Trattati Ue, l’Italia cerimoniere della dichiarazione di Roma: ospita tutti ma sui temi non tocca palla

Quel che rimane d’Europa torna qui dove è stata fondata: a Roma. Ma stavolta il ruolo italiano non è all’altezza di uno dei padri fondatori nostrani: Altiero Spinelli. I 60 anni del trattato di Roma, questa curva storica gigante e impetuosa dal 1957 al 2017, cadono nel momento sbagliato per l’Italia. Paese ancora da riformare, con tanti conti aperti con Bruxelles, debole e con nulla a pretendere: organizza la kermesse dei 27 leader al Campidoglio senza piantare paletti. Come l’ospite che per organizzare una buona cena, si concentra sul gusto dei commensali più che sul proprio. Obiettivo metterli a loro agio, più che avanzare richieste specifiche.

Le hanno avanzate invece la Polonia con dietro i paesi dell’est e anche la Grecia, stremata dalla crisi. Varsavia ha chiesto garanzie sulla Nato, che resti malgrado i progetti di difesa comune europei abbozzati nella dichiarazione di Roma. Atene chiede un paragrafo specifico sull’Europa sociale. Accontentate entrambe. Dopo la Brexit, l’imperativo di tutti è che quella di Roma sia una dichiarazione comune di tutti: per dire che si sta insieme anche a 27. Anche se non si sa ancora esattamente come.

E forse questo è proprio il punto. La dichiarazione di Roma non è un trattato. Il 2017 non viaggia nemmeno lontanamente sui livelli del 1957. Allora si fondò l’Unione, ora si cerca disperatamente una via per non perderla. Inimmaginabile ora una riscrittura dei trattati: non ci sono le condizioni. Ed ecco che i 60 anni dei trattati fondativi diventano l’occasione per mettere una toppa alla crisi. Nessuno si fa illusioni, si copre dove si può.

E dunque anche le richieste specifiche di ogni Stato lasciano il tempo che trovano. L’Italia del resto ha apparecchiato la prima versione della dichiarazione di Roma, poi rivista insieme agli sherpa degli altri paesi membri. Ma quella carta non ha il valore di un trattato. E non stabilisce niente di specifico, pur aprendo la via alla questione principale: l’Europa a più velocità. Vale a dire: un modo disperato di tenere tutto insieme, pur ammettendo un primo fallimento di unione.

Sostanzialmente la dichiarazione di Roma stabilisce che d’ora in poi gli Stati che lo vorranno potranno procedere insieme su alcuni temi. Ma i modi, gli stessi temi e la velocità sono tutti da stabilire: lo diranno i posteri. Espressione non esagerata, visto che la foto di gruppo dei 27 in Campidoglio presenta l’ombra ingiallita del passato, nessun rilancio sul futuro.

Angela Merkel rischia non essere confermata alla Cancelleria tedesca alle elezioni d’autunno. E anche se sarà rieletta, la leader della Cdu ha alle spalle più vita politica di quanta ne abbia davanti. Francois Hollande è a fine mandato e non ‘gioca’ più. Lo spagnolo Mariano Rajoy è capo di un governo nato a fatica, anche lui più che proiettato sul futuro (politico s’intende) è quel che resta di stagioni passate. Theresa May non c’è, fuori ‘forever’ causa Brexit. Paolo Gentiloni è a capo dell’ennesimo governo non eletto degli ultimi 4 anni, un governo fragile dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre e il cambio della guardia con Matteo Renzi, esecutivo debole anche alla Farnesina dopo l’avvicendamento con Angelino Alfano.

Certo: se una parvenza di Europa a più velocità è il compromesso che tiene insieme la dichiarazione di Roma, vago al punto giusto per avere la firma anche dei paesi dell’Est, c’è da dire che uno dei primi a parlarne in tempi recenti è stato proprio Gentiloni. Lo ha fatto a dicembre 2015, quando era ancora ministro degli Esteri, firmando una lettera congiunta con Philip Hammond, ministro degli Esteri di Cameron. Era uno degli estremi tentativi per scongiurare la Brexit. Non è servito, ma era segnale di attivismo della Farnesina in politica estera.

Qualche mese fa l’Italia ha agganciato subito il rilancio di Merkel sull’Europa a più velocità. Ancora non si sa su cosa, ma stare insieme alla Germania viene vista come garanzia per stare nel club più ‘esclusivo’: i conti italiani sono ancora in disordine e sotto il giudizio di Bruxelles. Stamane un incontro tra il vice presidente della Commissione Europea Valdis Dombroskis e il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan non ha fatto che confermare i dossier aperti: la manovrina di 3,4 miliardi di euro e naturalmente la manovra d’autunno da farsi senza far crescere il debito, dice Bruxelles.

L’Italia non è in forma. E il fatto che non lo sia nemmeno l’Europa è una giustificazione solo parziale. In questi casi, il male comune non è nemmeno un quarto di gaudio. Per sfuggire all’assedio dei movimenti anti-europei, sempre più forte nella società, alla vigilia del vertice Gentiloni ha incontrato le parti sociali europee insieme al presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. “Mai più messe senza fede”, ha detto il premier citando l’ex presidente della Commissione Ue Jacques Delors. “Dobbiamo ripartire da un rinnovato spirito di fiducia ripensando un’Europa sociale più attenta ai suoi cittadini”.

Già: ma a Palazzo Chigi sono costretti a volare basso, insieme agli altri leader si aggrappano al compromesso di Roma, sperando di circostanziarlo in futuro e incrociando le dita di fronte alla crisi e alle divisioni che hanno indebolito tutti.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

L’Ue va avanti a più velocità ma non lo scrive: ecco la bozza della dichiarazione di Roma. Sabato la firma (DOCUMENTO)

“Agiremo insieme quando possibile, con ritmi e intensità diversi quando sarà necessario, come abbiamo fatto in passato all’interno della cornice dei trattati e lasciando la porta aperta a coloro che vogliono unirsi dopo. La nostra Unione non è divisa ed è indivisibile”. E’ il passaggio chiave della dichiarazione che i 27 leader europei contano di firmare a Roma sabato prossimo, in occasione delle celebrazioni per i 60 anni della firma dei Trattati di Roma, fondativi dell’Ue.

Dall’ultima bozza dell’agenda comune – di cui Huffington Post è in possesso, mentre gli sherpa dei vari Stati continuano a limare il testo – sparisce la parola ‘speed’, velocità, a favore di un più morbido ‘pace’, che in inglese vuol dire velocità ma anche ritmo, andamento. E’ l’escamotage che si spera possa bastare a vincere le resistenze della Polonia e dei paesi dell’Est spaventati dalla prospettiva annunciata tempo fa da Angela Merkel. E cioè di un nucleo europeo che va avanti, con gli altri che seguono per superare le lentezze e gli ostacoli di un’Unione grande e pachidermica. I paesi dell’est temono di essere lasciati indietro. E non solo loro.

Ma in vista di sabato si pone l’accento ancora sull’unità per salvare ancora una volta le apparenze ed uscire con una dichiarazione comune. E forse ci si sta riuscendo.

Dalle informazioni che arrivano a Palazzo Chigi, paese ospitante e dunque in prima linea nell’organizzazione dell’evento al Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, la Polonia non si metterà di traverso sabato prossimo. La dichiarazione comune dovrebbe quindi essere firmata da tutti i leader, tranne Theresa May, la premier britannica che invece non sarà a Roma ma che proprio oggi ha annunciato per il 29 marzo la data di attivazione dell’articolo 50 dei trattati per mettere in pratica la Brexit. Anche qui: fair play istituzionale tra Londra e Bruxelles interessate a non pestarsi i piedi a vicenda.

Tutto tranquillo dunque per sabato? Dal punto di vista della sicurezza no, viste le tantissime manifestazioni annunciate. Ma anche tra i 27 leader non regna ottimismo, naturalmente. I 60 anni dei trattati fondativi dell’Ue cadono nel punto di crisi più acuta per l’Unione da quando è nata. E la dichiarazione di Roma non promette nulla di incisivo, se non un lavoro che comincia pian piano a vincere le resistenze sull’Europa a due velocità.

Proprio per garantire questo risultato, la dichiarazione di Roma si manterrà vaga, come spesso accade nei passaggi chiave dell’Ue. Non espliciterà i criteri che porteranno un nucleo di paesi europei a procedere più avanti e più in fretta di altri. Non chiarirà fino in fondo i dubbi sul perimetro tra ‘serie A’ e ‘serie B’, per citare una dei timori più espressi rispetto al disegno della Cancelliera tedesca.

Tuttavia la dichiarazione dovrebbe calcare molto sulla sicurezza comune (“Safe and secure Europe…”) e su un sistema di difesa comune europeo che non crei “duplicati della Nato”. Anche quest’ultima rassicurazione è stata inserita nel tentativo di placare le ansie dei paesi dell’Est, che hanno sempre avuto il loro scudo anti-Mosca nell’Alleanza Atlantica peraltro messa in discussione dal riavvicinamento la Russia e gli Usa nell’era Trump.

La difesa comune è il quarto e ultimo punto dell’Agenda di Roma:

Un’Europa più forte sulla scena globale: un’Unione che costruisce nuove partnership e promuove stabilità e prosperità nelle sue immediate vicinanze a est e sud, ma anche in Medio Oriente, in Africa e globalmente; un’Unione pronta a prendersi più responsabilità e a sostenere la creazione di una industria della difesa più integrata, un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comune, assicurando complementarietà ed evitando duplicati della Nato; un’Unione che protegga un sistema multi-laterale, orgogliosa dei propri valori e che protegga la sua gente, promuovendo il libero scambio e una politica positiva sul clima.

Altro punto dell’agenda quello su un’Europa “prospera e sostenibile”, che crei “crescita laddove un mercato unico vasto e in sviluppo e una moneta unica stabile e ulteriormente rafforzata aprono autostrade alla crescita, competitività, innovazione, scambio”. E c’è un punto anche sull’Europa “sociale”, che promuova “progresso sociale ed economico e coesione e convergenza, considerando la varietà dei modelli sociali e il ruolo chiave dei partner sociali; che promuova uguaglianza di genere, diritti e pari opportunità per tutti; che combatta le discriminazioni, l’esclusione sociale, la povertà…”.

“Ci siamo uniti per il meglio. L’Europa è il nostro futuro comune”, si conclude la bozza di dichiarazione. Per sapere chi andrà avanti e chi no, bisognerà aspettare ancora.

Qui sotto il testo integrale della bozza di dichiarazione comune:

We, the representatives of 27 Member States and the Institutions of the EU, take pride in the achievements of the European Union: the construction of European unity is a bold, far-sighted endeavour. Sixty years ago, recovering from the tragedy of two world wars, we decided to bond together and rebuild our continent from its ashes. We have built a Union with common institutions and strong values, a unique community of peace, democratic rights and the rule of law.

European unity started as the dream of a few, it became the hope of the many. Then Europe became one again. Today, we are united and stronger: hundreds of millions of people across Europe benefit from living in an enlarged Union that has overcome the old divides.

The European Union is facing unprecedented challenges, both global and domestic: regional conflicts, terrorism, growing migratory pressures, protectionism and social and economic inequalities. We are confident that the EU is capable of addressing these challenges of a rapidly changing world and offers to its citizens both security and new opportunities.

We are determined to make the EU stronger and more resilient, through even greater unity and solidarity amongst us. Unity is both a necessity and our free choice Taken individually, we would be sidelined by global dynamics. Standing together is our best chance to influence them, and to defend our common interests and values. We will act together whenever possible, at different paces and intensity where necessary, as we have done in the past within the treaty framework and leaving the door open to those who want to join later. Our Union is undivided and indivisible.

In the 10 years to come we want a Union that is safe and secure, prosperous and sustainable, with an enhanced social dimension, and with the will and capacity of playing a key role in the global world. We want a Union where citizens have new opportunities for cultural, social development and economic growth. We want a Union which remains open to those European Countries that fully share our values.

In these times of change, we commit to the Rome Agenda, and pledge to work towards:

1. A safe and secure Europe: a Union where all citizens feel safe and can move freely, where our external borders are secured and where migration is managed effectively, humanely and in respect of international norms; a Europe determined to fight terrorism and organised crime.

2. A prosperous and sustainable Europe: a Union which creates growth, where a vast and developing Single Market and a stable and further strengthened single currency opens avenues for growth, competitiveness, innovation and exchange; a Union promoting sustained and sustainable growth, through investment, structural reforms and the completion of the Economic and Monetary Union; a Union where economies converge; a Union where energy is secure and affordable and the environment clean and safe.

3. A social Europe: a Union which promotes economic and social progress as well as cohesion and convergence, taking into account the variety of social models and the key role of social partners; a Union which promotes gender equality and rights and equal opportunities for all; a Union which fights discrimination, social exclusion and poverty; a Union where young people receive the best education and training and can study and find jobs across the continent; a Union which preserves cultural diversity and promotes our cultural heritage.

4. A stronger Europe on the global scene: a Union building new partnerships and promoting stability and prosperity in its immediate neighbourhood to the east and south, but also in the Middle east and across Africa and globally; a Union ready to take more responsibilities and to assist in creating a more integrated defence industry, a Union committed to strengthening its common security and defence, ensuring complementarity and avoiding duplications with the North Atlantic Treaty Organisation; a Union protecting a rule-based multilateral system, proud of its values and protective of its people, promoting free and fair trade and a positive global climate policy.

We will pursue these objectives, firm in the belief that Europe’s future lies in our own hands and that the European Union is the best tool to achieve our objectives. We pledge to listen to the concerns expressed by our citizens. We will work together at the level that makes a real difference, be it the EU, national, regional, or local, and in a spirit of loyal and close cooperation, both among Members States and between them and the EU Institutions. We will allow for the necessary room of manoeuvre at the various levels to strengthen Europe’s innovation and growth potential. We want the Union to be big on big issues and small on small ones, in line with the principle of subsidiarity. We will promote a more effective and transparent decision-making process and better delivery.

We as leaders, working together within the European Council and among the Institutions, will ensure that today’s agenda is implemented, so to become tomorrow’s reality. We have united for the better. Europe is our common future.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Il Nyt pubblica dichiarazione redditi di Donald Trump: potrebbe avere evaso le tasse per 18 anni. La replica: “Falso”

Il New York Times ha ottenuto e pubblicato la dichiarazione dei redditi di Donald Trump per il 1995 e dall’analisi dei documenti effettuata da esperti consultati dal giornale emerge che l’attuale candidato repubblicano per la presidenza degli Stati Uniti ha usufruito di una detrazione tale che potrebbe poi avergli concesso, in maniera legale, di non pagare le imposte federali sul reddito per 18 anni.

I documenti ottenuti dal New York Times non sono mai stati resi pubblici prima e mostrano che nella dichiarazione dei redditi per il 1995 di Donald Trump risulta una perdita pari a 916 milioni di dollari e una deduzione fiscale di quella entità – si spiega – potrebbe appunto avergli consentito di godere legalmente dello ‘sconto’ sulle imposte federali per quasi due decenni successivi. Sebbene infatti il reddito di Trump soggetto a tassazione per gli anni successivi resti sconosciuto, dichiarare una tale perdita per quell’anno potrebbe averlo messo nelle condizioni di ‘cancellare’ oltre 50 milioni di dollari all’anno di reddito imponibile per oltre 18 anni. Gli esperti fiscalisti interpellati dal New York Times sottolineano come alcune regole fiscali particolarmente vantaggiose per i più facoltosi possono aver consentito a Trump di utilizzare la perdita dichiarata per cancellare una somma equivalente di reddito imponibile in un periodo di 18 anni. Una “indennità fiscale straordinaria”, nota il giornale, “che Trump ha tratto dallo sfascio finanziario che si lascio’ alle spalle all’inizio degli anni attraverso la cattiva gestione di tre casino’ ad Atlantic City, la sventurata incursione nel settore delle compagnie aeree e l’intempestivo acquisto del Plaza Hotel a Manhattan”. Trump ha declinato di commentare sui documenti, riferisce ancora il New York Times, ma il suo staff ha diffuso una nota che non contesta né conferma la somma indicata di 916 milioni di dollari.

LA REPLICA – “L’unica notizia qui è che un documento fiscale di oltre vent’anni fa è stato ottenuto illegalmente, un’ulteriore dimostrazione che il New York Times, come i media dell’establishment in generale, è un’estensione della campagna per Clinton, del Partito Democratico e dei loro speciali interessi globali”. E’ la replica, attraverso una nota diffusa dallo staff per la campagna elettorale di Donald Trump, alla pubblicazione da parte del New York Times di una dichiarazione dei redditi del tycoon risalente al 1995 e mai diffusa prima. Il candidato repubblicano per la presidenza degli Usa non ha infatti fino ad ora risposto alle richieste di pubblicare le sue dichiarazioni dei redditi. “Mr Trump è un uomo d’affari molto abile – si legge ancora nel comunicato – che ha la responsabilità verso i suoi affari, la sua famiglia e i suoi dipendenti di non pagare più tasse di quanto sia legalmente richiesto. Detto questo Mr Trump ha pagato centinaia di milioni di dollari in tasse”.

• Segui gli aggiornamenti sulla nostra pagina Facebook

• Per essere aggiornato sulle notizie de L’HuffPost, clicca sulla nostra Homepage
• Iscriviti alla newsletter de L’HuffPost

Notizie Italy sull’Huffingtonpost