Il caso Consip scuote il Governo, Paolo Gentiloni: “La maggioranza è solida”

“Abbiamo una maggioranza solida, abbiamo una serie di riforme decise dal governo di cui già facevo parte da completare. Abbiamo nuove iniziative di cambiamento avviate in queste settimane. Con un catalogo lungo. Ma la mia non è una scelta, fa parte del mio dovere trasmettere a tutti i nostri concittadini l’idea che il governo si concentra sulla sua attività e sul tentativo di dare una soluzione ai problemi. E’ di questo che abbiamo bisogno”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a Catania.

“Non dobbiamo dimenticarci da dove veniamo: da 7-8 anni di crisi continuativi, durissimi sul piano sociale che soltanto ultimamente grazie a sacrifici degli italiani, alle imprese che esportano, al senso del dovere dei nostri lavoratori e all’impegno dei governi guidato da Renzi e da chi l’ha preceduto, ci siamo rimessi gradualmente in carreggiata. Ma le cicatrici di questi anni sono lì”, ha proseguito Gentiloni. Il premier ha poi aggiunto: “Utilizzare i fondi per il Mezzogiorno è uno dei problemi cruciali del Paese. Se diamo risposte al divario non facciamo una cosa utile e importante per il Sud ma recuperiamo una delle potenzialità per la crescita del nostro Paese”.

“Abbiamo bisogno di riprendere direttamente in mano la questione dello sviluppo del Mezzogiorno – ha annunciato – e tra un mese lo faremo con un grande incontro a Matera”. “L’Italia è un paese ricco di opportunità e straordinariamente ricco di potenzialità . Noi dobbiamo mettere l’amore e la dedizione per il nostro Paese davanti a tutto”.
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Caso Consip, Matteo Renzi: “Un disegno evidente per creare tensioni ad hoc. Mio padre? Se colpevole pena doppia”

Non crede al complotto. Però lo evoca. “C’è un disegno evidente in queste ore di tentare di mettere insieme cose vecchie di mesi”. L’indagine su Lotti e Del Sette “è una cosa di tre mesi fa. Cosa è successo?”, domanda Renzi. “Una discussione incredibile. Non credo ai complotti” ha detto, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo. Ma ha poi specificato che “si creano tensioni ad hoc con polemiche come quelle di questi giorni”.

Mentre a Piazzale Clodio quasi contemporaneamente terminava l’interrogatorio di suo padre Tiziano Renzi, indagato nell’inchiesta Consip per traffico di influenze, l’ex premier ne parla in tv: “Se c’è un parente di un politico indagato in passato si pensava a trovare le soluzioni per scantonare il problema ed evitare i processi. Io sono fatto in un altro modo: per me i cittadini sono tutti uguali. Anzi. Se mio padre secondo i magistrati ha commesso qualcosa mi auguro che si faccia il processo in tempi rapidi. E se è davvero colpevole deve essere condannato di più degli altri per dare un segnale, con una pena doppia”.

“Se ci sono ricatti si va dai magistrati. Vogliamo essere chiari: stiamo parlando di soldi pubblici e allora se ci sono ricatti e reati, se ci sono tangenti c’è il dovere di fare i processi. Noi siamo persone perbene, non abbiamo paura dei processi. Anzi. Erano quelli di prima che facevano i lodi e il legittimo impedimento per non fare i processi”, ha aggiunto Renzi. “Io so chi è mio padre e lui deve difendersi dal punto di vista processuale. Di quello che ha fatto mio padre ne Deve rispondere lui davanti ai magistrati, lo considererei una cosa gravissima se fosse condannato”.

Renzi poi blinda il suo braccio destro Luca Lotti, anche lui indagato nell’inchiesta Consip: “Non deve assolutamente dimettersi, a mio giudizio. Lo conosco da anni e la sua famiglia deve sapere di avere in casa una persona estremamente onesta. Non accetto processi sommari. È una persona straordinariamente seria. Io non ho mai scaricato nessuno e mai lo farò”. “Sono pronto a scommettere che Lotti e Del Sette non hanno commesso il reato”, ha aggiunto.

“In questi anni in cui abbiamo governato ci sono stati una serie di cambiamenti ai vertici della macchina pubblica e non c’è stato alcuno scandalo verificato dalla magistratura, e non dai giornalisti di Cerno (Espresso, ndr)”, si è difeso Renzi. “Si è garantisti sempre. Non sto in un partito guidato da un pregiudicato e io non ho la fedina penale sporca. Abbiamo fatto cambiamenti epocali”.

L’ex premier ha poi parlato della condanna in primo grado inflitta dal tribunale di Firenze al senatore Denis Verdini a nove anni: una sentenza “pesante” e “se la condanna verrà confermata” in via definitiva, è un “fatto rilevante, grave e con conseguenze non solo politiche ma anche personali”, ha detto. “Quanto al giudizio politico, se si è fatto Jobs act, Expo e Giubileo e una serie di cose concrete, è perché c’è stata una maggioranza che nonostante il fallimento delle elezioni 2013 ha governato. Se non c’era Verdini non passavano i diritti civili, perché Bersani non ha vinto le elezioni nel 2013”.

Quanto alla campagna per le primarie Renzi ha annunciato che “mi farò accompagnare da Maurizio Martina, che ha fatto molto bene come ministro, in un ticket. Ci saranno altre persone che saranno coinvolte, metà donne e metà uomini. E sarà una bella esperienza di campagna elettorale fatta con le proposte. Non mi sentirà mai parlar male degli altri”.

“In questi tre anni qualcosa è cambiato. Potevo fare meglio e mi viene un groppo in gola a pensarlo. Ma il Lingotto non può essere il racconto dei mille giorni appena trascorsi ma l’occasione di raccontare che tipo di Italia possiamo mandare a testa alta in Europa”, ha aggiunto.

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Il caso Consip fa tremare il Giglio magico. L’indagine su Tiziano e la nuova luce sui rapporti con Verdini. Quadrato intorno a Lotti

Ci sono dei giorni in cui tutti gli elementi di una storia si compongono come in un mosaico perfetto. Squarciano il velo sul passato e spalancano le porte sull’ignoto, in questo caso al giglio magico. Chi ha avuto contatti con l’ex premier racconta che, per la prima volta e a dispetto degli spin, la preoccupazione è tangibile: “Se si dimette Lotti, salta tutto”, sussurra la fonte. Al momento la linea è fare quadrato, respingendo ogni accusa (leggi qui post di Lotti su facebook) e attaccando i Cinque Stelle che presenteranno la mozione di sfiducia, in attesa degli sviluppi dell’inchiesta Consip. E al momento la linea è “le primarie si faranno il 30 aprile”. Ovvero, non saranno rinviate, né Renzi ha intenzione di intestarsi una “mossa” di conciliazione interna, né tantomeno di fare “passi indietro”.

Il solo fatto che, tra ministri e nella war room dell’ex premier, si facciano questi ragionamenti, unito al silenzio inquieto e teso di un ceto politico solitamente ciarliero su ogni mezzo di comunicazione, tutto questo dà il senso di come il momento sia vissuto come una sorta di tentativo di Idi di marzo, politiche e giudiziarie. Diverse volte, nella storia d’Italia, le inchieste hanno dato il colpo di grazia a leader già indeboliti politicamente, come accadde prima con Craxi e poi con Berlusconi. E non è sfuggito, dalle parti dell’ex premier, il modo in cui stia leggendo la fase Giorgio Napolitano, uno che ai tempi del primo era presidente della Camera e ai tempi del secondo da capo dello Stato esercitò un forte ruolo di indirizzo politico. In un’intervista a Concita Sannino su Repubblica è proprio Alfredo Mazzei, un suo amico storico napoletano, migliorista, collaboratore della sua fondazione, a raccontare la famosa cena in una “bettola” tra Romeo e il papà di Renzi. E non è un mistero che tutto il mondo di Napolitano, da Violante a Macaluso, abbia fortemente invitato Orlando a candidarsi, poco prima che deflagrasse l’inchiesta e quando l’unica alternativa era Emiliano, troppo “grillino” per affidargli il Pd.

Ecco perché fa davvero paura l’inchiesta Consip che, tra l’altro, dopo il 4 dicembre ha avuto un salto di qualità, con l’acquisizione di nuovi elementi probatori, a partire dalle confessioni di Marco Gasparri. Perché è evidente, sussurrano le stesse fonti, che il “babbo” di Renzi era indagato per traffico di influenza e ora l’attività della procura è volta a verificare se ci sono le condizioni per un’accusa di corruzione. E che investigatori e inquirenti, che venerdì interrogheranno Tiziano Renzi, sono a caccia di prove del fatto che si facesse pagare per la sua mediazione.

Il “babbo”, ma anche “il Lotti”, e “Denis”: il processo Consip suona come un processo al sistema di potere costruito negli sfavillanti mille giorni di governo, che illumina la struttura materiale di quel potere scevra della sovrastruttura narrativa. L’inchiesta dell’Espresso (leggi qui) su “pressioni e ricatti” che avrebbe subito l’ad di Consip Marroni dall’imprenditore Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, spiega questi anni di sodalizio inscalfibile tra Verdini, l’ex plenipotenziario di Berlusconi, e Lotti: l’asse inscalfibile, la stampella al governo, anche senza posti, perché, a leggere le carte, non era il governo il vero interesse del sodalizio. E spiega quelle frasi pronunciate da Bersani sulla mutazione genetica del Pd, “parla più con Verdini che con Speranza”, “questa non è più casa mia”.

Ci sono giorni, solitamente i più neri, in cui come si dice in gergo “arrivano tutte assieme”, ed arriva anche l’ennesima medaglia al valor giudiziario di Denis Verdini: la condanna a 9 anni (nell’ambito del processo per il crac del Credito cooperativo fiorentino.

Tutto questo quadro, fatto di accuse a uomini che, a partire da Lotti, solitamente non agivano a insaputa del premier, ha già cambiato tutto, al netto delle dichiarazioni ufficiali. Ha già spostato il terreno di confronto delle primarie, tanto che più di un big ha suggerito di spostarle, ricevendo come risposta: “Sarebbe come ammettere la colpa”. E a quel punto “non la riprendi più” come è emerso lunedì sera, alla riunione dei franceschiniani, piuttosto mossa. Un competitor di Renzi è un magistrato che, nel processo, sarà ascoltato come testimone per la vicenda degli sms. L’altro è il ministro della Giustizia, che abita un Palazzo dove l’aria che tira si può sentire meglio che altrove. E che, se mai qualche ultrà del renzismo dovesse chiedere di mandare ispettori in qualche esuberante procura, avrebbe il potere di dire di no. Pare un mosaico perfetto, il passato nelle carte, il futuro del giglio magico come una porta sull’ignoto.
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Roberto Fico: “Gentiloni è preoccupato? Venga in Aula a riferire su Consip. E Renzi pubblichi tutti i finanziamenti a Open”

“Nessuno più di Paolo Gentiloni può venire in Aula a dirci cosa sta succedendo in Consip”, la società del ministero del Tesoro che si occupa di controllare e gestire gli appalti per il pubblico. “Nell’informativa vogliamo sapere se è preoccupato e se questa preoccupazione lo porta, in via cautelativa, a rimuovere qualche ministro come Luca Lotti, indagato per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento (avrebbe avvisato i vertici Consip dell’indagine ndr). Roberto Fico, in un’intervista all’Huffpost, chiede al premier di intervenire in prima persona e davanti al Parlamento per fare chiarezza, ma anche di domandare a Matteo Renzi se sapeva qualcosa.

Il ministro Finocchiaro oggi è sembrato possibilista su un intervento di Gentiloni in Aula. Millantano serenità?
“Questo dovrà dirlo Gentiloni e a quel punto valuteremo se chiedere le dimissioni di Lotti. Intanto però c’è anche un’accusa a Tiziano Renzi, c’è un’indagine in corso, e la cosa che più mi sconvolge è che l’ex premier sa benissimo che Alfredo Romeo ha finanziato la fondazione renziana Open nel 2013 con 60 mila euro. Non solo era al corrente, ma sapeva benissimo chi fosse Romeo perché ai tempi era già condannato in primo grado per corruzione”.

Per questo chiedete che Renzi renda pubblici i finanziatori?
“Certo. Per quale motivo non lo fa? C’è un motivo? Se non lo fa mi viene da pensare che potrebbe andare a spiegarlo ai magistrati. Noi abbiamo chiesto la lista di tutti i finanziatori della campagna elettorale di Renzi e stiamo ancora aspettando. Renzi ha uno slogan buono per ogni tempo. Parla di trasparenza e poi nasconde gli scontrini di quando era presidente della provincia e nasconde i finanziatori della fondazione”.

Renzi ha già detto di essere con i magistrati.
“E vorrei vedere se non lo fosse, è con i magistrati, ma si è preso 60mila euro da Romeo, deve fare i conti con l’etica. Sempre, non solo quando gli conviene”.

Ognuno ha il suo Romeo, insomma. Voi avete avuto Salvatore Romeo, ex capo della segreteria capitolina, che stipulava polizze a favore del sindaco Virginia Raggi.
“C’entra? Raggi ha già spiegato tutto. Quelli non erano finanziamenti, erano polizze che vengono fatte senza che il diretto interessato lo sappia”.

Passiamo al tema dei vitalizi. M5S sta facendo una battaglia equiparare le pensioni dei parlamentari a quello dei comuni cittadini, ma il Pd dice che nei fatti è già così. Dov’è il cortocircuito?
“Il Pd continua a dire bugie. Dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno i parlamentari, anche se non hanno mai versato un contributo nella loro vita, prendono circa mille euro di pensione a 65 anni. Quale persona in Italia può avere un trattamento del genere dopo 4 anni e mezzo di lavoro? Nessuno. Per questo motivo il Pd continua a dire bugie e noi continueremo a incalzare anche il governo”.

Perché non avete chiesto di intervenire sui vitalizi passati come invece previsto dalla proposta Pd a firma Richetti?
“Se il Pd nel 2017 continua a parlare della proposta Richetti depositata anni fa e mai discussa mi viene da pensare che in realtà non vogliono discuterla. Il Pd ha una maggioranza enorme e parla come se fosse un partito piccolo che non riesce a calendarizzare una loro proposta. È il Pd che non ha voluto la normativa Richetti. Noi invece abbiamo parlato degli stipendi precedenti e dell’abolizione dei vitalizi precedenti, abbiamo portato la proposta in Aula e ce l’hanno bocciata. Per levare ogni dubbio oggi senza nessun tipo di equivoco loro dovranno approvare questa proposta per far sì che noi stessi in questa legislatura non prenderemo questo tipo di vitalizio. Accampare scuse, significa perdere la faccia, più si va avanti così e più perdono la faccia”.
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