“Guardatelo: è giovane, è bello, gli piace molto twittare”. Potrebbe bastare questa frase di Barack Obama per mandare Matteo Renzi letteralmente ‘in the sky’, in visibilio, tra nuvole sognanti di adorazione per gli Stati Uniti, “our best friend”, dice il premier italiano dalla South Lawn della Casa Bianca. E invece Obama va oltre. Il suo è più di un endorsement, va oltre la scelta pure altamente simbolica di dedicare all’Italia l’ultimo bilaterale della sua presidenza. Obama sbandiera il suo “tifo per Renzi” al referendum di dicembre, gli consiglia pubblicamente di “restare in politica a prescindere dal risultato”, si schiera con lui su flessibilità e migranti. Lo usa per la sua battaglia contro l’austerity di Berlino. Si schiera con lui contro un’Europa che proprio in queste ore alza il sopracciglio sulla legge di stabilità italiana e resta immobile sulla crisi dei profughi, lasciando Italia da sola. Per Renzi è il massimo, the best: nel cuore la speranza che l’assist di Obama gli porti bene, meglio che a David Cameron, costretto a dimettersi dopo la sconfitta su Brexit.
Tappeti rossi e quasi un’intera giornata insieme, due ore interminabili di conferenza stampa e una cena a base di agnolotti in tutta convivialità alla Casa Bianca: Barack e Michelle, Matteo e Agnese e le eccellenze italiane da Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi alla campionessa paralimpica Bebe Vio. “Sono particolarmente grato per la partnership con il mio buon amico Matteo Renzi”, esordisce Obama già prima del bilaterale. Il premier italiano “ha lanciato una visione di progresso che non affonda le sue radici nelle paure della gente ma nelle loro speranze. Sa che come nazioni e come individui abbiamo il potere di raggiungere grande cambiamento, in Italia sta sfidando lo status quo con coraggiose riforme”. “La nostra missione è “di seguir virtute e canoscenza”: Renzi risponde citando Dante, Benigni ne è contento, il premier pensa già a come sfruttare il prezioso assist a stelle e strisce dopodomani a Bruxelles, al Consiglio europeo.
Parlano la stessa lingua. Obama tenta l’italiano all’inizio, “buongiorno”. Renzi sfoggia il suo inglese imperfetto. Ma è solo una questione di idiomi. Il presidente uscente si spende per l’amico italiano come mai prima. “Le riforme lanciate da Renzi, soprattutto in campo economico, sono quelle giuste”, “Il sì al referendum aiuta l’Italia”. Renzi ironizza, pensando a Cameron e incrociando le dita: “Il 2016 finora non è stato un anno eccezionale per organizzare i referendum ma penso che quello italiano sia un messaggio molto semplice contro la burocrazia: se a dicembre vinceremo, le cose in Italia saranno più semplici e l’Italia sarà un paese più forte in Europa”.
Per Obama, Renzi è l’antidoto ai populismi in Europa, Renzi va soccorso nella battaglia contro l’austerity e nella crisi dei migranti, Renzi è un prezioso alleato contro l’Isis in Iraq, nell’offensiva di Mosul dove gli italiani sono impegnati a tutela della locale diga, e per la stabilizzazione della Libia. Simply the best. Anche se non è ancora perfezionata l’alleanza in funzione anti-Russia, unico argomento sul quale Renzi non si sbilancia in conferenza stampa, stretto com’è tra il fortissimo e storico asse con Washington e i legami che pure ci sono con Mosca (Roma è contraria alle nuove sanzioni verso la Russia, così come per le vecchie). Invece Obama cita eccome la Russia che “viola i principi di democrazia, libertà, integrità territoriale”, attacca Trump e i repubblicani che “hanno sempre criticato il nostro dialogo con Mosca e ora sostengono un candidato che continua a lodare Putin in un modo che non ha precedenti nella politica americana”.
Domani Vladimir Putin sarà a Berlino, ospite di Angela Merkel. Ed è proprio la Cancelliera che Obama chiama in causa quando si schiera con Renzi sul no all’austerity. “Diverse volte ho parlato con Merkel e Hollande sui modi per risolvere le crisi del 2008”, premette Obama senza timore di scomodare gli ‘avversari’ europei. “In questi anni negli Stati Uniti abbiamo fatto sgravi fiscali, salvato industrie, creato occupazione, reso le banche più trasparenti e abbiamo attratto investimenti. Non mi aspetto che quello che abbiamo fatto negli Usa venga trasferito in Europa. Ma so per certo che c’è una crescita molto lenta in Europa e che i giovani non entrano nel mercato del lavoro. Ora c’è anche maggiore fiducia nelle finanze pubbliche ed è il momento giusto per concentrarsi sulla crescita e fare investimenti. Draghi ha fatto molto per mantenere una traiettoria positiva in Europa ma da sola la politica monetaria della Bce non basta. Renzi ha fatto molto in termini di progressi reali, c’è più fiducia da parte dei mercati. E credo ci sia una connessione fra la stagnazione e gli impulsi populisti che sanno crescendo in Europa”.
Usando Renzi, Obama si toglie i sassolini dalle scarpe nei confronti di un’Europa che di fatto gli ha bloccato la firma del Ttip, il trattato commerciale con gli Stati Uniti. O che almeno non è stata capace di arginare la contrarietà di Francois Hollande. Renzi invece è stato sempre a favore ed è lì alla Casa Bianca per dirgli che non ha mai cambiato idea su questo. Ne parlano nel bilaterale nello Studio Ovale, dove parlano di Iraq e Libia. Ma a favore dell’amico italiano, ancora una volta Obama va oltre: sull’immigrazione.
“L’Europa deve essere in grado di risolvere questo problema e non lasciare uno Stato a risolvere il problema da solo. Noi siamo una federazione, è vero, ma mai lasceremmo uno Stato a risolvere il problema da solo e buona fortuna”. Dall’altro lato, Renzi ricorda il ‘migration compact’ italiano, finora mai applicato dall’Ue fino a scatenare lo strappo di Bratislava. “La questione Africa è stata abbandonata dall’Ue negli ultimi decenni – dice – Dobbiamo lavorare come la Commissione aveva immaginato pur senza la necessaria velocità. Ma prima di chiedere aiuto agli Usa bisogna che l’Ue faccia la sua parte. Non possiamo pensare di farci carico da soli dei problemi in Libia e Africa e giovedì al Consiglio europeo porremo la questione”.
Prima di ripartire, domani a Washington Renzi riuscirà a incontrare a pranzo lo staff della candidata Democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton per preparare il terreno delle alleanze future dopo Obama. Giovedì sarà a Bruxelles, curioso di vedere la reazione degli altri partner europei rispetto a questo asse italo-americano: così intenso da risultare inedito.
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