang per i grillini. L’Alleanza dei Democratici e dei liberali per l’Europa ha infatti votato contro l’ingresso dei 5Stelle nel gruppo. Il ‘no’ secco è arrivato in particolare dai francesi e dai tedeschi e il capogruppo Verhofstadt non ha potuto che prenderne atto e salutare Grillo: “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie per portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave”.

Parole sorprendenti che arrivano pochi giorni dopo che il leader pentastellato, in gran segreto grazie alla mediazione di David Borrelli, ha siglato un pre accordo proprio con Guy Verhofstadt. Ma la sede dell’Europarlamento oggi è diventata un campo di battaglia e Grillo ha fatto il suo ingresso questa mattina presto con l’intento di sedare la protesta di alcuni europarlamentari che non hanno condiviso il cambio di rotta e l’adesione al gruppo più europeista che c’è in Ue, gruppo che fu di Romano Prodi e Mario Monti, per intendersi. Intanto a mezzogiorno vengono pubblicati i risultati del sondaggio, annunciato domenica a sorpresa tra lo stupore di tutti: il 78,5% degli iscritti al blog ha scelto di aderire all’Alde. Al di là del risultato quasi plebiscitario, la base, stando ai commenti, da domenica si è rivoltata contro Grillo. Le bacheche Facebook dei parlamentari sia nazionali sia europei sono state prese di mira e si sono trasformate in un delirio di commenti. Tutti presi alla sprovvista, in pochi hanno appoggiato la decisione del leader pentastellato. E c’è chi, come Nicola Morra e Carlo Sibilia, ha deciso di uscire allo scoperto. Non solo. Questa incongruenza, tra il voto della Rete e gli umori invece della Rete e dei parlamentari, ha prestato il fianco anche al sospetto che il voto web fosse stato manipolato.

Sta di fatto che a Luigi Di Maio è toccato l’ingrato compito di dover arrabattarsi e fornire giustificazioni parlando di una “mossa tecnica e non politica”. Il candidato premier in pectore garantisce inoltre che il referendum sull’euro verrà fatto comunque e che l’adesione a un gruppo europeista serve soltanto a mantenere diritti all’interno dell’Europarlamento, tra cui i 700mila euro che ogni partito ha a disposizione ed entrare poi nella partita delle presidenze delle commissioni. L’unico risultato che sortisce il post di Di Maio è una pioggia di commenti negativi e pochi “like”.

Passano poche ore ed ecco il colpo di grazia. Le stanze dell’Europarlamento sono ormai un campo di battaglia. In una, Beppe Grillo e Davide Casaleggio provano a sedare la protesta degli europarlamenti scontenti, in un’altra pochi passi più in là c’è Verhofstadt che prova a convincere i suoi, anche perché si sta giocando la sua personalissima gara per la presidenza dell’Assemblea, e strappare il ‘sì’ all’ingresso dei grillini. Ma dopo tanti tormenti e dichiarazioni al vetriolo, come quella della vicecapogruppo dell’Alde, la francese Marielle de Sarnez (“Farò di tutto per impedire che succeda. Sarebbe un’alleanza empia”), arriva la posizione ufficiale del gruppo: M5S è fuori.

Il danno d’immagine è enorme dopo che Grillo, in ventiquattro ore, ha mandato in tilt la base, ha mandato su tutte le furie i parlamentari nazionali ed europei, che si sono ritrovati con un accordo già firmato prima ancora che venisse ratificato dal blog, e per finire non ha ottenuto il risultato sperato. Anzi, ha subito una vera e propria cacciata. La difesa del leader pentastellato è quella solita d’ufficio: “L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi”. Recita la parte della vittima anche Alessandro Di Battista, l’altra punta M5S scesa in campo in una giornata da psicodramma: “Si sono tirati indietro – dice ospite a Otto e mezzo – perché è bene che alcune nostre idee vengano un po’ ostacolate”. Ma la sconfitta politica, al di là delle dichiarazioni ufficiali, rimane e adesso i grillini confluiranno nel gruppo Misto, che – secondo Grillo – significa “occupare una poltrona con le mani legate: non poter lavorare”. È la resa.
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La giravolta europeista di Grillo spiazza i 5Stelle. Il leader si cambia d’abito per far diventare M5S forza di governo

La giravolta, questa volta, è clamorosa. Nel gruppo Alde, Alleanza dei liberali e democratici d’Europa, tempio del filo europeismo più tradizionale, che è stato perfino la casa di Mario Monti, adesso potrebbe entrare Beppe Grillo con una mossa scenica che ricorda le capriole di John Belushi nel film The Blues Brothers, quando il protagonista, in chiesa, inizia a urlare: “Ho visto la luce”. La luce, nel caso del leader pentastellato, è la svolta moderata in chiave europea.

Svolta che, se non avesse dietro di sé un carico di contraddizioni e di proteste, non avrebbe niente di comico e di visionario. Sarebbe viceversa segno di realismo politico, legato alla consapevolezza che avvicinandosi a un’eventuale vittoria elettorale, i 5Stelle devono darsi una fisionomia di governo e non possono più permettersi di accompagnarsi con gli euroscettici di Nigel Farage e con l’anti europeismo più populista e andante.

Il cambio di passo lo ha dimostrato anche il tour presso le Cancellerie straniere intrapreso dal candidato premier in pectore Luigi Di Maio con tanto di cambio di toni non più tanto di lotta. Ma una possibile adesione all’Alde è talmente sorprendente che non solo coglie alla sprovvista gli stessi 17 europarlamentari grillini, per non parlare della base, ma anche l’ex compagno di viaggio Farage, presidente insieme al pentastellato David Borrelli del gruppo Efdd: “In termini politici sarebbe completamente illogico per i 5Stelle unirsi al gruppo più eurofanatico del Parlamento europeo”. Sta di fatto che lunedì scadranno i termini del voto sul blog, che chiede agli iscritti di scegliere se restare nel gruppo Efdd, convergere nel gruppo dei Non iscritti (ipotesi che Grillo sconsiglia) o se confluire nell’Alde. Ed è proprio quest’ultima la strada indicata da Grillo, che insieme a Davide Casaleggio lunedì sarà a Bruxelles a sedare la protesta e a dare spiegazione sul perché di questa capriola.

Nonostante il post sul blog sia apparso all’improvviso (“Io come eurodeputato del M5S non ne sapevo niente e come voi attivisti e non, ho appreso la notizia, con sorpresa e sconcerto”, scrive per esempio Marco Zanni), il lavoro sottotraccia andava avanti da tempo e aveva subito un’accelerazione dopo il referendum sulla Brexit. Nel mese di dicembre infatti i 5Stelle avevano tentato di avviare un’alleanza con i Verdi europei, connubio che la base grillina avrebbe apprezzato di più. Ma la trattativa non è andata a buon fine poiché gli stessi europarlamentari Verdi, con voto, si sono espressi contro l’ingresso dei grillini.

Considerato poi che i gruppi con la presenza di partiti italiani al loro interno erano stati esclusi a prescindere, l’unica strada rimasta da percorrere era quella dell’adesione all’Alde, per non restare isolati e ininfluenti nel gruppo dei Non iscritti. Ma i dubbi nel mondo pentastellato sono tanti, soprattutto perché l’operazione conclusiva è stata fatta all’insaputa dei parlamentari nazionali ed europei: tutti si immaginavano una maggiore condivisone e non direttamente la lettura del post sul blog.

Le chat dei deputati e dei senatori sono roventi in queste ore. Il primo a metterci la faccia e a criticare apertamente la linea del leader 5Stelle è Carlo Sibilia, deputato M5S e membro del direttorio grillino ormai in pensione: “Votare informati è importante. Ecco cosa diceva il gruppo Alde di noi meno di 3 anni fa: Per completezza, si segnala che anche Alde, il gruppo più europeista e federalista esistente al Parlamento europeo, ha espresso una posizione unitaria, la quale tuttavia ha considerato i sette punti per l’Europa del M5S come ‘completamente incompatibili’ con la loro agenda pro-Europa, definendo il M5S ‘profondamente anti europeo’ e il suo programma ‘irrealistico e populista’. Alde – incalza Sibilia – è anche favorevole alla clausola Isds nel Ttip”, trattato transatlantico sul commercio.

Le pagine Facebook dei grillini così come il blog di Grillo vengono inondate di commenti: “A quando una sviolinata a Napolitano?”, chiede ironico Walter. Il senatore Nicola Morra scrive: “La marcia solitaria non ci spaventa”. E il coro che si alza è: “Meglio soli che male accompagnati”. C’è chi poi come Danilo Toninelli dice che pur entrando in Alde “avremo la nostra autonomia”. In tanti tuttavia propenderebbe per restare liberi da alleanze, ma c’è un dato politico che ha portato Grillo a sponsorizzare la scelta dell’Alde. Entrare nel Misto, ha spiegato, vuol dire “perdere opportunità”. Come ad esempio, “avere diritto di parola durante le sessioni plenarie del Parlamento, essere rappresentati all’interno della Conferenza dei Presidenti, avere la possibilità di seguire l’iter legislativo come autori di regolamenti europei, ottenere fondi da spendere sul territorio, per le numerose attività d’informazione e formazione, rivolte ai cittadini italiani ed europei”. Non solo. A breve in Europa si rinnoveranno le cariche, tra cui quella del presidente del Parlamento. A guidare l’Alde è l’ex premier belga Guy Verhofstadt, da sempre molto critico nei confronti della presidenza russa di Vladimir Putin, sfiderà Gianni Pittella per il Pse e Antonio Tajani per il Ppe. È naturale che i voti dei 5Stelle, se lunedì la Rete dovesse decidere di confluire nell’Alde, andranno a Verhofstadt. Peccato però che era stato bollato da M5S come “impresentabile” e nonostante questo Grillo e Casaleggio potrebbero incontrarlo lunedì a Bruxelles.
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Il leader dei socialisti spagnoli Sanchez si è dimesso dopo il voto contro del Psoe

Il contestato segretario del Psoe Pedro Sanchez si è dimesso dall’incarico dopo essere stato battuto nel consiglio federale sulla mozione di tenere un congresso straordinario. “Ho sempre creduto – ha detto Sanchez, secondo quanto riferisce una fonte del suo entourage – che il Partito socialista potesse offrire un’alternativa, ma purtroppo non è stato possibile, quindi mi dimetto. E’ stato un onore”.

La Spagna è dalle elezioni del 20 dicembre 2015 che si trova in una situazione di stallo totale (per la prima volta dopo la fine del franchismo nel 1975 né i Popolari né i Socialisti avevano ottenuto la maggioranza assoluta alle Cortes) tale che il Paese era stato costretto a tornare alle urne il 26 giugno. Ma anche in questa occasione nessun partito aveva ottenuto i 176 voti su 350 necessari per formare un esecutivo.

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