MALATI DI MENTE IN CIELO E ILLUSI IN TERRA.

Capacità psicofisica del personale navigante quando questo prende posto nel cockpit al comando di un aereo di linea.

Safety Newsletter 31/2018 del 31 Luglio 2018
www.air-accidents.com

Per dovere di cronaca con la nostra ultima Newsletter abbiamo informato i lettori circa le recenti novità provenienti da Bruxelles sulla capacità psicofisica del personale navigante quando questo prende posto nel cockpit al comando di un aereo di linea. (1)

In quella occasione ci siamo astenuti dal fornire commenti personali sul contenuto del nuovo regolamento, ma ciò non significa che non avevamo nulla da dire in merito, tutt’altro.

●Duplicazione delle autorità. In tempi in cui siamo mediaticamente bombardati sulla ineluttabilità della globalizzazione, sulla inutilità del sovranismo e delle frontiere è davvero anacronistico annotare che laddove già opera una autorità planetaria e centralizzata che dall’invenzione del mezzo aereo si prende cura a nome di tutte le nazioni del mondo di regolamentare i traffici aerei sotto ogni suo aspetto, parliamo dell’ICAO, in Europa e più in
particolare a Bruxelles si continuano a sfornare regolamenti che di fatto vanno a sovrapporsi a quelli già operativi dell’ICAO.

Laddove quest’ultimi fossero mancanti o necessari di revisione non si ravvede il motivo per cui l’Europa non possa coordinarsi con Montreal per attuare nuove direttive e regolamenti. Inutile sottolineare come l’organismo europeo (EASA) abbia un suo costo gestionale che ricade sulle tasche di tutti i contribuenti UE.
Di fatto se ogni continente adottasse la politica della Unione Europea, in pratica le compagnie aeree dovrebbero confrontarsi con regolamenti emessi dall’autorità asiatica, dalla autorità africana, dalla autorità sudamericana, da quella nordamericana, da quella australiana, nonchè da quella UE….senza dimenticare che in ogni caso rimarrebbero in forza i regolamenti emessi dall’ICAO: in poche parole il caos generale.

● Il controverso aspetto riposo. Si ha un bel dire circa la necessità che i piloti prendano servizio al meglio delle loro capacità psicofisiche e continuare a emettere regolamenti su turnazioni e riposi.
Di fatto non vi è mai stato un rapporto investigativo che abbia evidenziato uno sforamento dei limiti mensili o annuali nelle ore di servizio effettuate. La verità è che il prendere servizio riposati non dipende solo da una idonea suddivisione delle ore che si sono lavorate nelle turnazioni assegnate, bensì la domanda fondamentale che tutti si pongono e alla quale è impossibile dare una risposta è la seguente:
i membri di equipaggio agiscono responsabilmente durante i riposi loro assegnati?
Così quando le autorità stabiliscono che “i membri dell’equipaggio non devono svolgere mansioni su un aereo quando sono sotto l’influenza di sostanze psicoattive o non idonei a causa di lesioni, affaticamento, farmaci, malattie o altre cause simili” (2) il concetto è chiaro e impeccabile nella sostanza ma come tradurlo in pratica?

Certo attraverso controlli casuali negli aeroporti, si può scoprire se un pilota ha un tasso alcolico non permesso, ma come si fa a controllare se è stanco e se veramente ha tratto vantaggio dal periodo di riposo? Qui entriamo nel campo delle pie illusioni dei burocrati che risiedono in terra.

Nei corsi di preparazione alla licenza di volo i futuri piloti studiano anche gli Human Factors (HF) e uno degli argomenti su cui più si sensibilizza l’attenzione è quello relativo alla “fatigue”.
Si insegna loro che i fattori che determinano la fatica operazionale (3) sono i seguenti:

-situazione soggettiva;
-tipo di impiego;
-ambiente di lavoro

Ebbene nella situazione soggettiva ritroviamo anche l’aspetto dell’ambiente famigliare, della vita sociale che il soggetto si trova a vivere. Problemi in questo ambito possono contribuire ad aumentare il rischio della fatica operazionale, da cui ne discende la “necessità” di cercare di avere una situazione personale “sotto controllo”.
Ma se il problema può sorgere su questo fronte, quale regolamento potrà mai metterlo in luce?

Ribadiamo che mentre i controlli possono eliminare determinati fattori di rischio, il check up del cervello umano presenta ancora ampie lacune, in poche parole la sensibilità del soggetto nell’affrontare determinati problemi e le reazioni che esso può avere di fronte a qualcosa che lo turba sono assolutamente imprevedibili.

Nella Newsletter n. 27 “Un altro pilota suicida?” abbiamo narrato il recente caso di un primo ufficiale della Qantas che era stato messo a riposo temporaneamente ma il quale, a sorpresa di tutti, si è poi suicidato inabissandosi nei mari australiani fortunatamente alla guida di un Cessna 172 anzichè un aereo di linea.
Proficiency check superato senza alcun problema, ma sullo sfondo problemi coniugali.

● Ambiente di lavoro. Come non dire una parola infine sulla attuale professione del pilota?
Su questo scottante argomento niente di meglio che riprendere quanto abbiamo letto su un quotidiano di oggi a commento del regolamento EASA (4) :
“Secondo diversi centri di addestramento al volo il problema psicologico più frequente nei piloti nasce dal malcontento di una vita estenuante sempre più lontana dalle aspettative, con turni che prevedono anche sei tratte giornaliere sul corto raggio e riposi ridotti sulle lunghe distanze, nonché dalla disillusione sul trattamento economico sempre in riduzione a fronte di programmi di formazione troppo standardizzati e rapidi che portano ragazzi molto giovani a sedersi come primi ufficiali sui liner a soli 24/25 anni con una esperienza minima di poche centinaia di ore di volo….”
Questo specifico aspetto è stato oggetto di una vivace dibattito nell’ambiente aeronautico all’indomani dell’incidente della Colgan Air 3407 avvenuto nel febbraio 2009 nel quale perirono 50 persone.
L’incidente mise in luce non solo che il comandante Marvin Renslow e il primo ufficiale Rebecca Shaw reagirono in modo inappropriato all’avviso di stallo a causa dello stato di affaticamento cui erano sottoposti, ma anche l’inadeguatezza del salario del primo ufficiale.
Il che poi innescò l’argomento del drastico taglio dei salari avvenuto a seguito dell’avvento della deregulation e dell’aumentata concorrenza nei cieli.
Ma forse tutto sommato è meglio non insistere troppo sulla labilità del cervello umano così come pure sul fronte delle richieste salariali in quanto non vorremmo fornire ulteriore benzina per alimentare il fuoco di chi spinge per mettere nel cockpit i robot al posto degli umani.

Antonio Bordoni

(1) “Programma supporto EASA sulle capacità dei piloti” ; Newsletter n. 30/2018 del 29 luglio 2018.
(2) Dal preambolo del Regolamento UE 2018/1042 del 23 luglio 2018
(3) A sua volta la fatica operazionale si distingue in soggettiva e oggettiva ; mentale o muscolare.
(4) “L’ultima della UE: piloti d’aereo tutti in terapia”; LaVerità, 31 luglio 2018 a firma di Sergio Barlocchetti
 

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