MH 370: NON E’ STATO UN INCIDENTE

Ricorre il prossimo 8 marzo il quinto anniversario della incredibile scomparsa del Boeing 777 della
Malaysia Airlines con 239 persone a bordo.

Ogni ricerca è stata vana.
Tutti gli esperti scesi in campo per cercare di determinare il luogo di caduta ove inviare le unità di ricerca hanno con ogni evidenza fallito i loro calcoli, o perlomeno le loro teorie sulle quali si basavano i calcoli.

 

Quasi a farsene beffe l’oceano Indiano, nel tempo, senza fretta (1) ha restituito qualche rottame di ciò che rimaneva del Boeing depositandolo sulle spiagge africane della zona orientale del Madagascar, Mozambico e Tanzania. Usiamo il termine di beffa, in quanto dopo aver inviato le navi in luoghi ove non è stato rinvenuto nulla, gli esperti non avevano nemmeno ritenuto opportuno allertare le autorità di questi luoghi che in base alle correnti marine sarebbe stato molto probabile che venissero rinvenuti, sia pur a distanza di tempo, pezzi del velivolo.

Tuttavia, ripetiamo tuttavia, non hanno avuto alcuna esitazione una volta che ignari bagnanti hanno ritrovato i rottami, ad affermare che il luogo di ritrovamento risultava coerente con il modello di deriva eseguito nelle fasi di ricerca.
Bene, giunti al quinto anno dalla scomparsa vorremmo una volta per tutte precisare che in quello che da tutti viene definito come il mistero, in effetti una qualche verità o perlomeno punto fermo è emerso.

E tutto porta ad una conclusione che appare inequivocabile: non si è trattato di un incidente, ma di un dirottamento.
“Possiamo usare il termine incidente allorché un aereo precipita durante il suo volo a causa di un problema meteo o tecnico, ma non si può parlare di incidente se un aereo viene portato fuori rotta e fatto scomparire nei flutti di un oceano che non avrebbe dovuto mai attraversare.”
Questo è quanto da noi affermato nel libro appena uscito. (2)

 

Crediamo che precisare quanto sopra ad una opinione pubblica che ancora oggi si chiede cosa mai possa essere successo a quell’aereo, costituisca già un importante traguardo.
Detta la nostra opinione su cosa è successo, ben più difficile è fare luce sul perché e come possa essersi consumata la tragedia che è costata la vita a ben 239 persone.
A questo punto è bene ricordare che quando MH370 scomparve, ancora non si era verificata la tragedia di Germanwings, il caso del co-pilota tedesco che ha condotto un aereo di linea a sfracellarsi a terra provocando la morte di 150 persone; questa tragedia da tutti i media definita come il primo caso nella storia dell’aviazione civile di omicidio-suicidio è infatti avvenuta il 24 marzo 2015, ovvero un anno dopo la scomparsa di MH370. (3) 

 

Sarà forse proprio ricordando il caso Germanwings che parlando di questa possibilità tutte le attenzioni si sono accentrate sulla figura del capitano Zaharie circa il quale si è voluta approfondire la sua personalità, il suo impegno politico, ciò che aveva fatto dal suo computer di casa, ma appare del tutto evidente che valutando una ipotesi di dirottamento non necessariamente si deve pensare che ad effettuarlo debba essere stato uno dei due piloti, dopotutto alle spalle di questi erano presenti in cabina altri 10 membri della compagnia e 227 passeggeri….

I rapporti investigativi che hanno fatto seguito all’incidente dedicavano molte pagine alla figura dei due piloti aggiungendo notizie circa gli assistenti di cabina.
Circa la figura del 55enne capo stewart, supervisore di cabina si annota quanto segue:
“Per l’equipaggio di cabina, sulla base delle cartelle cliniche di MAS, non risultavano importanti problemi di salute, ad eccezione del supervisore in volo che aveva avuto una storia di esordio iniziale di crisi il 9 giugno 2013. Ammesso lo stesso giorno in una struttura sanitaria privata e trattato da un neurologo consulente, era stato dimesso il 14 giugno 2013. Si era recato ai follow-up successivi come consigliato. Non aveva avuto ulteriori attacchi dopo la sua dimissione. Il suo ultimo certificato di idoneità al volo porta la data del 6 agosto 2013….. " (4)

 

I due piloti quindi risultavano completamente indenni da problemi di salute mentale. Ma la stessa cosa non si poteva dire per quanto riguardava l’Inflight supervisor, il quale aveva avuto una storia di malattia neurologica.
Oltre al testo di cui sopra il rapporto investigativo pubblica una scheda dalla quale risulta che al supervisore erano stati dati 43 giorni di malattia nel 2013, inclusi 6 giorni di ricovero ospedaliero.
Ora, non è perlomeno strano che investigando su un aereo che chiaramente è stato portato fuori rotta da qualcuno, non si ritenga opportuno approfondire la scheda psicologica, informativa su un membro dell’equipaggio che ha avuto nel passato problemi neurologici il quale potrebbe aver maturato conoscenze per la guida automatica di un aereo, o comunque potrebbe aver costretto con la forza i piloti a puntare verso l’Oceano Indiano?
E’ solo una ipotesi, sia ben chiaro, sulla quale però era opportuno andare più in profondità. 

 

Tutti noi ricordiamo l’estremo imbarazzo che ebbero i vertici di Lufthansa allorché dovettero ammettere che ai comandi di un loro aereo vi era un pilota che aveva avuto problemi psichiatrici.
La sequenza degli eventi tuttavia lasciava ben poco spazio ad altre ipotesi dal momento che il CVR immediatamente recuperato chiarì cosa era avvenuto nella cabina pilotaggio dell’A320.
Ebbene quell’incidente additato da tutti i media mondiali come la prima tragedia dell’aria di un pilota suicida avvenne nel marzo 2015.
L’incidente dell’MH370 è occorso un anno prima di Germanwings e se le autorità malesi avessero esternato i particolari da noi summenzionati saremmo stati in presenza di un caso simile a Germanwings il quale però avrebbe assunto i connotati del “primo” caso mondiale del genere.

 

Indubbiamente poi la scomparsa nell’oceano e il non ritrovamento dei registratori di bordo giocavano a favore del silenzio.
Un particolare va comunque ribadito: l’ipotesi da noi esternata propone ai comandi del B777 un qualcuno che controlla l’aereo con evidente cognizione di causa: nessuno però può escludere che invece di uno dei piloti si trattasse di qualcuno fra i passeggeri o membri di cabina che, riuscito a far perdere conoscenza a tutti, si è introdotto nella cabina di pilotaggio assumendo il comando del velivolo, con la forza o meno.

Val la pena ricordare come a bordo di quel volo erano riusciti a salire due passeggeri che viaggiavano con passaporti rubati uno di un italiano e l’altro di un austriaco.. .

 

Antonio Bordoni

 

Fonte air-accidents.com
Safety Newsletter 07/2019 del 1 Marzo 2019

 

(1) Il primo dei 27 pezzi ritrovati porta la data del 29 luglio 2015, l’ultimo del 27 gennaio 2017
(2) “Lost in the sky” , pagina 91.
(3) Il 24 marzo 2015, 150 persone persero la vita quando un Airbus 320 della compagnia Germawings in volo fra
Barcellona e Dusseldorf venne fatto sfracellare al suolo dal secondo pilota chiusosi nella cabina di pilotaggio.
(4) Pagina 15 e 20, capitolo 1.5.4 del rapporto emesso dalle autorità malesi il 15 aprile 2015

 

Nella foto La copertina del libro che sta uscendo in questi giorni. Il libro si compone di 201 pagine ed è reperibile presso il sito dell’editore www.ibn.it o prenotabile nelle librerie
https://www.ibs.it/lost-in-the-sky-incredibile-libro-antonio-bordoni/e/9788875654269

 

Lost in the sky.
L’incredibile scomparsa del volo Malaysia Airlines e i 53 altri casi di aerei caduti e non ritrovati
€ 15,30
 

Master Viaggi News – News Mondo (Ultime 10 News Inserite)