Il Dott. Massimo Segato, sessantaduenne vice primario di Ginecologia all’ospedale di Valdagno, Alto Vicentino, ha raccontato al Corriere della Sera la sua storia di medico non obiettore e delle difficoltà che questa scelta, che egli definisce “di senso civico”, gli ha portato. Pur avendo alle spalle migliaia di gravidanze interrotte, l’intervista comincia proprio da un suo “errore”.
“Avevo aspirato qualcosa che non era l’embrione, avevo sbagliato. Una mattina ritrovai quella donna, aveva appena partorito. Mi fermò e mi disse: si ricorda di me dottore? Lo vede questo? Questo è il suo errore”.
Sono passai trent’anni da quell’episodio, che ha messo a dura prova la coscienza del medico. Segato racconta la sua come una missione, una scelta controcorrente soprattutto all’epoca, prima del 1978 e della legge sull’aborto.
“Le suore dell’ospedale si facevano la croce quando mi vedevano, il cappellano diceva che al mio confronto Erode era un dilettante”.
I tempi però non sono cambiati. Ancora oggi a Valdagno i medici obbiettori sono 6 su 8, Segato non giudica l’operato altrui, ma parla di una diffusa ipocrisia tra gli anti-abortisti.
“Per non parlare dei politici. Ricordo un caso dell’82: il primario mi chiama, mi dice Massimo questo è un caso delicato. Si trattava di un importante uomo politico sposato dichiaratamente contrario all’aborto che aveva portato l’amante. Il primario mi chiese di mettere la ragazza in un camerino a parte perché nessuno doveva sapere”.
Una scelta difficile, che ha segnato la vita di questo medico. Oggi Massimo Segato non opera quasi più, ma non si professa obiettore per non tradire la decisione che ha preso anni fa. Ma questa “missione” ormai è divenuta troppo dolorosa.
“La verità è che più vado avanti con gli anni e più sto male e intervengo così solo per emergenze. Se succede però non sono sereno. Come non lo sono le mamme che in tanti anni sono passate dal mio reparto. Non ne ho mai vista una felice del suo aborto”.