Meeting antirazzista, venerdì 30 alle 12 la presentazione

FIRENZE – Avrà luogo venerdì 30 agosto la conferenza stampa di presentazione del Meeting Internazionale Antirazzista che si terrà dal 4 al 7 settembre al parco della Cecinella a Cecina Mare (LI). L’appuntamento è alle ore 12 presso la sala stampa Maria Grazia Cutuli di Palazzo Strozzi Sacrati in piazza Duomo 10 a Firenze.

Interverranno alla conferenza stampa Vittorio Bugli, assessore alla presidenza e all’immigrazione della Regione Toscana; Gianluca Mengozzi, presidente ARCI Toscana; Simone Ferretti, responsabile Immigrazione ARCI Toscana. Sarà presente anche Maso Notarianni, giornalista e volontario di Mediterranea Saving Humans.

Il Meeting è promosso dall’Arci, con il patrocinio e il contributo della Regione Toscana, del Comune di Cecina e del Cesvot, e anche quest’anno offre occasioni di formazione, eventi, concerti, mercatino antirazzista e approfondimenti con esperti, studiosi e amministratori locali, sui temi delle migrazioni, dell’antirazzismo, dell’emergenza climatica, dei conflitti dimenticati, dell’antifascismo e della solidarietà.

Archivio notizie

Paola Perego alle Iene: “Prima dicono sì e poi si scusano. Il programma era stato approvato”

“Mi sento messa in mezzo in una cosa molto più grande di me”. Sono le parole di Paola Perego, pronunciate nell’intervista concessa a Le Iene per rispondere alle accuse ricevute dopo la messa in onda della “lista delle donne dell’est”, lista che ha portato alla chiusura del programma “Parliamone sabato” trasmesso su Rai 1.

Accuse di ogni tipo sono state scagliate sulla conduttrice, accuse a cui lei non sa dare una risposta: “Sono disorientata, spaventata. Non riesco a capire bene cosa sia questa violenza contro di me”. La Perego dice di essere confusa, di non rendersi ancora conto di quello che le è accaduto, ma di una cosa è certa: “Sono spaventata. Vedo i giornali e mi sembra una cosa surreale, che non sta capitando a me. Non ho ancora metabolizzato. Non me lo merito, credo di essere una brava persona.”. Poi un pensiero a tutte le persone che, come lei, hanno perso il lavoro dopo la chiusura del programma: “Sto male per tutte quelle persone che, fidandosi di me, mi hanno seguita in questo programma. Ora resteranno senza lavoro e avranno problemi a pagare l’affitto”.

parliamone sabato

Ma per la conduttrice c’è sicuramente altro: “C’è qualcosa di molto più grande. C’è gente che ha bestemmiato, hanno intervistato il figlio di Totò Riina facendogli l’altarino, abbiamo visto in televisione qualunque cosa”. Per la Perego il suo “era un gioco”. “È scoppiata la bomba – prosegue – ma la bomba non c’è. Hanno usato me come potevano usare forse qualcun altro. Forse è scomodo mio marito”. “Hanno chiuso il programma – spiega – e credo che rescinderanno anche il mio contratto, ma questo non è un problema, cioè io non sono quella persona che stanno descrivendo e chi mi conosce lo sa”.

Ma più che la rescissione del contratto, ciò che più ferisce la sensibilità della conduttrice è un’altra, come spiega nell’intervista a Le Iene, l’essere passata per una sessista insensibile: “Sì, perché non lo sono. Poi non posso stare qui a elencare i miei pregi o le cose che io ho fatto, ho anche otto mila miliardi di difetti, però io non sono quella persona che oggi è descritta sui giornali”. “Sì, può essere stata una pagina brutta, ma è incredibile perché dal niente è partita un’eco mostruosa su una cosa che non c’è, non esiste. È devastante. Non verrà mai fatta chiarezza. Gli argomenti in Rai vengono approvati prima di essere messi in onda dal capostruttura, dal direttore di rete. Mi hanno approvato questo argomento e mi hanno cassato il femminicidio perché non volevano che ne parlassimo perché non era con la linea editoriale”.

Un’accusa “pesante” come sottolinea la Iena, ma la Perego ribatte. “Prima l’approvano e poi si scusano. Ma di cosa? Ma di che stiamo parlando? Loro si sono dissociati da una cosa che avevano approvato e adesso fanno la figura di quelli che stanno salvando l’Italia da questo “mostro” che è sessista, che porta in televisione queste cose”. Poi sulla lista precisa: “Ha fatto casino perché è l’unica cosa che hanno visto, non hanno visto tutto il resto”. La conduttrice sostiene che il “programma andava visto, bisognava seguire la discussione e cogliere il lato ironico della cosa”. “Forse però – afferma – mi è venuta male perché non sono tanto ironica io”.

Poi ammette che quanto accaduto è “una pagina mediocre come tante altre” della televisione: “Ma mi vorrei scusare per la dichiarazione di Fabio Testi. Ho chiesto di non invitarlo più”. Poi la Iena le riporta le dichiarazioni della Boldrini, la quale ha affermato che la Perego abbia trattato “la donna come un animale domestico”. “Quando la signora Boldrini ancora non era in politica – risponde la conduttrice – e faceva televisione, io già lottavo per i diritti delle donne. Perché non sono sessista, ma non solo non lo sono, perché porto avanti una battaglia da sempre, perché è uno dei miei principi base, la difesa dei diritti delle donne principalmente. Fa male”.

“Dalle posizioni che hanno preso – conclude – è difficile tornare indietro. E poi sono dei codardi”
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Mario Melazzini (Aifa): “C’è una vita oltre la Sla. Bisognerebbe assicurare a tutti un vero accesso alle cure”

“Sono sempre più esausto, ogni giorno i dolori peggiorano, dipendo integralmente dagli altri. Ma sono tenacemente innamorato della vita. E sulla terra, finché sarà possibile, ho intenzione di restare”. È la testimonianza di Mario Melazzini, direttore generale dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, che in un’intervista a Repubblica racconta i suoi dieci anni da malato di Sla e spiega perché a suo avviso il testamento biologico non è una scelta di libertà per i malati.

“Ho una forma di Sla molto lenta. E non ho voglia di arrendermi. Un pò come Stephen Hawking. Ci siamo scritti. Condivido il suo pensiero. In ogni giorno di vita c’è qualcosa da scoprire. Anche su una sedia a rotelle”, afferma. “Per me essere nutrito con una pompa nella notte non è un atto medico, ma, appunto, la vita. Come per gli altri mangiare e bere. Per questo sono convinto che non si possano interrompere”. “Io non giudico nessuno, ma forse prima di parlare di testamento biologico bisognerebbe assicurare a tutti un vero accesso alle cure, sostegni alla famiglia, la medicina palliativa. La voglia di mollare nasce dall’abbandono del paziente”.

Melazzini racconta di essere stati pronto al suicidio assistito: “Ma poi ho avuto paura. Del resto quando il 17 gennaio del 2003 un mio collega mi ha guardato negli occhi e mi ha detto ‘Melazzini lei ha la Sla’, mi sono sentito come tutti i malati gravi: un naufrago disperato. Da medico sono diventato un paziente e ho visto l’impotenza della medicina”. “Ho capito che c’erano cose che non avrei potuto più fare, ma altrettante ne avrei potute scoprire… Ho ricominciato a guardare avanti. Per esempio a lottare per i diritti dei malati di Sla”.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Incendio a Montesilvano, senegalese si appende al cornicione per sfuggire alle fiamme. Poi perde la presa e cade: morto

Si sono svegliati di soprassalto, il loro appartamento al sesto piano era invaso dal fuoco, istintivamente sono andati verso una finestra. Uno dei due ha trovato una nicchia sicura, l’altro ha resistito per un po’ reggendosi al cornicione, ma poi ha perso la presa ed è precipitato nel vuoto. E’ morto così, a Montesilvano, Ndiaga Diallo, 52enne senegalese. Il connazionale con cui divideva l’appartamento in via Isonzo, 46enne, è stato salvato dai Vigili del Fuoco che lo hanno raggiunto con l’autoscala. E’ stato ricoverato in ospedale a Pescara con una seria intossicazione. Il rogo si sarebbe sviluppato nel soggiorno-cucina dell’appartamento che è stato dichiarato inagibile e ora è sotto sequestro.

I due senegalesi risultano irregolari in Italia, secondo quanto accertato dai Carabinieri della Compagnia di Montesilvano, coordinati dal capitano Vincenzo Falce, che ora indagano per capire le cause dell’incendio.

Le finestre “piene di fiamme”, i due uomini che chiedevano aiuto, persone in strada che urlavano “state fermi, i soccorsi stanno arrivando”: così un testimone ripercorre i drammatici momenti dell’incendio di via Isonzo. “Proprio quando stava intervenendo l’autoscala, uno dei due ha perso l’appiglio ed è caduto” aggiunge. “Io urlavo ‘calma calma!’ – racconta tra le lacrime una donna – Dicevamo a quel ragazzo di stare fermo, ma purtroppo all’improvviso è caduto”. “Ero sul terrazzo, ho visto due finestre piene di fuoco e quelle due persone che chiedevano aiuto. In quel palazzo abitano molti stranieri, tutte persone tranquille. Abbiamo buoni rapporti di vicinato” racconta un altro residente. “Ho sentito un forte rumore di calcinacci e odore di bruciato, ma solo quando sono uscito mi sono reso conto che a bruciare era un appartamento sul mio stesso pianerottolo.

Una volta arrivati, i soccorritori hanno fatto evacuare l’edificio” riferisce un inquilino. Due le squadre dei Vigili del Fuoco intervenute, partite – subito dopo la prima di tante chiamate pervenute ai numeri di emergenza – una da Montesilvano, un’altra da Pescara, con un’autobotte e l’autoscala che ha avuto qualche difficoltà a passare, ostacolata da un palo e da un grosso albero. Stando alle prime informazioni, l’appartamento distrutto sarebbe di proprietà di un altro senegalese. Il pm Rosangela Di Stefano ha disposto l’autopsia sul corpo del 52enne.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

La Russia fa paura, la Svezia ripristina il servizio militare. Saranno chiamati alle armi i nati dopo il 1999

La corsa al riarmo contagia perfino la Svezia. O meglio, l’incremento delle spese militari annunciato da Donald Trump e l’intenzione di reagire della Russia costringono la Svezia a correre ai ripari, ripristinando il servizio militare a 7 anni dalla sua abolizione.

La Svezia ha annunciato oggi che il servizio militare, soppresso nel 2010, sarà ripristinato nel 2017 per rispondere all’evoluzione della situazione di sicurezza legata al riarmo della vicina Russia. “Il governo vuole un metodo di reclutamento più stabile e intende aumentare la nostra capacità militare perché la situazione della sicurezza è cambiata”, ha spiegato il ministro della Difesa Peter Hultqvist. Un progetto di legge apposito sarà adottato oggi in Consiglio dei ministri.

Il servizio militare obbligatorio sarà ripristinato dalla prossima estate per tutti gli svedesi nati dopo il 1999. La leva durerà 11 mesi. Circa 13.000 svedesi dovrebbe essere mobilitati a partire dal primo luglio 2017, ma solo 4.000 saranno selezionati, in base alla loro motivazione e capacità, e chiamati alle armi ogni anno dopo il primo gennaio 2018.

Il testo di legge sarà certamente approvato anche dal Parlamento, essendo oggetto di un accordo tra il governo di sinistra e l’opposizione di centrodestra. “La nuova situazione della sicurezza è una realtà che si esprime soprattutto sotto forma di una dimostrazione di forza russa che a lungo è stata sottostimata”, ha spiegato un esperto del settore, Wilhelm Agrell.

Nel 2010, la svezia, che non ha vissuto conflitti armati nel suo territorio per più di due secoli, aveva rimosso la coscrizione, introdotta per la prima volta nel 1901 ma ritenuta inadeguata alle esigenze di un esercito moderno. La Svezia non fa parte della nato ma ha sottoscritto il partenariato per la pace, programma lanciato nel 1994 per sviluppare la cooperazione militare tra Alleanza Atlantica e paesi non membri.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Libero risponde alle critiche per il titolo su Virginia Raggi elencando i titoli sessisti sul blog di Beppe Grillo

“Pistola fumanti”. Così Libero decide di aprire l’edizione di oggi, dopo la bagarre di ieri in seguito al titolo rivolto alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Quanto chiasso per una ‘patata bollente’, l’occhiello del titolo. “Gli educati inventori del Vaffaday ci mettono alla gogna e la sinistra si accoda accusandoci si sessismo – si legge nel sommario che accompagna l’editoriale del direttore Vittorio Feltri -. Ma quando riservammo a Ruby la medesima copertina dedicata alla Raggi nessuno si lamentò, al solito, due pesi e due misure”.

In prima pagina anche un editoriale di Gianluca Veneziani dal titolo “Così i professionisti dell’insulto trattano le rivali politiche”, corredato da un fotomontaggio ripreso dal blog di Grillo che nel 2011 “sbeffeggiava alcuni protagonisti del dibattito sul caso Ruby”, come si legge nella didascalia dell’immagine con Gad Lerner, Mara Carfagna, Nicole Minetti e la stessa Ruby.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Francia, Hamon supera Valls alle primarie del partito socialista. Vince il candidato anti establishment

La sinistra francese ha finalmente il suo candidato. Con il risultato (ancora provvisorio) di 58,65% a 41,35%, il frondista Benoît Hamon conferma l’exploit del primo turno, battendo Manuel Valls al ballottaggio delle primarie.

Al di là del risultato, il Partito Socialista può dirsi soddisfatto in termini affluenza. A metà pomeriggio avevano già votato 1,3 milioni di persone, il 22,8% in più rispetto a domenica scorsa.

Dopo Nicolas Sarkozy, l’elettorato d’oltralpe mette alla porta anche l’ex Primo Ministro, confermando quella voglia di cambiamento che si era già manifestata a novembre in occasione delle primarie della destra vinte da François Fillon. Ed è stata proprio la strategia del “tutto tranne Valls” la chiave di volta con cui Hamon è riuscito a rimontare nei sondaggi aggiudicandosi la candidatura alle prossime presidenziali. La sfida in questa seconda tornata elettorale ha visto contrapporsi le due “sinistre inconciliabili” che in questi ultimi anni hanno spaccato il partito a metà.

Dato inizialmente come favorito, nel corso della sua campagna elettorale Valls ha perso progressivamente punti, costretto a barcamenarsi tra un programma povero di novità e la difesa dell’operato del governo, il più impopolare nella storia della V Repubblica. Protezionista sul tema dei migranti, conservatore in campo delle politiche sociale e rigido sulla laicità di stato: le proposte dell’ex premier non hanno saputo convincere i simpatizzanti di sinistra, che hanno respinto la sua linea politica, giudicata troppo istituzionale.

Dal canto suo, l’ex ministro dell’istruzione ha saputo sfruttare al meglio la situazione, concentrando la sua campagna su alcune proposte innovatrici come il reddito universale di cittadinanza, argomento che in questi ultimi giorni ha occupato una buona parte del dibattito politico.

Oltre a contare sull’appoggio dell’amico Arnaud Montebourg (arrivato terzo al primo turno), Hamon ha ricevuto il sostegno di tutta l’ala frondista del partito, che con questa vittoria è riuscita a prendersi una rivincita sul governo di Hollande.

Nella settimana che ha separato i due turni, lo scontro tra i due candidati si è fatto più acceso, con il disperato attacco di Valls che si è scagliato contro il suo avversario tentando il tutto per tutto. Rimasto sulla difensiva, Hamon ha saputo gestire lo stress del rush finale, mostrandosi più sicuro e determinato.

Per il nuovo leader della sinistra, però, la strada per l’Eliseo è ancora lunga. Secondo gli ultimi sondaggi, il candidato del Partito Socialista si fermerebbe al quinto posto, lasciando a François Fillon e Marine Le Pen la sfida del ballottaggio.

Il primo compito del nuovo candidato sarà quello di riunire le gauche sotto un’unica bandiera, cercando di evitare una diaspora elettorale che andrebbe a favorire altri candidati, primo fra tutti Emmanuel Macron. La vittoria di Hamon potrebbe infatti giovare all’ex ministro dell’economia, che grazie alle sue proposte social-liberali avrebbe una forte influenza sui simpatizzanti di Valls. Secondo un’indiscrezione diffusa venerdì dal sito Europe 1, un gruppo di deputati vicino all’ex-premier sarebbe già pronto ad abbandonare il Partito Socialista per unirsi a Macron. A questo si aggiunge poi la figura di Jean-Luc Melenchon, ex-socialista candidato per la sinistra radicale, che andrebbe a rubare consensi proprio tra gli elettori di Hamon.

Il Partito socialista si ritrova così in balia dei suoi avversari, incapace di trattenere a sé quella base elettorale necessaria per ripartire. Per riacquistare credibilità, Hamon dovrà incarnare un’alternativa politica convincente, legata a quei valori della sinistra francese che in questi ultimi anni sembrano essersi persi.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Referendum jobs act, durissima lettera di risposta della Cgil alle parole di Staino. E sulla decisione della Consulta la temperatura sale

La risposta della Cgil è durissima, quasi feroce. La “bomba” sganciata dall’Unità, dalla penna del suo direttore Staino che ha lanciato un durissimo j’accuse contro la segretaria della Cgil Susanna Camusso, al timone di un sindacato che avrebbe dimenticato gli insegnamenti di predecessori come Luciano Lama e Bruno Trentin, non poteva rimanere senza replica.

Il sindacato di Corso d’Italia, dopo un frenetico giro di telefonate, ha deciso di replicare con una lettera al giornale del Pd. Che già dai firmatari indica la “pesantezza” del concetto che si vuole esprimere. In calce compaiono le firme di tutti i componenti della segreteria nazionale. Più quelle di tutti i segretari di categoria. L’autografo mancante è uno solo: quello della Camusso. Una risposta unanime, collegiale, a quello che viene derubricato ad attacco personale. Ed è proprio quello del rifiuto del metodo personalistico di Staino il primo dei tre punti intorno a cui ruota la missiva. Il secondo, se si vuole, è ancora più pesante. E indica nel livore del direttore de L’Unità l’unico contributo alla discussione sulle politiche del lavoro. Staino, terzo punto, parli nel merito, offra soluzioni. In caso contrario l’interlocuzione non ha luogo di essere.

Mancano pochi giorni alla decisione della Corte Costituzionale sui referendum sul jobs act e la temperatura politica sale vertiginosamente. L’11 gennaio il giorno clou che rischia di trasformarsi (dopo il referendum costituzionale) in un nuovo conto alla rovescia per la fine della legislatura. E segnerebbe, in caso di vittoria dei Sì, lo smembramento definitivo dei provvedimenti simbolo dell’era Renzi. Senza contare che l’ammissione dei quesiti proposti dalla Cgil diventerebbero la scusa per accelerare lo scioglimento delle Camere ed evitare così una consultazione piuttosto insidiosa. Ma nonostante la decisione sia prettamente giuridica, le ricadute politiche non sono certo ignorate dai giudici della Consulta.

Sarebbe più opportuno un “dialogo con il Parlamento” e non un ripetitivo attacco al governo di turno, senza offrire al contempo un progetto, una prospettiva e una conseguente azione politica”, aveva scritto il direttore dell’Unità, accusando la Cgil di “rimanere sulle barricate aspettando che cambi il governo”. Nello stesso giorno in cui anche la Cisl scarica il sindacato di Corso Italia e nonostante in tanti invochino la strada che eviti lo scontro finale a sinistra e nel Pd, la tensione è alle stelle. L’Unità non è un giornale qualsiasi e nella minoranza Dem è il senatore Federico Fornaro a esprimere “tristezza” per l’attacco frontale. “Ci saremmo aspettati di leggere certe frasi su altri quotidiani”, dice l’esponente della minoranza interna che considera l’attacco “tutto personale e non in linea con la storia del giornale”. In sintesi ritorna quel “fuoco amico” indirizzato verso Bersani e ad altri esponenti della sinistra del Pd che sembra essere diventato lo stile dell’Unità”.

A dare una mano al governo che a tutti i costi vuole disinnescare la pericolosissima mina è arrivata anche Annamaria Furlan. In un’intervista all’Huffpost, la segretaria della Cisl liquida senza troppe sfumature la consultazione proposta dalla collega: “Il referendum non è lo strumento migliore per parlare di legislazione del lavoro, sui voucher si proceda con un intervento legislativo. Quando le imprese sono in crisi non c’è articolo 18 che valga”. Un accerchiamento dal quale la Cgil, che in questi giorni ha intrapreso la linea della prudenza comunicativa, ritenuta la più efficace per non caricare troppo la decisione della Consulta, non poteva non uscire.

Ma la maggioranza del Pd tira dritta. Filippo Taddei, responsabile Economia del Pd, ribadisce la linea: “Le modifiche non si fanno per evitare il referendum, ma per migliorare la norma, se necessario”. Specifica che sta a cuore anche al governo, e che persegue sempre la via Parlamentare e il conseguente venir meno delle urne

Qualunque sia la motivazione, dietro lo scontro, il merito dei referendum sui quali anche parte della sinistra sembra voler perseguire la strada parlamentare. “A partire dal quesito sui voucher, bisogna andare incontro alle richieste dei proponenti” è la linea della minoranza che sollecita maggioranza e governo a mandare avanti le proposte della commissione lavoro della Camera che ha già avviato il lavoro. “Le forze politiche facciano il loro mestiere mentre la Corte Costituzionale sta facendo il suo” spiega ancora Fornaro disponibile alla correzione “senza furberie legislative o pressioni improprie sui giudici” utili solo a neutralizzare i referendum. Nella sostanza, un ritorno alla legge Biagi dove gli stessi voucher erano previsti ma limitati agli stagionali in agricoltura, un settore dove oggi i buoni lavoro sono solo l’un per cento del totale.

Il peso dei 121,5 milioni di voucher venduti nei primi dieci mesi del 2016 rischia poi di ricadere anche sulla mozione di sfiducia che pende sul ministro del Lavoro Poletti, presentata dalla Lega, M5S e Sinistra Italiana. La scivolata del ministro (sulla possibilità che il referendum potesse essere evitato grazie allo scioglimento anticipato delle Camere) scatenò le dure reazioni della sinistra Pd che senza una marcia indietro sui voucher ha minacciato di non sostenerlo.

Martedì Poletti è atteso in Senato per un’informativa sulla vicenda mentre la sfiducia personale non è stata ancora calendarizzata. Un voto che in apparenza non vede rischi per la maggioranza ma che potrebbe diventare un altro elemento di pressione per i giudici della Corte che il giorno dopo dovranno esprimersi sull’ammissibilità dei tre referendum della Cgil.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Giunta Raggi, l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban ai 5 Stelle: “L’onestà non basta, primi mesi poco efficienti”

È arrivato dal nord Italia inviato dalla Casaleggio Associati per dare una mano a Virginia Raggi – i maligni dicono “commissariare” – per gestire le enormi difficoltà di gestione di Roma Capitale. Il bilancio dei primi mesi che fa Massimo Colomban, imprenditore trevigiano oggi assessore alle Partecipate, sulle pagine del Messaggero non è positivo.

“È innegabile che i primi mesi della Raggi sono stati poco efficienti e non molto produttivi. È la testimonianza che non basta essere onesti per governare, servono esperienze e soprattutto capacità manageriali che il M5S dovrà creare al proprio interno o reperire velocemente all’esterno. Detto questo, la gestione di Roma è di una complessità enorme. E a me non va di entrare in polemiche strumentali verso un Movimento fatto di giovani, sicuramente onesti, che devono però affrontare il passaggio da protesta e contestazione, al più complesso e gravoso compito della gestione. Purtroppo non sarà facile né per loro, né per i professionisti che li stanno affiancando, come il sottoscritto, stante il ginepraio burocratico e dissesto finanziario trovato”.

L’eredità ricevuta è pesantissima, spiega l’assessore, Atac e Ama sono “tecnicamente fallite”, per cui il Governo “deve farsi carico di salvarle”.

“Non pensavo la situazione fosse così deteriorata. Le partecipate dal Campidoglio sono società che, se agissero nel privato, sarebbero già fallite da tempo; ma siccome svolgono servizi pubblici essenziali come i trasporti e la nettezza urbana, non possono fermarsi o fallire. Società che hanno privilegiato la spesa corrente in personale, salari e stipendi, anziché investire in strutture e macchine, che ora sono per il 30-50% da rottamare. Per farlo, servono ingenti risorse che, sommate ai debiti e agli indebitamenti bancari, portano il buco, le necessità economiche di cassa, fra i 2 ed i 3 miliardi”.

Serve più collaborazione fra Campidoglio e Palazzo Chigi.

“Un’idea potrebbe essere tirare una linea, azzerare il pregresso come si fa in tutte le società che si vogliono rilanciare, aggiungendo ai 12 miliardi del debito storico di Roma questi 3 miliardi accumulati dal 2008 al 2016, che potrebbero essere restituiti nei prossimi decenni con un tasso di interesse pari al tasso dei titoli di stato. Altrimenti il nostro sforzo sarà inutile”.


Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Referendum, Beppe Grillo al seggio: “Se vince il Sì rispetteremo il verdetto. Ma andare comunque alle elezioni”

“Abbiamo fatto un grande lavoro, quindi l’importante, se dovessimo perdere, è non dare colpe a nessuno, abbiamo lavorato tutti bene. Se gli italiani hanno scelto una cosa diversa noi la rispettiamo”. Lo ha detto il leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo dopo il voto al seggio di Sant’Ilario, dove è arrivato intorno alle 17.30.

“Io credo che qualunque sia il responso, noi siamo decisi ad andare a elezioni in modo che poi, se verrà confermata questa leadership, rispetteremo il verdetto”, ha poi detto Grillo. Sul futuro del M5S, Grillo ha detto che da martedì “cominceremo sulla rete a condividere il programma su energia, politica estera difesa: cominciamo a lavorare. Stiamo lavorando già sulle persone”. Il programma, ha spiegato Grillo, “integrerà le cose non dette nel 2013”. A scegliere, in caso di vittoria del No, l’eventuale squadra di governo, sarà la rete: “Non avete ancora capito? Sceglierà la rete le persone: sono tutte cose condivise”, ha assicurato Grillo.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost