Libero risponde alle critiche per il titolo su Virginia Raggi elencando i titoli sessisti sul blog di Beppe Grillo

“Pistola fumanti”. Così Libero decide di aprire l’edizione di oggi, dopo la bagarre di ieri in seguito al titolo rivolto alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Quanto chiasso per una ‘patata bollente’, l’occhiello del titolo. “Gli educati inventori del Vaffaday ci mettono alla gogna e la sinistra si accoda accusandoci si sessismo – si legge nel sommario che accompagna l’editoriale del direttore Vittorio Feltri -. Ma quando riservammo a Ruby la medesima copertina dedicata alla Raggi nessuno si lamentò, al solito, due pesi e due misure”.

In prima pagina anche un editoriale di Gianluca Veneziani dal titolo “Così i professionisti dell’insulto trattano le rivali politiche”, corredato da un fotomontaggio ripreso dal blog di Grillo che nel 2011 “sbeffeggiava alcuni protagonisti del dibattito sul caso Ruby”, come si legge nella didascalia dell’immagine con Gad Lerner, Mara Carfagna, Nicole Minetti e la stessa Ruby.
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Beppe blinda Virginia e mette a tacere gli ortodossi. Raggi: “Non mi dimetto. Alcuni contro di me? Me ne faccio una ragione”.

Beppe Grillo furioso. Non con Virginia Raggi bensì con chi, nel Movimento 5 Stelle, ha attaccato il sindaco di Roma per la polizza vita stipulata per “motivi affettivi”, nel gennaio 2016, in suo favore da Salvatore Romeo, divenuto ad agosto capo della segreteria con uno stipendio triplicato. Insomma, ancora una volta, il leader pentastellato nel pomeriggio ha mandato un chiaro messaggio ai naviganti, che in sostanza è riassumibile così: “Guai a chi parla, nessuna dichiarazione contro Virginia. Sarà lei e solo lei a parlare”. Decide così di far andare il sindaco in tv e affida la preparazione della performance a Rocco Casalino, il punto di raccordo tra i vertici del Movimento e Roma. “Nel Movimento alcuni contro di me? Ci sono persone che ti amano e persone che ti amano meno, facciamocene una ragione e andiamo avanti”, dirà ospite di ‘Bersaglio mobile’.

Il primo cittadino della Capitale viene quindi blindato ancora una volta da Grillo e Davide Casaleggio. Raggi va avanti. “Ho la fiducia del Movimento, ho anche sentito Grillo”. Niente dimissioni, anche se “non posso dire di non averci pensato, in questi mesi”, ammette. Dopo il diktat del leader, nessuno ha parlato ufficialmente né tra i pragmatici né tra gli ortodossi. Questi ultimi che, fino a poche ore prima delle indicazioni arrivate da Grillo, invocavano il giudizio della Rete, adesso sulla storia della polizza, sempre a taccuini chiusi, tendono a sminuire, come chiesto loro espressamente dal leader. Leader che non ha concesso, e per adesso non ha alcuna intenzione di farlo, il voto degli iscritti, anzi ha invitato tutti ad abbassare i toni e ad entrare nel merito della questione il meno possibile. Alessandro Di Battista, per esempio, nel post scriptum su Facebook annota: “Questa sera Virginia Raggi risponderà a tutte le domande”. Mentre Beppe Grillo condivide sul suo blog la nota in cui il sindaco dice che fino a ieri non era a conoscenza delle polizze assicurative.

Stessa linea difensiva utilizzata in tv. “A Romeo chiederò perché non mi ha avvertito, non averlo saputo è stata una cosa spiacevole. E quando lo vedrò – dice Raggi – gli chiederò di cambiare il beneficiario della polizza perché solo l’idea di questa polizza mi mette ansia”. Poi racconta di aver conosciuto l’ex capo della segreteria nel 2013, “lui ci ha aiutato tantissimo quando eravamo consiglieri di opposizione. Nel tempo si è consolidato il rapporto con tutti e quattro del gruppo, si è consolidata un’amicizia, lui ci ha presentato Raffaele Marra, poi era mortificato per averlo fatto. Per quanto riguarda Marra era una persona molto competente, in qualche modo ci ha fatto capire come funzionava la macchina del Comune”.

Sta di fatto che dopo l’interrogatorio fiume di ieri sul caso Marra e le rivelazioni sulle polizze vita, oggi a Palazzo Senatorio è trascorsa un’altra giornata campale. Nel bel mezzo arrivano anche le parole di Salvatore Romeo all’agenzia Ansa in cui si difende dicendo che le polizze “non hanno nulla a che vedere con il Movimento, né tantomeno sono state aperte a favore di suoi esponenti in modo da favorire Virginia Raggi piuttosto che un altro candidato alle primarie per la scelta del Sindaco di Roma. Grave e non vera è la tesi secondo cui le somme con cui sono state aperte tali polizze non sarebbero state in realtà mie ma di terzi, con ciò facendomi passare per un tesoriere occulto o un prestanome”.

Poco dopo Raggi aggiunge: “Credo che Romeo abbia commesso una grande leggerezza, voglio vederci la buona fede”. Poi chiede: “Basta gossip, sono sindaca di una capitale che deve rinascere”. “Non ho ricevuto un solo euro” dalle polizze, dirà poi, minacciando querele. E Romeo: “voglio chiarire che non c’è stata e non c’è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi”. La procura fa sapere che le polizze per l’allora aspirante sindaca – una da 30 mila euro del gennaio 2016 e priva di scadenza, l’altra da 3.000 euro con scadenza 2019 – non hanno rilevanza penale “in quanto non emergerebbe un’utilità corruttiva”. Anche Romeo conferma di averle stipulate senza dirglielo: “Per una grande stima e amicizia nei suoi confronti”. Ma i pm vogliono comunque capire se ci fossero motivazioni diverse da quelle indicate dal titolare delle assicurazioni sulla vita.

Nel M5S i dubbi, seppur messi a tacere, rimangono tra i militanti e i consiglieri comunali che appaiono preoccupati e divisi. Si aspettano sviluppi giudiziari, qualcuno tra i corridoi di Camera e Senato teme che non sia finita qui. Intanto però toni bassi fino a nuovo ordine.
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Beppe Grillo rilancia i sindaci M5s. Ma a Palermo è caos

Caos a Palermo per le comunarie in vista delle elezioni per il sindaco del capoluogo siciliano. “Il risultato” di ciò che sta
succedendo a Palermo secondo “gli articoli di stampa, è evidente che sia una clamorosa presa in giro per i palermitani, sia quelli che hanno seguito la graticola dal vivo, sia quelli che l’hanno seguita online” e per “quelli che credono nel M5S”. Lo scrive la deputata siciliana del M5S Chiara Di Benedetto in un post su Facebook sul caos liste a Palermo, rilanciato da Riccardo Nuti. “Questi atteggiamenti e giochetti non appartengano al M5S per come l’ho conosciuto”, attacca.

A risponderle per le rime è la deputata regionale Claudia La Rocca, che si è autosospesa dal M5S dopo l’indagine sulle presunte firme false nella lista dei Cinquestelle alle comunali del 2012. “È incredibile – scrive su facebook -. A noi non mancano di certo le attiviste donne, ma forse se loro avessero rispettato la volontà del meetup di fare la lista interna, invece di imporci le comunarie, non avremmo avuto tutti i problemi che si sono creati a seguire. Purtroppo diverse persone giovani e preparate non si sono potute candidare per mancanza della certificazione sul portale (magari c’è chi si attiva nei tavoli di lavoro senza correre ad iscriversi sul blog)”.

“Infatti – continua -, se ci sarà la possibilità di integrare, cosa in cui non ci trovo nulla di male, non definirei quelle persone dei ‘riempilista’ (ammesso che il termine sia negativo). Sembrano – aggiunge – dei bambini che sbattono i piedi a terra perché le cose non stanno andando per come loro le avevano pensate. Hanno voluto loro le comunarie, sapevano quali sono le poche e semplici regole per le candidature, mettere in cattiva luce chi proviene dalla società civile non ha senso”.

A pensarla come Di Benedetto, anche l’ex capogruppo del M5s alla Camera ed ex candidato a Palermo Riccardo Nuti, indagato nell’inchiesta sulle presunte firme false alle comunali del 2012 a Palermo. “#M5S La graticola? Una presa in
giro, stavano fingendo. Le donne? Deroghe e riempilista”.

Il riferimento sembrerebbe una risposta alle parole dell’ex capogruppo all’Ars Giancarlo Cancelleri, che in un’intervista all’edizione locale di Repubblica a proposito delle ultime defezioni in casa M5s ha dichiarato: “Le comunarie si faranno la prossima settimana, c’è un iter che è giunto a metà. Abbiamo fatto il primo turno, le graticole adesso aspettiamo la parte finale”.

Una dopo l’altra, nei giorni scorsi, si sono sfilate alcune donne in lizza: da Tiziana Di Pasquale, che era nella top five degli aspiranti candidati a sindaco del M5s a Palermo e si è ritirata a poche ore dalla graticola, a Ivana Cimo e Giovanna D’Agostino, candidabili al consiglio comunale. Tra le donne Giulia Argiroffi che resta in corsa per il consiglio comunale dopo esser ritirata dalle sindacarie. Per effetto della legge elettorale che impone la doppia preferenza di il numero di candidabili è sceso da 30 a 27. Ma Cancelleri minizza: “E’ già successo – spiega – nelle elezioni di altri comuni. Si farà scorrere la graduatoria dei più votati per quanto riguarda gli uomini, mentre si riaprirà la competizione per quanto riguarda la richiesta di altre candidature femminili”.

Sull’ipotesi che si tratti di una ‘strategia’ per far saltare la lista, figlia di dissapori all’interno del M5s locale taglia corto: “Non voglio parlare di questo. In ogni caso qualsiasi ipotetico tentativo di far saltare la lista in questo modo mi sembra vano”.

Una replica a Nuti arriva poi da Danilo Maniscalco, esponente della lista M5S per le Comunali di Palermo “Non intendo prendere lezioni di etica da chi, davanti un magistrato della Repubblica italiana, si è avvalso della facoltà di non rispondere Ogni comportamento contrario o di disturbo palese alle scelte democratiche della rete prese dallo scorso 28 dicembre ad oggi, a mio parere risulta semplicemente lesivo dell’immagine del Movimento stesso”.

Intanto in giornata Beppe Grillo ha elogiato il lavoro dei sindaci a 5 stelle in un tweet: “Quello che succede a Livorno con
Aamps è quello che succederà a Roma. Presto avremo grandi soddisfazioni anche lì #VoliamoAlto”. Il comico ha così rilanciato il salvataggio dell’azienda rifiuti livornese che ha visto protagonista il sindaco Filippo Nogarin.


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Beppe Grillo garantista con le mani libere. Arriva il Codice etico M5S, avviso di garanzia non comporta sempre sanzioni

Il Movimento 5 Stelle si dota di un codice etico, che rivede in senso garantista le norme interne di comportamento dei portavoce eletti, ma affida grande discrezionalità a Beppe Grillo in qualità di garante e ai probiviri: non basta l’avviso di garanzia a imporre le dimissioni di un rappresentante dei 5 Stelle, la parola viene affidata al Collegio dei probiviri e al Comitato d’appello, che valutano caso per caso. È invece sufficiente un comportamento eticamente inaccettabile, anche se non con conseguenze penali, per portare a provvedimenti. Allo stesso tempo, in caso di condanna – a cui vengono equiparati patteggiamento e prescrizione – si procede a sanzioni.

Sul blog di Grillo si informa che il “Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie” sarà votato online a partire dalle 10 per la ratifica da parte degli iscritti entro il primo luglio 2016 con documento certificato.

Il codice etico si sviluppa in 7 punti. Lo scopo è “garantire una condotta, da parte dei portavoce eletti, ispirata ai principi di lealtà, correttezza, onestà, buona fede, trasparenza, disciplina e onore, rispetto della Costituzione della Repubblica e delle leggi”. I portavoce del Movimento 5 Stelle “perseguono gli obiettivi del Movimento, così come indicati nel Non Statuto o negli altri atti interni di indirizzo”; hanno il “dovere di adempierle con disciplina e onore”; si richiedono “comportamenti eticamente ineccepibili, anche a prescindere dalla rilevanza penale degli stessi”. È necessario astenersi “da comportamenti suscettibili di pregiudicare l’immagine o l’azione politica del MoVimento 5 Stelle”.

Giudici sono il Collegio dei probiviri o il Comitato d’appello. Quando hanno notizia di una vicenda giudiziaria, “compiono le loro valutazioni in totale autonomia”. Viene considerato “grave dal Garante o dal Collegio dei probiviri con possibile ricorso del sanzionato al Comitato d’appello” il comportamento del portavoce eletto “anche durante la fase di indagine, quando emergono elementi idonei ad accertare una condotta che, a prescindere dall’esito e dagli sviluppi del procedimento penale, sia già lesiva dei valori, dei principi o dell’immagine del MoVimento 5 Stelle. La condotta sanzionabile può anche essere indipendente e autonoma rispetto ai fatti oggetto dell’indagine”.

In caso di autosospensione, M5S la accetta “senza che ciò implichi di per sé alcuna ammissione di colpa o di responsabilità. L’autosospensione non vincola né condiziona né preclude il potere del Garante, del Collegio dei Probiviri e del Comitato d’appello di adottare eventuali sanzioni disciplinari. Tuttavia, l’autosospensione può essere valutata quale comportamento suscettibile di attenuare la responsabilità disciplinare”.

Beppe Grillo in quanto garante, insieme al Collegio dei Probiviri o il Comitato d’Appello “valutano la gravità dei comportamenti tenuti dai portavoce, a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale”. Viene considerata “grave ed incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo”. Sono “equiparate alla sentenza di condanna” il patteggiamento e l’estinzione del reato per prescrizione. Viene invece “rimessa all’apprezzamento discrezionale del Garante, del Collegio dei Probiviri con possibile ricorso del sanzionato al Comitato d’appello la valutazione di gravità ai fini disciplinari di pronunzie di dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, di sentenze di proscioglimento per speciale tenuità del fatto, di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione”.

Quanto al semplice avviso di garanzia, “non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso”. Spetta sempre alla discrezionalità di Beppe Grillo, del Collegio dei Probiviri o del Comitato d’appello “la valutazione della gravità di fatti che configurano i c.d. reati d’opinione ipotesi di reato concernenti l’espressione del proprio pensiero e delle proprie opinioni, ovvero di fatti commessi pubblicamente per motivi di particolare valore politico, morale o sociale”.

Il Codice stabilisce “l’obbligo di informare immediatamente e senza indugio” dell’esistenza di procedimenti penali o di sentenze di condanna che li riguardano. “Ogni sindaco e presidente di regione eletto nelle liste del MoVimento 5 Stelle è tenuto a far rispettare il presente codice etico”.
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Arresto di Marra, Beppe Grillo mette sotto tutela Virginia Raggi. Ortodossi M5S sul piede di guerra, leadership Di Maio traballa

Il Campidoglio e l’Hotel Forum distano pochi metri l’uno dall’altro. Oggi però lo spazio che separa la “casa” di Virginia Raggi e la residenza romana di Beppe Grillo sembra interminabile. Beppe è sempre più deluso da Virginia, sul futuro non può escludere nulla, neanche l’addio cioè il ritiro del simbolo M5S. Ufficialmente la protegge, ma la misura è colma. “Non possiamo permetterci di perdere Roma” dice ai suoi, ma la gestione del Campidoglio imbarazza il Movimento giorno dopo giorno. Il futuro di Virginia è legato a un filo sottile quanto la fiducia che il leader pentastellato ripone ancora in lei. “Le scuse non bastano”, dice Paola Taverna. Roberto Fico aggiunge: “Per me Marra non è un tecnico”, al contrario di quanto affermato dal sindaco. L’arresto di Raffaele Marra arriva dopo le dimissioni dell’indagata Paola Muraro, e tante altre grane giudiziarie, che molti temono non siano finite qui e possano raggiungere perfino la prima cittadina. In albergo il leader pentastellato apprende la notizia dell’arresto di Marra e prende il cellulare per chiamare subito la Raggi: “Te l’avevo detto, ora rimedia”. È furente. Virginia, dall’altro capo, nervosissima, scossa, praticamente in lacrime.

La sindaca vuole andare avanti, non ha alcuna intenzione di dimettersi. Grillo glielo consente, anche perché Roma è Roma, il Movimento non si può permettere di fallire così. Ma Virginia resta a patto che “non saranno commessi errori d’ora in avanti e che le decisioni importanti, come le nomine, avranno l’ok dei vertici”. Decidono la linea, viene scritto un comunicato, vidimato dal capo e così il sindaco va in scena davanti a una miriade di telecamere. Legge un foglio, chiede scusa ai romani, al Movimento e a Grillo che appunto “aveva sollevato perplessità”, ammette di aver sbagliato ad essersi fidata, tiene a dire però che Marra non era il suo braccio destro, ma “un dipendente qualunque”. Lo dice nonostante rimbombi ancora una sua vecchia frase: “Se va via lui, vado via anch’io”. L’imbarazzo per l’intera vicenda la porta a parlare per un minuto e mezzo e poi ad andare via senza rispondere alle domande.

La giornata è solo all’inizio. Le chat sono infuocate, sul blog di Beppe Grillo va in onda una sorta di web processo, fra tanti delusi e qualche strenuo difensore della sindaca. Nel pomeriggio i consiglieri litigano a Palazzo Senatorio mentre i parlamentari litigano all’Hotel Forum. È emergenza assoluta: i flash mob previsti a Siena e in Val di Susa per far dimenticare le vicende capitoline vengono annullati. “Impossibile nascondere i fatti e urlare onestà onestà in un momento così difficile per il Movimento”, ammette un deputato grillino che era pronto a prendere il pullman per la Toscana. Come forse mai successo prima, a parte pochi che preferiscono parlare a taccuini chiusi, la maggior parte dei parlamentari escono alla scoperto, nonostante la consegna del silenzio imposta dai vertici. È una reazione a catena: la spaccatura emersa sei mesi fa sul ‘caso Roma’, sulla gestione del Campidoglio e sulle nomine di Raffaele Marra e Salvatore Romeo, adesso viene fuori in tutta la sua interezza.

Roberta Lombardi entra nel quartier generale di Grillo e afferma: “Sono fiera di stare dalla parte giusta”. Era stata lei a parlare di Marra come un virus che ha infettato il Movimento. Su Facebook la pasionaria grillina affida il suo sfogo a una citazione di Martin Luther King, la cui morale è “no a vigliaccheria e vanagloria”. Il concetto viene condiviso da Carla Ruocco, Paola Taverna e Nicola Morra. Condivisione che nel linguaggio pentastellato vuol dire molto. Roberto Fico e Carlo Sibilia, dell’ex Direttorio, hanno già parlato. Fico ha definito la vicenda “molto grave” e chiede una riflessione, Sibilia dice che “così andiamo a sbattere”. Parole che avranno un certo peso nel lungo incontro con Grillo, al quale hanno partecipato Fico, Lombardi, Morra e Taverna, l’ala più critica ma soprattutto ortodossa del Movimento.

Sul banco degli imputati finisce Luigi Di Maio, anche lui presente al vertice e reo, secondo chi lo accusa, di aver difeso il sindaco e sottovalutato i problemi che Raggi ha creato in Campidoglio “fidandosi delle persone sbagliate”, tra queste anche l’assessore all’ex Ambiente Paola Muraro, raggiunta da un avviso di garanzia. Di Maio era venuto a conoscenza mesi fa dell’iscrizione nel registro degli indagati ma non disse niente al resto del Direttorio, da qui in poi una parte del Movimento gli si è rivoltata contro. Tanto che Danila Nesci chiede che vengano presi provvedimenti, mentre Giuseppe Brescia lo definisce “un piccolo stratega”. Anche Riccardo Nuti attacca “i volti che funzionano in tv”.

Oggi alla prova della leadership Di Maio tace, così come tace Alessandro Di Battista, assente alla riunione del Forum. Chi ha parlato viene rimproverato da Grillo: “Dobbiamo restare uniti, non possiamo farci vedere così”, avrebbe detto. Il filo diretto tra Campidoglio e Campidoglio è continuo. Tante le telefonate. Il leader dice a Raggi che adesso “vanno verificati tutti gli atti fatti da Marra” per vedere se vi sono irregolarità. La paura tra i grillini è che però la vicenda non sia finita qui, che presto possano venire fuori altre carte e altri avvisi di garanzia, forse per abuso d’ufficio. Per adesso la linea è distinguere la figura di Marra da quella del Movimento 5 Stelle. Fino a prova contraria. In quel caso anche scaricare il sindaco di Roma sarà possibile.

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Referendum, Beppe Grillo al seggio: “Se vince il Sì rispetteremo il verdetto. Ma andare comunque alle elezioni”

“Abbiamo fatto un grande lavoro, quindi l’importante, se dovessimo perdere, è non dare colpe a nessuno, abbiamo lavorato tutti bene. Se gli italiani hanno scelto una cosa diversa noi la rispettiamo”. Lo ha detto il leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo dopo il voto al seggio di Sant’Ilario, dove è arrivato intorno alle 17.30.

“Io credo che qualunque sia il responso, noi siamo decisi ad andare a elezioni in modo che poi, se verrà confermata questa leadership, rispetteremo il verdetto”, ha poi detto Grillo. Sul futuro del M5S, Grillo ha detto che da martedì “cominceremo sulla rete a condividere il programma su energia, politica estera difesa: cominciamo a lavorare. Stiamo lavorando già sulle persone”. Il programma, ha spiegato Grillo, “integrerà le cose non dette nel 2013”. A scegliere, in caso di vittoria del No, l’eventuale squadra di governo, sarà la rete: “Non avete ancora capito? Sceglierà la rete le persone: sono tutte cose condivise”, ha assicurato Grillo.

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Matteo Renzi su Facebook live: “Basta bufale sul referendum. Beppe Grillo teme il Sì dei 5 Stelle”

Secondo appuntamento in due giorni per Matteo Renzi e il suo #matteorisponde. Il premier di nuovo su Facebook live per rispondere alle domande dei cittadini. “Questa è una serata che dedichiamo a chi non odia, ci sono alcune persone che utilizzano in modo virale la propaganda, le bufale e la Rete. Si può non essere d’accordo su tutto, ma dimostriamo che noi non viviamo di propaganda”, ha detto Renzi. Il presidente del Consiglio ha annunciato che ad Amatrice arriveranno le prime 20 casette entro Natale. Il premier ha attaccato nuovamente Mario Monti: “Oggi un grande esperto di tasse, Mario Monti, sostiene che da quando ci siamo noi ci sono più tasse. Non ricordo un governo che ha aumentato le tasse più di quello di monti, mai fidarsi dei governi tecnici”.

Renzi mostra il fac-simile della scheda elettorale per il nuovo Senato


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