Salvini propone a Berlusconi la federazione il giorno dopo che Silvio è (ri)sceso in campo. I movimenti di Alfano e Parisi

Questa volta, dopo una serie di false partenze, per la riscossa del centrodestra potrebbe veramente essere la volta buona. Gli indizi delle ultime ore sono troppo importanti per essere derubricati a ennesimo fuoco di paglia sulla strada della ricomposizione dei rapporti tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, preludio a quell’alleanza organica che i consiglieri più stretti dell’ex-Cavaliere (governatore della Liguria Giovanni Toti in testa) hanno sempre ritenuto imprescindibile, anche quando il leader di FI aveva puntato sul progetto moderato di Stefano Parisi. Al punto che, rispondendo a domanda, già arriva a ritagliarsi il ruolo di ministro dell’Interno. E di rivelare già un’ipotesi di nome, dagli echi trumpiani: “Prima gli italiani”.

Il segnale più importante del cambio di passo, che ha fatto letteralmente esultare gli azzurri filoleghisti davanti allo schermo quasi si trattasse di una goal della Nazionale, è la parola “federazione”, pronunciata dal segretario leghista questo pomeriggio a “In mezz’ora” rispondendo a una domanda sulle prospettive di alleanza con Forza Italia. Ma ciò che ha lasciato intendere che Salvini dicesse sul serio, e che non si limitasse a frasi buttate lì per la circostanza, è l’atteggiamento del tutto inedito che il leader leghista ha tenuto sulla questione del rapporto con l’Europa, per il quale ha adottato dei distinguo e delle cautele che finora non erano mai stati nelle sue corde, come per esempio il negare di essere in assoluto antieuropeista, e il marcare una differenza su questo tema con Marine Le Pen e i movimenti sovranisti del resto d’Europa, dopo averli lungamente rincorsi nei mesi precedenti.

E soprattutto dopo lunghe e reiterate polemiche contro il Cavaliere per la militanza del suo partito nel Ppe. Troppo ghiotta, dopo la diffusione degli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani, deve essere apparsa a entrambi la situazione per non tentare di approfittare al meglio del momento di crisi del Pd e per non sfruttare la legge elettorale a proprio favore con una formula che consenta di arrivare a un premio di maggioranza difficilmente raggiungibile da un M5s in solitaria, seppure in forma. Silvio Berlusconi, che ha declinato nelle ultime ore i sondaggi come un mantra, non a caso è tornato all’iniziativa politica con l’intensità dei tempi migliori, sperando nella riabilitazione della corte di Strasburgo ma specificando che sarà al centro della scena politica a prescindere dall’esito della sentenza.

E in attesa del centrodestra 2.0, l’ex-Cav ha ripescato i ferri del mestiere, fiutando il vento (magari un risultato positivo al prossimo giro di amministrative) ed è tornato a parlare dal vivo al proprio elettorato di riferimento con una verve che sembrava perduta, proponendo la pensione minima a mille euro per tutti, nel solco di quanto fatto nel 2001 all’esordio del suo secondo governo o nel 2008 con l’abolizione dell’Ici, con una strizzatina d’occhio questa volta anche agli amici di cani e gatti, cosa che oggi pare aiutare molto nel rapporto con l’elettorato. Il polo moderato a cui guardare, d’altra parte, sembra evaporare con un’operazione, quella dello scioglimento di Ncd e della creazione di Alternativa popolare da parte di Angelino Alfano, più simile a un rompete le righe che a una rifondazione dei centristi. I primi segnali dello smottamento arrivano da Maurizio Sacconi, che ha annunciato di volere aderire al movimento “Energie per l’Italia” di Stefano Parisi, ma non manca chi, all’interno della formazione alfaniana, guarda direttamente al Pd di Matteo Renzi, a partire da chi ha fatto parte del suo governo.
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Italia convinta (o illusa) di stare nell’Europa che corre. Gentiloni si schiera con Merkel. Alfano, diverse velocità già in atto

L’Italia avrebbe dovuto, forse, accogliere le dichiarazioni a sorpresa di Angela Merkel sull’Europa a diverse velocità con una certa preoccupazione e invece le commenta positivamente, definendole la traccia di lavoro per l’Ue in vista della celebrazione dei Trattati di Roma proprio nella Capitale.

“Questo è l’orizzonte su cui lavorare, le celebrazioni di Roma saranno un’occasione importante”. Sono queste le parole che la Repubblica attribuisce al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha lavorato su questo schema a cerchi concentrici da ministro degli Esteri insieme ai colleghi dei paesi fondatori e proprio al summit di Malta di due giorni fa ha introdotto il tema di un’Europa a vari livelli di integrazione incassando, per la prima volta, il sostegno della cancelliera.

“In una Unione a 27 paesi è utopico che tutti possano avanzare con gli stessi tempi e obiettivi. Un gruppo può fare da avanguardia politica e procedere in modo più spedito per raggiungere nuovi obiettivi comuni, quali difesa, sicurezza economica, lotta alle disuguaglianze e sostegno ai giovani” spiega alla Repubblica il sottosegretario agli Affari Europei, Sandro Gozi. “Questa è da tempo la posizione dell’Italia. Ora condivisa anche dalla cancelliera tedesca, fin qui assai prudente sul tema. Ci fa piacere. È un’ottima notizia. E vorremmo che diventasse anche un impegno ufficiale, preso da tutti i paesi dell’Unione, il prossimo 25 marzo a Roma, per i sessant’anni del Trattato. Non sarà facile, ma ci stiamo impegnando al massimo per questo. L’Italia è sempre stata al centro dell’iniziativa europea. E del resto l’agenda dell’ultimo vertice di Malta è stata dettata completamente da noi, dalla Libia ai flussi migratori. Il problema non è trovarsi nel gruppo di testa, ma avere paesi troppo timorosi di riformare l’Europa”.

Ora la strada passa per Roma: il nuovo slancio all’integrazione potrebbe essere parte della dichiarazione che i leader dei 27 – con l’esclusione di Theresa May – approveranno il 25 marzo in occasione dei festeggiamenti del sessantesimo anniversario dei trattati. Da qui partirà il “Processo di Roma”, i cui primi risultati si vedranno nel 2018. L’obiettivo è che con la Dichiarazione di Roma del 25 marzo i leader lancino le cooperazioni rafforzate su difesa, sicurezza, investimenti, approfondimento dell’euro e della dimensione sociale dell’Unione.

La difesa farà da apripista, come spiega il ministro Roberta Pinotti al Messaggero. “La Difesa europea va rafforzata non solo per avere una maggiore autonoma capacità, ma anche perché, se i diversi Stati europei parlano voci diverse all’interno della Nato, questo impoverisce la loro possibilità di incidere. È fondamentale anche per la strategia difensiva della Nato che l’Europa parli una sola voce”. […] “Noi abbiamo bisogno che il nucleo di Paesi che si è mosso con più forza verso la Difesa comune, cioè Italia, Francia, Germania e Spagna, elabori cooperazioni rafforzate che portino ancora più avanti le decisioni assunte”.

È convinzione del Governo italiano che questo processo sia una presa d’atto di una realtà dei fatti, perché già oggi ci sono più velocità di integrazione dell’Europa.

Scrive Angelino Alfano sul Corriere della Sera. “In Europa le diverse velocità, i cerchi concentrici e la differenziazione nelle diverse accezioni, sono già una realtà. Il tema, quindi, non è “se”, ma come e in quali tempi fare i conti con questa realtà. Dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, solo 19 adottano l’euro. La libera circolazione nell’area Schengen riguarda solo 26 Paesi europei, di cui 22 della Ue e 4 associati. Quanto alla difesa e sicurezza comune, 28 Stati aderiscono alla Nato (di cui 26 europei), mentre 57 Paesi partecipano all’Osce e 47 al Consiglio d’Europa. Chi si è concentrato solo sull’Unione in questi anni, ha forse guardato solo a una parte della realtà”

È indispensabile, tuttavia, che l’Italia sia in grado di stare al passo con i più veloci.

“Giusta la mossa di Berlino, via le zavorre. Ma l’Italia deve stare nel convoglio veloce” afferma Enrico Letta in un’intervista al Corriere della Sera “Che Angela Merkel rilanci l’Europa a diverse velocità è un fatto importante, una mossa utile e coraggiosa. La buona notizia è che la proposta venga dalla Germania, il Paese fin qui più immobilista, quello che non voleva toccare nulla e ora invece si muove per la prima volta in una logica di discontinuità. Berlino sembra capire che la mera difesa dell’esistente porta alla distruzione di tutto. La Brexit e Donald Trump costituiscono una doppia minaccia esterna esistenziale e l ‘Europa deve cambiare passo e direzione” spiega l’ex premier, secondo cui l’Italia “deve giocare da protagonista come allora. È una nuova sfida perché dobbiamo stare nel convoglio più veloce, meritarci il ruolo di locomotiva insieme ai Paesi fondatori”. Certo, per Letta “è evidente che la confusione, l’incertezza politica che stiamo raccontando all’esterno non aiuta. L’idea che l ‘Italia sia un Paese nel quale non si sa bene in prospettiva chi comandi, dove l’instabilità istituzionale sia strutturale, è un grave handicap. Dobbiamo fare una grossa analisi di coscienza collettiva e capire che siamo nuovamente in una fase dove si riscrivono le classifiche”.


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Sondaggio Scenari Politici, per avere la maggioranza l’unica opzione possibile sono le “larghissime intese” tra Renzi, Alfano e Berlusconi

“La sera delle elezioni sapremo chi governerà per i successivi cinque anni”. Era riassunto in questa frase dell’ex premier Matteo Renzi l’impianto dell’Italicum, la legge elettorale bocciata per buona parte dalla Corte Costituzionale. Ma quell’impianto è saltato: la Consulta ha cassato il ballottaggio. E la soglia del 40% per far scattare il premio di maggioranza resta, allo stato attuale, un miraggio per tutte le forze politiche in campo. In queste condizioni, se si andasse al voto, per avere una maggioranza sia alla Camera che al Senato le larghe intese non basterebbero. Ci vorrebbero le “larghissime intese”, e anche in questo caso la governabilità non sarebbe certo assicurata. L’ipotesi non è da scartare: dopo una riunione con Renzi al Nazareno, il presidente del Pd Matteo Orfini, in un’intervista all’Huffington Post, ha fissato il termine ultimo per trovare un’intesa tra i gruppi parlamentari sulla legge elettorale: dieci giorni, al massimo. Senza accordo, non ha lasciato spazio a dubbi: si va a elezioni con le leggi che ci sono.

In tal caso, “l’inciucio” sarebbe una strada forzata, secondo un sondaggio e relative simulazioni di Scenari Politici per HuffPost. Andiamo con ordine.

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Per quanto riguarda la Camera dei Deputati, si andrebbe al voto con un sistema proporzionale con premio che scatta se raggiunta la soglia del 40% (ribattezzato dal M5S come Legalicum). Laddove, come facilmente pronosticabile, non venisse raggiunta, la ripartizione dei seggi verrebbe fatta su base proporzionale. Fissata la soglia di maggioranza a 316 seggi, ci sarebbe un solo modo per poter assicurare la fiducia a un governo: le larghissime intese. Ovvero l’arco parlamentare composto da Partito Democratico, Forza Italia, Alleanza Popolare e Südtiroler Volkspartei. In particolare: 201 deputati per il Pd, 91 per FI, 20 per Ap e 5 per Svp. In questo modo, 317 seggi potrebbero assicurare, almeno sulla carta, la tenuta di un governo. Ma è evidente che un equilibrio così precario produrrebbe un esecutivo pronto a cadere alla prima folata di vento.

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Se invece i dem si alleassero con la sinistra (un ritorno all’Unione, in sintesi) si fermerebbero a 232 seggi a Montecitorio. Il Centrodestra unito che vede insieme Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Matteo Salvini e Giorgia Meloni (un ritorno al Popolo della Libertà, per intendersi) non supererebbe la soglia di 224 eletti. Ci sarebbe solo una via d’uscita per governare, una sorta di conventio ad excludendum da Prima Repubblica che tenga fuori i partiti ‘antisistema’ come M5S, Lega Nord e FdI: larghissime intese tra Renzi, Berlusconi e Alfano. E forse neanche basterebbero.

Situazione grossomodo analoga per il Senato redivivo. Per eleggere i membri di Palazzo Madama si andrebbe al voto, anche in questo caso, con un sistema proporzionale su base regionale, frutto dell’ex legge Calderoli (il cosiddetto Porcellum) depurata dal premio di maggioranza bocciato nel dicembre 2013 dalla Corte Costituzionale (che ha preso il nome di Consultellum).

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Accantonando per un attimo le differenze tra le leggi elettorali che regolano l’elezione per le due Camere (differenza sulle soglie di sbarramento, coalizioni ammesse al Senato ma non alla Camera), anche in questo caso, stando alle simulazioni di Scenari Politici, l’unica compagine in grado di votare la fiducia a un governo sarebbe composta da Pd (112), Forza Italia (44), Alleanza Popolare (5), Svp (3), per un totale di 164 seggi con soglia di maggioranza fissata a 158 scranni. A Palazzo Madama, quindi, le larghissime intese produrrebbero un margine di sicurezza più ampio rispetto alla Camera.

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Altre soluzioni? Niente da fare: anche un’ipotetica alleanza post-elettorale tra tutte le forze antisistema, con Movimento 5 Stelle (96), Lega Nord (36), Fratelli d’Italia (9) e altri di centrodestra raggiungerebbe la soglia di 146 seggi al Senato. Troppo pochi. E se il Pd ha intenzione di tener fede alle condizioni che ha posto, non resta molto tempo alle forze parlamentari per trovare un accordo. In caso contrario, le larghe intese sono a portata di mano. Larghissime, pardon.

Ripartizione su base regionale dei seggi al Senato con il Consultellum
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Intenzioni di voto al 28 gennaio
intenzioni

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Angelino Alfano: “Al lavoro per intese sui rimpatri dei migranti irregolari. Accelerare le espulsioni”

“Sono al lavoro per concludere accordi che diminuiscano gli arrivi impedendo le partenze. C’è un triangolo di Paesi fondamentale: il Niger, con cui siamo vicini a chiudere un accordo, la Tunisia e la Libia”. Lo annuncia il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, in un’intervista alla Stampa in cui definisce inaccettabile la rivolta di Cona: “Noi ci muoviamo con rigore e umanità, abbiamo salvato molte vite ma non possiamo accettare da nessuno violazioni delle regole. Per questo dobbiamo accelerare su espulsioni e rimpatri”.

“All’Onu dobbiamo portare l’attenzione sulla sicurezza e i grandi flussi migratori del Mediterraneo, e dobbiamo affrontare il problema alla radice: sono i conflitti che hanno sconvolto la Siria e l’Iraq all’origine dei flussi di milioni di rifugiati”, dichiara Alfano. Anche al G7 di Taormina “vorrei che ci fosse una postura accentuata sulla sicurezza nel Mediterraneo e il contrasto al traffico di esseri umani”.

Sul fronte della sicurezza, “viviamo in un sistema di terrorismo globale che non ammette risposte nazionali”, afferma Alfano, che si dice “non ancora soddisfatto” della cooperazione europea. “Conosco i tempi dello Stato di diritto, ma qui ci sono le lentezze, le balbuzie di Stati che non scambiano informazioni. Dobbiamo rilanciare l’idea di una difesa comune: l’anniversario del Trattato di Roma, a marzo, sarà un energico rilancio del progetto europeo”.

Nell’intervista Alfano risponde al generale libico Haftar, che ieri ha accusato l’Italia di essersi schierata dalla parte sbagliata: “Non abbiamo fatto una scelta a favore di qualcuno, sosteniamo il governo riconosciuto dall’Onu e aiutiamo chi lotta contro il terrore, compresi i feriti di Haftar”.
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TeleModena, gruppo di italiani scampato all’attentato al Reina di Istanbul. Alfano: “Non risultano italiani coinvolti”

Un gruppo di italiani è scampato all’attentato presso il Reina di Istanbul gettandosi a terra non appena sono stati esplosi i primi colpi. Lo riferisce Tele Modena, sottolineando che si tratta di tre modenesi e alcuni loro amici bresciani e palermitani che da tempo vivono nella capitale turca per ragioni di lavoro. La gente festeggiava e mangiava, riferiscono all’emittente, e quando sono stati esplosi i primi colpi è scattato il panico. Secondo la loro ricostruzione, due sarebbero stati i punti di fuoco: la pista al centro del locale e il piano superiore. Molte persone sono rimaste ferite nella calca e anche gli italiani hanno riportato escoriazioni e contusioni di lieve entità.

Al tg2 Angelino Alfano aveva detto che “stiamo contattando tutti gli italiani registrati in quel paese. Fin qui non abbiamo avuto fortunatamente riscontri negativi. Continuiamo a monitorare la situazione”. Il ministro degli Esteri ha aggiunto che “l’unità di crisi della Farnesina è attiva 24 ore su 24 e non faremo mancare nessun sostegno se questo sarà necessario”. “Ma fortunatamente – ha ribadito il capo della diplomazia italiana – fin qui le cose sono andate dal nostro punto di vista senza accertamenti negativi e dunque continuiamo in questa direzione”. Alfano ha quindi sottolineato che “occorre combattere uniti e combattere uniti contro il terrore significa battersi per la libertà, perché chi ha paura non è libero e loro vogliono esattamente toglierci la libertà”. “La comunità nazionale – ha concluso – deve essere unita al popolo turco e al tempo stesso la comunità internazionale deve essere unita nella lotta contro il terrore”.

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Crollo cavalcavia, la Provincia di Lecco smentisce l’Anas. Angelino Alfano: “Indagare sulle responsabilità” (VIDEO)

La Provincia di Lecco fa sapere che la ricostruzione dei fatti fornita dall’Anas sul crollo del cavalcavia ad Annone, che ha provocato un morto e cinque feriti, “non collima con le informazioni sull’accaduto in possesso della Provincia di Lecco”. L’ente “esprime cordoglio ai familiari della vittima e vicinanza ai feriti”. L’Anas sostiene di aver dato ordine di bloccare il cavalcavia anche con “ripetuti solleciti a una immediata chiusura”.

“Si precisa – spiega in una nota la Provincia di Lecco – che la ricostruzione dei fatti rappresentata dai comunicati stampa di Anas e dalle dichiarazioni dei loro responsabili non collima con le informazioni sull’accaduto in possesso della Provincia di Lecco”.

“Sono davvero rammaricato – commenta il Presidente della Provincia di Lecco Flavio Polano esprimendo cordoglio ai familiari della vittima e vicinanza ai feriti – per le comunicazioni rilasciate da Anas dopo l’evento con una tempistica quasi cronometrica, che addossano le responsabilità alla Provincia di Lecco, rispetto a una sequenza di fatti e circostanze che saranno chiariti dalle inchieste aperte, le quali stabiliranno le responsabilità”.

(continua a leggere dopo il video)

I vigili del fuoco al lavoro sul luogo del disastro

Sulla vicenda arriva il commento del ministro dell’Interno, Angelino Alfano: “Non bisogna mollare dall’idea di
indagare fino in fondo per capire le cause e di chi siano le responsabilità”. Il ministro aggiunge: “Per il resto, occorre ammodernare, aggiornare, ristrutturare e fare un lavoro di implementazione delle strutture pubbliche che questo Governo ha già avviato”.

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Tecnici al lavoro sulla statale 36


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