Dopo l’incidente del Boeing 737 MAX che ha causato 157 vittime non tutte le compagnie proprietarie di questo tipo di velivolo hanno deciso di sospenderlo dalle operazioni.

Addirittura anche spazi aerei sono stati chiusi al sorvolo di questo tipo di aereo e comunque, dove continua a volare, sono i passeggeri stessi ad essere scettici sul suo impiego.

Oggi, nel sito www.air-accidents.com è stata pubblicata una newsletter dal titolo "LA VERITA’ SUL 737 MAX" che pubblichiamo qui a seguire:

 

Due incidenti su 350 velivoli dello stesso modello in circolazione sono troppi, inutile nasconderlo.
Per rimanere a casa Boeing, del modello 787 sono in circolazione dal 2011 789 aerei e ad oggi si registrano zero incidenti mortali.
E’ evidente che il 737MAX ha qualcosa che va rivisto e corretto.
Tuttavia possiamo dire che i due incidenti non debbono aver troppo colto di sorpresa gli addetti ai lavori d’oltreoceano.
A febbraio di quest’anno, quindi con un "solo" incidente alle spalle, quello di Lion Air del 29 ottobre, sul prestigioso quotidiano International New York Times (1) si poteva leggere quanto segue:

 

“By limiting the differences between the models, Boeing would save airlines time and money by not putting their 737 pilots in simulators for hours to train on the new aircraft, making a switch to the Max more appealing” [Minimizzando le differenze tra i modelli, Boeing salverebbe tempo e denaro alle compagnie aeree evitando di non mettere per ore i loro piloti di 737 ai simulatori per addestrarsi sul nuovo velivolo, rendendo il passaggio a Max più accattivante]

 

In questa frase è contenuta la spiegazione dei due incidenti che hanno funestato la breve entrata in servizio del 737MAX: non si tratta di un nuovo modello che fa solo risparmiare il carburante rispetto ai modelli precedenti, non si tratta di un nuovo aereo a più autonomia e che porta più carico pagante dei precedenti….è un modello che, se scelto dalle compagnie aeree, può essere subito messo in linea senza bisogno di spendere denaro per istruire i piloti.

E’ un extra appeal che nella serrata competizione fra i due giganti Airbus e Boeing non va sottovalutato.
Ma… l’aereo presenta differenze strutturali che possono più facilmente portare il velivolo allo stallo di quanto non facciano i modelli precedenti.
In particolare i più potenti motori e il loro nuovo collocamento avrebbero destabilizzato il velivolo alle basse velocità, nelle manovre di strette virate e quelle che in gergo vengono definite di high-bank.
Come ottenere la certificazione bypassando l’ostacolo dell’addestramento obbligatorio?
La soluzione escogitata alla Boeing è stata quella di dotare il programma dei computer di bordo di un software aggiuntivo di protezione in grado di controbilanciare le forze derivanti dai nuovi motori: nasce così l’ M.C.A.S. di cui
tanto si parla in queste ore.
Questa politica di “minimizzare” la nuova potenza dei motori e soprattutto gli effetti che essi potevano provocare in particolari manovre spiegherebbe il perché del tempestivo aggiornamento a posteriori del manuale operativo, fatto questo che quando reso noto ha provocato le vibrate proteste da parte delle associazioni dei piloti le quali hanno dichiarato che da subito dovevano venir informate in merito alle innovazioni introdotte.

 

Conclusione: Il nuovo modello per quanto maggiorato doveva venir presentato come una semplice evoluzione della serie 737, una evoluzione naturale da non richiedere alcun addestramento.
Ma evidentemente dobbiamo supporre che i piloti di Southwest che hanno in linea 34 B737 MAX ed hanno effettuato oltre trentamila decolli con questo aereo senza alcun problema, avevano una conoscenza e una
formazione circa le innovazioni di cui esso era dotato, che altri piloti in altri continenti non hanno avuto. (2)

 

La volete ancora più semplice?
Ebbene se il vostro pilota sa che è al comando di un nuovo velivolo che vanta innovativi aggiornamenti potete stare tranquilli.
Se viceversa crede che sta portando un “semplice” 737 correrete dei seri rischi.

 

Antonio Bordoni

(1) “Jet’s software was updated. Pilots weren’t” del 5 febbraio 2019
(2) Ad oggi nessun vettore USA ha messo a terra la sua flotta di 737MAX
Safety Newsletter 10/2019 del 13 Marzo 2019

 

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

 

Come scritto nel sottotitolo di questo pezzo normalmente i passeggeri non sanno su che tipo di aereo viaggeranno ma ora, dopo tutto questo parlare e le precauzioni prese da compagnie aeree e governi, appare chiaro che in molti, dove il Boeing 737 MAX continua a volare, rifiuteranno di salirci.

La Boeing è una colossale compagnia aeronautica che di sicuro, essendo dotata di risorse e competenze, porrà rimedio in tempi brevi alle cause che hanno determinato le due recenti sciagure aeree.

 

Al momento  Stati Uniti e Canada stanno continuando a tenere in volo il 737 MAX ma la lista delle compagnie che lo stanno tenendo a terra, in attesa di istruzioni tranquillizzanti o modifiche al software di navigazione, si allarga sempre di più.

Tante le prese di posizione e cominciano a fioccare le richieste di risarcimento milionarie; a seguire riportiamo, a titolo di esempio, uno dei tanti commenti espressi dai vertici delle compagnie:

 

“In merito alla sospensione temporanea delle operazioni dei Boeing 737 MAX da parte di diverse autorità aeronautiche, abbiamo deciso di non operare voli utilizzando questo tipo di aeromobile, fino a nuovo avviso delle autorità aeronautiche competenti. Vorremmo chiedere scusa ai nostri clienti per gli eventuali inconvenienti causati ma la sicurezza rimarrà sempre la nostra massima priorità” – ha affermato Tomas Hesthammer, Chief Operating Officer di Norwegian.

Master Viaggi News – News Mondo (Ultime 10 News Inserite)

Rimborsi Ue, Lara Comi, Daniela Aiuto, Laura Agea e Riccardo Nencini: gli eurodeputati italiani che hanno abusato dei soldi dell’Ue

Tra gli europarlamentari dell’Unione europea che abusano dei soldi di Bruxelles ci sono anche alcuni italiani. In un articolo pubblicato sul quotidiano la Repubblica compaiono i nomi: si va da M5s a Forza Italia, passando per il Pd.

Tra i dossier italiani quello di Lara Comi, deputata di Forza Italia che ha assunto la madre come assistente parlamentare e ora dovrà restituire i 126 mila euro percepiti dalla signora, Luisa Costa, dal 2009 al 2010. Al centro di un’inchiesta ancora in corso e i cui esiti non sono ancora decisi due eurodeputate grilline: Daniela Aiuto e Laura Agea.

La prima è nel mirino per avere chiesto il rimborso, diverse migliaia di euro, per una mezza dozzina di ricerche che le sarebbero dovute servire per svolgere il mandato europeo ma che in realtà sono state copiate da siti come Wikipedia. La seconda ha assunto come assistente un imprenditore, sospettato di non avere il tempo di svolgere il lavoro relativo la mandato europeo dalla deputata ma al massimo, nella veste di attivista del Movimento, di seguirla nella politica locale.

Al centro di un’inchiesta anche un collaboratore del leghista Mario Borghezio, il viceministro Riccardo Nencini (ex europarlamentare al quale Strasburgo aveva chiesto indietro 455 mila euro ma ha scampato il rimborso grazie alla prescrizione) e il deputato eletto con il Pd, ora Mdp, Antonio Panzeri, che ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea di fronte alla richiesta di restituire 83 mila euro. Quelli italiani sono casi isolati e spalmati su tre legislature, con la stragrande maggioranza dei 73 parlamentari eletti ogni cinque anni che rispetta alla lettera le regole.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Space X invierà due turisti spaziali attorno alla luna a fine 2018. Elon Musk: “Hanno già pagato parte del viaggio”

Elon Musk accelera sul turismo spaziale. Il miliardario visionario fondatore di Tesla e SpaceX invierà nello spazio, intorno alla Luna, due privati cittadini nel 2018. I due turisti spaziali si faranno carico delle spese e hanno già lasciato un “deposito significativo”, afferma Musk senza scendere nel dettaglio sui costi. Sono “simili”, si limita a dire, a quelli di una missione con equipaggio all’International Space Station.

I preparativi per i due, di cui non sono stati diffusi i nomi, inizieranno più avanti nel corso di quest’anno, con le visite mediche e l’addestramento necessario per un viaggio di una settimana nello spazio, per un totale fino a 682.000 chilometri da percorrere.

La missione ‘privata’ apre una nuova frontiera nel turismo spaziale e riaccende l’attenzione sulla Nasa. Alcuni osservatori mettono in evidenza i rischi a cui si espone Musk con l’accelerazione. Altri esperti invece ritengono l’annuncio tempestivo. Fra questi ultimi c’è Phil Larson, ex consigliere per le politiche dello spazio di Barack Obama. Con l’amministrazione Trump che deve decidere cosa fare della Nasa e del suo programma, l’annuncio di Musk “mostra che l’industria spaziale commerciale americana è pronta ad andare oltre l’orbita bassa della terra non in dieci anni ma ora” afferma Larson.

La missione di SpaceX nel 2018 potrebbe arrivare prima che la Nasa abbia una nuova chance di andare sulla Luna. La Nasa sta considerando la possibilità di accelerare lo sviluppo del Space Launch System e di Orion, valutando l’introduzione di astronauti nel primo lancio. Con Donald Trump alla Casa Bianca l’agenzia spaziale americana potrebbe muoversi più velocemente che in passato: il presidente ha infatti espresso il proprio appoggio a un programma spaziale più ambizioso, dicendosi pronto a “essere pronto a liberare i misteri dello spazio”.

Fra SpaceX e la Nasa, che hanno un contratto che le lega, non c’è però alcuna competizione, mette in evidenza Musk. “Siamo a favore di qualsiasi cosa favorisca l’esplorazione dello spazio. Quello che è importante e avanzare l’esplorazione e superare quanto raggiunto dal programma Apollo nel 1969, e avere un futuro nello spazio che possa ispirare”.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Elisabetta Sterni, 30 anni: “Hanno diffuso sul web il mio video hot, ma io non farò la fine di Tiziana Cantone”. L’intervista a Repubblica

“Non farò la fine di Tiziana Cantone, la ragazza di Napoli che ha deciso di togliersi la vita, per questo sono uscita allo scoperto”: a parlare è Elisabetta Sterni, 30 anni appena compiuti, che ha permesso al suo ragazzo di riprenderla in momenti di intimità. Ora quel video, di pochi secondi, è diventato virale: è comparso su migliaia di gruppi Whatsapp ed è stato caricato anche su un sito porno. La giovane ha deciso però di far sentire la propria voce e di non farsi schiacciare dal peso della vergogna e dell’umiliazione. “Quel ragazzo mi piaceva, non ci ho pensato – ha detto in un’intervista a Repubblica -. Ho fatto quel video, mi sono fidata”.

Invece adesso si è ritrovata ad essere la protagonista di un filmato hot che rimbalza su tutti i telefonini.
“È stato girato la scorsa estate ma è diventato virale circa due settimane fa. Quando me l’hanno detto stavo per svenire”.

Chi l’ha avvisata?
“Il gestore del locale per cui lavoro mi ha chiamata in disparte una sera”.

E lei come ha reagito?
“Ci sono rimasta di sasso ma speravo fosse una esagerazione. Poi ho iniziato a indagare e mi sono resa conto che tutta la gente che mi stava intorno aveva quel video. È arrivato persino sul telefonino di mia nipote di 17 anni”.

Come ha gestito la situazione?
“Mi sono spaventata tantissimo e ho deciso di cancellarmi da tutti i social network. Ho eliminato qualsiasi profilo. Poi però mi sono detta che no, non era giusto”.

Elisabetta ha deciso di passare all’azione, di non rimanere passiva a guardare la sua reputazione fatta a pezzi in quel modo. “Denuncio tutti. Denuncio lui, perché ha tradito la mia fiducia – ha spiegato -. Ma è giusto che paghi anche chi ha moltiplicato quelle immagini con leggerezza, senza rendersi conto di come si può far male a una persona”.

Il suo scopo è quello di evitare di fare la fine di Tiziana Cantone: la giovane vuole rialzarsi, nonostante tutto. Per questo ha deciso di esporsi.

Lei ha deciso di uscire allo scoperto, con nome e cognome. Perché?
“Mi ha colpito molto la triste storia di Tiziana. Quando mi sono trovata nella sua stessa situazione ho pensato che dovevo necessariamente tirare fuori qualcosa di buono da questa storia”.

Qual è l’aspetto che più l’ha colpita nella tragedia successa a quella ragazza?
“I giudizi della gente che ti possono mettere il cappio al collo. L’hanno giudicata tutti, senza porsi domande, senza chiedersi come si poteva sentire”.

Nonostante questo lei ha deciso di non nascondersi.
“L’ho fatto solo per dire a chi sta vivendo disavventure come la mia che mi può scrivere. Che non è sola”.

Qualcuno le ha già scritto?
“Certo, ho ricevuto decine di messaggi. Prima ero una poco di buono, ora sono diventata una specie di eroina. Mi dicono: brava, vai avanti senza paura. Vuol dire che aver denunciato è stata la cosa giusta”.


Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Raggi indagata ma non scaricata. Come i 5s hanno preparato il paracadute per il sindaco di Roma

Sono stati giorni di vertici, incontri, riunioni. Veri e propri gabinetti di guerra per capire come gestire la cosa, dal punto di vista politico e comunicativo. Virginia Raggi, tutto il suo entourage e tutto il Movimento 5 stelle capitolino e nazionale, sapeva che a giorni sarebbe arrivata la notizia d’indagine sul collo della prima cittadina. Quando la Procura si è mossa, tutto era preparato. Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico sono i reati contestati.

Imputazioni pesanti, soprattutto da chi ha fatto della diversità morale la propria cifra di governo. Per questo evitare territori scivolosi, buchi comunicativi causati da pressappochismo e impreparazione, è stata la bussola di queste ultime due settimane. Raggi ha riunito il giro più stretto, in costante contatto con i dioscuri nazionali che coadiuvano il Campidoglio, i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.

Al centro di tutti i colloqui la gestione di una notizia che non si poteva controllare. La bussola è stata una: evitare il pastrocchio del caso Muraro. Quel groviglio di mail male interpretate, mezzi silenzi e verità monche, che si sono appiccicate per mesi sulla giacca del sindaco e del suo assessore. Di conseguenza la strada scelta era inevitabile: comunicare tutto e subito. Tanto al quartier generale milanese quanto più ai cittadini romani.

Così, poco prima di cena, ecco comparire il post su Facebook: “Oggi mi è giunto un invito a comparire dalla Procura di Roma [il prossimo 30 gennaio, ndr] nell’ambito della vicenda relativa alla nomina di Renato Marra a direttore del dipartimento Turismo che, come è noto, è già stata revocata. Ho informato Beppe Grillo e adempiuto al dovere di informazione previsto dal Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle”.

Poche righe dalle quali viene furbescamente spuntata la parola “indagata”; nelle quali si parla della revoca di Marra Jr. come se fosse elemento di per sé sufficiente a smontare il lavoro dei magistrati che indagano; e in cui ben si sottolinea da un lato la telefonata al fondatore (Pizzarotti non lo fece squillare, e a questo s’aggrapparono per metterlo in naftalina), dall’altro il rispetto delle procedure codici stellati alla mano.

Il sindaco è sotto inchiesta per aver detto alla responsabile anticorruzione del Comune Mariarosa Turchi di aver deciso da sola sulla nomina di Marra Jr (l’ipotesi di falso), nel merito della quale sarebbe invece intervenuto anche il fratello Raffaele. Quanto all’ipotesi di abuso d’ufficio, la sindaca non avrebbe effettuato una comparazione valutativa dei curricula, procedendo a valutazioni parziali sempre sotto l’occhio vigile dell’ex capo di Gabinetto (l’abuso d’ufficio), indagato anch’egli con lo stesso capo d’accusa.

Le ipotesi su cui sarebbe arrivata la comunicazione della magistratura erano note da tempo. E forse il sedimentarsi tra i corridoi di Palazzo Senatorio hanno contribuito a disinnescare lo psicodramma, genere su cui si sono cimentati poco volentieri ma con molto profitto i grillini capitolino ogni qual volta in questi mesi sono stati travolti da una bufera mediatico/giudiziaria. Casi che ormai non bastano le dita di due mani per essere contati.

L’area che ruota attorno a Marcello De Vito, la vera controparte romana della Raggi, e che, per la proprietà transitiva delle cordate politiche, in ultimo fa capo a Roberta Lombardi, lascia trasparire un certo nervosismo, ma sembra aver riposto nel cassetto gli strali d’altri tempi. Una fonte di primo livello imputa al sindaco e al suo entourage la colpa del sostanziale immobilismo dell’amministrazione: “Ogni volta che iniziamo a lavorare sui temi concreti, ecco che spunta l’ennesima grana legata alle nomine o a vicende giudiziarie”. Ma aggiunge anche significativamente: “Il clima è cambiato, Virginia dopo gli ultimi fatti ha capito la lezione, e questa volta la gestirà bene”. De Vito in chiaro detta la linea: “Al sindaco va tutto il mio sostegno e quello dei portavoce comunali del M5s. Governare Roma è un’impresa, la sindaca ce la sta mettendo tutta, e siamo certi che abbia sempre operato avendo come unica bussola l’interesse dei cittadini romani”

Lo stesso Grillo aveva preparato la strada, con il Codice di comportamento pubblicato una ventina di giorni fa. Che eliminava l’equivalenza tra indagine/condanna politica, e da molti è stato letto come un vero e proprio “salva Raggi”. E a qualcosa è servito il paziente lavorio di Fraccaro e Bonafede, in costante via vai tra Montecitorio e il Comune, al fianco del sindaco anche nelle ore della comunicazione della Procura.

Certo, la ricostruzione di un rapporto fiduciario e lontana dall’essere giunta sopra la soglia d’attenzione. I molti critici non hanno perdonato alla prima cittadina il “è uno dei 23mila funzionari del Comune” tributato dalla Raggi all’onnipotente Marra. E insistono con la richiesta di pubblicare (almeno a uso interno) il contenuto delle chat dei “quattro amici”, perché “siamo stufi di venire a sapere le cose dai giornali”.

Nessuno, a nessun livello, ha interesse a scaricare il sindaco in questo momento. La gestione dell’indagine a suo carico, anzi, potrebbe essere l’occasione per ricostruire un rapporto con le varie anime che le si oppongono, e di rilanciare la sua azione di governo. Un’operazione alla portata, ma comunque molto complesso. Il filo che la lega ai vertici del Movimento rimane ancora molto sottile.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Rigopiano: padre Feniello, mi hanno illuso

“Nessuna” notizia, “ci dicono che dobbiamo aspettare. Avevamo guardato troppo avanti con la speranza ma eravamo stati indotti a farlo, dopo quello che ci avevano detto ieri sera (venerdì, ndr)”. È la testimonianza di Alessio Feniello, padre di Stefano, uno dei dispersi sotto la slavina che ha travolto l’hotel Rigopiano, raccolta dal Corriere della Sera.

“Sono venuti il presidente della Regione, il questore e il prefetto di Pescara a dirci una cosa precisa. Il prefetto ci ha detto: tutto quello che vedete sui media e quello che sentite dire non conta niente, vale solo quello che vi dico io. E ci ha detto che i lavori, lì sulla valanga, andavano avanti, che avevano individuato cinque persone vive delle quali lui aveva i nomi. Fra quelle persone mio figlio era il secondo della lista.

La sua fidanzata Francesca era al terzo posto”. Francesca è stata recuperata viva mentre del figlio non si sa ancora nulla.
“Mi hanno dato la speranza e poi me l’hanno tolta. Io ho contato i minuti da ieri sera, ho guardato dentro ogni ambulanza che arrivava qui. Ho immaginato di abbracciare Stefano a ogni sportellone che si apriva. Prima che mi dicessero del suo nome in quella lista di sopravvissuti, io ero già morto al solo pensiero di sapere Stefano da qualche parte lassù. Mi hanno fatto rinascere e adesso è come se fossi morto di nuovo”. Poi “sono venuti a giustificarsi per l’errore, mi hanno spiegato, mi hanno detto che dobbiamo attendere e che in realtà non hanno nessuna notizia certa su Stefano”.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Terremoto: neve, scosse e solitudine ad Amatrice. “Sapevano della bufera e non hanno fatto nulla”

“Di là, di là, a Casale ci sono quattro persone isolate da tre giorni”, urla una donna sul ciglio della strada di una frazione di Amatrice. Un fuoristrada dell’associazione ‘Arrampicars 4X4 Rieti club’ prova ad arrivarci. La turbina manda via la neve e apre la via. Poi bisogna spalare, spalare e ancora spalare per aprire un varco e le porte del camper. Pianti di dolore e di liberazione: “È un miracolo, non ce la facciamo più”. I volontari per raggiungerli hanno impiegano quattro ore di cammino tra metri di neve e bufera.

A tarda sera, nelle frazioni di Amatrice, si contano le famiglie rimaste intrappolate nelle loro roulotte. Tra queste la famiglia Pica. Per scaldarsi gli è rimasta mezza bombola di gas. Il cibo sta finendo e il latte che producono è ormai da buttare perché nessuno può andare a ritirarlo. L’elettricità nella loro piccola roulotte da due posti era legata alla casa a fianco, ma le forti scosse di oggi hanno distrutto ciò che rimaneva di un’abitazione totalmente crepata. Ora il quadro elettrico è sepolto e irraggiungibile. Così come è irraggiungibile il loro rifugio, separato dalla stradina principale da tre metri di neve. La famiglia Pica è isolata, moglie e marito sono rimasti imprigionati nel camper. Sperano nel domani. Fuori la bufera di neve, dentro le scosse a ripetizione, senza tregua.

I mezzi di soccorso sono pochissimi, le strade inagibili, solo i mezzi speciali riescono a farsi largo tra la neve, che da giorni non dà tregua ai comuni del centro Italia, tormentati da più di quattro mesi di scosse. Le strade attorno ad Amatrice sono impervie. Attorno è tutto bianco, a stento si vedono i cartelli stradali, i mezzi slittano e si schiantino su muri di neve. “È l’apocalisse”, dicono gli uomini della protezione civile, mentre i sindaci dei comuni distrutti ricordano che da trent’anni non si vedeva così tanta neve. Tutto scorre piano in queste strade, dove soccorsi, cibo, medicine e acqua arrivano a rilento casa per casa, roulotte per roulotte. Un ragazzo con gli occhi lucidi, con il nonno accanto, non vuole lasciare il suo garage, prende due bottigliette d’acqua, un po’ di cibo e torna dentro. Da lontano si vede un’altra luce di un camper. I soccorsi si avvicinano. La paura è negli occhi delle persone, hanno paura quasi anche di soccorsi: “Non siamo sciacalli, siamo venuti per portare il cibo”.

Amatrice è ripiombata nella disperazione. Lo dice chiaramente il farmacista, Mauro Massimiliano, che aspettava l’arrivo delle bombole del gas per accendere la stufa. Il bagno è rotto: le scosse hanno spostato i tubi. Molti medicinali dagli scaffali sono venuti giù. “Dopo le prime scosse li avevo messi in ordine, ma è inutile. Continuano a cascare, come le nostre case”, dice Mauro. Amatrice è così, in preda a una bufera di neve, distrutta e isolata. “Siamo soli, ci hanno abbandonato. Lo sapevano che sarebbe arrivata la bufera di neve e non hanno fatto nulla. Non c’era neanche una turbina che aprisse le strade. Questa mattina l’esercito ha messo in salvo una donna incinta che partorirà tra due giorni. Amatrice? Neve, scosse e solitudine”.

Anche il campanile di Sant’Agostino, che aveva resistito al terremoto del 24 agosto, è crollato dopo il tormento sismico di oggi. Era il simbolo di un borgo che voleva ripartire: “Neanche tra dieci o vent’anni ce la faremo. Ci dobbiamo rassegnare e andare via per sempre”. La scuola resterà chiusa fino a non si sa quando. I camper, quelli raggiungibili, sono stati evacuati. Ma nelle frazioni è un inferno. “Molti si lamentano, ma non c’è un modo per raggiungerli”, Genni Di Giuseppe non ha dubbi.

Le macerie non si vedono più perché sono sepolte dalla neve. A pochi metri dal borgo è rimasto un tendone, dove dormono i volontari che distribuiscono vestiti alle persone. Ma le persone, quelle che sono riuscite a mettersi in salvo, non ci sono più, sono andate vie. Le altre sono ancora intrappolate.



Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Masterchef: con Purè e pesto questi 20 concorrenti hanno conquistato il grembiule

Per entrare a Masterchef non servono piatti stellati, basta molto meno: un piatto di purè o almeno un po’ di pesto. Sono stati scelti così, nell’hangar, i nuovi chef amatoriali che si contenderanno il sesto titolo di Masterchef italiano. Prima hanno dovuto preparare un purè, dosare bene gli ingredienti, e azzeccare la consistenza. E non era facile. Perché alla fine il purè un po’ tutti l’abbiamo mangiato, ma non sempre l’abbiamo preparato se non facendo le proporzioni ad occhio. Facile sbagliare allora, con solo dieci minuti di tempo e sotto lo sguardo dei quattro giudici.

Il latte va usato caldo. E il burro? La ricetta di Alain Ducasse – ricorda Bastianich – è metà burro, metà patate. E va aggiunto solo alla fine, freddo, per gonfiare il purè. Molti sono decisamente lontani dal risultato. In otto subito a casa, restano invece in 32. E Joe Bastianich, tifoso degli Yankees tira fuori la citazione che ogni appassionato di baseball conosce: “Non è finita finché non è finita”. Come disse Yogi Berra.

pure

Si torna in cucina, e arrivano le cloches, giganti. Sotto, questa volta non ci sono ingredienti ma gli strumenti di lavoro. A ogni giudice si abbina una cloche e un metodo di cottura: con Cannavacciuolo la frittura, con Cracco la cucina a vapore, con Bastianich la griglia e con Barbieri la tajine per la cottura in umido.
finalis

Ogni strumento ha la sua difficoltà. È la prima volta che si cucina tutti insieme. C’è già chi comincia a innervosirsi. Come Mariangela: l’abbiamo conosciuta a inizio puntata è bella peperina, e molto sicura di sé, con la sua folta chioma riccioluta. C’è chi comincia a puntare sulla simpatia, come Michele, quello che vende le casse da morto. Restano invece in ombra, per ora, Gloria – quella delle tagliatelle della nonna – e Roberto, il romagnolo.

Si capisce già chi sarà spesso nel mirino: Michele G., sua la battuta più bella della puntata: “La pedana è un po’ come la quinta superiore. Ci metto un po’ ma ci arrivo”. Ha 21 anni, è ancora studente al liceo artistico, è stato bocciato 4 volte. Questa sera però sarà promosso.

Ma andiamo con ordine, torniamo ai fritti. Giulia, Gabriele e Lalla, sono i primi tre concorrenti ad entrare nella cucina di Masterchef. Hanno superato la prova con Cannavacciuolo. C’è chi è stato furbo e chi si è complicato la vita. Chi va in pedana subito e chi invece torna in postazione per una prova ancora.

Cristina è dentro, con Gloria e Roberto. Esce invece miss tagliatella, che aveva portato ai giudici le tagliatelle al cacao, scatenando le proteste di Cannavacciuolo. Poi la cottura alla griglia.

Qui è Bastianich a decidere. Michele P. machoman è dentro. Elena invece ha ancora una chance: torna in postazione con Carlotta e Maggie. Restano in gara anche i due Marco. Esce invece Daniela da Pinerolo che aveva conquistato i giudici con le madeleine.

Poi l’umido. Michele, Gianni e Maria erano stati bravi col purè ma ora lo sono stati meno: Gianni esce. Michele, Maria e Daniele tornano in postazione. Valerio, Loredana e Barbara entrano al volo in pedana.
È la volta del pesto, la prova salvezza. Ci sono ancora 8 posti nella cucina di Masterchef. Dieci minuti di tempo per pestare col mortaio. Ci sono tutti gli ingredienti. Ci sono i segreti del pesto perfetto: come mettere il sale grosso sul fondo per non annerire il basilico. C’è chi usa troppo aglio. E chi troppo olio.

pesto

Mariangela e Vittoria conquistano la pedana, con loro ci sarà da divertirsi. Dentro anche il casalingo sardo, Daniele. Promosso, come detto anche Michele G., con Alain. Poi Maria, Antonella e Margherita.

Ecco, i venti protagonisti della sesta edizione ci sono. Da giovedì le gare. Come dice Valerio “il riscaldamento è finito. Ora inizia la partita vera e propria”. Giovedì prossimo si entra in cucina.


Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Deborah accusa i medici: “Hanno rovinato mio figlio, chiedo giustizia”

“Mio figlio è stato rovinato dai medici. Per lui chiedo giustizia”. Sono queste le parole di Deborah, madre del piccolo Benedetto, nato con gravi problemi dopo un parto molto difficile. La donna racconta la sua storia al quotidiano la Repubblica.

“Era ora”. Nella sua casa del piccolo paese alle pendici dell’Etna, Deborah accoglie così la notizia della sospensione di quelle tre ginecologhe che, nel giorno più brutto della sua vita, l’hanno costretta a partorire con grande ritardo mentre il bimbo che portava in grembo, perfettamente sano fino a quel momento, soffocava stretto dal cordone ombelicale senza ossigeno per chissà quanto tempo. Quello stesso bambino che ora, a un anno e cinque mesi, non parla e non cammina come tutti i suoi coetanei e trova pace solo cullato tra le braccia della mamma che non lo abbandona un attimo.

Deborah Percolla, 26enne impiegata delle Poste, e suo marito in cerca di un lavoro vivono dal 2 luglio dell’anno scorso questa tragedia con grande forza d’animo sorretti e protetti dalle famiglie e dagli amici. E non hanno alcuna voglia di pubblicità. Per questo hanno deciso d bloccare i profili Facebook e di parlare per il tramite del legale a cui hanno chiesto, subito dopo il parto, di presentare un esposto denunciando i medici del reparto di ginecologia dell’ospedale Santo Bambino che — stando alla ricostruzione della Procura — si sarebbero rifiutati di effettuare il parto cesareo che probabilmente avrebbe salvato il piccolo solo per evitare di andare oltre l’orario di lavoro. E per di più senza avvertire della situazione i colleghi subentranti in turno e falsificando le cartelle cliniche.

«L’unica cosa che voglio — dice la giovane mamma attraverso l’avvocato Gianluca Firrone — è che venga fatta chiarezza e accertate e punite le responsabilità senza sconti per nessuno. È inaudito che, soprattutto in un ospedale pubblico che deve garantire la massima sicurezza a madri e figli, avvenga un fatto del genere. Non deve capitare più a nessuno di entrare sani e felici e uscire devastati come è successo a noi».

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Francia, sciopero in rosa contro le disparità salariali. Alle 16.34 le donne transalpine hanno smesso di lavorare

Lo hanno detto e lo hanno fatto: alle 16,34 minuti e 7 secondi numerose donne francesi hanno smesso oggi di lavorare in segno di protesta contro le disparità salariali. Stimarne il numero è impossibile ma l’adesione allo sciopero altamente simbolico, assicurano le organizzatrici, è stata alta.

“Del resto – si chiedono loro – perché continuare a lavorare gratis fino alla fine dell’anno, precisamente 39 giorni in più dei colleghi maschi senza alcuna retribuzione?” Una constatazione che trae ispirazione da un recente studio Eurostat secondo cui gli uomini guadagnano il 15,1% in più delle donne.

Tradotto in tempo sono, appunto, 39 giorni, quelli lavorativi che mancano da oggi al 31 dicembre. Anche nel Paese dell”Egalité, quando si tratta di stipendio persiste una grave disuguaglianza di genere. L’appello allo sciopero era stato lanciato dal collettivo femminista “Les Glorieuses”: sul web il passaparola è stato travolgente e l’idea talmente apprezzata che anche il ministro per le pari opportunità, Laurence Rossignol, l’ha applaudita e sostenuta.
Le organizzatrici promettono che l’iniziativa sarà ripetuta l’8 marzo, per la Festa della donna, e il 7 novembre dell’anno prossimo. L’idea, in realtà, non è francese ma è stata presa in prestito dall’Islanda che l’ha organizzata due settimane fa riscuotendo un grande successo.

In realtà l’astensione dal lavoro a partire dalle 16.34 non è stato uno sciopero nel senso pieno del termine, né poteva esserlo visto che soltanto un sindacato può proclamarlo. Ma è stato un modo per lanciare un segnale di fronte a una palese ingiustizia. Per partecipare bastava segnalare la propria assenza al datore di lavoro e sperare nella sua comprensione. Chi non poteva ha manifestato la sua adesione simbolica via i social network.

Diverse anche le donne che hanno partecipato a manifestazioni organizzate nelle principali città francesi. Alle 16.34 in Place de la République, nel cuore di Parigi, c’erano circa 300 donne (e qualche uomo). Infine c’è chi ha incrociato solo simbolicamente le braccia pur restando sul posto di lavoro: è successo nelle redazioni dei giornali, nei musei, nei negozi, nelle università. In segno di solidarietà Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi, ha sospeso il Consiglio comunale alle 16.34.
Oltre che peggio pagate, le donne fanno anche molta più fatica a raggiungere incarichi di responsabilità. Stando a uno studio dell’Osservatorio della presenza femminile nelle aziende, ad esempio, nei grandi gruppi sono il 36% del totale dei dipendenti ma solo l’11,2% è nella dirigenza.

La speranza delle organizzatrici è che il segnale lanciato oggi serva ad accorciare i tempi per annullare il divario coi colleghi maschi. Secondo un rapporto del Forum economico mondiale, bisognerà aspettare 170 anni, il 2.186, affinché l’uguaglianza sia pienamente rispettata in Francia.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost