“Pronto? Basta un Sì”. Referendum, nel week end telefonate casa per casa per convincere a votare a favore della riforma

Non solo lettere nelle buche postali, arrivano anche le telefonate casa per casa. Come riporta un servizio dell’AdnKronos sabato e domenica i volontari dei comitati locali di Basta un Sì sono mobilitati per una campagna telefonica capillare in tutta Italia. Spiegare la riforma e convincere sulle ragioni del Sì. Scrive l’AdnKronos:

Centinaia di migliaia di telefoni pronti a squillare nel week end: solo a Bologna, come si leggeva nelle cronache locali nei giorni scorsi, i volontari sono pronti a 140mila chiamate. Nel capoluogo emiliano si attingerà ai numeri a disposizione grazie all’albo degli elettori delle primarie del centrosinistra: si tratta di circa 70mila numeri fissi e 70mila cellulari. Stessa cosa a Cesena dove i numeri in possesso dei dem sono 16mila. E comunque, database a parte, si può sempre attingere al vecchio elenco telefonico.

“Lei lo sa che il 4 dicembre si vota per il referendum costituzionale? Sa qual è il seggio dove deve andare a votare?”: saranno queste le domande che verranno poste ai cittadini. Poi seguiranno quelle specifiche sulla riforma con risposte pronte a sminare eventuali dubbi e perplessità dei cittadini.

Proprio per questo, sempre a Bologna ad esempio, per il ‘call center’ di Basta un Sì sono stati selezionati degli studenti di Giurisprudenza in modo che abbiano maggiore confidenza con la materia. L’operazione si ripeterà nel prossimo fine settimana, l’ultimo prima del voto del 4 dicembre, e non è escluso che nella campagna vengano coinvolti big del Pd.

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La Guardia di Finanza sequestra la casa di Fabrizio Corona nel centro di Milano del valore di 2,5 milioni di euro

a Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato l’abitazione milanese di Fabrizio Corona in via De Cristoforis. Il provvedimento disposto dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari, i quali hanno appena chiuso l’inchiesta nei confronti del fotografo per intestazione fittizia di beni, frode fiscale e violazione delle norme patrimoniali in relazione alle misure di prevenzione. Al momento Corona è in carcere.

L’immobile sequestrato dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha un valore stimato di 2.5 milioni di euro e, secondo gli accertamenti, è riconducibile a Corona il quale, per altro, oltre ad essere in carcere da qualche settimana, è già sottoposto a una misura di prevenzione personale disposta qualche anno fa.

Le indagini coordinate dalla Dda milanese, ma in questo caso dal pm che segue le Misure di Prevenzione Alessandra Dolci – sono parallele al filone principale di Boccassini e Storari – hanno messo in luce reati di natura fiscale e fallimentare e per i quali l’ex fotografo è stato condannato definitivamente per il crac della sua società, la Corona’s.

Gli accertamenti della Gdf fanno ritenere che l’abitazione sequestrata oggi, e nelle piena disponibilità dell’ex re dei paparazzi, fosse stato acquistata – previa intestazione formale ad un prestanome – con risorse finanziarie in gran parte provento da distrazione di denaro ai danni della stessa Corona’s.
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Leopolda 2016 al via, Matteo Renzi da Bella ciao di piazza del Popolo al ritorno a casa per il referendum

Da ‘Bella ciao’ ai ‘Young the giant’, a ‘Imani’. Dalle tarantelle al rock degli adolescenti. Via le bandiere del Pd, manco a dirlo. In giro vedi solo cartelli giganti ‘E adesso il futuro, Leopolda 7’. Solo una settimana fa Matteo Renzi era in piazza del Popolo a cantare ‘O sole mio’ sul palco, di fronte ad una platea di militanti Dem, alla ricerca della sinistra da convincere per il referendum. Oggi è alla vecchia stazione di Firenze, seduto in prima fila, di fianco alla moglie Agnese, a gustarsi l’intervento dell’amico recuperato Matteo Richetti. Si apre ufficialmente la Leopolda 2016, la terza di governo. ‘#Cambiaverso’ in una sola settimana. Con la piazza di sabato scorso a Roma un unico tratto in comune: ‘Basta un sì’.

“Quando si torna alla Leopolda è come tornare a casa…”. Qui Renzi è sul palco a duettare con Richetti. Sono le 22.23, il premier non resiste alla tentazione del saluto. Che diventa la presentazione della scaletta dei tre giorni. Domani il clou nel pomeriggio, con “Maria Elena sulla riforma. L’obiettivo è disintegrare la riforma: dovete tirar fuori tutti i dubbi… Un fact checking”. Domenica poi “mi tolgo i sassolini dalle scarpe” contro quelli del no, per esempio “Salvini che ha la stessa idea di Monti…”. “Se vi va bene, ok. Sennò noi siamo per la deriva autoritaria e lo facciamo lo stesso”.

Le gag con Richetti giocano sempre sul filo dell’intesa ritrovata dopo oltre un anno di gelo. La Leopolda onore la città natale e “la fiction dei Medici” che la celebra. Non a caso Renzi la cita. “Domani Nardella farà da guida ai primi 100 che si registrano su Facebook”, è un modo per tirar dentro anche il sindaco. Tutto serve per il referendum.

All’ingresso della vecchia stazione di Firenze sono scomparsi i soliti gadget leopoldini. Ci sono solo magliette, tazze, penne e libri dedicati al referendum: ‘Basta un sì’. Ma è l’unico angolo dedicato esplicitamente alla consultazione del 4 dicembre, esattamente tra un mese. In questo la Leopolda è diversa anche dalla Festa del Pd di Catania, costellata di ‘Basta un sì’ in ogni dove. Ma è una Leopolda elettorale, connessa con la diversissima piazza di sabato scorso nella capitale. Lì Renzi cercava la sinista, qui cerca di ritrovare i suoi. Con l’ansia che magari non siano poi tutti.

Per la prima serata la stazione si riempie. Ma dall’organizzazione non nascondono una certa preoccupazione per la giornata di domani. Rispetto all’edizione dell’anno scorso sono tornati i tavoli tematici. Ci saranno anche i ministri del Pd ad animarli, ognuno sui propri temi di competenza, dal ministro Boschi – unico rappresentante di governo che parlerà anche sul palco – alla Pinotti, al ministro Padoan. Ma chi ha organizzato il tutto non nasconde che l’idea dei tavoli – grandi tavoli tondi con una decina di sedie ciascuno – è tornata per ovviare all’eventualità di una scarsa partecipazione. La terza Leopolda di governo fa paura, soprattutto sotto referendum.

Pochissimi i parlamentari presenti. Ci sono i renzianissimi della prima ora, David Ermini, Simona Bonafè, Ernesto Carbone, c’è Simona Malpezzi e pochi altri. Sono impegnati nei propri collegi elettorali nelle iniziative per il sì. C’è però la governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini: “Sono qui per la mia gente…”. Perché questa è una Leopolda che sta a metà strada tra il terremoto nell’Italia centrale e le celebrazioni per i 50 anni dell’alluvione di Firenze, cui oggi ha partecipato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E c’è pure l’ex sindaco de L’Aquila all’epoca del sisma del 2009, Stefania Pezzopane, senatrice Pd, a spiegare che questo non è il governo Berlusconi “interessato solo a inaugurare le case il giorno del compleanno del presidente…”.

Renzi cerca il pubblico largo, oltre il Pd, come al solito alla Leopolda. Ma dentro di sé spera che domani anche Gianni Cuperlo firmi la bozza di modifica dell’Italicum elaborata dalla commissione Dem. I suoi da Roma gli hanno assicurato che andrà così. E sarà uno schiaffo per la minoranza del no, riunita oggi a Bari intorno al governatore pugliese Michele Emiliano.

Quella del 2016 è la Leopolda della scommessa finale. Da Norcia a Lampedusa, dal terremoto ai migranti di cui domani parlerà Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa. “C’è da ricostruire la chiesa di San Benedetto, patrono d’Europa, e anche un’Europa che continua a girarsi dall’altra parte quando si parla di immigrazione”, insiste Renzi.

Nei capannelli si parla del futuro: è l’ultima Leopolda? Chissà. “Il format sotto governo soffre un po’ – afferma un renzianissimo – ma alla fine Renzi non ci rinuncia. Sempre che vinca il referendum tra un mese…”. Se vince il no, è un altro mondo. E qui alla Leopolda si chiedono se i parlamentari assenti starebbero ancora dalla parte del segretario del Pd.
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Matteo Renzi, visita alla Casa Bianca: premier “in the sky” grazie a Obama

“Guardatelo: è giovane, è bello, gli piace molto twittare”. Potrebbe bastare questa frase di Barack Obama per mandare Matteo Renzi letteralmente ‘in the sky’, in visibilio, tra nuvole sognanti di adorazione per gli Stati Uniti, “our best friend”, dice il premier italiano dalla South Lawn della Casa Bianca. E invece Obama va oltre. Il suo è più di un endorsement, va oltre la scelta pure altamente simbolica di dedicare all’Italia l’ultimo bilaterale della sua presidenza. Obama sbandiera il suo “tifo per Renzi” al referendum di dicembre, gli consiglia pubblicamente di “restare in politica a prescindere dal risultato”, si schiera con lui su flessibilità e migranti. Lo usa per la sua battaglia contro l’austerity di Berlino. Si schiera con lui contro un’Europa che proprio in queste ore alza il sopracciglio sulla legge di stabilità italiana e resta immobile sulla crisi dei profughi, lasciando Italia da sola. Per Renzi è il massimo, the best: nel cuore la speranza che l’assist di Obama gli porti bene, meglio che a David Cameron, costretto a dimettersi dopo la sconfitta su Brexit.

Tappeti rossi e quasi un’intera giornata insieme, due ore interminabili di conferenza stampa e una cena a base di agnolotti in tutta convivialità alla Casa Bianca: Barack e Michelle, Matteo e Agnese e le eccellenze italiane da Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi alla campionessa paralimpica Bebe Vio. “Sono particolarmente grato per la partnership con il mio buon amico Matteo Renzi”, esordisce Obama già prima del bilaterale. Il premier italiano “ha lanciato una visione di progresso che non affonda le sue radici nelle paure della gente ma nelle loro speranze. Sa che come nazioni e come individui abbiamo il potere di raggiungere grande cambiamento, in Italia sta sfidando lo status quo con coraggiose riforme”. “La nostra missione è “di seguir virtute e canoscenza”: Renzi risponde citando Dante, Benigni ne è contento, il premier pensa già a come sfruttare il prezioso assist a stelle e strisce dopodomani a Bruxelles, al Consiglio europeo.

Parlano la stessa lingua. Obama tenta l’italiano all’inizio, “buongiorno”. Renzi sfoggia il suo inglese imperfetto. Ma è solo una questione di idiomi. Il presidente uscente si spende per l’amico italiano come mai prima. “Le riforme lanciate da Renzi, soprattutto in campo economico, sono quelle giuste”, “Il sì al referendum aiuta l’Italia”. Renzi ironizza, pensando a Cameron e incrociando le dita: “Il 2016 finora non è stato un anno eccezionale per organizzare i referendum ma penso che quello italiano sia un messaggio molto semplice contro la burocrazia: se a dicembre vinceremo, le cose in Italia saranno più semplici e l’Italia sarà un paese più forte in Europa”.

Per Obama, Renzi è l’antidoto ai populismi in Europa, Renzi va soccorso nella battaglia contro l’austerity e nella crisi dei migranti, Renzi è un prezioso alleato contro l’Isis in Iraq, nell’offensiva di Mosul dove gli italiani sono impegnati a tutela della locale diga, e per la stabilizzazione della Libia. Simply the best. Anche se non è ancora perfezionata l’alleanza in funzione anti-Russia, unico argomento sul quale Renzi non si sbilancia in conferenza stampa, stretto com’è tra il fortissimo e storico asse con Washington e i legami che pure ci sono con Mosca (Roma è contraria alle nuove sanzioni verso la Russia, così come per le vecchie). Invece Obama cita eccome la Russia che “viola i principi di democrazia, libertà, integrità territoriale”, attacca Trump e i repubblicani che “hanno sempre criticato il nostro dialogo con Mosca e ora sostengono un candidato che continua a lodare Putin in un modo che non ha precedenti nella politica americana”.

Domani Vladimir Putin sarà a Berlino, ospite di Angela Merkel. Ed è proprio la Cancelliera che Obama chiama in causa quando si schiera con Renzi sul no all’austerity. “Diverse volte ho parlato con Merkel e Hollande sui modi per risolvere le crisi del 2008”, premette Obama senza timore di scomodare gli ‘avversari’ europei. “In questi anni negli Stati Uniti abbiamo fatto sgravi fiscali, salvato industrie, creato occupazione, reso le banche più trasparenti e abbiamo attratto investimenti. Non mi aspetto che quello che abbiamo fatto negli Usa venga trasferito in Europa. Ma so per certo che c’è una crescita molto lenta in Europa e che i giovani non entrano nel mercato del lavoro. Ora c’è anche maggiore fiducia nelle finanze pubbliche ed è il momento giusto per concentrarsi sulla crescita e fare investimenti. Draghi ha fatto molto per mantenere una traiettoria positiva in Europa ma da sola la politica monetaria della Bce non basta. Renzi ha fatto molto in termini di progressi reali, c’è più fiducia da parte dei mercati. E credo ci sia una connessione fra la stagnazione e gli impulsi populisti che sanno crescendo in Europa”.

Usando Renzi, Obama si toglie i sassolini dalle scarpe nei confronti di un’Europa che di fatto gli ha bloccato la firma del Ttip, il trattato commerciale con gli Stati Uniti. O che almeno non è stata capace di arginare la contrarietà di Francois Hollande. Renzi invece è stato sempre a favore ed è lì alla Casa Bianca per dirgli che non ha mai cambiato idea su questo. Ne parlano nel bilaterale nello Studio Ovale, dove parlano di Iraq e Libia. Ma a favore dell’amico italiano, ancora una volta Obama va oltre: sull’immigrazione.

“L’Europa deve essere in grado di risolvere questo problema e non lasciare uno Stato a risolvere il problema da solo. Noi siamo una federazione, è vero, ma mai lasceremmo uno Stato a risolvere il problema da solo e buona fortuna”. Dall’altro lato, Renzi ricorda il ‘migration compact’ italiano, finora mai applicato dall’Ue fino a scatenare lo strappo di Bratislava. “La questione Africa è stata abbandonata dall’Ue negli ultimi decenni – dice – Dobbiamo lavorare come la Commissione aveva immaginato pur senza la necessaria velocità. Ma prima di chiedere aiuto agli Usa bisogna che l’Ue faccia la sua parte. Non possiamo pensare di farci carico da soli dei problemi in Libia e Africa e giovedì al Consiglio europeo porremo la questione”.

Prima di ripartire, domani a Washington Renzi riuscirà a incontrare a pranzo lo staff della candidata Democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton per preparare il terreno delle alleanze future dopo Obama. Giovedì sarà a Bruxelles, curioso di vedere la reazione degli altri partner europei rispetto a questo asse italo-americano: così intenso da risultare inedito.
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