Scoperta in Egitto un’antica città di 7mila anni fa e una necropoli databile alla Prima Dinastia

Un’importante scoperta contribuirà a far luce sulla storia dell’antico Egitto. Gli archeologi hanno riportato alla luce un’antica città databile a 7000 anni fa e una necropoli risalente alla Prima Dinastia, circa al 5300 a.C. secondo il Nouvel Observateur, nella provincia meridionale di Sohag. La scoperta, come riporta il Guardian, è stata annunciata dal Ministro delle Antichità Mahmoud Afifi. I reperti si trovano a 400 metri dal tempio di Seti I, nell’antica città di Abydos, dove gli archeologi hanno scoperto anche una serie di utensili e di ceramiche.

Questa città, secondo gli studiosi, era la sede di alti funzionari. Gli scavi hanno infatti portato alla luce delle tombe più grandi di quelle reali di Abydos della Prima Dinastia; una scoperta che certamente consentirà di comprendere meglio la ricca storia di questa antica città. Gli esperti ritengono che Abydos fosse la capitale dell’Egitto verso la fine del periodo predinastico e durante il regno delle prime 4 dinastie. Situato a sud del Cairo, il sito di Abydos è già un importante centro archeologico, che ospita la tomba di Osiride e quello di Seti I.

Il ritrovamento della città potrebbe permettere al turismo dell’Egitto, la fonte di ricchezza primaria di questo stato attualmente in crisi, di ripartire.


Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Vincenzo De Luca potrà fare il commissario della Sanità campana con un controllo ogni 6 mesi

La furbata è servita. Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca potrà diventare commissario della Sanità della sua regione. Ma per fare passare questa norma senza provocare troppe polemiche, si è trovato un escamotage. Il commissario della Sanità sarà infatti soggetto a verifiche ogni sei mesi: insomma, una specie di tagliando. È questo il contenuto del testo riformulato dell’emendamento alla manovra presentato in commissione Bilancio alla Camera, accantonato martedì in seguito a numerose critiche.

La formula è quella di consentire al presidente della Regione di diventare commissario della propria sanità regionale ma a patto che ogni sei mesi si verifichi che il suo operato sia conforme ai piani di rientro e che la performance sui livelli essenziali di assistenza sia positiva.

Il testo precisa che “i tavoli tecnici, con cadenza semestrale, in occasione delle periodiche riunioni di verifica, producono una relazione ai ministri della Salute e dell’Economia e delle finanze, da trasmettersi al Consiglio dei ministri, con particolare riferimento al monitoraggio dell’equilibrio di bilancio e dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.

Molto critica con l’emendamento, la grillina Silvia Giordano, che intervenendo in commissione Bilancio alla Camera ha detto: “Questa è una marchetta bella e buona perché i voti di De Luca vi fanno di un comodo impressionante, abbiate l’onestà di ammettere che volete solo i suoi voti”. C’è poi la Lega Nord che ha annunciato, per voce di Barbara Saltamartini, che occuperà la sala del Mappamondo, dove si stanno svolgendo i lavori, se si voterà l’emendamento.

Il cosiddetto emendamento De Luca ha fatto infuriare le opposizioni perché in questo si è visto un favore politico del governo al presidente della Regione Campania in cambio di un appoggio robusto al Sì in vista del referendum del prossimo 4 dicembre. Proprio nel Sud infatti il Sì risulta in difficoltà.

Di fatti, dopo una battaglia in commissione, e dopo che il ministro Beatrice Lorenzin aveva espresso parere contrario, l’ordine è stato diramato da palazzo Chigi: forzate, fatelo passare. L’ordine dei lavori ha poi previsto una discussione serale, dopo i tg, quando i riflettori sono spenti. Basta un sì, insomma, a Roma sull’emendamento, in Campania nelle urne.

E i pezzi da novanta piombano, per l’ultimo miglio, nel feudo del governatore. Giovedì Luca Lotti è a Salerno mentre il ministro del lavoro Giuliano Poletti si confronterà con Stefano Caldoro a Napoli. A Napoli invece arriva sabato il fiore dei sindaci di fede renziana: Dario Nardella, Matteo Ricci, Giorgio Giuseppe Falcomatà e Antonio Decaro, il sindaco di Bari diventato presidente dell’Anci proprio per rastrellare voti al Sud. Il Mattino parla anche di un’altra tappa di Matteo Renzi, di qui al 4 dicembre, sempre nella Campania di De Luca.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

“Ho praticato migliaia di aborti, ma non sono sereno: è come andare in guerra”. La confessione di un medico di Valdagno

Il Dott. Massimo Segato, sessantaduenne vice primario di Ginecologia all’ospedale di Valdagno, Alto Vicentino, ha raccontato al Corriere della Sera la sua storia di medico non obiettore e delle difficoltà che questa scelta, che egli definisce “di senso civico”, gli ha portato. Pur avendo alle spalle migliaia di gravidanze interrotte, l’intervista comincia proprio da un suo “errore”.

“Avevo aspirato qualcosa che non era l’embrione, avevo sbagliato. Una mattina ritrovai quella donna, aveva appena partorito. Mi fermò e mi disse: si ricorda di me dottore? Lo vede questo? Questo è il suo errore”.

Sono passai trent’anni da quell’episodio, che ha messo a dura prova la coscienza del medico. Segato racconta la sua come una missione, una scelta controcorrente soprattutto all’epoca, prima del 1978 e della legge sull’aborto.

“Le suore dell’ospedale si facevano la croce quando mi vedevano, il cappellano diceva che al mio confronto Erode era un dilettante”.

I tempi però non sono cambiati. Ancora oggi a Valdagno i medici obbiettori sono 6 su 8, Segato non giudica l’operato altrui, ma parla di una diffusa ipocrisia tra gli anti-abortisti.

“Per non parlare dei politici. Ricordo un caso dell’82: il primario mi chiama, mi dice Massimo questo è un caso delicato. Si trattava di un importante uomo politico sposato dichiaratamente contrario all’aborto che aveva portato l’amante. Il primario mi chiese di mettere la ragazza in un camerino a parte perché nessuno doveva sapere”.

Una scelta difficile, che ha segnato la vita di questo medico. Oggi Massimo Segato non opera quasi più, ma non si professa obiettore per non tradire la decisione che ha preso anni fa. Ma questa “missione” ormai è divenuta troppo dolorosa.

“La verità è che più vado avanti con gli anni e più sto male e intervengo così solo per emergenze. Se succede però non sono sereno. Come non lo sono le mamme che in tanti anni sono passate dal mio reparto. Non ne ho mai vista una felice del suo aborto”.


Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Tonny Vilhena perde la madre, la tifoseria del Feyenoord lo abbraccia col coro “You’ll never walk alone”

La canzone “You’ll never walk alone” ha risuonato questa domenica nello stadio di Rotterdam, ma a cantarla non è stata la tifoseria del Liverpool. Prima dell’inizio del match tra Feyenoord e PEC Zwolle i fan della squadra di Rotterdam si sono uniti in un coro struggente per sostenere il centrocampista della squadra Tonny Vilhena, che ha perso la madre il 30 ottobre. Tony, classe ’95, è molto amato dalla tifoseria locale e certamente avrà apprezzato il canto da 48mila voci in suo sostegno. La tifoseria, per accompagnare il coro, ha acceso migliaia di candele, creando uno spettacolo emozionante. Un gesto che porterà questa partita nella storia.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Tonny Vilhena perde la madre, la tifoseria del Feyenoord lo abbraccia col coro “You’ll never walk alone”

La canzone “You’ll never walk alone” ha risuonato questa domenica nello stadio di Rotterdam, ma a cantarla non è stata la tifoseria del Liverpool. Prima dell’inizio del match tra Feyenoord e PEC Zwolle i fan della squadra di Rotterdam si sono uniti in un coro struggente per sostenere il centrocampista della squadra Tonny Vilhena, che ha perso la madre il 30 ottobre. Tony, classe ’95, è molto amato dalla tifoseria locale e certamente avrà apprezzato il canto da 48mila voci in suo sostegno. La tifoseria, per accompagnare il coro, ha acceso migliaia di candele, creando uno spettacolo emozionante. Un gesto che porterà questa partita nella storia.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Referendum, corpo a corpo di Renzi contro “l’accozzaglia”. E sulle critiche di Napolitano tira dritto

A dodici giorni dalla fatidica ora X del 4 dicembre Matteo Renzi, come in una mano di poker, cala sul tavolo l’all in: “Non sarò della partita nel caso in cui le cose vadano male, dico no agli inciuci”. Piatto. Torna cioè la grande politicizzazione del referendum, come quando disse, “se perdo lascio la politica”, frase che aveva fatto sobbalzare i fautori del sì mite alla Giorgio Napolitano, o pezzi di renzismo di governo. E li fa sobbalzare ancora.

Proprio tra il premier e il presidente emerito la diversità di approccio è totale. Sentite Napolitano, ospite di Porta a Porta: “È diventata una sfida aberrante. Non votiamo al referendum per giudicare Matteo Renzi, per quello ci sono le elezioni politiche. Si vota quello che è scritto nella legge. Si vota su quello, non sulle motivazioni di Renzi”. Il premier aveva appena finito di spiegare, e così farà nei prossimi giorni, che il destino del governo è invece appeso al referendum: “Se volete una classe politica aggrappata alla poltrona e che non cambi mai prendetela, perché io non sto cosi. Io sto qui se posso cambiare le cose. Non sto qui aggrappato al mantenimento di una carriera. Non ho niente da aggiungere al curriculum vitae”. (Leggi qui il disappunto di Napolitano sulla linea plebiscitaria di Renzi).

L’opposto, appunto, del confronto oggettivo e di merito, invocato da Napolitano, critico anche sul grillismo di una campagna tutta giocata sui costi della politica. Personalizzazione, politicizzazione, l’ora e mezzo di #Matteorisponde su facebook diventa un corpo a corpo contro “l’accozzaglia”. Sarà il mantra degli ultimi giorni, fino al gran finale, per cui ha già dato l’ordine di riempire una piazza nella sua Firenze. Un’impostazione che riflette, innanzitutto, l’indole. E che rottama tutti consigli. Sia quelli di Napolitano, fautore di un confronto nel merito sia quelli di Farinetti, che suggeriva di essere più simpatici. Né pacatezza né simpatia: il premier è convinto che solo il corpo a corpo sposti gli indecisi: “A questo punto – spiega uno dei suoi – chi si doveva fare un’idea di merito, se l’è già fatta. Gli informati sono informati. Ora si mobilita sul messaggio ‘meglio io degli altri”.

Ecco una raffica di attacchi, battute ad effetto, contro la cosiddetta “accozzaglia” e i suoi protagonisti: “l vero pasticcio rischiano di farlo loro il giorno dopo”, “stanno cercando dio fregarvi sulla riforma, ci raccontano balle, sentiamo il rumore di unghie che si aggrappano agli specchi”. I bersagli preferiti sono “D’Alema, De Mita, Monti, Brunetta, Grillo” che “pensano che con questo voto si possa tornare a un sistema con cui si fanno inciuci in Parlamento”. L’Innominato è Silvio Berlusconi, il cui faccione non a caso non compariva nella famosa foto dell’accozzaglia. Perché è chiaro che il premier punta al voto di Forza Italia e quel voto si conquista evocando parole d’ordine berlusconiane o rendendo plastico, nei confronti tv, che i nemici del sì sono gli stessi nemici di Berlusconi, da Travaglio a Landini. Ed è chiaro anche che, dal mondo berlusconiano, non arrivano segnali di particolare ostilità (leggi qui), dal no “tiepido” del Cavaliere alla riforma, fino al sostegno delle reti Mediaset.

Scamiciato, nel suo studio di palazzo Chigi dove sono tornate le bandiere europee, linguaggio che non ha nulla di istituzionale, il premier piccona i Cinque stelle, da Beppe Grillo a Rocco Casalino: “Casalino mi sta simpatico, non lo conosco personalmente e io al Grande fratello ero più per Taricone, ma Casalino è passato dalla casa del ‘Grande fratello’ alla casa del grande Senato”. Parla di poltrone, di Casta, in un evidente tentativo di rivolgersi all’elettorato pentastellato minando la credibilità dei suoi dirigenti: “Dico agli elettori M5s: volete continuare a pagare i fondi del Senato perché quelli della comunicazione abbiano i rimborsi delle bollette? Amici come prima, ma poi non vi lamentate della casta”.

“Il treno non ripassa”, “tornano instabilità e galleggiamento”, “col sì stessa assistenza sanitaria per tutti”, “quando votate pensate ai vostri figli”. Palazzo Chigi è più il super comitato del sì che la regia del governo. E sarà così, fino alla fine, a colpi di 5 iniziative al giorno, trasmissioni, tg. Nei momenti di pausa, dal cellulare del premier parte anche il training autogeno ai suoi: “Vinciamo noi, sono sicuro” è l’sms mandato a parecchi in questi giorni.

Insomma, all inn. Con una differenza rispetto all’inizio. E cioè che il premier non ha alcuna intenzione di lasciare la politica. Anzi, questa mobilitazione, in caso di sconfitta, ha già dentro la strategia per il dopo: “Prende il 49, il 48? – prosegue il fedelissimo – Bene, quello è tutto suo, mentre l’ammucchiata sta nel 51. A quel punto dirà: lascio palazzo Chigi e voglio vedere cosa riuscite a fare, mentre girerà il paese da capo del Pd scagliandosi contro i nemici del cambiamento”. Lo schema è tre mesi di governo per la legge elettorale e nuovo all inn. Almeno questo è quel che spifferano a 12 giorni dal voto, forse anche per esorcizzare la paura che, mai come in questo caso, la sconfitta avrebbe un solo padre. E alla mano successiva, inevitabilmente, ci sarebbero meno fish da puntare.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Istat: Pil 2016 a +0,8%, 2017 +0,9%. “Crescita moderata, incertezze da tensioni sui mercati”

“Nel 2016 si prevede un aumento del Prodotto interno lordo italiano pari allo 0,8% in termini reali, cui seguirebbe una crescita dello 0,9% nel 2017”. È la stima dell’Istat nel rapporto sulle prospettive per l’economia italiana. L’ Istat spiega che “tra l’attuale quadro di previsione e quello presentato a maggio 2016, il tasso di crescita del Pil per l’anno corrente è stato rivisto al ribasso di 0,3 punti percentuali”.

Tra l’attuale quadro di previsione e quello presentato a maggio 2016 – rileva l’istituto di statistica, il tasso di crescita del Pil per l’anno corrente è stato rivisto al ribasso di 0,3 punti percentuali. “La minore vivacità dei consumi privati e degli investimenti ha portato a una revisione al ribasso del contributo della domanda interna al netto delle scorte di 0,2 punti percentuali. La domanda estera ha invece contribuito in misura lievemente negativa alla crescita (-0,1 punti percentuali) in linea con quanto riportato nel quadro previsivo rilasciato a maggio”.

“La stima preliminare del Pil per il terzo trimestre ha mostrato una ripresa dei ritmi produttivi”, rileva l’Istat “Le prospettive a breve indicano una prosecuzione della fase di crescita seppure con ritmi più moderati”. “Una ripresa più accentuata del processo di accumulazione del capitale potrebbe rappresentare un ulteriore stimolo alla crescita economica nel 2017. Tuttavia – sottolinea – le incertezze legate al riaccendersi delle tensioni sui mercati finanziari potrebbero condizionare il percorso di crescita delineato”.

Inflazione ferma nel 2016. “Già nei primi mesi del 2017 si prevede una ripresa dell’inflazione con una intensità più marcata nella seconda parte dell’anno”, scrive l’Istat. Secondo l’istituto, “determinanti risulteranno le condizioni di costo sui mercati internazionali delle materie prime, in particolare per l’approvvigionamento energetico. Nel quadro di una ripresa dei corsi petroliferi, il contributo all’inflazione della componente energetica è previsto diventare positivo”. Un elemento, questo, al quale va associato “il deprezzamento contenuto del cambio dell’euro rispetto al dollaro che spingerà al rialzo anche i costi degli altri input importati”.

Nella media del 2016, secondo le stime Istat, il deflatore della spesa delle famiglie risulterà invariato rispetto allo scorso anno, mentre nel 2017 la crescita del deflatore della spesa delle famiglie si attesterà in media all’1%.

Disoccupazione in calo nel 2017. Secondo l’Istat “l’occupazione aumenterebbe nel 2016 (+0,9% in termini di unità di lavoro) congiuntamente a una riduzione del tasso di disoccupazione (11,5%)”, rispetto ai livelli del 2015 (11,9%). “I miglioramenti sul mercato del lavoro proseguirebbero anche nel 2017 – prevede l’Istituto – ma a ritmi più contenuti: le unità di lavoro sono previste in aumento dello 0,6% e la disoccupazione si attesterebbe all’11,3%”.

• Segui gli aggiornamenti sulla nostra pagina Facebook

• Per essere aggiornato sulle notizie de L’HuffPost, clicca sulla nostra Homepage

• Iscriviti alla newsletter de L’HuffPost

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

M5s Palermo, spuntano firme clonate. Salgono a due i sospesi. Di Battista: “Non faremo sconti”

Non solo firme copiate ma alcune di quelle inserite negli elenchi ufficiali acquisiti dalla Procura di Palermo sarebbero state clonate. Convocati dai pm che indagano sul ‘caso M5s’, due testimoni, i cui dati si trovano in quegli elenchi, avrebbero riferito di avere firmato nei banchetti dei 5stelle per il referendum sull’acqua del 2011 e non per il sostegno alle liste delle comunali del 2012. Insomma, i loro dati sarebbero stati “rubati”. Un altro capitolo di una indagine spinosa, col Pd che soffia sul fuoco.

Domani davanti ai pm compariranno per gli interrogatori i primi indagati, almeno otto pentastellati, tra cui alcuni parlamentari nazionali e regionali. All’appello di Grillo che ha invitato a sospendersi dal movimento chi riceverà gli avvisi di garanzia oggi ha risposto un altro deputato regionale, Giorgio Ciaccio. È il secondo grillino a farlo dopo Claudia La Rocca, la supertestimone che ha collaborato con i magistrati dando un’accelerazione all’indagine e che si è sospesa due giorni fa.

Eletti nel 2012 all’Assemblea siciliana, La Rocca e Ciaccio fino a qualche mese fa hanno collaborato in modo stretto, facendo entrambi parte della commissione Bilancio dell’Ars, e animando, fuori dal Palazzo, il meet-up di Palermo. “Un uomo fa quello che deve – nonostante le conseguenze personali, nonostante gli ostacoli e i pericoli e le pressioni – e questo è la base di tutta la moralità umana”, ha scritto Ciaccio sul suo profilo Facebook, citando Winston Churchill. Sceglie Fb anche La Rocca per rompere il silenzio: “Io non voglio essere l’eroina, non voglio essere la protagonista, volevo solo mettere la parola fine ad una situazione che stava degenerando, tirando dentro tutto e tutti, e l’ho fatto nell’unico modo che conoscevo, la cosa che mio padre più apprezzava di me… Dicendo la verità”.

Il Pd però non molla la presa. Da giorni spara a zero contro Grillo e il direttorio, accusandoli di evitare nel loro tour per il no al referendum proprio la tappa Palermo. “Non è che avranno paura di incontrare i cittadini a cui hanno falsificato le firme? #omerta”, twitta il senatore Pd Ernesto Carbone. E il collega Francesco Scalia aggiunge: “I vertici pentastellati, che sapevano e hanno taciuto, non possono più balbettare, è doveroso chiarire e assumersi responsabilità che portano a Roma e Genova”. Per il vice capogruppo del Pd alla Camera, Silvia Fregolent, “Di Maio e Di Battista, Grillo e Davide Casaleggio continueranno a sminuire e a girarsi dall’altra parte o proveranno a fare chiarezza sulle nuove allarmanti denunce”, mentre la deputata Lorenza Bonaccorsi sostiene che “dalle firme false di Palermo agli scontri nella Giunta di Roma per i casi Muraro e ora Berdini, Beppe Grillo sta tentando di insabbiare le spaccature interne sperando di arrivare al 4 dicembre: un atteggiamento omertoso che sta crollando”.

Non ci sta Alessandro Di Battista, in tour a Messina per il no al referendum: “Non facciamo sconti a nessuno, valutiamo chi sono gli indagati e chiederemo loro di auto sospendersi. Se è tutto vero, è stato un errore grande e grossolano per delle elezioni dove comunque nessuno del movimento è stato eletto”. Gli fa eco la deputata Carla Ruocco (M5s): “La differenza tra il M5s e i partiti è che noi sospendiamo e allontaniamo chi sbaglia mentre gli altri se li tengono e li coccolano”. “Li hanno talmente ‘mandati via’ che all’appello di Grillo hanno risposto presente solo in due su circa trenta persone coinvolte nella firmopoli di Palermo”, ironizza Carmelo Miceli, segretario provinciale del Pd.
Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Banche italiane, scommessa a perdere: il disastro in borsa di Unicredit, Mps e le altre

Mediobanca fa, per Repubblica, i conti in tasca alle banche italiane sui redimenti in Borsa nell’ultimo decennio. E i dati, come vedremo, non sono affatto confortanti, anzi. Un esempio? Chi, scrive Sara Bennewitz, il 31 dicembre 2005 avesse investito 100 euro in Mps oggi si troverbbe in tasca 40 centesimi.

Il bilancio delle perfomance bancarie è pesantemente in perdita, sia in valore assoluto, sia rispetto all’indice azionario di Mediobanca. Ma se la tendenza generale è negativa per fortuna ci sono anche eccezioni: Intesa Sanpaolo in termini di performance è la migliore delle banche tricolore e l’unica ad aver battuto quanto a ritorno complessivo sull’indice Mediobanca realizzando una perfomance che è più del doppio rispetto all’indice bancario. Resta che la miglior delle banche italiane, in 10 anni ha reso meno dell’indice Mts italia calcolato sul pacchetto di Btp.

Questo è ciò che riguarda le grandi banche, le piccole invece sembrano passarsela un po’ meglio. Scrive sempre Repubblica

C’è poi una rosa di banche a forte presidio locale di dimensioni medio piccole che senza soldi al mercato, ha fatto meglio di altri istituti più grandi che operano sullo stesso territorio. Come Credem o la Banca Popolare di Sondrio

Notizie Italy sull’Huffingtonpost

Siria, Oms: 5 giorni di raid su Aleppo est. Tutti gli ospedali sono fuori uso

Ospedali fuori uso ad Aleppo est dopo pesanti bombardamenti. Le versioni in merito però sono diverse: la direzione sanitaria della città e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) riferiscono che tutte le strutture sono fuori servizio, mentre l’Osservatorio siriano per i diritti umani fa sapere che alcune strutture sono ancora funzionanti ma molti residenti hanno paura a utilizzarle a causa dei bombardamenti. “Questa distruzione di infrastrutture essenziali per la vita lascia il popolo assediato, compresi tutti i bambini, gli anziani e le donne, senza alcuna struttura sanitaria che offra cure in grado di salvare vite evitando loro di morire”, afferma la direzione sanitaria di Aleppo in una dichiarazione inviata a Reuters da un funzionario dell’opposizione.

La rappresentante dell’Oms in Siria, inoltre, Elizabeth Hoff, ha riferito che un gruppo di agenzie umanitarie guidate dall’Onu che ha base in Turchia oltre il confine “ha confermato oggi che tutti gli ospedali di Aleppo est sono fuori servizio”. Diverse le informazioni fornite dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui appunto ci sono ospedali ancora funzionanti, ma la gente non li utilizza per paura.

Notizie Italy sull’Huffingtonpost