“Che Guevara Guerrillero Heroico” di Alberto Korda. A Bologna gli scatti del fotografo della Rivoluzione che immortalò il Che e Fidel (FOTO)

Il basco calato sulla fronte, lo sguardo profondo e fiero che guarda lontano. 5 marzo 1960, il Che presenzia a un funerale di Stato: 140 cubani sono morti in un attentato, lui osserva il corteo funebre da una ringhiera. Al solenne evento c’è anche Alberto Díaz Gutiérrez detto Korda, da un anno fotografo ufficiale di Fidel, scelto personalmente dal Lìder Maximo. Imbraccia la sua Leica e scatta. Non sa ancora che nel suo sguardo sta prendendo forma l’icona di un mito. Lo capirà anni dopo, quando l’editore Giangiacomo Feltrinelli stamperà il ritratto del “Guerrillero Heroico”, che sette anni prima Korda gli aveva regalato, su un poster affisso a Milano per la morte Comandante. Lo farà senza citarne i crediti, in barba ai diritti d’autore, ma Korda non si arrabbierà, felicissimo che quel suo scatto avesse impresso un segno nella storia, tanto da essere reinterpretato da Andy Warhol.

Fino al 23 aprile, oltre 50 scatti e documenti originali del fotografo scomparso nel 2001 raccontano, alla galleria Ono Arte di Bologna, gli anni della Rivoluzione. Sullo sfondo c’è Cuba, crocevia di artisti e intellettuali come Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, protagonisti sono il Che, ministro o che gioca a golf, e Fidel Castro, nel 1959, durante l’entrata trionfale insieme a Camilo Cienfuegos a L’Havana L’anno successivo lo immortalò al Lincoln Memorial, dando vita ad una delle immagini più iconiche del Comandante, che quando le vide decise di farsi “seguire” nelle apparizione pubbliche. E dire che prima di mettersi al servizio della Rivoluzione si dedicava a tutt’altro genere di “set”. Immortalava le donne più dell’Avana, una di loro aveva finito per sposarla: Norka (Natalia Menéndez), donna dall’incredibile forza espressiva che avrebbe raggiunto la notorietà come modella per alcune delle riviste più importanti del Paese, come “Vanidades”, e “Romance”. Un mondo che gli rimase nel cuore, e a cui ritornerà negli anni Ottanta, ma con una stelletta in più: era stato il fotografo della Rivoluzione.

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Burhan Ozbilici, il fotografo che ha immortalato il killer di Ankara: “La vita è scomparsa di fronte ai miei occhi”

“Ci ho messo qualche secondo per capire cosa fosse successo: un uomo è morto qui, di fronte a me; una vita è scomparsa di fronte ai miei occhi”. È così che Burhan Ozbilici, il fotografo dell’Associated Press che ha scattato le foto all’attentatore di Ankara, ha descritto quei concitati momenti.

Le sue foto passeranno alla storia, sono di quelle da guardare e riguardare alla ricerca di qualche nuovo dettaglio, della tensione del momento. Ozbilici ha raccontato quegli attimi al “The Guardian“, e cosa gli ha dato il coraggio per realizzare gli scatti.

Era lì quasi per sbaglio, ad una mostra sul paesaggio russo dal Baltico alla Kamchatka, il fotografo decide di partecipare poiché l’evento è di strada per tornare al suo ufficio di Ankara.

Poco dopo l’inizio del discorso dell’ambasciatore russo Andrei Karlov, gli spari hanno creato il panico tra il pubblico, mentre il corpo dell’uomo s’accasciava al suolo.

Ozbilici non comprende il motivo dell’attentato, scoprirà solo dopo che il movente è la città siriana di Aleppo così come il nome dell’attentatore, Mevlut Mert Altintas: “Ho solo sentito urlare Allahu akbar, ma non ho capito il resto di ciò che ha detto in arabo”.

Era spaventato dalla possibilità che Altintas potesse accorgersi di lui, ma ha deciso comunque di avanzare e scattare delle foto. Ecco cosa Ozbilici ha pensato in quel momento: “Sono qui. Anche se dovessi essere ferito, o ammazzato, sono un giornalista. Potrei scappare e fare altri scatti… Ma non voglio dover rispondere alla domanda: ‘Perché non hai scattato una foto’?

L’attentatore intima tutti di stare a terra, conosce già il suo destino, e di li al poco l’operazione della polizia turca metterà fine all’attentato abbattendo l’uomo. Quando Ozbilici torna nel suo studio a lavorare le foto, ancora agitato e sconvolto, osserva le foto che ha scattato. In una si vede come Mevlut Mert Altintas sia sempre stato alle spalle dell’ambasciatore, come fosse stata una guardia del corpo, e nessuno si è accorto di lui.


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