“Fa sempre così: parte, si butta, si disamora e ti abbandona. Fine della storia. E questo è un leader, questo è un segretario?”.
Così il direttore de L’Unità Sergio Staino, in una intervista a Repubblica, se la prende direttamente con il segretario del Pd che ha riaperto l’Unità nel 2015 ponendo il vignettista alla guida del quotidiano che ora rischia nuovamente di chiudere. “Ho rotto con decine di amici, mi sono preso quintalate di offese e di insulti per venire a dirigere l’Unità renziana. Il giornale è cambiato, è migliorato. Lo vedono tutti. C’è più confronto, ci sono opinioni diverse ma a Matteo non serve più. Allora lo dica: ho fatto una cazzata a riaprirlo e ora lo chiudo. Invece no. Sparito. Lui che ci mette sempre la faccia. Scomparso. Matteo, perché ti nascondi?”. Quindi Staino attacca l’ambasciatore inviato dal premier per gestire la faccenda: “Uno che te lo raccomando, non auguro a nessuno di avere a che fare con lui. Ma il tesoriere che c’entra?”.
Alla notizia prima dei licenziamenti per 12 redattori e poi del preannuncio di una chiusura imminente, Staino accusa: “Non chiama, non risponde al telefono, non legge i messaggini”. E aggiunge: “La situazione economico finanziaria è grave. Ma la crisi vera è politica. La crisi è Renzi. Sono stato nominato da lui. Mi dice: ‘Fai un bel giornale, ricco, tante pagine. E dei soldi non preoccuparti, quelli ci sono’. Una delle battute più infelici che potesse farmi”.
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