Una giornata d’inizio vendemmia, con il sole che splende, 23 gradi e una brezza leggera che muove i tralci a cui sono ancora appesi i grappoli di sangiovese da Brunello maturi pronti per essere raccolti, sembra di essere in una pubblicità del bel vivere toscano.
Siamo a Castiglion del Bosco, a 12 chilometri a nord est di Montalcino, nel bel mezzo delle colline in cui si produce il vino italiano più famoso nel mondo insieme al Barolo, il Brunello di Montalcino.
Di qui passa la Strade Bianche, la ciclostorica che vede centinaia di appassionati da tutto il mondo pedalare su bici vintage nello sterrato collinare toscano. E attraverso le strade bianche si arriva alla tenuta di Castiglion del Bosco, in mezzo alle vigne c’è un resort a cinque stelle e un campo da golf da 18 buche.
Ma il motore che fa girare tutto è il vino, sono i grappoli d’uva, è il lavoro nei campi e quello in cantina. La proprietà è di Massimo Ferragamo che qui una decina d’anni fa ha ristrutturato un borgo e una decina di ville mezzadrili.
Per l’esattezza siamo nel podere di Capanna, nella vigna di Campo del Drago, quello che in si chiama ‘cru’, ovvero dove terreno, esposizione e condizioni climatiche sono ideali per dare un grande Brunello. Il terreno è infatti sassoso, e l’esposizione è a Sud-Ovest, la ventilazione è costante e c’è una buona escursione termica tra giorno e notte.
Inoltre Capanna è una lingua di vigne incastonata nel bosco, e bosco significa biodiversità e una barriera naturale contro i parassiti della vite. Qui come in molte aziende si sta virando verso la coltura biologica, che vuol dire nessun trattamento chimico e cura per ogni dettaglio. Ogni vite dà 5-6 grappoli, circa un chilo di uva per pianta, che fa 40-50 quintali per ettaro.
Cecilia Leoneschi è l’enologa e la direttrice di produzione dell’azienda, in poche parole è colei che fa il vino.
“Oggi non so ancora quale vigneto vendemmieremo domani. Si lavora così, valutando giorno per giorno e vendemmiando dove la maturazione è perfetta. Si guarda, si assaggia, si valuta, si decide. Un settembre piovoso può compromettere un’annata perfetta, è per questo che noi diciamo spesso che finché i grappoli non sono in cantina non sono ancora nostri”.
Per fare un grande vino i particolari sono infiniti e ciascuno è fondamentale, un solo errore nel corso dell’anno può rovinare tutto. Si parte dal campo, “l’enologia si è trasferita in vigna, prima il vino si faceva di più in cantina, da una decina di anni a questa parte c’è molta più cura della vite e del grappolo, che deve arrivare in cantina perfetto”.
Se è vero che terreno, clima e ventilazione (in una parola, ‘terroir’) sono fondamentali, lo è ancora di più il lavoro e l’esperienza di chi lavora in vigna e in cantina. I grappoli si raccolgono a mano, si trasportano in cestelli piccoli in modo che il peso non danneggi i quelli che rimangono sotto. Una volta in cantina viene tolto meccanicamente il raspo ed eliminati a mano frammenti rimanenti, uno ad uno.
Gli acini fermentano in vasche di acciaio per alcune settimane e talvolta la macerazione si prolunga per 1-2 mesi. Dopo la svinatura, cioè la separazione tra bucce e vino ottenuto dalla fermentazione, si passa in botti di legno per 2-3 anni, poi l’imbottigliamento e il riposo in bottiglia. Il Brunello non potrà essere venduto prima di 5 anni dalla vendemmia.
La squadra dei vendemmiatori è composta da una trentina di persone, perlopiù italiani e bulgari che da anni lavorano stagionalmente per l’azienda, mentre le altre attività svolte in cantina e in vigna, inclusa la potatura, sono svolte da operai fissi che coordinano anche le squadre al momento della vendemmia.
“C’è chi sta bene in cantina, c’è chi sta bene in vigna – racconta Cecilia – difficilmente i due ruoli sono intercambiabili, è questione di indole e di sensibilità. Ci sono figure storiche, ad esempio c’è Moreno, suo padre e suo zio lavoravano qua, lui è nato in una delle ville della tenuta e oggi fa il cantiniere. Poi ci sono i ragazzi che iniziano con la vendemmia e piano piano diventano figure professionali importanti per l’azienda”.
L’annata 2016 ha avuto un’estate fresca, questo significa maturazione lenta e lievemente posticipata. Un’annata qualitativamente buona sia per i bianchi che avranno bei profumi e bella acidità, sia per i rossi che hanno avuto maturazioni pressoché perfette.
Per assaggiare però se ne parla nel 2021, quando avremo un Brunello molto equilibrato, non eccessivamente corposo e molto profumato, adatto ad un lungo affinamento in bottiglia. Un vino che avrà una lunga longevità e che, se ben conservato, potremo forse bere per venti o trent’anni.
Dal primo gennaio invece si stapperà il Brunello 2012, “sarà molto interessante da assaggiare – prevede Cecilia Leoneschi –, perché avrà picchi qualitativi a macchia di leopardo. Fu un’annata calda, certi vigneti ressero benissimo, altri daranno il vino tipico delle annate eccessivamente calde, troppo concentrati. Ci sarà da divertirsi”.
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