Disabilità gravissime, in quattro anni dalla Regione quasi 50 milioni

FIRENZE – Dal 2016 ad oggi la Regione ha destinato quasi 36 milioni di euro alle persone con disabilità gravissime e ulteriori 12,5 milioni sono in arrivo in autunno per le Asl e le Società della Salute.

Ad Asl e SdS il compito di valutare, attraverso le proprie Unità di Valutazione Multidisciplinari per la Disabilità (UVMD), le condizioni di disabilità gravissima, secondo i parametri stabiliti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e predisporre il progetto di vita, all’interno del quale è possibile prevedere l’erogazione di un contributo che va da 700 a 1.000 euro, per attivare un contratto con un assistente personale e sostenere dunque la permanenza al proprio domicilio della persona con disabilità gravissima. Il cittadino con disabilità può rivolgersi ai servizi per richiedere la valutazione delle sue condizioni di bisogno, secondo un percorso già definito e presente da tempo sul nostro territorio.

“L’obiettivo – chiarisce l’assessore al diritto alla salute e al sociale Stefania Saccardi – è quello di evitare, o in qualche caso differire, l’istituzionalizzazione, e rafforzare l’assistenza di queste persone presso il proprio domicilio, nell’ottica di un miglioramento della qualità della vita. Le persone con disabilità, anche gravissima, se supportate adeguatamente, stanno sicuramente meglio a casa propria che in istituto. Il contributo non è sostitutivo, ma aggiuntivo e complementare alle prestazioni domiciliari svolte da personale sanitario”.

Da sottolineare che il Ministero definisce “persone con disabilità gravissima” ai fini dell’accesso a queste risorse, le persone in condizione di coma o stato vegetativo, oppure dipendenti da ventilazione meccanica assistita o non invasiva continuativa nelle 24 ore, persone con grave o gravissimo stato di demenza, persone con lesioni spinali gravi o con gravissima compromissione motoria da patologia neurologica o muscolare, persone sorde e cieche, persone con autismo grave, con ritardo mentale grave o comunque in condizione di dipendenza vitale che necessitano  di assistenza continuativa e monitoraggio nelle 24 ore, sette giorni su sette, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psicofisiche. La giunta regionale ha ampliato la possibile platea dei beneficiari anche ai minori per i quali uno dei genitori si assume l’onere della cura.

Le risorse sono quelle del Fondo per le Non Autosufficienze assegnato annualmente alle Regioni dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il decreto ministeriale stabilisce che non meno del 50% di queste debba essere destinato a interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima, tra le quali le persone affette da Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). Regione Toscana ha scelto di dedicare interamente queste risorse al rafforzamento dell’assistenza domiciliare.

Dal monitoraggio degli uffici regionali risulta che nel primo semestre 2019 sono quasi 1.400 i beneficiari di questo contributo su tutto il territorio regionale. Si tratta di un dato in costante crescita, che registra un incremento di 200 persone rispetto al dato di dicembre 2018. Per avere un quadro più chiaro dell’impegno regionale sui percorsi di sostegno alla domiciliarità, a questa tipologia di contributi occorre aggiungere gli interventi a favore delle persone con Sla e le risorse regionali messe in campo per favorire la vita indipendente.

Nel primo caso si tratta di circa 250 persone affette da Sla, che ricevono un contributo (1.650 euro mensili) per sostenere le spese di un caregiver familiare che consente la permanenza al proprio domicilio, nei casi in cui questa può essere assicurata senza compromettere la sicurezza del paziente, quando la malattia è nella sua fase avanzata. A valere sul medesimo Fondo nazionale per le Non Autosufficienze, ogni anno la giunta regionale destina circa 3,5 milioni di euro per le persone con Sla.

Nel secondo caso si tratta di 9 milioni di euro che annualmente la giunta regionale destina a più di 800 persone con disabilità grave (da 800 a 1.800 euro mensili), che propongono ai servizi territoriali un proprio progetto di vita indipendente per la realizzazione di percorsi scolastici, lavorativi, di sostegno alla genitorialità o per il tempo libero, lo sport e l’inclusione sociale.

In tutti i casi il cittadino deve rivolgersi ai servizi e chiedere che sia valutata la sua condizione di salute e la sua capacità di autonomia possibile, anche attraverso il supporto di un assistente personale.

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Centro tecnico di Coverciano, un Pegaso per lo Sport e un documentario per i 60 anni

FIRENZE – “Coverciano prosa e poesia del Calcio. Viaggio nella casa degli azzurri, eccellenza toscana nel mondo”. Questo il titolo del documentario per celebrare i 60 del Centro tecnico federale della Federazione italiana Gioco Calcio, che ha sede a Firenze nel quartiere di Coverciano, realizzato da Fondazione Sistema Toscana e Regione Toscana e che sarà proiettato il prossimo giovedì 25 luglio alle 12 nella Presidenza della Regione, in sala Pegaso.

Durante la presentazione verrà anche conferito il Premio speciale del Pegaso per lo Sport 2018 al Centro tecnico e al suo direttore Maurizio Francini.

Storia, presente e obiettivi futuri di Coverciano – nel documentario curato da Simona Bellocci con immagine inedite e di grande qualità – saranno raccontati dalla voce di Demetrio Albertini, attuale presidente del settore tecnico della Figc, Roberto Mancini, ct della nazionale azzurra, Renzo Ulivieri, direttore della scuola allenatori settore tecnico della Figc, Fino Fini presidente della Fondazione Museo del Calcio e al direttore del Centro tecnico Maurizio Francini.

Nell’occasione la Regione Toscana conferirà un secondo Premio speciale Pegaso dello Sport alla Acf Fiorentina, alla memoria di David Astori, il compianto capitano della squadra prematuramente scomparso il 4 marzo 2018.

Alla cerimonia interverranno gli assessori al turismo e allo sport della Regione Toscana Stefano Ciuoffo e Stefania Saccardi, insieme al direttore di Fondazione Sistema Toscana Paolo Chiappini. L’evento sarà condotto dal presidente di Ussi Toscana, il giornalista Franco Morabito.
 

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Nei prossimi 20 anni è previsto uno sviluppo esponenziale per il traffico aereo.

Il Global Market Forecast di Airbus rivela che da qui al 2036, saranno necessari 530.000 piloti e 550.000 tecnici qualificati da impiegare negli incrementi di flotta per i quali sono precisti 35.000 aeromobili pari ad un controvalore di 5.300 miliardi di dollari.

Secondo lo studio di Airbus, a livello mondiale, la flotta di aerei passeggeri di capacità superiore a 100 posti dovrebbe più che raddoppiare nel corso dei prossimi 20 anni (oltre 40mila aeromobili), vale a dire un incremento del 4,4% annuo per il periodo 2017-2036.

 

Sono diversi i fattori che spiegano il fabbisogno di 34.170 aeromobili passeggeri e di 730 aeromobili cargo, per un valore globale di USD 5.300 miliardi, nel corso di questo periodo: il numero crescente di passeggeri che prenderà l’aereo per la prima volta, l’incremento di reddito disponibile dedicato al trasporto aereo, l’espansione del turismo, la liberalizzazione del settore, la disponibilità di nuove rotte e l’evoluzione dei modelli di business delle compagnie aeree. 
La crescita del traffico aereo è più elevata nei mercati emergenti quali Cina, India e gli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, in cui il tasso di crescita annuale è praticamente il doppio rispetto a quello dei mercati maturi (3,2%) quali il Nord America e l’Europa Occidentale. I mercati emergenti, che a oggi contano una popolazione di 6,4 miliardi di persone rispetto a una popolazione mondiale di 7,4 miliardi, saranno responsabili entro il 2036 di quasi il 50% dei consumi privati a livello mondiale.

 

“Il trasporto aereo è notevolmente resiliente rispetto agli shock esterni, e raddoppia ogni 15 anni”, ha dichiarato John Leahy, Chief Operating Officer Customers di Airbus Commercial Aircraft. “La regione Asia-Pacifico resta un motore di crescita, e il mercato interno cinese diventerà il più importante al mondo. I redditi disponibili sono in crescita e, a livello delle economie emergenti, entro il 2036 il numero di abitanti che viaggia in aereo triplicherà”.

 

 

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Indifferenti ai diritti: sul fine vita e utero in affitto il governo gioca a nascondino e il Parlamento è bloccato da anni

Per il momento, si potrebbe dire che la volontà di intervento del governo Gentiloni su alcuni temi è inversamente proporzionale all’importanza e all’urgenza che gli stessi hanno per i cittadini, e soprattutto al vuoto legislativo che su questi si è creato nel corso degli anni. La debolezza dell’esecutivo su questioni che toccano da vicino l’esistenza di milioni di cittadini, al pari di temi storici coma lavoro e sicurezza, è stata messa a nudo negli ultimi giorni dalla vicenda di Dj Fabo, ma l’impressione di impotenza è stata rafforzata dopo l’arrivo, in giornata, della clamorosa ordinanza della Corte di Appello di Trento, che ha riconosciuto la piena genitorialità a una coppia gay dopo la nascita di due gemelli grazie all’utero in affitto.

Due questioni che ormai da anni inchiodano la magistratura a un ruolo di surrogato della politica, sullo sfondo di un far west legislativo che, a quanto pare, rimarrà tale, almeno per questa legislatura. Difficile interpretare in altro modo la dichiarazione del ministro della Salute Lorenzin sulla triste storia di Dj Fabo, che in ogni caso non spingerà il governo a mettere mano alla legislazione in materia.

Il ministro ha fatto intendere che il governo preferisce lanciare la palla nel campo di un Parlamento che da vari anni e legislature non è riuscito nemmeno a fare arrivare in aula un testo sul testamento biologico. Allo stesso modo, sulla sentenza di Trento si è assistito oggi a una sorta di fiera del silenzio, da parte di Palazzo Chigi, dove i telefoni dei diretti interessati hanno squillato a vuoto e si è rivelata un’impresa difficilissima il carpire informazioni o semplici orientamenti sulle future mosse del governo su questo fronte. L’impressione, stando a quello che è filtrato da alcuni ambienti ministeriali, è che non si potrà mettere mano al dossier adozioni gay, anche se questo che era stato tra l’altro indicato come di stretta urgenza da parte del precedente esecutivo, all’indomani dell’approvazione della legge sulle unioni civili.

Una legge che il governo Renzi era riuscito a portare a casa proprio grazie a un compromesso al ribasso che consisteva nello stralcio della parte relativa alla stepchild adoption, su cui l’ala cattolica della maggioranza e dello stesso governo aveva posto un veto insormontabile.

A questo era seguita l’approvazione alla Camera di una serie di mozioni che invitavano l’esecutivo a occuparsi della questione, che però sono rimaste lettera morta. Dopo mesi, le distanze all’interno della maggioranza sono rimaste immutate, e se un governo nel complesso solido come quello presieduto da Matteo Renzi non era riuscito a sbloccare l’impasse, difficilmente potrebbe riuscire nell’impresa il governo Gentiloni, costretto a muoversi con una debolezza congenita data dall’incerta prospettiva politica. Elementi che inducono a pensare che eutanasia, testamento biologico, adozioni gay continueranno ad essere, per i prossimi mesi, esclusivamente il terreno di uno scontro sterile e ideologico tra laici e cattolici, così come è stato anche oggi.
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Elisabetta Sterni, 30 anni: “Hanno diffuso sul web il mio video hot, ma io non farò la fine di Tiziana Cantone”. L’intervista a Repubblica

“Non farò la fine di Tiziana Cantone, la ragazza di Napoli che ha deciso di togliersi la vita, per questo sono uscita allo scoperto”: a parlare è Elisabetta Sterni, 30 anni appena compiuti, che ha permesso al suo ragazzo di riprenderla in momenti di intimità. Ora quel video, di pochi secondi, è diventato virale: è comparso su migliaia di gruppi Whatsapp ed è stato caricato anche su un sito porno. La giovane ha deciso però di far sentire la propria voce e di non farsi schiacciare dal peso della vergogna e dell’umiliazione. “Quel ragazzo mi piaceva, non ci ho pensato – ha detto in un’intervista a Repubblica -. Ho fatto quel video, mi sono fidata”.

Invece adesso si è ritrovata ad essere la protagonista di un filmato hot che rimbalza su tutti i telefonini.
“È stato girato la scorsa estate ma è diventato virale circa due settimane fa. Quando me l’hanno detto stavo per svenire”.

Chi l’ha avvisata?
“Il gestore del locale per cui lavoro mi ha chiamata in disparte una sera”.

E lei come ha reagito?
“Ci sono rimasta di sasso ma speravo fosse una esagerazione. Poi ho iniziato a indagare e mi sono resa conto che tutta la gente che mi stava intorno aveva quel video. È arrivato persino sul telefonino di mia nipote di 17 anni”.

Come ha gestito la situazione?
“Mi sono spaventata tantissimo e ho deciso di cancellarmi da tutti i social network. Ho eliminato qualsiasi profilo. Poi però mi sono detta che no, non era giusto”.

Elisabetta ha deciso di passare all’azione, di non rimanere passiva a guardare la sua reputazione fatta a pezzi in quel modo. “Denuncio tutti. Denuncio lui, perché ha tradito la mia fiducia – ha spiegato -. Ma è giusto che paghi anche chi ha moltiplicato quelle immagini con leggerezza, senza rendersi conto di come si può far male a una persona”.

Il suo scopo è quello di evitare di fare la fine di Tiziana Cantone: la giovane vuole rialzarsi, nonostante tutto. Per questo ha deciso di esporsi.

Lei ha deciso di uscire allo scoperto, con nome e cognome. Perché?
“Mi ha colpito molto la triste storia di Tiziana. Quando mi sono trovata nella sua stessa situazione ho pensato che dovevo necessariamente tirare fuori qualcosa di buono da questa storia”.

Qual è l’aspetto che più l’ha colpita nella tragedia successa a quella ragazza?
“I giudizi della gente che ti possono mettere il cappio al collo. L’hanno giudicata tutti, senza porsi domande, senza chiedersi come si poteva sentire”.

Nonostante questo lei ha deciso di non nascondersi.
“L’ho fatto solo per dire a chi sta vivendo disavventure come la mia che mi può scrivere. Che non è sola”.

Qualcuno le ha già scritto?
“Certo, ho ricevuto decine di messaggi. Prima ero una poco di buono, ora sono diventata una specie di eroina. Mi dicono: brava, vai avanti senza paura. Vuol dire che aver denunciato è stata la cosa giusta”.


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“Mio figlio si è ucciso a 16 anni. Non sono stato un buon padre, non ho saputo capirlo”. Il dolore del padre del ragazzo suicida per pochi grammi di hashish

“Mi chiedono se mi ritengo comunque un bravo padre. No, non lo sono stato. Non ho saputo capire mio figlio”. È duro lo sfogo del papà del ragazzo sedicenne che si è suicidato dopo che gli erano stati trovati in tasca una decina di grammi di hashish durante dei controlli della Guardia di Finanza all’uscita dell’istituto scolastico di Lavagna, in provincia di Genova. Il giovane, già alla prima perquisizione, aveva confessato di essere in possesso di altri grammi di hashish trovati nella casa in cui viveva con la madre e il compagno di questa.

Scrive La Stampa:

La visita della Fiamme Gialle a casa, il rimprovero della madre, il gesto repentino di raggiungere il balcone e buttarsi giù, senza una parola.

“Spero solo che questa tragedia serva perché non ne accadono delle altre. Ho detto all’allenatore della squadra che dica ai ragazzi come lui stesso, il parroco, noi genitori siamo tutti sempre pronti a capirli e a consigliarli, devono sentire quanto amore c’è intorno a loro”.

Amore che non è bastato per salvare la vita di questo ragazzo che, stando ai racconti di chi lo conosceva, non era trascurato dalla famiglia. Nessun disagio sociale dunque dietro il suo gesto, probabilmente un malessere personale avvalorato dai racconti dei suoi coetanei. Racconta a La Stampa una ragazza dal maglione rosso:

“Lo conoscevo dalla quinta elementare, per anni abbiamo condiviso centri estivi e settimane bianche. C’era un malessere che lo tormentava. Con me ha fatto un discorso generale, senza parlare di fatti specifici. Ricordo una sua frase :’Tanto finisce tutto male’ “.

Nel manifesto funebre del giovane c’è anche un ringraziamento alla Guardia di Finanza di Chiavari probabilmente per evitare di fomentare nuove polemiche. “Cosa sarebbe stato opportuno oppure no non dobbiamo dirlo noi. Loro hanno fatto quello che dovevano”, spiega ancora il padre del ragazzo. Nel frattempo il procuratore Capo di Genova Francesco Cozzi riflette su quanto accaduto.

“Quando si effettua un atto di questo tipo nei confronti di persone fragili, fermo restando che in questo caso c’era un genitore del giovane e si è svolto tutto in maniera regolare e trasparente, occorre prevedere a supporto di una persona che vive un’età fragile e fa uso di stupefacenti un aiuto psicologico”

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Sanremo 2017, Maurizio Crozza propone il Sanremellum al posto dell’Italicum e si chiede: “Cos’ha fatto Matteo Renzi in 3 anni?”

Matteo Renzi, Sergio Mattarella, Papa Francesco: nelle prime 3 serate del Festival di Sanremo Maurizio Crozza ha fatto ridere il pubblico dell’Ariston interpretando alcuni tra i suoi personaggi più famosi e riusciti. Ma per la quarta puntata ha voluto stupire il pubblico con un personaggio “minore” ma azzeccatissimo per Sanremo, centrando il bersaglio anche stavolta.

Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di IPSOS, apre infatti la quarta videocartolina firmata Crozza. Plausibili i sondaggi che il comico genovese inventa per il suo Pagnoncelli, ma le risposte sono assurde e davvero divertenti: “Abbiamo chiesto chiesto agli italiani cosa hanno gradito di più del Festival“. Tra le risposte: “Tua sorella” e “Ma la Parodi non ha nient’altro da fare?”. Oppure, in un’ipotetica consultazione degli italiani sulla conduzione a due Conti-De Filippi: “Libero i rottweiler” e “ho rivalutato Pippo Baudo”.

Prima di passare a tematiche politiche, poi, il comico Genovese rimane nelle questioni interne al Festival e si pronuncia sulla presuntata trattativa tra Carlo Conti e Mediaset per un passaggio ai canali di Berlusconi, smentita più volte dallo stesso Conti. “Carlo e Maria, Maria e Carlo, ormai siete inseparabili: dove va l’uno va l’altra, Maria per amore di Carlo è venuta in Rai, Carlo per amore di Maria… va beh, per ora c’è una trattativa…”.

Successivamente, la videocartolina di Crozza assume una colorazione politica, più congeniale alla sua vena comica. Prende spunto dalla gara dei giovani per decretare il vincitorie, infatti, per colpire il ministro Fedeli: “Uno dei giovani si laureerà campione. Mi dispiace per lui, perché in questo Paese se ti laurei dopo non puoi più fare il ministro dell’istruzione”.

Poi, una riflessione sulla città che ospita la kermesse: “Dalla settimana prossima cosa sarà di Sanremo? In questi giorni assomiglia a Las Vegas, dalla settimana prossima sembrerà un congresso di Scelta Civica”. Ma la parte probabilmente più riuscita dell’intervento di Crozza è quella riguardante la legge elettorale italiana. “Il sistema di votazione qui al festival di Sanremo funziona alla grande. Perché non lo usiamo anche per il parlamento? Il Sanremellum: cinque giorni di campagna elettorale e via”.

Si tratta dell’aggancio giusto per lanciare una stoccata a Renzi, che quell’Italicum l’aveva pensato e voluto. “L’Italicum è stato definitivamente bocciato dalla Consulta, hannno slavato solo il font, il Times New Roman. Una cosa doveva fare Renzi, ma alla fine del governo Renzi cos’è rimasto? Piuttosto che restare lì 3 anni, uno impara a suonare l’ukulele”.

Tre anni è durato il governo del fiorentino e proprio da 3 anni Carlo Conti è al timone del Festival. Crozza non poteva non notarlo: “Carlo hai fatto più tu in tre anni di festival: hai riciclato Arisa, hai sdoganato Gabriel Garko e ora stai cercando di rendere più umana Maria De Filippi”.


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Un militante M5S attacca Di Battista e Fico: “In tre anni non avete fatto niente. Se vince il Sì ve ne dovete andare”

“Sei cambiato, Di Battista. A livello locale non c’è interlocuzione”. Un militante del Movimento 5 Stelle, durante la marcia a Roma, attacca Alessandro Di Battista e Roberto Fico. “Mi devi dire in tre anni una cosa che è cambiata. In tre anni in Parlamento non avete fatto niente”. Di Battista replica: “Guardaci, siamo qui”. Gli altri attivisti prendono le distanze da questa piccola protesta gridando: “Andate avanti, siete l’unica speranza”. Ma il militante insiste: “Se vince il sì che facciamo? Ve ne dovete andare. Voi vi fate chiamare onorevoli e avete la scorta”.
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Scoperta in Egitto un’antica città di 7mila anni fa e una necropoli databile alla Prima Dinastia

Un’importante scoperta contribuirà a far luce sulla storia dell’antico Egitto. Gli archeologi hanno riportato alla luce un’antica città databile a 7000 anni fa e una necropoli risalente alla Prima Dinastia, circa al 5300 a.C. secondo il Nouvel Observateur, nella provincia meridionale di Sohag. La scoperta, come riporta il Guardian, è stata annunciata dal Ministro delle Antichità Mahmoud Afifi. I reperti si trovano a 400 metri dal tempio di Seti I, nell’antica città di Abydos, dove gli archeologi hanno scoperto anche una serie di utensili e di ceramiche.

Questa città, secondo gli studiosi, era la sede di alti funzionari. Gli scavi hanno infatti portato alla luce delle tombe più grandi di quelle reali di Abydos della Prima Dinastia; una scoperta che certamente consentirà di comprendere meglio la ricca storia di questa antica città. Gli esperti ritengono che Abydos fosse la capitale dell’Egitto verso la fine del periodo predinastico e durante il regno delle prime 4 dinastie. Situato a sud del Cairo, il sito di Abydos è già un importante centro archeologico, che ospita la tomba di Osiride e quello di Seti I.

Il ritrovamento della città potrebbe permettere al turismo dell’Egitto, la fonte di ricchezza primaria di questo stato attualmente in crisi, di ripartire.


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