Emmanuel Macron “il Mozart della finanza”. Dietro il suo movimento En Marche! una fitta rete di banchieri e investitori

Emmanuel Macron gioca la carta della trasparenza. Mentre François Fillon e Marine Le Pen si ritrovano a dover fare i conti con una serie di scandali legati a impieghi fittizi e rimborsi illeciti, l’ex ministro dell’economia sceglie la via della chiarezza, cercando di dissipare i tanti dubbi nati sul finanziamento della sua campagna elettorale.

Le Journal de Dimanche ha pubblicato un resoconto sulla situazione economica di En Marche!, il movimento lanciato lo scorso aprile per sostenere la candidatura di Macron alle prossime presidenziali. Secondo quanto riportato dal settimanale francese, il mini-partito avrebbe raccolto fino ad oggi 5,1 milioni di euro: una cifra consistente, anche se ancora lontana dai 17 milioni previsti per il finanziamento dell’intera campagna. Gran parte della somma proverrebbe dalle donazioni spontanee fatte da semplici cittadini attraverso il sito, mentre solamente il 3% supererebbe i 4mila euro.

A differenza dei suoi avversari, Macron non può beneficiare di nessun sovvenzionamento pubblico, visto che non ha un vero partito politico alle spalle. Per raccogliere i fondi necessari alla sua campagna, il leader di En Marche! è andato a pescare nella sua vecchia agenda, risalente al periodo compreso tra il 2008 e il 2012, quando lavorava per la banca d’affari Rotschild. I suoi contatti nel mondo della finanza internazionale gli hanno permesso di tessere una fitta trama di conoscenze su cui poter fare affidamento.

Così, “il Mozart della finanza” (soprannome affibbiatogli durante il periodo passato da Rotschild) ha orchestrato un progetto di fundraising simile a quelli utilizzati per le campagne elettorali statunitensi, utilizzando il suo movimento come una sorta di startup da sviluppare attraverso la partecipazione di diversi finanziatori.

Per lanciare il suo progetto, in queste ultime settimane Macron ha tenuto una serie di riunioni tra New York, Bruxelles, Berlino e Londra, dove il candidato trentottenne ha incontrato diversi investitori stranieri che, seppur nell’anonimato, si sono mostrati pronti a sostenerlo economicamente.

Proprio nella capitale inglese Macron può contare su uno degli endorsement più importanti: quello di Benoit d’Angelin, ex banchiere di Lehmann Brothers, che sta gestendo la raccolta fondi nella comunità dei francesi espatriati più influenti della City. Con i suoi agganci nel settore bancario franco-inglese, D’Angelin potrà assicurare il sostegno di una buona fetta di investitori oltremanica, interessati a questo nuovo fenomeno politico.

Ma gli appoggi di Macron non si limitano solamente a finanziatori esteri. A Parigi il candidato all’Eliseo ha costruito una squadra composta da figure chiave del mondo economico e bancario francese. Primo fra tutti Christian Dargnat, ex direttore generale della BNP Paribas Asset Management e attuale presidente dell’associazione di finanziamento di En Marche!. Proprio Dargnat sembra essere la testa di ponte utilizzata da Macron per conquistare i finanziatori. Grazie all’esperienza maturata nel campo degli investimenti bancari, questo ex banchiere è il tramite tra il candidato all’Eliseo e i potenziali sostenitori.

A Dargnat si affianca poi Bernard Moraud, un altro banchiere specializzato nel settore delle telecomunicazioni con un passato alla Morgan Stanley che oggi copre il ruolo di consigliere speciale.

In questo modo Macron sta ipotecando la fiducia dei più importanti investitori, che sembrano fidarsi di questa nuova figura politica, lontana dal vecchio establishment istituzionale e pronta a sostenere un’economia ultra-liberale che promette di rompere quei “blocchi” statali colpevoli di soffocare la crescita economica del paese.

Svelando apertamente la sua tattica, l’ex ministro dell’economia cerca di allontanare le accuse che gli sono state rivolte in seguito alla pubblicazione di un libro-inchiesta intitolato “Nell’inferno di Bercy”. I giornalisti Frédéric Says e Marion L’Hour hanno rivelato che, durante i due anni passati alla guida del Ministero delle Finanze, Macron avrebbe sottratto l’80% dei fondi previsti per le spese di rappresentanza, riutilizzandoli per il finanziamento della sua campagna. Anche se queste rivelazioni non sembrano aver intaccato la sua popolarità, Macron ha respinto le accuse precisando che “nessun centesimo del budget del ministero è stato mai utilizzato per En Marche!”.

Per il momento la strategia di Macron si sta rivelando vincente. Secondo il portavoce del movimento, Sylvain Fort, “bisognerà trovare tra i 2 e i 3 milioni di euro entro metà aprile”. Un obiettivo facilmente realizzabile visti i traguardi raggiunti fino ad oggi.
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