Circa 48mila metri quadri, ben militarizzati. Lo chiamano il ‘Pentagono’ del voto all’estero. Addirittura. Perché il Centro Polivalente della Protezione Civile a Castelnuovo di Porto, paese di poco più di 8mila anime tra la Flaminia e la Tiberina in provincia di Roma, è un vero e proprio fortino con un carattere quasi sacro. Chi lo espugna vince.
Lì vengono portate le schede di chi ha votato dall’estero per il referendum costituzionale di domenica: sono il prodotto di circa 1400 seggi. E lì vengono scrutinate. Lì piomberanno almeno 200 volontari del comitato del No perché temono brogli. E arriveranno anche rappresentanti del Sì, per rispondere a eventuali accuse e controllare a loro volta. Stando a tutti i sondaggi e ai calcoli di entrambi i comitati, il voto all’estero è il vero ago della bilancia di questo combattutissimo referendum costituzionale.
Ecco perché il voto di domenica potrà facilmente passare alla storia come ‘la battaglia di Castelnuovo di Porto’. Benché il centro polivalente dello scrutinio sia situato a circa 15 chilometri dal centro abitato, in una zona isolata, scelta apposta per garantire un corretto svolgimento delle operazioni di voto già nel 2006, quando il voto all’estero consegnò a Romano Prodi la fragilissima maggioranza al Senato. Durò solo due anni. Tempi andati ma anche quest’anno il voto all’estero sarà decisivo.
Intorno alle 15 di domenica si potrà già sapere il dato dell’affluenza dall’estero. E sarà molto alto: previsione condivisa sia dal comitato del sì che da quello del no. Pur con polemica. Quelli del Sì stimano 1 milione e 200-300mila voti in arrivo dall’estero. Renzi li considera la sua cassaforte per la vittoria. Visto che tutti i sondaggi che ha in mano danno il sì in svantaggio sul no a livello nazionale. E visto che, secondo i calcoli che fanno al suo quartier generale, nemmeno il sì di Romano Prodi riesce a ‘salvare’ questo voto.
Quelli del No condividono la previsione sul numero dei votanti dall’estero. “E’ possibile – ci dice Alberto Campailla del Comitato del No – C’è uno zoccolo duro di 700-800mila votanti, come si è visto in altri appuntamenti elettorali. Ma in più stavolta c’è stata maggiore pubblicità sul voto. Molta di più rispetto al referendum di aprile sulle trivelle”.
Stavolta autorevoli esponenti del Sì hanno dedicato molte tappe elettorali all’estero. A cominciare dal ministro Maria Elena Boschi e il suo tour in America Latina. Per finire alla cena di Matteo Renzi da Obama, da leggersi anche in chiave di propaganda tra gli italiani che vivono in America oltre che attraverso la lente delle forti relazioni diplomatiche tra Roma e Washington nell’era Barack. E poi c’è un altro dato.
L’Italicum ha introdotto la possibilità di votare anche per gli italiani che risiedono all’estero temporaneamente da almeno tre mesi, per motivi di studio, lavoro o cure mediche ecc. Una disposizione che per la prima volta è stata applicata al referendum No triv di aprile. “Solo che allora il termine entro il quale ci si poteva iscrivere per votare non è stato prorogato – ci dice ancora Campailla – L’Italicum lo stabilisce in 10 giorni dal giorno di pubblicazione del decreto che indica la data del voto in gazzetta ufficiale. Per il referendum costituzionale questo termine è stato prorogato di almeno un mese: scadeva l’8 ottobre, hanno tenuto i termini aperti fino al 2 novembre”.
Ecco il perché di quel milione e passa di voti in arrivo dall’estero. Un fortino che per Renzi racchiude “sorprese positive”, così dicono i suoi. “Noi invece pensiamo di fare bene tra gli italiani di recente immigrazione, tra i giovani che se ne sono andati per effetto della recente crisi economica”, dice Campailla. Partita evidentemente persa tra quelli di immigrazione più antica. Anche qui le aspettative del sì e del no stranamente coincidono. Si vedrà domenica.
Soprattutto si vedrà come andrà sul campo di battaglia, nell’hangar di Castelnuovo di Porto. “La nostra attenzione sul voto all’estero nasce dalle numerose segnalazioni ricevute – prosegue Campailla – il nostro compito è di garantire a tutti i cittadini e in particolare a quelli che non vivono in Italia che la loro scelta venga rispettata”. Verifica delle persone decedute, non aventi diritto al voto perché minorenni, schede sospette perché apparentemente compilate dalla stessa mano: i campanelli di allarme sono molteplici.
“Questi sospetti di brogli… se qualcuno ha qualcosa da dire, faccia denuncia – replica il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini – il voto degli italiani all’estero è stato una conquista condivisa da tutto il Parlamento. Hanno votato negli altri referendum, nelle altre elezioni Politiche e non capisco questo atteggiamento preventivo nei confronti del voto degli italiani all’estero”.
Istituito con la legge Tremaglia del 2001, governo Berlusconi, ora però il voto all’estero viene preso di mira anche da Forza Italia. “E’ l’intero processo che è assolutamente viziato”, diceva Renato Brunetta una settimana fa, dopo aver incontrato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni insieme ad altri esponenti del comitato del No. Matteo Salvini chiede addirittura “un controllo dell’Onu”. Il parlamentari del M5s in commissione Affari Costituzionali di Camera e Senato scrivono a Gentiloni e Alfano: “Il Viminale e la Farnesina non hanno fatto nulla per garantire la regolarità del voto degli italiani all’estero che è seriamente a rischio brogli”.
Renzi, che continua a girare come una trottola tra ‘#Matteorisponde’ su Facebook, le interviste su ogni media possibile e le iniziative nelle città (domattina a Palermo, con contestazione studentesca annessa), glissa: “A me sembra strano che avvicinandosi ad una grande festa della democrazia noi anziché guardare a ciò parliamo delle bufale, di cosa Renzi farà da grande. Concentriamoci sul merito. Cari italiani, stanno cercando di fregarvi, parliamo della scheda”.
Appollaiato intorno alla sua Rocca, su una collina tufacea, Castelnuovo di Porto è lì che aspetta la prossima invasione elettorale.
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