Emendamento Pd al decreto Salva Banche per reinserire i 97 milioni a garanzia della Ryder Cup

Erano usciti dalla porta. E ora sono rientrati dalla finestra. I 97 milioni di euro per la Ryder Cup che il Governo aveva inserito nella legge di Bilancio, successivamente depennati dopo le polemiche legate alle “marchette”, sono tornati. Attraverso una proposta di modifica alla legge di conversione del decreto Salva Banche – quello per intendersi varato il 23 dicembre scorso dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per stanziare i 20 miliardi necessari al salvataggio del Monte Paschi di Siena.

Con un emendamento presentato il 31 gennaio dal Pd Renato Guerino Turano infatti si chiede in sostanza di reinserire la garanzia dello Stato per un ammontare fino a 97 milioni di euro a favore della competizione di golf. Soldi che serviranno unicamente come garanzia, quindi, per la “realizzazione del progetto Ryder Cup 2022 relativamente alla parte non coperta dai contributi dello Stato”.Se ne è accorto Giuseppe Vacciano, senatore ex M5S noto per essere il parlamentare che non riesce a dimettersi dal suo scranno a causa della bocciatura delle sua richiesta da parte dei colleghi di Palazzo Madama (tre tentativi andati a vuoto). “La marchetta di cui non riusciamo a liberarci, l’irrinunciabile Ryder Cup garantita da soldi pubblici”, scrive Vacciano su Facebook allegando copia dell’emendamento.

Difficile dire quale sia il legame tra il golf e il provvedimento rivolto alla messa in sicurezza degli istituti di credito italiani, Mps in primis dopo il fallimento della strategia dell’ex governo Renzi per la ricapitalizzazione ad opera dei privati. Più facile ricordare le polemiche montate alla fine dell’anno scorso, quando erano in discussione gli emendamenti alla legge di Bilancio. Nel lungo articolato (104 articoli) della legge di Bilancio presentato dal Governo Renzi c’erano tantissime misure. Alcune prioritarie, altre meno.

Tra queste ultime, ad esempio, c’erano i fondi per il Centro meteorologico europeo, quelli per la Coppa del mondo di sci o, appunto, le risorse per la Ryder Cup. Casi che sollevarono polemiche perché, mentre da un lato venivano finanziate questi progetti meno “prioritari”, il Governo stoppava un altro emendamento alla legge di Stabilità che stanziava 50 milioni di euro per l’emergenza sanitaria di Taranto legata all’Ilva. Ci fu un acceso scontro tra l’allora premier Matteo Renzi e il presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia sulle responsabilità per la cancellazione dell’emendamento salva Ilva.

Dopo le polemiche, sparirono anche i 97 milioni di euro per la Ryder Cup. Ma sono tornati. Nella legge di conversione del decreto per il salvataggio Salva Monte Paschi.

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Mps non ottiene la proroga Bce. Crolla il titolo. Fonti Tesoro: “Pronto il decreto per salvare la banca”

La notizia trapelata dalla Bce di un no alla proroga dei tempi per l’aumento di capitale e una giornata drammatica in Borsa hanno stretto in modo perentorio il sentiero di Mps verso il salvataggio. Ora il tempo è davvero agli sgoccioli e la soluzione passa sempre di più per il salvataggio pubblico, con il Tesoro che ha già messo a punto lo schema del decreto per salvare il Monte con denari pubblici. Il 31 dicembre è il termine ultimo per raccogliere i 5 miliardi di euro della ricapitalizzazione. La parola d’ordine è fare presto, una locuzione che si intreccia con la partita della formazione del nuovo governo, dove la vicenda Mps è piombata come un macigno. Al piano A, quello della soluzione di mercato, credono ancora i vertici della banca, che nel corso del cda che si è tenuto a Milano hanno deciso di andare avanti con questa opzione, ma l’aggiornamento della stessa riunione del cda a domenica pomeriggio, quando probabilmente avrà giurato il nuovo esecutivo, rende evidente che chi guida Mps sta di fatto prendendo tempo in attesa che il quadro politico si stabilizzi.

Una giornata drammatica per Rocca Salimbeni a piazza Affari. Dopo una raffica di sospensioni, il titolo ha chiuso a -10,5 per cento. L’ombrello dello Stato è pronto ad aprirsi per contribuire a una fetta importante della ricapitalizzazione, subentrando nel ruolo di garante al consorzio bancario guidato da JPMorgan e Mediobanca. Di fatto spetterà allo Stato fare da garante di ultima istanza per l’acquisto dell’inoptato, cioè tutto quel nuovo capitale che non troverà un riscontro positivo sui mercati. Qui si inseriscono le aspettative dei vertici della banca di non far tramontare del tutto il piano A. Si lancerà l’aumento di capitale in un contesto dove un nuovo governo, un nuovo premier e il decreto del governo che disegna l’ombrello protettivo potranno giocare una funzione di stimolo nei confronti degli investitori, a iniziare dal fondo del Qatar, che potrebbero così contribuire alla partita dell’aumento di capitale. L’amministratore delegato, Marco Morelli, avrebbe esposto al cda l’idea di lanciare l’aumento di capitale la prossima settimana riaprendo la conversione dei bond subordinati retail. In questo modo i risparmiatori potrebbero contribuire all’aumento di capitale fino a due miliardi e la restante parte verrebbe coperta dal miliardo già in cassa con la conversione volontaria dei bond e dall’intervento del fondo del Qatar e del mercato.

Qualora l’avventura sui mercati dovesse andare male, ecco pronta la rete protettiva del Tesoro. Una soluzione che si declina attraverso la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale, prevista dall’articolo 32 della direttiva Ue sulle banche e autorizzata per gli istituti, come Mps, che non hanno superato gli stress test, senza tuttavia risultare insolventi.

Come si articola l’intervento del Tesoro? XX settembre sottoscriverebbe l’aumento precauzionale per la quota mancante rispetto ai 5 miliardi da raccogliere. Siena ha già raccolto 1 miliardo dalla conversione volontaria dei bond in azioni. Altri due miliardi verrebbero raccolti attraverso la conversione forzata delle obbligazioni subordinate in mano al retail, mentre un miliardo dalla conversione dei bond in mano agli investitori istituzionali. Operazioni che daranno vita alla nazionalizzazione della banca più antica del mondo: il Tesoro, già azionista con il 4%, salirebbe al 20 per cento.

Il decreto è pronto nelle sue linee generali e si lavora intanto alla soluzione del nodo principale, cioè come tutelare i circa 40mila piccoli risparmiatori che sono possessori di oltre 2 miliardi di obbligazioni subordinate. L’operazione di salvataggio pubblico prevede, infatti l’acquisto da parte dello Stato di questi bond, che saranno poi convertiti in azioni. Il nodo è rappresentato appunto dall’entità e dalle modalità del risarcimento che deve essere corrisposto a questi risparmiatori che vedranno appunto azzerarsi il valore delle obbligazioni detenute.

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Terremoto, Renzi annuncia il nuovo decreto ma senza risorse. Si rimanda alla legge di bilancio, opposizioni all’attacco

A nuovo devastante terremoto segue nuovo decreto, ma – almeno per ora – le risorse restano pressoché immutate. Nel corso della conferenza, al termine del consiglio dei ministri, dice il premier: “Le risorse necessarie sono già stanziate nella legge di Stabilità, perché c’è un ampio margine. Se ci sarà bisogno di ulteriori risorse metteremo ulteriori risorse”.

La notizia della prima riunione del governo dopo il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia è –paradossalmente – in una parola che proprio in Irpinia diventò sinonimo di incubo: container, il provvisorio che diventa definitivo. Perché, di fronte all’ansia delle popolazioni, alla preoccupazione di vivere una condizione di sradicamento, da migranti nel proprio paese (leggi qui la rabbia a Norcia), Renzi ha deciso una “ricostruzione in quattro fasi”. La prima, di qui a Natale: gli alberghi. La seconda, entro Natale, sono i container: “è meno piacevole della casetta di legno – spiega il premier – spendiamo un po’ di più, ma ci consente di riportare lì la gente partendo dall’assunto che le tende a dicembre a Norcia e dintorni sono un problema”. Entro primavera estate, “si va avanti con la costruzione delle casette di legno”. Quarta: “la ricostruzione vera e propria per mettere le case a regola d’arte”.

Sarà scritto in un nuovo decreto, che sarà presentato di qui a venerdì. Mossa che, al netto dei titoli che danno l’idea della risposta, “faremo un decreto”, si presta alla malizia delle opposizioni. Perché fare un decreto 2 sul terremoto, visto che il decreto 1 – arrivato da poco in Senato – non è stato convertito? Non bastava un emendamento? Il punto fermo di tutta la storia, come spesso accade, sono i soldi. Perché un qualunque decreto – a legge di bilancio aperta – può utilizzare le risorse dell’anno in corso, dunque del 2016, altrimenti incide sui saldi della manovra. Quindi sarà un decreto con assai poche risorse, come effettivamente ammette il premier.

L’impostazione della conferenza stampa, ma più in generale della gestione del terremoto, da parte di Renzi viaggia da giorni su due piani. Quello verbale, fatto di toni determinati con l’Europa: “Se dopo quello che è accaduto qualcuno mi parla di regole europee significa che ha perso la testa”. Quello sostanziale, fatto di cifre che, al momento non tornano. L’HuffPost ha documentato come ci sia un forte gap tra la flessibilità ottenuta in Europa (3,4 miliardi) e i soldi stanziati sul terremoto nella manovra (leggi qui articolo): 600 milioni ora certi. Il resto è nel regno delle ipotesi più che delle certezze: 200 milioni dal 2018 al 2047, per la cosiddetta ricostruzione privata. Il che significa che, già adesso, si prevede una ricostruzione di 30 anni.

Ed è proprio sulle cifre che, gli “appelli” alla collaborazione sono già caduti. Perché il premier chiede di votare le sue misure. E le opposizioni invocano un confronto per ridiscuterle. Il capogruppo di Sinistra Italiana, Arturo Scotto, proprio citando la ricostruzione dell’HuffPost annuncia una interrogazione parlamentare: “La presenteremo perché è evidente è troppo poco per dire che c’è una svolta, con 600 milioni di euro su 3,4 miliardi di flessibilità. Avevamo proposto un punto di Pil per un grande piano per la sicurezza, la prevenzione e la cura del territorio. Su quello avremmo collaborato”. Duro anche Brunetta, che parla di “imbroglio” del governo: “La nostra mission sarà di presentare emendamenti per smontare e cancellare le marchette, nella manovra e nel decreto, di Renzi e Padoan e per destinare tutte le risorse e i fondi necessari alle popolazioni colpite dal sisma”. Anche per i 5Stelle “i conti non tornano”. La cifra era stata già stanziata prima della scossa di domenica. E resta invariata.
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Equitalia, tutte le novità: cambia nome, lo statuto avrà l’ok della presidenza del Consiglio. Cosa prevede il decreto fiscale

Le multe si pagano, ma senza interessi. La voluntary disclosure non fa sconti al “nero” nascosto sotto il materasso e Equitalia cambia nome e forse sostanza, passando sotto la diretta supervisione del Presidente del Consiglio. Con il decreto fiscale arrivato oggi al Quirinale, in largo anticipo rispetto alla tabella di marcia che prevedeva l’approdo simultaneo alle Camere martedì prossimo insieme alla legge di bilancio, i provvedimenti solo enunciati dalle slide del governo nei giorni scorsi prendono finalmente forma.

Equitalia dunque sarà sciolta come previsto a partire dal primo luglio del 2017. L’Inps cederà il 49% delle quote all’Agenzia delle Entrate, che ne diventerà così l’unica proprietaria. Personale e strutture confluiranno in un ente pubblico economico denominato “Agenzia delle Entrate-Riscossione” ma non si tratterà semplicemente di un cambio di denominazione, come potrebbe sembrare. Il decreto prevede infatti che lo statuto del nuovo ente, che sarà presieduto dal direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, venga approvato con un decreto del presidente del Consiglio, su proposta del ministero dell’Economia. La procedura di definizione dello statuto del futuro ente economico può essere considerata la prima applicazione della riforma Madia, che prevede in molti casi un trasferimento nella Pa di funzioni e poteri a Palazzo Chigi. La creazione del nuovo ente, che per la sua natura giuridica permetterà di accogliere gli ottomila dipendenti di Equitalia senza penalizzazioni di stipendio, costituisce probabilmente il primo nucleo della struttura dotata di maggiore autonomia funzionale dentro il quale dovrebbero confluire in futuro anche le altre agenzie fiscali.

Multe, come funzionerà Le sanzioni per violazione al codice della strada potranno essere rottamate, insieme alle altre cartelle esattoriali, ma limitatamente agli interessi e alle maggiorazioni previste per i ritardati pagamenti e non per le sanzioni. Le multe sono loro stesse delle sanzioni amministrative. Nella sanatoria fiscale rientrano anche le cartelle emesse per l’evasione dell’Iva.

Il ministro Padoan è riuscito evidentemente a convincere Bruxelles che il provvedimento non confligge con l’ordinamento tributario di cui l’imposta sul valore aggiunto fa parte. Il condono varato nel 2004 dal governo Berlusconi era stato sanzionato dalla Corte di giustizia Ue. L’altra misura legata alla nuova voluntary disclosure, soprannominata subito la “salva-Corona” per la concomitanza con il provvedimento giudiziario preso nei confronti dell’attore per il ritrovamento di un piccolo tesoro in contanti a casa sua, è stata ritirata sull’onda delle polemiche. Prevedeva di regolarizzare l’emersione del nero “domestico” detenuto in cassette di sicurezza, casseforti e anche sotto il materasso dietro il pagamento di un’aliquota fissa al 35%. Il decreto prevede la riapertura dei termini fino al 31 luglio 2017 della precedente adesione volontaria. Ma il cash e i beni ignoti al fisco che verranno dichiarati sconteranno la tassazione ordinaria progressiva e faranno reddito con tutto il resto, senza sconti.

Con il decreto vengono poi notevolmente potenziate le risorse per la creazione e la gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati irregolari. Saranno assegnati 600 milioni in più che si aggiungeranno ad altri 100 milioni messi a disposizione dei comuni che accolgono i residenti asilo. Lo Stato riconoscerà loro fino a un massimo di 500 euro a richiedente.

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Legge di Bilancio, nel decreto fiscale salta la “norma Corona”: niente forfait al 35% per la voluntary disclosure sul contante

All’ultima curva, la cosiddetta “norma Corona” si schianta contro il muro del Ministero dell’Economia. Nel testo finale del decreto fiscale che accompagna la legge di Bilancio e su cui è al lavoro per le ultime limature il Mef, sparisce l’aliquota forfettaria del 35% per regolarizzare le somme in contanti illecitamente nascoste al fisco. Una misura che negli ultimi giorni ha provocato più di qualche malumore anche all’interno dello stesso Pd. “È difficile non vedere in questa misura un condono“, aveva spiegato ieri il presidente della Commissione Bilancio alla Camera e deputato dem Francesco Boccia, ospite di Huffpost Live

È solo l’ultima correzione in corsa di un cantiere ancora aperto. Sono passati sei giorni dal varo in Consiglio dei ministri della Legge di Bilancio e un testo definitivo ancora non c’è. “Non è sicuro che si chiuda nemmeno stasera”, trapela da Palazzo Chigi mentre in Parlamento la Manovra era attesa già entro la mezzanotte di ieri, termine ultimo previsto dalla riforma del Bilancio dello Stato. Sono gli uffici di via XX settembre, in queste ore, a lavorare sui dossier più spinosi. E il più delicato è proprio il decreto fiscale annunciato da Matteo Renzi in conferenza stampa, tecnicamente sganciato dalla Legge di Bilancio, ma che include alcune misure fondamentali per assicurare gli obiettivi di aumento di gettito fiscale che rappresentano una delle voci di copertura della manovra.

Tra queste la voluntary disclosure, la procedura per il rientro e l’emersione dei capitali non dichiarati, che nella sua versione originaria – secondo le indiscrezioni degli ultimi giorni – prevedeva appunto l’applicazione di un’aliquota forfettaria al 35% in sostituzione di sanzioni, interessi e more. Tornato sui suoi passi il governo dovrebbe optare per una modalità più onerosa per i dichiaranti, quella di far concorrere le somme dichiarate all’imponibile complessivo, applicando l’aliquota di riferimento con l’obbligo inoltre di dimostrare la provenienza delle somme sanate.

Una soluzione sicuramente che getta acqua sul fuoco delle polemiche ma prevedibilmente è destinata a far incassare allo Stato cifre sensibilmente più basse di quelle assicurate da un’aliquota flat. Basti pensare che in conferenza stampa il presidente del Consiglio Renzi ha parlato di un incasso previsto di circa 2 miliardi, cifra poi ridimensionata nelle tabelle inviate nei giorni scorsi a Bruxelles. Anche per questo a via XX settembre era stata discussa anche un’altra opzione, per certi versi opposta a quella adottata alla fine. Secondo fonti vicine al dossier, il governo avrebbe valutato fino all’ultimo anche la possibilità di mantenere l’imposta flat, ma tagliandola ulteriormente rendendola quindi più appetibile. Una misura destinata probabilmente a far esplodere nuove e più vigorose polemiche.

Intanto questa mattina è arrivata a Bruxelles una versione corretta del Draft Budgetary Plan, già recapitato alla Ue martedì mattina. Nel documento sono state apportate alcune modifiche alle voci di diverse tabelle. Invariato per il momento il numero al centro dei malumori con l’Europa, il deficit strutturale che nel 2017 risulterebbe in aumento di 4 decimi di punto rispetto al 2016 mentre le Commissione auspicherebbe un dato in diminuzione. Piccola variazione invece per il 2018, con il dato in calo a -0,7% invece del -0,8% indicato nella prima versione del documento.

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