ANCORA UN INCIDENTE AD UN 737-MAX

Era stato consegnato a Ethiopian Airlines il 15 novembre scorso il 737-800 MAX (1) precipitato ieri
durante la fase di salita dall’aeroporto di Addis Abeba.

A bordo del velivolo diretto a Nairobi si trovavano 149 passeggeri e 8 membri di equipaggio.

 

L’impatto con il terreno è avvenuto in località Bishoftu, 27 kilometri a sudest della capitale.
Ciò che per il momento si sa è che la traccia radar è scomparsa quando l’aereo stava attraversando gli 8000 piedi in salita, erano le ore 08.44 locali.
A quel che è dato sapere al momento, da bordo dell’aereo non sono stati trasmessi messaggi di emergenza.
In base alle circostanze e ai tempi dell’incidente due le anticipazioni che si possono avanzare in via preliminare:
Problemi di ostruzione alle sonde pitot che potrebbero aver fornito dati instabili sulla velocità e
conseguenti correttive azioni errate.
Problemi come quelli già riscontrati nell’incidente al Boeing 737-Max della Lion Air (2) con il quale vi sono fra l’altro inquietanti analogie.

 

L’aereo della Lion Air era decollato da Jakarta il 29 ottobre 2018 alle 6:20 locali e il contatto radio è stato perso alle 6.33, ovvero tredici minuti dopo il decollo.
L’aereo dell’Ethiopian Airlines era decollato alle 08.38 e quindi anche in questo caso l’incidente è occorso dopo pochi minuti, 6 dalla la partenza.
Le indagini sul volo Lion Air ancora non sono concluse ma si è potuto appurare che gli input automatici del nose-down erano comandati dalla legge di controllo del volo Maneuvering Characteristics Augmentation System (MCAS) una innovazione aggiunta alla famiglia MAX, i cui dettagli operativi non erano stati appunto inclusi nel manuale e del quale molti equipaggi anche di altre compagnie aeree non erano affatto a conoscenza.
In poche parole il pilota stava lottando contro il computer.

 

Questa seconda causa sicuramente costituirà uno dei filoni delle indagini.
Tuttavia va in merito precisato che mentre nel caso Lion Air eravamo in presenza del primo incidente mortale che ha
chiamato in causa il nuovo sistema MCAS, si deve ritenere che gli equipaggi di tutte le compagnie che hanno in linea il 737-MAX siano stati sensibilizzati e quindi addestrati a reagire in maniera corretta al ripresentarsi di analoghe circostanze.

 

Antonio Bordoni

 

fonte: air-accidents.com

 

(1) Boeing 737 immatricolato ET-AVJ (c/n 62450)
(2) Volo 610 da Jakarta a Depati Amir del 29 ottobre 2018. L’aereo con a bordo 189 persone (181+9) è precipitato
causando la morte di tutti gli occupanti a bordo.

 

Note:

Al momento della pubblicazione rileviamo che varie compagnie hanno sospeso i voli del Boeing 738 MAX 8 o annunciato un monitoraggio più minuzioso:

Ethiopian Airlines ha deciso di tenere a terra tutti i Boeing 737 Max 8.

 

Cina: Il controllo dell’Aviazione Civile (Caac) ha deciso di lasciare a terra i 96 Boeing 737 Max 8 operati da compagnie aeree interne.

 

Cayman Airways,ha affermato che lascerà a terra entrambi i suoi nuovi 737 MAX 8 jet fino a quando non avrà più informazioni.

 

L’Indonesia ha disposto un maggior controllo sulle sue compagnie aeree che gestiscono il 737 MAX 8, tra cui Lion Air e Garuda Indonesia, ma per ora non ne sospende i voli.
L’amministratore delegato di Garuda, Ari Ashkhara, ha dichiarato che la compagnia aerea nazionale sta utilizzando il suo 737 MAX 8 con procedure di ispezione extra sui sistemi di controllo della velocità e dell’altitudine, del controllo di volo e dello stallo. Lion Air non ha voluto commentare.

 

Gli operatori statunitensi Southwest Airlines Co e American Airlines Group Inc hanno confermato fiducia  nell’aeromobile e che presteranno massima attenzione all’inchiesta.

 

Singapore Airlines Ltd, il cui braccio regionale SilkAir gestisce il 737 MAX 8, ha affermato che stava monitorando attentamente la situazione, ma che i suoi aerei avrebbero continuato ad operare come previsto.

 

La Corea del Sud sta effettuando un’ispezione di emergenza sui due jet 837 MAX 8 di Eastar Jet , ha detto un funzionario del ministero dei trasporti.

 

Fiji Airways e flydubai hanno dichiarato di essere fiduciosi sull’affidabilità delle loro flotte di 737 MAX 8.

 

Korean Air Lines ha detto che non ci sono state modifiche ai suoi piani per ordinare 30 737 MAX 8 jet, con il primo che dovrebbe arrivare ad aprile.

 

Virgin Australia Holdings Ltd ha detto che è troppo presto per commentare l’incidente etiopico o il suo effetto sui 30 737 MAX 8 jet che ha ordinato, mentre Air Niugini, che ne ha ordinati quattro, ha riconfermato "piena fiducia" nel prodotto Boeing.

 

 

Master Viaggi News – News Mondo (Ultime 10 News Inserite)

MH 370: NON E’ STATO UN INCIDENTE

Ricorre il prossimo 8 marzo il quinto anniversario della incredibile scomparsa del Boeing 777 della
Malaysia Airlines con 239 persone a bordo.

Ogni ricerca è stata vana.
Tutti gli esperti scesi in campo per cercare di determinare il luogo di caduta ove inviare le unità di ricerca hanno con ogni evidenza fallito i loro calcoli, o perlomeno le loro teorie sulle quali si basavano i calcoli.

 

Quasi a farsene beffe l’oceano Indiano, nel tempo, senza fretta (1) ha restituito qualche rottame di ciò che rimaneva del Boeing depositandolo sulle spiagge africane della zona orientale del Madagascar, Mozambico e Tanzania. Usiamo il termine di beffa, in quanto dopo aver inviato le navi in luoghi ove non è stato rinvenuto nulla, gli esperti non avevano nemmeno ritenuto opportuno allertare le autorità di questi luoghi che in base alle correnti marine sarebbe stato molto probabile che venissero rinvenuti, sia pur a distanza di tempo, pezzi del velivolo.

Tuttavia, ripetiamo tuttavia, non hanno avuto alcuna esitazione una volta che ignari bagnanti hanno ritrovato i rottami, ad affermare che il luogo di ritrovamento risultava coerente con il modello di deriva eseguito nelle fasi di ricerca.
Bene, giunti al quinto anno dalla scomparsa vorremmo una volta per tutte precisare che in quello che da tutti viene definito come il mistero, in effetti una qualche verità o perlomeno punto fermo è emerso.

E tutto porta ad una conclusione che appare inequivocabile: non si è trattato di un incidente, ma di un dirottamento.
“Possiamo usare il termine incidente allorché un aereo precipita durante il suo volo a causa di un problema meteo o tecnico, ma non si può parlare di incidente se un aereo viene portato fuori rotta e fatto scomparire nei flutti di un oceano che non avrebbe dovuto mai attraversare.”
Questo è quanto da noi affermato nel libro appena uscito. (2)

 

Crediamo che precisare quanto sopra ad una opinione pubblica che ancora oggi si chiede cosa mai possa essere successo a quell’aereo, costituisca già un importante traguardo.
Detta la nostra opinione su cosa è successo, ben più difficile è fare luce sul perché e come possa essersi consumata la tragedia che è costata la vita a ben 239 persone.
A questo punto è bene ricordare che quando MH370 scomparve, ancora non si era verificata la tragedia di Germanwings, il caso del co-pilota tedesco che ha condotto un aereo di linea a sfracellarsi a terra provocando la morte di 150 persone; questa tragedia da tutti i media definita come il primo caso nella storia dell’aviazione civile di omicidio-suicidio è infatti avvenuta il 24 marzo 2015, ovvero un anno dopo la scomparsa di MH370. (3) 

 

Sarà forse proprio ricordando il caso Germanwings che parlando di questa possibilità tutte le attenzioni si sono accentrate sulla figura del capitano Zaharie circa il quale si è voluta approfondire la sua personalità, il suo impegno politico, ciò che aveva fatto dal suo computer di casa, ma appare del tutto evidente che valutando una ipotesi di dirottamento non necessariamente si deve pensare che ad effettuarlo debba essere stato uno dei due piloti, dopotutto alle spalle di questi erano presenti in cabina altri 10 membri della compagnia e 227 passeggeri….

I rapporti investigativi che hanno fatto seguito all’incidente dedicavano molte pagine alla figura dei due piloti aggiungendo notizie circa gli assistenti di cabina.
Circa la figura del 55enne capo stewart, supervisore di cabina si annota quanto segue:
“Per l’equipaggio di cabina, sulla base delle cartelle cliniche di MAS, non risultavano importanti problemi di salute, ad eccezione del supervisore in volo che aveva avuto una storia di esordio iniziale di crisi il 9 giugno 2013. Ammesso lo stesso giorno in una struttura sanitaria privata e trattato da un neurologo consulente, era stato dimesso il 14 giugno 2013. Si era recato ai follow-up successivi come consigliato. Non aveva avuto ulteriori attacchi dopo la sua dimissione. Il suo ultimo certificato di idoneità al volo porta la data del 6 agosto 2013….. " (4)

 

I due piloti quindi risultavano completamente indenni da problemi di salute mentale. Ma la stessa cosa non si poteva dire per quanto riguardava l’Inflight supervisor, il quale aveva avuto una storia di malattia neurologica.
Oltre al testo di cui sopra il rapporto investigativo pubblica una scheda dalla quale risulta che al supervisore erano stati dati 43 giorni di malattia nel 2013, inclusi 6 giorni di ricovero ospedaliero.
Ora, non è perlomeno strano che investigando su un aereo che chiaramente è stato portato fuori rotta da qualcuno, non si ritenga opportuno approfondire la scheda psicologica, informativa su un membro dell’equipaggio che ha avuto nel passato problemi neurologici il quale potrebbe aver maturato conoscenze per la guida automatica di un aereo, o comunque potrebbe aver costretto con la forza i piloti a puntare verso l’Oceano Indiano?
E’ solo una ipotesi, sia ben chiaro, sulla quale però era opportuno andare più in profondità. 

 

Tutti noi ricordiamo l’estremo imbarazzo che ebbero i vertici di Lufthansa allorché dovettero ammettere che ai comandi di un loro aereo vi era un pilota che aveva avuto problemi psichiatrici.
La sequenza degli eventi tuttavia lasciava ben poco spazio ad altre ipotesi dal momento che il CVR immediatamente recuperato chiarì cosa era avvenuto nella cabina pilotaggio dell’A320.
Ebbene quell’incidente additato da tutti i media mondiali come la prima tragedia dell’aria di un pilota suicida avvenne nel marzo 2015.
L’incidente dell’MH370 è occorso un anno prima di Germanwings e se le autorità malesi avessero esternato i particolari da noi summenzionati saremmo stati in presenza di un caso simile a Germanwings il quale però avrebbe assunto i connotati del “primo” caso mondiale del genere.

 

Indubbiamente poi la scomparsa nell’oceano e il non ritrovamento dei registratori di bordo giocavano a favore del silenzio.
Un particolare va comunque ribadito: l’ipotesi da noi esternata propone ai comandi del B777 un qualcuno che controlla l’aereo con evidente cognizione di causa: nessuno però può escludere che invece di uno dei piloti si trattasse di qualcuno fra i passeggeri o membri di cabina che, riuscito a far perdere conoscenza a tutti, si è introdotto nella cabina di pilotaggio assumendo il comando del velivolo, con la forza o meno.

Val la pena ricordare come a bordo di quel volo erano riusciti a salire due passeggeri che viaggiavano con passaporti rubati uno di un italiano e l’altro di un austriaco.. .

 

Antonio Bordoni

 

Fonte air-accidents.com
Safety Newsletter 07/2019 del 1 Marzo 2019

 

(1) Il primo dei 27 pezzi ritrovati porta la data del 29 luglio 2015, l’ultimo del 27 gennaio 2017
(2) “Lost in the sky” , pagina 91.
(3) Il 24 marzo 2015, 150 persone persero la vita quando un Airbus 320 della compagnia Germawings in volo fra
Barcellona e Dusseldorf venne fatto sfracellare al suolo dal secondo pilota chiusosi nella cabina di pilotaggio.
(4) Pagina 15 e 20, capitolo 1.5.4 del rapporto emesso dalle autorità malesi il 15 aprile 2015

 

Nella foto La copertina del libro che sta uscendo in questi giorni. Il libro si compone di 201 pagine ed è reperibile presso il sito dell’editore www.ibn.it o prenotabile nelle librerie
https://www.ibs.it/lost-in-the-sky-incredibile-libro-antonio-bordoni/e/9788875654269

 

Lost in the sky.
L’incredibile scomparsa del volo Malaysia Airlines e i 53 altri casi di aerei caduti e non ritrovati
€ 15,30
 

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Crolla un ponte sull’A14 all’altezza di Ancona, due vittime. La società Autostrade: “Incidente non prevedibile”. Monta la polemica

Un altro ponte che crolla, un altro “incidente non prevedibile”. Emidio Diomedi di 60 anni e Antonella Viviani di 54, una coppia originaria di Spinetoli e sposata da 36 anni, sono morti mentre viaggiavano sull’Adriatica A14 Bologna-Taranto a bordo della loro Nissan Qashqqai all’altezza di Camerano: il ponte 167 della strada provinciale 10 si è spezzato ai lati, schiantandosi a terra proprio mentre la loro auto stava transitando, rimanendo incastrata. Stavano andando all’ospedale regionale di Torrette per una visita di controllo della donna. Una tragedia che ricorda molto quella avvenuta a ottobre in Brianza, quando il cavalcavia di Annone, nei pressi di Lecco, crollò sotto il peso di un tir causando una vittima.

Dopo Lecco, Ancona. Dopo tre mesi ancora morti per ponti che vengono giù. In questo caso il crollo (“non prevedibile”) è stato determinato dal cedimento di pile provvisorie su lavori di innalzamento del cavalcavia necessari per ripristinare l’altezza dell’opera rispetto al nuovo livello del piano autostradale, dopo l’allargamento dell’autostrada a 3 corsie, fa sapere Autostrade per l’Italia, la società privata che gestisce il tratto di rete autostradale.

ponte

La circolazione sul cavalcavia era stata sospesa con ordinanza 07/2017 della Provincia di Ancona Terzo Settore (viabilità e sviluppo) del 23 febbraio scorso, a partire dal giorno 28 dello stesso mese e fino al 15 maggio, per l’adeguamento del ponte all’adeguamento autostradale. Sul tratto autostradale invece il traffico era rimasto aperto. Ed è lì che viaggiavano le due vittime, che a breve sarebbero diventate nonni. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta. L’ipotesi di reato messa per iscritto dal pm Irene Bilotta, titolare del fascicolo, è al momento di omicidio colposo plurimo. L’area è stata posta sotto sequestro. Gli inquirenti dovranno capire se vi sia stata una manovra errata o se approfondire altre ipotesi: per esempio, se – quando il ponte è stato sollevato – abbia perso stabilità e si sia inclinato per poi schiantarsi sulla strada, o se abbiano ceduto gli elementi con cui veniva rialzata la struttura.

Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha firmato il decreto di nomina della commissione ispettiva del dicastero che dovrà accertare le responsabilità, ricordando che il suo Ministero ha dato a suo tempo indicazioni a tutte le concessionarie per il controllo, il monitoraggio e la verifica delle condizioni di sicurezza, in particolare per i manufatti. Il ministro, una volta partita l’attività ispettiva della commissione, dovrà rispondere alle interrogazioni parlamentari già annunciate da alcuni partiti come Forza Italia.

Nel crollo sono rimasti feriti anche tre operai della ditta Delabech, romeni, che stavano eseguendo i lavori su commissione di un’altra società, la Pavimental. Proprio sull’operato delle due aziende si concentreranno le indagini del ministero e della magistratura. Autostrade per l’Italia ha reso noto che le attività “erano state completate alle ore 11:30” e che “al momento dell’incidente, alle 13 circa, il personale stava realizzando attività accessorie”. La Delabech, peraltro, aveva già eseguito analoghi lavori su altri 19 cavalcavia della stessa tratta.

Ma si dovrà capire anche perché il tratto di autostrada tra Loreto e Ancona Sud non è stato chiuso dalla società che gestisce la rete. “È inconcepibile eseguire lavori di questa natura senza chiudere l’A14”, ha dichiarato il sindaco di Castelfidardo Roberto Ascani ricostruendo come “gli operai stavano sollevando la campata del ponte con dei martinetti, quando la struttura ha ceduto: evidentemente qualcosa è andato storto”. I vertici di Autostrade sono stati già convocati dal presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato Altero Matteoli per “spiegare le cause del tragico crollo”.

Secondo Roberto Tomasi, direttore generale ‘Nuove Opere’ di Autostrade per l’Italia, si tratta però di una “procedura non rischiosa”, ha detto a Radio Capital, “di prassi” ed eseguita “su tutti i cavalcavia” nelle stesse modalità. Secondo Tomasi si tratta di capire quindi se si sia trattato di un cedimento o della mancata osservanza del piano operativo di sicurezza da parte della Delabech.

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Rischia di perdere il figlio in un incidente, medico barese va in Africa per curare i bambini: “Mi sdebito così”

Dopo aver rischiato di perdere suo figlio, Pietro Venezia, medico del Policlinico di Bari, ha deciso di sdebitarsi con l’umanità, partendo per il Kenya, dove è diventato direttore amministrativo del cattolico Trinity Mission Hospital. “”Qui avrei pagato il mio debito nei confronti dell’umanità sofferente e del Padreterno”, ha raccontato in un colloquio con il Corriere della Sera.

Nel giugno del 2010, il figlio Paolo era stato coinvolto in un tremendo incidente stradale, in cui un’auto pirata tranciò di netto la sua gamba, mentre percorreva la strada con la moto. Il padre, dopo aver assistito a 10 ore di operazione in cui i suoi colleghi avevano cercato di riattaccare l’arto al corpo del ragazzo, decise di amputarlo e salvare la vita al figlio. Paolo oggi si è laureato, ha messo su un’associazione per amputati post traumatici e sta studiando la sicurezza sui luoghi di lavoro in Kenya, per aiutare il padre che ormai dal maggio 2016 divide la sua attività di medico tra l’Italia e l’Africa.

Quando suor Jane Ataku, laureata in scienze infermieristiche a Roma, gli scrisse una email: «Qui abbiamo realizzato l’ospedale, lei che fa? È dei nostri?». «Sono pronto» rispose Pietro, che in realtà quella suora l’aveva conosciuta per caso a maggio del 2013 all’aeroporto di Addis Abeba. «Avevo visto un gruppetto di suore e mi ero avvicinato per chiacchierare – ricorda -. Mi parlarono del progetto di un ospedale e io dissi: fatemi sapere, magari vengo a darvi una mano». Così quando è stato il momento suor Jane si è ricordata.

“Qui avrei pagato il mio debito nei confronti dell’umanità sofferente e del Padreterno”, ha raccontato il medico di Bari. “Io sono cattolico ed essere qui per me vuol dire anche essere grati al cielo per avermi concesso di veder vivere e crescere Paolo dopo l’incidente”

Da maggio ad oggi 26 interventi chirurgici e 250 pazienti visitati (sia adulti sia bambini), compresi alcuni che vivono in villaggi remoti. E poi corsi di medicina organizzati e tenuti da lui stesso, strumentazione arrivata dall’Italia «dove ho smantellato il mio studio polispecialistico», consulti continui con colleghi conosciuti in Germania, Stati Uniti, Cina, Giappone, Francia…

E non solo, perchè ormai l’ospedale è diventata una questione di famiglia.

Paolo, appunto, che studia gli aspetti della sicurezza sul lavoro. Ma anche l’altro suo figlio laureato in medicina, che presto andrà a dargli una mano, e il suo fratello cardiologo: «Mi ha regalato un elettrocardiografo, io gli mando l’immagine via whatsupp, lui legge gli elettrocardiogrammi e suggerisce i trattamenti».

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