Le richieste della Bce su Mps sono pesanti, ma qualche margine di trattativa c’è. Nella conferenza stampa di fine anno, il premier Paolo Gentiloni è tornato sulla polemica con Francoforte, che ha chiesto una ricapitalizzazione da 8,8 miliardi per Montepaschi, contro i 5 previsti prima dell’intervento dello Stato. “Non sono abituatissimo e un po’ mi ha colpito avere notizie così ‘ex abrupto’ il giorno di Natale – ha detto il presidente del Consiglio – ma terremo il punto”.
Dall’Ue è intanto arrivato il primo via libera all’intervento dello Stato in Mps. La Commissione ha accolto la richiesta dell’Italia di prolungare fino al 30 giugno 2017 lo scudo per la liquidità per le banche italiane e di usarlo con Montepaschi.
Adesso Bankitalia e il Tesoro hanno uno scampolo di tempo per dare alla banca senese il loro assenso – che è praticamente scontato – permettendole così di emettere bond garantiti dalla Stato. Fra gli addetti ai lavori, c’è chi ha notato come la comunicazione dell’Ue sia arrivata proprio all’indomani dell’uscita del ministero delle finanze tedesco, che aveva chiesto agli organismi europei di assicurare il rispetto delle regole da parte dell’Italia.
Il totale delle passività che Mps emetterà nel corso del 2017 è di 15 miliardi, in modo da riportare gradualmente la liquidità ai livelli di fine 2015. La banca potrà seguire due strade: emettere nuove obbligazioni e usare i ‘vecchi’ bond come garanzia per ottenere liquidità dalla Bce. In entrambi i casi, la garanzia pubblica porta il rating della banca a quello dello Stato, con abbassamento dei costi per l’istituto. Su tutto questo, il Cda farà il punto domani.
Riguardo la trattativa con le istituzioni europee, “siccome sarà un processo lungo alcuni mesi – ha spiegato il premier – ci sarà dialogo e confronto. Abbiamo fatto le nostre valutazioni e collaboreremo con maggiore spirito costruttivo possibile”.
Certo, ha aggiunto, “il fatto che si debbano mettere non quattro, ma 6,6 miliardi, è oggetto di discussione con la vigilanza della Bce, ma non mette in discussione la tranquillità, la capienza e la rilevanza del nostro intervento”. D’altronde, ha aggiunto Gentiloni, “quello che abbiamo fatto” per intervenire sulle banche in difficoltà, “non si conclude con il decreto” da 20 miliardi. Nella discussione con le istituzioni europee, ha assicurato, il governo farà di tutto “per tenere al centro la salvaguardia dei risparmiatori”. Il primo passo in quella direzione è stato fatto “con il decreto salva risparmio – ha spiegato Gentiloni – la cui attuazione sarà lunga e complicata, non ce lo nascondiamo, ma che è una decisione strategica”. Anche Bankitalia fa sapere che il coinvolgimento nel salvataggio della banca potrà essere “attenuato” per quei clienti che abbiano obbligazioni subordinate vendute “non rispettando corrette regole di trasparenza”.
Al governo resta l’amaro in bocca per il comportamento di Francoforte. In un’intervista al Sole 24 Ore, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che sarebbe stato utile conoscere i “criteri” seguiti per determinare l’aumento di capitale per Mps: “La mancanza di informazione – ha spiegato – si traduce in opacità”. Dall’intervista sono emersi anche diversi spunti sul nuovo piano industriale e sul futuro dei vertici della banca. “Daremo un’occhiata al cda – ha detto – ma l’ad Morelli non è in discussione”. Mentre sulla cessione dei crediti deteriorati, punto centrale di ogni azione di ristrutturazione dell’istituto: “Atlante come soggetto che si accollava le sofferenze non c’è più”.
BANKITALIA FA I CONTI. L’onere complessivo per lo Stato ammonta a 6,6 miliardi di euro. Nel dettaglio, è pari a 4,6 miliardi di euro l’onere immediato che comporterà per lo Stato la ricapitalizzazione precauzionale di Mps, cifra alla quale vanno aggiunti i circa 2 miliardi necessari per il successivo ristoro dei sottoscrittori di obbligazioni retail, che porterebbero il totale a 6,6 miliardi. L’onere a carico dei soggetti diversi dallo Stato, invece, sarebbe pari a circa 2,2 miliardi. Il costo totale, pertanto, si commisura a 8,8 miliardi. In particolare, 6,3 miliardi occorrono per riallineare il Cet1 ratio alla soglia dell’8 per cento; di questi, circa 4,2 sarebbero coperti dal burden sharing dei titoli subordinati e circa 2,1 sarebbero forniti dallo Stato. Altri 2,5 miliardi sono poi necessari per raggiungere la soglia di Total capital ratio (Tcr) dell’11,5 per cento, per compensare il venir meno, per il burden sharing, dei titoli subordinati (strumenti patrimoniali di minore qualità) computati nel Total capital. In questo modo il totale raggiunge quota 8,8 miliardi.