La sciagura occorsa al Boeing 737 Max sta sollevando diverse problematiche relative al software di bordo.

Programmi sempre più sofisticati sono già in grado di sostituire il pilota alla guida di auto, treni e aerei per evitare ”l’Errore Umano” .. ma se a sbagliare è il computer l’uomo può ancora intervenire?

E’ giusto porsi delle domande quando precipita un aereo nuovo con alla cloche un pilota di lunga esperienza, o quando un altro scompare senza lasciare tracce dietro di se.

 

Per debellare la possibilità di dirottamenti il controllo di un aeromobile può essere assunto a distanza, da terra, impedendo così a chi è a bordo (terrorista o pilota sotto la minaccia delle armi) qualsiasi iniziativa scellerata quale il cambio di rotta o un’azione da kamikaze.

Quindi già oggi la teconologia consente di tramutare in un Drone un aereo di linea anche se a bordo è previsto l’equipaggio di cabina.

Interessante  quindi la Safety Newsletter 11/2019 odierna pubblicata dal sito www.air-accidents.com che, qui a seguire, riportiamo integralmente:

 

CHI PILOTA L’AEREO, IL COMPUTER O L’UOMO?

 

Non è la prima volta che le autorità ordinano di non far volare un certo tipo di aereo.
Era accaduto nel 1979 con il trireattore DC10 dopo un incidente costato la vita a 273 persone.
Mentre l’aereo della American Airlines stava decollando per Los Angeles, un problema al motore provocò lo schianto a terra che causò anche due vittime fra gli abitanti del quartiere limitrofo all’aeroporto di Chicago O’Hare.
L’inchiesta sull’incidente stabilì poi che la sciagura era il risultato di problemi di manutenzione rispetto al montaggio del motore, ma la macchina della Douglas non aveva alcun problema strutturale. Si trattò quindi di un ordine prematuro quando ancora l’indagine non si era conclusa.
Da ricordare che la McDonnell Douglas costruttrice di quell’aereo si è poi fusa con Boeing nel 1997.

 

Nel 1998, la FAA ordina la messa a terra dei Boeing 737 dopo che le ispezioni condotte avevano riscontrato danni al cablaggio della pompa del carburante in alcuni dei velivoli.
La direttiva comportò la cancellazione di migliaia di voli. Circa 179 dei 1.100 Boeing 737 che erano in servizio nei vettori Usa ne vennero colpiti.
Nel novembre del 2010 la Qantas decise autonomamente di mettere a terra la sua flotta di Airbus 380 dopo che si era verificato uno spettacolare guasto ai motori.
Nel 2013, la Federal Aviation Authority proibì il volo di tutti i Boeing 787 in seguito a una serie di incendi a bordo (impianti elettrici al litio). La decisione della messa a terra venne presa immediatamente dopo un incidente in Giappone. Un altro problema con la batteria si era verificato a Boston, sempre nel 2013.

Va notato che questi incidenti non provocarono alcuna vittima.
I guasti alle batterie erano da imputare agli ioni di litio che rilasciavano, in determinate condizioni, elettroliti infiammabili producendo danni da calore e fumo. Questa nel tempo è la più recente messa a terra di un tipo di aereo. Il 787 dreamliner riprese a volare dopo che furono apportate le opportune variazioni.

 

E così arriviamo all’odierno caso dei 737MAX di cui abbiamo già svelato i retroscena della certificazione tendente a farlo passare per una macchina pilotabile senza particolari addestramenti aggiuntivi da chi già portava i 737, mentre in realtà non era proprio così che stavano le cose. (1)
Circa quest’ultimo blocco dobbiamo evidenziare un particolare su cui val la pena riflettere.
Finora i divieti di volo avevano riguardato difetti, o presunti tali, (2) che chiamavano in causa vizi strutturali della macchina, dei suoi componenti meccanici (3) o della motoristica.
Oggi, all’indomani dell’ordine dato dal Presidente degli Stati Uniti di mettere a terra i 737MAX la Boeing ha emesso un comunicato nel quale precisa che la compagnia procederà alla immediata revisione e correzione del software MCAS.
Riflettiamo attentamente su questa affermazione perché essa riporta in ballo un nervo scoperto nella safety aeronautica: la interrelazione uomo-software nella corretta conduzione di un velivolo.

 

E su questo argomento dobbiamo ricordare ai lettori che non è affatto la prima volta che avvengono incidenti causati dalla non perfetta conoscenza da parte dell’elemento umano del software montato a bordo delegato a guidare il velivolo.

Tristemente famoso nella cronache aeronautiche rimane l’incidente che avvenne il 26 giugno 1988 nei pressi di Mulhouse all’Airbus 320 che era stato consegnato alla Air France appena tre giorni prima e che in pratica fu il primo evento che portò alla luce la criticità del rapporto uomo-software.
A quell’incidente ne seguirono molti altri dove la causa fu quella della scontro fra questi due componenti. Uno degli ultimi che potremmo citare è l’incidente di Air France 447 Rio-Parigi del giugno 2009. Ed ora con il caso 737MAX ritorna nei cieli un dubbio amletico: chi pilota l’aereo, il computer o l’uomo?

 

E’ da attendersi che di fronte alla decisione di mettere a terra i 737MAX sicuramente si scatenerà un polverone dei pro e dei contro e in questo caso specifico dobbiamo annotare come, paradossalmente entrambi le parti in causa hanno ragioni da vendere.
Ripetiamo che se i piloti sono stati addestrati alle caratteristiche innovative di cui il 737MAX è dotato, il volo è sicuro. Il gigante Southwest all’indomani dell’incidente Ethiopian, quando circolavano le prime voci di possibili grounding al 737MAX, ha avvertito che la compagnia con i suoi 34 velivoli MAX aveva effettuato oltre trentamila decolli senza che si fosse mai evidenziato alcun problema.
Se viceversa i piloti hanno la convinzione di guidare una normale versione del 737 il pericolo indubbiamente sussiste e le indagini sui due incidenti, siamo pressoché certi, lo metteranno in luce. E ciò è dovuto al peccato originale con cui questo aereo è nato ovvero, come abbiamo illustrato nella precedente newsletter, il tentativo di bypassare l’obbligo di training aggiuntivo per gli equipaggi chiamati a pilotarlo.

 

Ora dal momento che i passeggeri non possono giocare alla roulette russa allorchè acquistano un biglietto aereo, bene ha fatto il presidente degli Usa a ordinare in via precauzionale la messa a terra anche perché, come abbiamo avuto modo di precisare, due incidenti mortali su 350 velivoli in servizio è un rateo inaccettabile che non può non sollevare dubbi sul fatto che il 737MAX ha qualcosa che va corretto.

 

Antonio Bordoni

 

(1) Vedi nostra newsletter n. 10 del 13 marzo “La verità sul 737MAX”
(2) Precisiamo “presunti tali” riferendoci in particolare all’incidente del 1979 del DC10 American Airlines.
(3) Nel caso delle vecchie versioni di B737 il difetto era proprio di carattere meccanico di un componente.
 

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Ivanka Trump avrà un ufficio alla Casa Bianca e potrà accedere a diverse informazioni riservate

Il ruolo di Ivanka Trump nell’amministrazione di suo padre sta diventando sempre più importante. Sebbene non abbia alcun incarico pubblico ufficiale, la figlia del presidente sta allestendo un nuovo ufficio personale nell’Ala ovest della Casa Bianca.

Secondo quanto riporta Politico la figlia più grande di Trump, non soltanto avrà un nuovo ufficio nella “West Wing”ma presto potrà anche accedere a diverse informazioni riservate. Inoltre Ivanka avrà a disposizione alcuni dispositivi di sicurezza tra cui computer e cellulari rilasciati dal governo statunitense. Questo farà di lei sostanzialmente un membro a tempo pieno dello staff di suo padre anche se non percepirà uno stipendio.

Un’altra indiscrezione lanciata dal New York Times sostiene che Ivanka si stia preparando per un nuovo ruolo alla Casa Bianca e avrebbe così deciso di cedere il controllo del suo marchio di moda a Abigal Kleim , attualmente presidente dell’azienda, e di intestare il patrimonio ad alcuni parenti di suo marito così da evitare potenziali conflitti di interesse.

Da quando Donald Trump si è insediato il ruolo di Ivanka alla Casa Bianca è sempre stato un grande punto interrogativo, suo marito Jared Kushner è consigliere ufficiale del presidente e la primogenita del presidente ha partecipato a diversi incontri ufficiali compreso quello di pochi giorni fa con la cancelliera tedesca Angela Merkel.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Italia convinta (o illusa) di stare nell’Europa che corre. Gentiloni si schiera con Merkel. Alfano, diverse velocità già in atto

L’Italia avrebbe dovuto, forse, accogliere le dichiarazioni a sorpresa di Angela Merkel sull’Europa a diverse velocità con una certa preoccupazione e invece le commenta positivamente, definendole la traccia di lavoro per l’Ue in vista della celebrazione dei Trattati di Roma proprio nella Capitale.

“Questo è l’orizzonte su cui lavorare, le celebrazioni di Roma saranno un’occasione importante”. Sono queste le parole che la Repubblica attribuisce al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha lavorato su questo schema a cerchi concentrici da ministro degli Esteri insieme ai colleghi dei paesi fondatori e proprio al summit di Malta di due giorni fa ha introdotto il tema di un’Europa a vari livelli di integrazione incassando, per la prima volta, il sostegno della cancelliera.

“In una Unione a 27 paesi è utopico che tutti possano avanzare con gli stessi tempi e obiettivi. Un gruppo può fare da avanguardia politica e procedere in modo più spedito per raggiungere nuovi obiettivi comuni, quali difesa, sicurezza economica, lotta alle disuguaglianze e sostegno ai giovani” spiega alla Repubblica il sottosegretario agli Affari Europei, Sandro Gozi. “Questa è da tempo la posizione dell’Italia. Ora condivisa anche dalla cancelliera tedesca, fin qui assai prudente sul tema. Ci fa piacere. È un’ottima notizia. E vorremmo che diventasse anche un impegno ufficiale, preso da tutti i paesi dell’Unione, il prossimo 25 marzo a Roma, per i sessant’anni del Trattato. Non sarà facile, ma ci stiamo impegnando al massimo per questo. L’Italia è sempre stata al centro dell’iniziativa europea. E del resto l’agenda dell’ultimo vertice di Malta è stata dettata completamente da noi, dalla Libia ai flussi migratori. Il problema non è trovarsi nel gruppo di testa, ma avere paesi troppo timorosi di riformare l’Europa”.

Ora la strada passa per Roma: il nuovo slancio all’integrazione potrebbe essere parte della dichiarazione che i leader dei 27 – con l’esclusione di Theresa May – approveranno il 25 marzo in occasione dei festeggiamenti del sessantesimo anniversario dei trattati. Da qui partirà il “Processo di Roma”, i cui primi risultati si vedranno nel 2018. L’obiettivo è che con la Dichiarazione di Roma del 25 marzo i leader lancino le cooperazioni rafforzate su difesa, sicurezza, investimenti, approfondimento dell’euro e della dimensione sociale dell’Unione.

La difesa farà da apripista, come spiega il ministro Roberta Pinotti al Messaggero. “La Difesa europea va rafforzata non solo per avere una maggiore autonoma capacità, ma anche perché, se i diversi Stati europei parlano voci diverse all’interno della Nato, questo impoverisce la loro possibilità di incidere. È fondamentale anche per la strategia difensiva della Nato che l’Europa parli una sola voce”. […] “Noi abbiamo bisogno che il nucleo di Paesi che si è mosso con più forza verso la Difesa comune, cioè Italia, Francia, Germania e Spagna, elabori cooperazioni rafforzate che portino ancora più avanti le decisioni assunte”.

È convinzione del Governo italiano che questo processo sia una presa d’atto di una realtà dei fatti, perché già oggi ci sono più velocità di integrazione dell’Europa.

Scrive Angelino Alfano sul Corriere della Sera. “In Europa le diverse velocità, i cerchi concentrici e la differenziazione nelle diverse accezioni, sono già una realtà. Il tema, quindi, non è “se”, ma come e in quali tempi fare i conti con questa realtà. Dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, solo 19 adottano l’euro. La libera circolazione nell’area Schengen riguarda solo 26 Paesi europei, di cui 22 della Ue e 4 associati. Quanto alla difesa e sicurezza comune, 28 Stati aderiscono alla Nato (di cui 26 europei), mentre 57 Paesi partecipano all’Osce e 47 al Consiglio d’Europa. Chi si è concentrato solo sull’Unione in questi anni, ha forse guardato solo a una parte della realtà”

È indispensabile, tuttavia, che l’Italia sia in grado di stare al passo con i più veloci.

“Giusta la mossa di Berlino, via le zavorre. Ma l’Italia deve stare nel convoglio veloce” afferma Enrico Letta in un’intervista al Corriere della Sera “Che Angela Merkel rilanci l’Europa a diverse velocità è un fatto importante, una mossa utile e coraggiosa. La buona notizia è che la proposta venga dalla Germania, il Paese fin qui più immobilista, quello che non voleva toccare nulla e ora invece si muove per la prima volta in una logica di discontinuità. Berlino sembra capire che la mera difesa dell’esistente porta alla distruzione di tutto. La Brexit e Donald Trump costituiscono una doppia minaccia esterna esistenziale e l ‘Europa deve cambiare passo e direzione” spiega l’ex premier, secondo cui l’Italia “deve giocare da protagonista come allora. È una nuova sfida perché dobbiamo stare nel convoglio più veloce, meritarci il ruolo di locomotiva insieme ai Paesi fondatori”. Certo, per Letta “è evidente che la confusione, l’incertezza politica che stiamo raccontando all’esterno non aiuta. L’idea che l ‘Italia sia un Paese nel quale non si sa bene in prospettiva chi comandi, dove l’instabilità istituzionale sia strutturale, è un grave handicap. Dobbiamo fare una grossa analisi di coscienza collettiva e capire che siamo nuovamente in una fase dove si riscrivono le classifiche”.


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