Graziano Delrio: “Su Minzolini non avrei lasciato ai senatori libertà di coscienza. Abbiamo dato un messaggio sbagliato”

“I nostri senatori votano come credono, ma non avrei lasciato la libertà di coscienza. Il caso Minzolini va oltre il merito: abbiamo dato un messaggio sbagliato”. Lo afferma in un’intervista a Repubblica il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, sottolineando che “alcuni aspetti” della legge Severino “vanno rivisti”.

“Nessuna legge è perfetta”, spiega Delrio, “ma ha un principio giusto, che difendo: chi governa ha il dovere di essere più trasparente di chi è governato”. Il voto per la decadenza di Berlusconi, aggiunge, non era una punizione politica ad personam”.

Sui buoni lavoro, il ministro rimarca che il governo non ha fatto “nessun passo indietro” perché “li ha introdotti Berlusconi”. Dovevamo scegliere, incombeva il referendum: prevalevano le degenerazioni e li abbiamo aboliti. Ora partirà un tavolo per nuovi strumenti”. Poi difende il piano sicurezza: “Non penalizziamo i più sfortunati, né vogliamo sindaci-sceriffi. Ma se una piazza è ostaggio di cinquanta spacciatori con foglio di via, servono strumenti per intervenire. Troveremo un equilibrio”. Su Alitalia, invece, il ministro “si sente” di escludere “al 99%” un intervento pubblico.

Quanto alle possibili alleanze post voto, Delrio esclude l’interlocutore Berlusconi: “Il centrosinistra può vincere, se la smette di parlarsi addosso”. Mentre a destra un’intesa tra Lega e 5 Stelle “è certamente una possibilità. Per me il populismo resta di destra, è Trump. I grillini non ho ancora capito cosa siano”.
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Pillola del giorno dopo, un’assoluzione del Tribunale di Gorizia apre la questione dell’obiezione di coscienza fra i farmacisti

Il tribunale di Gorizia ha assolto una farmacista accusata di omissione o rifiuto di atti d’ufficio perché aveva negato la pillola del giorno dopo. È la prima volta che accade. I fatti risalgono a tre anni fa: la cliente si era presentata con prescrizione medica, rilasciata con l’indicazione di assumere il farmaco in giornata. Ma la collaboratrice della farmacia comunale aveva invocato l’obiezione di coscienza. Le motivazioni dei giudici verranno presentate nelle prossime settimane.

Sull’obiezione di coscienza dei farmacisti giace da maggio scorso alla Camera una proposta di legge a firma dei deputati Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita, e Mario Sberna, entrambi di Democrazia Solidale – Centro Democratico. Per consentire a chiunque lavori in una farmacia, pubblica o meno, “di rifiutarsi, per motivi di coscienza, di consegnare a chi glielo richieda, anche esibendo prescrizione medica”, qualsiasi dispositivo “che il professionista giudichi atto a produrre effetti anche potenzialmente abortivi” o “prescritto ai fini della sedazione terminale”.

Non esattamente la posizione di Federfarma, la Federazione nazionale che rappresenta oltre 16.000 farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. “L’obiezione di coscienza non è contemplata ed è giusto che sia così”, dice la presidente, Annarosa Racca. “La pillola del giorno dopo e la pillola dei cinque giorni dopo non sono farmaci abortivi, ma contraccettivi di emergenza, che ritardano o inibiscono l’ovulazione”, aggiunge Federconsumatori. Annarosa Racca assicura che quello di Gorizia è “un caso isolato”. “Tra il 2014 e il 2016 le vendite sono cresciute di oltre il 660%: è evidente che le farmacie fanno il loro dovere”.

Ma quanti sono i farmacisti obiettori in Italia? “Tanti, sicuramente più di quanti hanno il coraggio di dirlo”, assicura Piero Uroda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani e titolare di una farmacia a Fiumicino. “Io l’ho sempre detto. Mi hanno denunciato e mi hanno prosciolto in istruttoria”, dice. “Sappiamo di essere in minoranza, e non tutti abbiamo la volontà di porgere la faccia agli sputi come ha fatto nostro Signore”.

“Ci arrivano molte chiamate di donne che incappano in questi episodi”, racconta dal fronte opposto Elisabetta Canitano, presidente dell’associazione Vita di Donna e ginecologa presso la Asl Roma D. “L’ultima donna con cui ho parlato io era in lacrime. Più che obiezione fanno ostruzionismo: se una ragazza arriva chiedendo di prendere la pillola del giorno dopo, magari un po’ spaesata, la rimandano al mittente anche se maggiorenne. Quello che consigliamo è di presentarsi sicure e dire: ho più di diciotto anni, questo è il mio documento, devo acquistare la pillola del giorno dopo”.

Già, perchè la ricetta non è neanche più necessaria per chi è maggiorenne. L’obbligo è stato abolito da maggio 2015 per la EllaOne, mentre per la Norlevo, in vendita in Italia da più di dieci anni, è caduto a marzo. “Dovevano essere finiti quei tempi in cui le donne andavano in giro di notte tra ospedalieri ostili, medici obiettori e lavate di cervello perché ‘che fai, fai sesso e adesso la vuoi risolvere così semplicemente?’. Non voglio parlare male dell’intera categoria dei farmacisti, anzi”, dice la dottoressa Canitano. “Ma contesto questo desiderio di decidere e di autonomia. Se uno vuole decidere cosa deve prendere un paziente fa il medico, non il farmacista. Siamo noi che curiamo i pazienti, non loro”.

“Chiediamo di non essere disturbati ed essere tutelati”, risponde Piero Uroda. “Non dobbiamo perdere posti di lavoro e non ci deve essere discriminazione. Se un farmacista ritiene che quello che gli si sta chiedendo è ammazzare un essere piccolo, ma con un’anima, deve poter non essere complice. L’aborto è un delitto”. L’Agenzia Italiana del Farmaco spiega che la pillola del giorno dopo è un contraccettivo, che agisce inibendo o spostando l’ovulazione in avanti di qualche giorno. Ma gli obiettori di coscienza non ci stanno: “Il maestro delle bugie è il diavolo”, dice Uroda. “L’effetto antinidatorio vuol dire che l’endometrio, che è il tessuto in cui l’ovulo concepito si attacca e comincia a nutrirsi, invece che spugnoso diventa impermeabile. L’ovulo non attacca e viene quindi espulso con l’urina. Ma quella cellula è già un’anima”. E gli studi della comunità scientifica? “Falsi”.

E l’autodeterminazione della donna? “Pensa che una donna possa entrare in una banca, fare una rapina ed essere considerata non colpevole?”. L’interruzione di gravidanza entro i tre mesi in Italia è legale. “Lo dice lei. La legge 194 è stata interpretata in modo lassista: l’aborto è legale solo in caso di pericolo, come per le gravidanze extra-uterine. E poi la donna ci deve pensare prima. Ti sei portata un uomo in casa, all’ultimo dici di no e subisci violenza? Ci dovevi pensare prima. Se non vuoi un bambino sai come fare. La sessualità esagerata comporta rischi per tutti. Per le ragazze è più facile non sapere nemmeno cosa hanno in testa. Bisogna educare alla castità e all’affetto, non a giocare col sesso e con le pornografie”. E in caso di stupro? “Devono portare avanti la gravidanza e poi, eventualmente, dare quel figlio a terzi”. E quei nove mesi come li passa, quella donna? “Figliola mia… C’è tanta gente che passa mesi brutti…”.
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