Equitalia, tutte le novità: cambia nome, lo statuto avrà l’ok della presidenza del Consiglio. Cosa prevede il decreto fiscale

Le multe si pagano, ma senza interessi. La voluntary disclosure non fa sconti al “nero” nascosto sotto il materasso e Equitalia cambia nome e forse sostanza, passando sotto la diretta supervisione del Presidente del Consiglio. Con il decreto fiscale arrivato oggi al Quirinale, in largo anticipo rispetto alla tabella di marcia che prevedeva l’approdo simultaneo alle Camere martedì prossimo insieme alla legge di bilancio, i provvedimenti solo enunciati dalle slide del governo nei giorni scorsi prendono finalmente forma.

Equitalia dunque sarà sciolta come previsto a partire dal primo luglio del 2017. L’Inps cederà il 49% delle quote all’Agenzia delle Entrate, che ne diventerà così l’unica proprietaria. Personale e strutture confluiranno in un ente pubblico economico denominato “Agenzia delle Entrate-Riscossione” ma non si tratterà semplicemente di un cambio di denominazione, come potrebbe sembrare. Il decreto prevede infatti che lo statuto del nuovo ente, che sarà presieduto dal direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, venga approvato con un decreto del presidente del Consiglio, su proposta del ministero dell’Economia. La procedura di definizione dello statuto del futuro ente economico può essere considerata la prima applicazione della riforma Madia, che prevede in molti casi un trasferimento nella Pa di funzioni e poteri a Palazzo Chigi. La creazione del nuovo ente, che per la sua natura giuridica permetterà di accogliere gli ottomila dipendenti di Equitalia senza penalizzazioni di stipendio, costituisce probabilmente il primo nucleo della struttura dotata di maggiore autonomia funzionale dentro il quale dovrebbero confluire in futuro anche le altre agenzie fiscali.

Multe, come funzionerà Le sanzioni per violazione al codice della strada potranno essere rottamate, insieme alle altre cartelle esattoriali, ma limitatamente agli interessi e alle maggiorazioni previste per i ritardati pagamenti e non per le sanzioni. Le multe sono loro stesse delle sanzioni amministrative. Nella sanatoria fiscale rientrano anche le cartelle emesse per l’evasione dell’Iva.

Il ministro Padoan è riuscito evidentemente a convincere Bruxelles che il provvedimento non confligge con l’ordinamento tributario di cui l’imposta sul valore aggiunto fa parte. Il condono varato nel 2004 dal governo Berlusconi era stato sanzionato dalla Corte di giustizia Ue. L’altra misura legata alla nuova voluntary disclosure, soprannominata subito la “salva-Corona” per la concomitanza con il provvedimento giudiziario preso nei confronti dell’attore per il ritrovamento di un piccolo tesoro in contanti a casa sua, è stata ritirata sull’onda delle polemiche. Prevedeva di regolarizzare l’emersione del nero “domestico” detenuto in cassette di sicurezza, casseforti e anche sotto il materasso dietro il pagamento di un’aliquota fissa al 35%. Il decreto prevede la riapertura dei termini fino al 31 luglio 2017 della precedente adesione volontaria. Ma il cash e i beni ignoti al fisco che verranno dichiarati sconteranno la tassazione ordinaria progressiva e faranno reddito con tutto il resto, senza sconti.

Con il decreto vengono poi notevolmente potenziate le risorse per la creazione e la gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati irregolari. Saranno assegnati 600 milioni in più che si aggiungeranno ad altri 100 milioni messi a disposizione dei comuni che accolgono i residenti asilo. Lo Stato riconoscerà loro fino a un massimo di 500 euro a richiedente.

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Matteo Renzi al Consiglio Ue con la spinta di Obama: e spunta un primo ok sulle spese per i migranti in legge di stabilità

“L’Italia sta facendo la propria parte, ma in termini di solidarietà da parte di troppi paesi non ho visto altrettanto impegno”. Palazzo Justus Lipsius, Bruxelles: prima sessione del Consiglio europeo di ottobre. Sui migranti. Matteo Renzi prende la parola di fronte agli altri 27 leader e il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. Oggi si sente forte, gonfio del sostegno di Barack Obama su tutta la linea, dal no all’austerity alla solidarietà per i profughi. Tanto che qui a Bruxelles riferisce agli eurodeputati delle preoccupazioni del presidente Usa sull’Europa: “L’Europa preoccupa il mondo”. Si diffonde voce che abbia aggiunto: “Più della Siria”. Smentita di Palazzo Chigi. Ad ogni modo, in questo Consiglio l’Italia ottiene qualcosa, anche se poco.

In sostanza Renzi ottiene che la bozza finale del vertice riconosca gli sforzi fatti dall’Italia per l’accoglienza dei migranti. Anche quelli finanziari. E’ musica per le orecchie di Renzi, anche se non risolve tutti i problemi. Significa che, mentre va avanti il braccio di ferro con la Commissione Europea, un pezzo di manovra economica è di fatto licenziato: quello sulle spese ai migranti.

Ecco il passaggio del documento finale che fa felice il premier: “Occorrono maggiori sforzi per ridurre il numero di migranti irregolari, in particolare dall’Africa, e migliorare i tassi di rimpatrio. Riconoscendo il considerevole contributo, anche di natura finanziaria, apportato negli ultimi anni dagli Stati nembri in prima linea, il Consiglio europeo…”.

Non è un’autentica novità. Le spese per i migranti non sono mai state messe in discussione dalla Commissione che sta esaminando la manovra italiana. Figurano infatti come ‘clausole eccezionali’ da scorporare dal patto di stabilità e crescita. Però Renzi non sottovaluta il risultato raggiunto: lo considera un primo buon auspicio su una manovra che continua a destare perplessità a Bruxelles per il deficit troppo alto.

Oggi tra l’altro non ne ha neanche parlato con Juncker. Con il presidente della Commissione solo un saluto ma nessun incontro a margine del Consiglio Ue, nessun contatto per sapere della manovra. Quasi a voler sottolineare una cautela reciproca. Da un lato infatti Renzi non ripete quanto affermato ieri: “Aspettiamo la procedura di infrazione contro i paesi che non accolgono i migranti…”, non contro l’Italia per la legge di stabilità 2016. Sa che il messaggio cadrebbe nel vuoto: sono tre giorni che Juncker ripete che “la solidarietà non si può imporre”. E in più la Commissione fa sapere che c’è ancora un altro anno di tempo per aprire le procedure di infrazione contro i paesi dell’est. In sostanza è tutto rimandato. Ma dall’altro lato, nessuno attacca l’Italia per la manovra in deficit, nemmeno i falchi dell’austerity che di solito non si lasciano sfuggire l’occasione.

E’ così che Renzi tenta di guadagnarsi l’ok della Commissione sulla legge di stabilità. Puntando anche sulla debolezza dell’Unione, incapace di imporre sanzioni, aprire procedure di infrazione, farsi rispettare. Un vuoto che Renzi spera di sfruttare in attesa di imprimere una svolta ai trattati europei: il primo appuntamento in questo senso è previsto a marzo in Italia in occasione delle celebrazioni del 60esimo anniversario del Trattato di Roma. Lo ha spiegato oggi agli eurodeputati Dem, che il premier ha voluto incontrare apposta prima del Consiglio europeo. Obiettivo: spingerli a mobilitarsi per il referendum costituzionale, soprattutto al sud dove non a caso Renzi sarà domani sera direttamente da Bruxelles. Destinazione Palermo, Trapani e Messina. E sabato, inoltre, Renzi svelerà anche il logo del vertice G7 previsto a Taormina a maggio. Senza la vittoria del sì, non può programmare niente, a partire dalla data italiana di marzo.

La prima giornata a Bruxelles dopo la full immersion americana finisce così. L’alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, illustra al Consiglio europeo i primi risultati della sperimentazione del ‘migration compact’ con 5 paesi africani: Mali, Senegal, Niger, Etiopia e Nigeria. E in più il documento finale parla finalmente di Africa e immigrazione nel Mediterraneo centrale. Sostanzialmente ciò che Renzi non aveva ottenuto al vertice informale di Bratislava a settembre, scatenando l’inferno (verbale) contro Angela Merkel e Francois Hollande. Anche con loro due oggi nessun bilaterale. La Cancelliera in giacca rossa che si abbina solo alle scarpe scarlatte di Theresa May se ne sta lontana anche nella foto di gruppo. L’epoca del direttorio a tre – Roma, Parigi, Berlino – è decisamente tramontata, per il momento.

E c’è da dire che le nuove concessioni all’Italia sono controbilanciate da una nuova presa di posizione dei paesi dell’est che chiedono di tener conto dei loro no espressi in passato. In più Germania, Svezia, Slovenia e Austria riescono a infilare nel documento finale la possibilità di mantenere i controlli alle frontiere, vale a dire la sospensione di Schengen.

Al succo, l’Europa resta fredda. Il premier pensa al calore di Obama. Ne parla diffusamente anche con gli europarlamentari tanto da rasentare l’incidente diplomatico. Dopo l’incontro infatti si diffonde la voce secondo cui Renzi avrebbe riferito agli europarlamentari di un Obama preoccupato più per la crisi dell’Europa che della Siria. Assurdo. Allarme. Scatta la smentita di Palazzo Chigi: ci sono entrambe le preoccupazioni ma l’una non va collegata all’altra. Ma il tema è troppo ghiotto per non essere funzionale alla narrazione di un premier che ora esige riconoscimenti anche europei da mettere insieme a quelli a stelle e strisce.
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