Gioia e rabbia a Rigopiano. All’ospedale convivono i sentimenti opposti delle famiglie coinvolte nella tragedia

Il sollievo e la commozione da una parte. L’angoscia e la rabbia dall’altra. Ecco i due volti delle famiglie coinvolte nella tragedia dell’hotel Rigopiano, dove c’è chi si è salvato e chi è ancora sommerso. Davanti l’ingresso del pronto soccorso di Pescara, il dolore di ieri ha lasciato spazio al sorriso. Fratelli, figli, cugini attendono l’arrivo delle autoambulanze che trasportano i propri cari che ce l’hanno fatta a resistere alla slavina e a trentasei ore di gelo. Ci sono Riccardo e Piergiovanni Di Carlo, i fratelli del piccolo Edoardo che è stato tirato fuori dai soccorritori con addosso la sua felpa azzurra e la tuta da neve: “Voglio aspettare mamma e papà, altrimenti non vado via”, avrebbe detto il bimbo secondo quanto raccontato dalla zia Simona, alla quale risulta che anche i genitori siano stati ritrovati. Passano ore che sembrano interminabili, ogni auto, ogni ambulanza può essere quella che arriva da Rigopiano.

In realtà va tutto a rilento. Le notizie che trapelano dai Vigili del Fuoco, dalla Guardia di Finanza e dalla Protezione civile sono tante e confuse. Sia sui numeri dei sopravvissuti sia sulle persone che sono state estratte, per tutto il pomeriggio va avanti quindi un balletto di cifre. Chi ha la certezza che il proprio parente si sia salvato attende all’ingresso del Pronto soccorso, ma due piani più su scoppia la rabbia di chi non riesce a sapere nulla dei propri cari, se sono tra le persone ritrovate o tra quelle non ancora rintracciate.

Quando in serata i medici in conferenza stampa confermano che non ci sono stati nuovi ricoveri, un gruppo di familiari butta fuori tutto il suo dolore e la tensione di questi giorni: “Vergogna, i nostri parenti sono tre metri sotto la neve e sono cinquanta ore che aspettiamo, dovete dirci qualcosa. Parlate con la stampa e non con noi, non possiamo accettarlo”. È un misto di sentimenti l’ospedale di Pescara, raggiunto in giornata da tutti i parenti delle persone rimaste intrappolate nell’hotel, che si pensava fosse solo una tomba di ghiaccio.

L’arrivo dei tre bambini sopravvissuti, che si aggiungono Gianfilippo, già ricoverato, unisce per un attimo tutti i parenti in un sentimento di gioia come fossero un’unica famiglia: “I quattro più piccoli sono tutti vivi” e adesso saranno accuditi in ospedale. Samuel di sette anni scende dal mezzo di soccorso e ad accoglierlo lo attende l’abbraccio dello zio. Nella struttura ci sono già lo chef Giampiero Parete, che formalmente è stato dimesso, ma non lascia il reparto perché intanto sono arrivati la moglie Adriana e il figlio. Insieme per tutto il pomeriggio hanno aspettato la piccola Ludovica: “Manca solo la principessa”, dicevano gli amici. A tarda sera possono abbracciare anche lei. Piangono di felicità: “Siamo di nuovo tutto e quatto insieme”. E tutti sono in buone condizioni.

Sparsi nei corridoi dell’ospedale stazionano ancora i parenti che passeranno qui un’altra notte d’attesa. La terza. Il primario del pronto soccorso Alberto Albani apre le porte alla speranza: “Abbiamo notizie di altre persone che estratte e le stiamo attendendo. Siamo operativi e pronti per accogliere altri superstiti”. Si attenderà ancora, la notte potrebbe riservare qualche arrivo insperato o qualche conferma negativa. “Forse i più grandi sono rimasti lassù per dare indicazioni ai soccorritori”, ipotizza qualcuno. E in effetti può essere così. Di certo le operazioni sono complicatissime. L’elicottero nel pomeriggio non è riuscito più a volare e i bambini sono stati trasportati su due ambulanze, lungo stradine impervie e innevate fino a Penne e solo da lì in elicottero fino a Pescara. Oggi in tanti hanno urlando al miracolo, quando i Vigili del Fuoco hanno capito che c’erano sopravvissuti tra i blocchi di ghiaccio. “Abbiamo acceso un fuoco, quando abbiamo sentito l’arrivo dei soccorsi, per riscaldarci ma soprattutto far vedere dove eravamo”, ha raccontato Adriana, la moglie del cuoco sopravvissuta. Altri parenti ancora veglieranno per tutta la notte. Non si dorme da giorni: “Meglio stare in ospedale, in casa si sentono i loro odori,”, dice Simona, che attende ancora il fratello e la cognata.


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