Un preside inglese vieta di alzare la mano in classe: penalizza i più timidi o stimola la partecipazione?

Alzare la mano potrebbe non essere il metodo migliore per coinvolgere gli studenti: per questo, come scrive il Corriere della Sera, Barry Found, il preside della Samworth Church Academy School di Mansfield, ha vietato la prassi lunga decenni.

«Non ci sembra un modo soddisfacente per aiutare e incoraggiare tutti i ragazzi all’apprendimento», ha scritto in una lettera inviata ai genitore degli oltre mille studenti della scuola. Le mani si potranno alzare, ha spiegato, solo per imporre il silenzio. «Rispondere per alzata di mano – ha detto – è una pratica antiquata che non aiuta l’apprendimento degli studenti: le mani che si alzano sono sempre le stesse, studieremo altri metodi per dare l’opportunità a tutti gli studenti di contribuire alla lezione».

Ma cosa ne pensano gli studenti? In Italia, la notizia è stata accolta con reazioni ambivalenti. Eleonora Cavalieri, all’ultimo anno dei liceo Pasteur di Roma, sembra apprezzare:

«Beh, un po’ è vero, io sono una di quelle che ha sempre la mano alzata, fin dalla terza media, ma è un modo per essere più attivi in classe e magari per lanciare un dibattito coinvolgendo gli altri meno interessati». Però, sottolinea, «è vero anche che chi è più timido fa più fatica e allora, ad esempio, alla mia compagna di banco timidissima che risponde sempre sottovoce dico: dillo, parla, alza la mano!».

Raffaele Mantegazza, pedagogo che insegna all’università Bicocca di Milano, spiega che in realtà alzare la mano è educativo anche solo per l’atto in sé:

«Alzare la mano è un atto di responsabilizzazione, un modo per imparare a rispettare le regole, aspettare il proprio turno e poi parlare: già da piccoli ci si abitua ad esprimere un concetto davanti agli altri; poi nella vita ci saranno mille occasioni in cui si dovrà farlo».

Imporre una scelta del genere, però, può rivelarsi controproducente:

«Non si può ragionare in astratto, bisogna vedere che tipo di studenti si hanno davanti, devono essere gli insegnanti a capire come far intervenire tutti, questo abolizionismo mi lascia perplesso». Anche perché spesso chi non alza la mano magari non ha la risposta, non è interessato o semplicemente «non ha nulla da dire».

Discorso diverso si applica alle classi dei bambini più piccoli, invece, proprio per una questione educativa. Spiega Zina Cipriano, maestra alla scuola elementare Rosolino Pilo di Palermo che all’educazione dei più piccoli ha dedicato un intero blog, Youreducation.it. Alzare la mano, spiega la maestra:

«Serve per insegnare a non parlarsi uno sull’altro. Insegna il rispetto delle regole e i bambini ne hanno un gran bisogno abituati come sono a non averne». Però è vero che “ce ne sono alcuni davvero timidi che vanno spronati, altri più coraggiosi si buttano sempre: qui è importante il ruolo dell’insegnante, non si può vietare a priori. Lei nella sua classe utilizza anche il brain storming(…) «Rispetto a una volta, i bambini oggi parlano di più, hanno un gran bisogno di raccontarsi: credo che nelle loro case nessuno li ascolti».

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