Secondo l’inchiesta della Royal Commission, in Australia il 7% dei preti cattolici australiani è stato accusato di abusi nell’arco di sessant’anni (tra il 1950 e il 2010), ma senza che la Chiesa abbia realmente cercato di affrontare ed estirpare il fenomeno.
I casi di pedofilia accertati dalla Commissione dopo quattro anni di indagini e audizioni, sono stati circa 4.440 solo tra il 1980 e il 2010, ha riferito nel corso di un’udienza, l’avvocato che assiste la Commissione, Gail Furness, che ha guidato l’inchiesta. E circa 1.880 sacerdoti (il 7% dei preti australiani appunto) risultano coinvolti, ma i reati contro i minori sono stati ignorati o peggio, ad essere stati puniti sono stati gli abusati.
Come è avvenuto anche negli Stati Uniti i vertici della Chiesa cattolica insomma invece di denunciare alle autorità i sacerdoti hanno preferito trasferirli di scuola in scuola, di parrocchia in parrocchia “senza che nulla sul loro passato fosse rivelato. Il segreto e gli occultamenti hanno prevalso”. L’età media delle vittime è stata di 10 anni e mezzo per le bambine e poco più di 11 anni e mezzo per i bambini.
Dati agghiaccianti. I dati sono stati resi noti questa notte nella prima delle tre udienze finali dedicate alla Chiesa cattolica dalla Commissione Reale sulla risposta delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori. La seconda inizierà intorno alla mezzanotte di oggi ora italiana. Si tratta dell’inchiesta più approfondita sulla pedofilia nella storia d’Australia, che ha indagato su tutte le confessioni religiose, enti di beneficenza, governi locali, scuole, organizzazioni comunitarie, gruppi di boy scout e club sportivi, e anche sugli appartenenti alla polizia.
Le agghiaccianti statistiche riguardanti il clero cattolico sono state presentate dalla Furness, che ha rivelato come la Santa Sede abbia rifiutato di consegnare documenti riguardanti sacerdoti australiani accusati di abusi. “La Commissione sperava di acquisire una conoscenza dell’azione intrapresa in ciascun caso”, ha detto Furness. “Ma la Santa sede ha risposto che non era possibile né appropriato fornire le informazioni richieste”.
Lo scopo delle udienze, ha dichiarato il legale della Commissione, è di rispondere alla domanda che rimane nella mente di tante vittime: come hanno potuto gli abusi essere commessi in tale scala? E perché sono stati coperti così a lungo? Le risposte delle diocesi cattoliche e degli ordini religiosi in tutto il paese sono state “tristemente simili”, ha detto.
Le vittime ignorate o peggio. “Le vittime sono state ignorate o peggio, punite. Le denunce non sono state investigate. Preti e religiosi sono stati trasferiti e le parrocchie o comunità dove sono stati trasferiti non sapevano nulla del loro passato. I documenti non sono stati conservati o sono stati distrutti. Hanno prevalso la segretezza e gli insabbiamenti”.
In alcune diocesi fino al 15% dei sacerdoti sono stati accusati di abusi fra il 1950 e il 2015. E fra gli ordini religiosi il peggiore è stato l’ordine di San Giovanni di Dio, dove si ritiene si sia macchiato di abusi uno sconcertante 40% degli appartenenti. Una proporzione arrivata al 32% tra i Fratelli Cristiani e 20% dei Fratelli Maristi, entrambi ordini che gestiscono scuole.
L’Ente formato dalla Chiesa cattolica per coordinare la risposta della Chiesa alla crisi, “Il Consiglio per la Verità, la Giustizia e la Guarigione”, ha ammesso che i dati “senza dubbio minano l’immagine e la credibilità del sacerdozio”. “I numeri sono scioccanti, sono tragici e indifendibili”, ha detto trattenendo le lacrime il Ceo del Consiglio stesso, Francis Sullivan, che ha parlato di “un massiccio fallimento” della Chiesa e di una corruzione del Vangelo. “Come cattolici, chiniamo il capo per la vergogna”, ha detto.
Il fascicolo su Pell al Procuratore di Victoria. L’inchiesta della Royal Commission getta un’ombra sul cardinale George Pell, che è uno degli esponenti più importanti della Curia di Papa Francesco, come prefetto della Segreteria per l’Economia. Pell infatti è stato fino al 2014 arcivescovo di Sydney e primate d’Australia e quindi il prelato più alto in grado del continente. Ed in particolare dal 1996 al 2001 è stato arcivescovo di Melbourne dove si è registrato il maggior numero di abusi , e dove il presule però rivendica di aver istituito la prima risposta in favore delle vittime (la cosiddetta “Melbourne response”). Uno schema di compensazione che è stata criticata per aver imposto un tetto molto basso ai risarcimenti alle vittime, una specie di transazione standardizzata, bloccando al tempo stesso ogni ricorso alla giustizia civile e penale. Nel febbraio dell’anno scorso, per tre giorni, il cardinale Pell era stato interrogato in video- conferenza con l’Australia in un albergo di Roma.
Ma poco tempo dopo Pell è stato anche denunciato per presunti abusi subiti da parte sua, da due suoi ex alunni della scuola primaria. Ieri – in concomitanza con la riunione della Royal Commission – la polizia di Victoria ha confermato (lo hanno riportato tra gli altri l’Australian e il Sidney Morning Post) di aver concluso l’istruttoria su di lui per questi due casi e inviato il fascicolo di indagine al Procuratore per le sue decisioni. È lo sviluppo più significativo delle accuse personali contro il Cardinale da quando tre detective della ”Sano Taskforce” (gruppo speciale di indagini sugli abusi su minori) sono volati a Roma per interrogarlo a metà di ottobre dello scorso anno. Pell, che ora rischia l’incriminazione formale nel suo Paese, ha sempre negato con forza ogni addebito.
Le dichiarazioni del suo successore Fisher. Con riferimento all’inerzia della Chiesa cattolica denunciata dalla Royal Commission, che concluderà i suoi lavori a fine anno, “quello che è stato rivelato è straziante”, ha commentato ieri l’attuale arcivescovo di Sydney ,Anthony Fisher, successore di Pell, in un messaggio pubblicato sul sito della diocesi.
“Mi sono sentito personalmente scosso e umiliato da queste informazioni, come lo sono stato da altre rivelazioni importanti della Commissione Reale fino ad oggi”. “Per mia vergogna e tristezza – aggiunge -, sembrerebbe che in tutta l’Australia ben 384 preti cattolici diocesani, 188 sacerdoti religiosi, 597 fratelli religiosi e 96 sorelle religiose hanno avuto accuse di abusi sessuali su minori fatte contro di loro sin dal 1950. Accuse sono state fatte anche contro 543 laici lavoratori della chiesa e altri 72 il cui status religioso è sconosciuto”.
Il caso australiano e il Vaticano. L’inchiesta della Royal Commission ha già provocato sconquasso in Vaticano, vista la posizione importantissima ricoperta da Pell chiamato proprio da Papa Francesco in un ruolo chiave: la riforma delle finanze vaticane.
Dopo l’audizione di Roma del febbraio dell’ scorso anno, uno dei membri della Commissione pontificia contro la pedofilia, guidata dal cardinale di Boston Sean O’ Malley, Peter Saunders , si è “autosospeso” in polemica con Pell. E le nuove direttive sulla responsabilità diretta dei vescovi per contrastare il fenomeno, prevedono che l’inerzia sia causa forzata di dimissioni.
Il Papa in persona il 31 luglio 2016 ,sul volo di ritorno dal viaggio in Polonia ha parlato invece delle accuse personali contro il Cardinale (quelle della polizia di Victoria) e ha affermato :”Dobbiamo aspettare la giustizia e non fare prima un giudizio mediatico, perché questo non aiuta. Il giudizio delle chiacchiere, e poi? Non si sa come risulterà. Stare attenti a quello che deciderà la giustizia”. E poi ha aggiunto: “ Una volta che la giustizia ha parlato, parlerò io”.
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