La sinistra dibatte cosa sarà dopo il referendum. Consapevole di avere tanti padri nobili, ma che le manca un figlio

Se a sinistra c’è vita bisogna rimettere insieme i pezzi, perché quella che un giorno era chiamata “plurale”, oggi è sparpagliata. Il referendum è lo spartiacque. Qualcuno ci crede, come l’associazione “Alternative” che a Roma ha messo in piedi tre giorni di dibattiti, dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris a Gianni Cuperlo, passando per Massimo D’Alema e Massimiliano Smeriglio. Ma soprattutto i movimenti e l’associazionismo romano che non rinuncia a farsi soggetto politico diffuso.

Il No al referendum come base per ricostruire qualcosa di diverso “fuori dai recinti”, come ci dicono gli organizzatori che scuotono la testa ai tentativi che ruotano intorno a Sel e al suo prossimo superamento. L’idea che porta De Magistris è carica di suggestione, quel municipalismo che mette radici anche all’estero e vuole addirittura superare il concetto di sinistra. “Andrò a Parma da Pizzarotti ma solo per raccontare l’esperienza napoletana” ci dice, non credendo all’ipotesi di un partito dei sindaci. Intorno ai cinque anni della Milano di Giuliano Pisapia, al cagliaritano Massimo Zedda (né col Pd né con Sel che lo ha eletto), vicino a esperienze come quelle della Regione Lazio: sono tutti terreni di confronto dai quali Alternative vuole ripartire senza identificare un punto d’arrivo.

“Se vince il No per il centrosinistra si apre una speranza” dice Massimo D’Alema che vuole portare avanti “solo” questa battaglia referendaria, per poi tornare alla sua fondazione di studi socialisti a Bruxelles. Un’idea però ce l’ha e non è quella che porta a una sinistra che si guarda allo specchio, residuale, “perché stare in minoranza non mi ha mai appassionato”. Elezioni americane, i nuovi populismi, la debolezza dell’Europa: per questi pezzi di sinistra sono terreni di sfide cruciali ma “nessuna scorciatoia nazionalista potrà servire a recuperare terreno” dice Smeriglio. Sul punto, la critica dura a Renzi che togliendo la bandiera europea ha solo fatto “un giochino di marketing politico di bassa lega”, una trumpizzazione solo in funzione della campagna referendaria. D’Alema lo segue avvertendo che l’Italia “non ha nessun interesse a indebolire l’Europa” e la risposta di Jean Claude Juncker a Trump è stata “dignitosa”.

Si torna al referendum ma al solo pensiero che con una nuova legge elettorale la riforma renziana si possa digerire, richiama il sarcasmo dalemiano . “Ci dovrebbero essere dei limiti costituzionali all’ingenuità” dice riferendosi al documento firmato da Gianni Cuperlo, “un fogliettino di cose senza senso perché, se vince, Renzi va alle elezioni, chiaro come il sole”. Più volte scatta l’applauso, ci sono alcune centinaia di persone, molte delle quali politicamente orfane, a cui D’Alema ricorda che il partito di Renzi ha estromesso un bel pezzo di sinistra. Tuttavia sfugge anche solo all’idea di poter essere un punto di riferimento per ciò che a sinistra spunterà dopo il 4 dicembre. Anche perché in sala si sente dire che la sinistra di padri nobili ne ha molti. Forse è un figlio quello che le manca.
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