Una doccia fredda del tutto inattesa per i mercati, con l’euro che si impenna – seppure brevemente – oltre quota 1,12 dollari, i titoli di Stato dell’Eurozona sotto pressione e Wall Street che vira in negativo, mentre le piazze europee sono riuscite a salvarsi solo perchè l’indiscrezione – prudentemente – è circolata a Borse appena chiuse nel Vecchio Continente.
A dare lo scossone, l’ipotesi che la Banca centrale europea possa avviare il ritiro progressivo degli acquisti di titoli prima della conclusione del programma di quantitative easing, al ritmo di 10 miliardi di euro al mese. L’indiscrezione è partita dall’agenzia Bloomberg che, citando funzionari della Bce, spiega che a Francoforte starebbe emergendo un certo consenso sulla necessità di far partire il ‘tapering’ – sulla falsariga di quanto già fatto dalla Federal Reserve – che prevede la graduale riduzione degli acquisti di Bond attraverso il Qe la cui conclusione è fissata a marzo 2017.
Immediata la replica della Bce che esclude “discussioni” sull’argomento: “il Consiglio direttivo della Bce non ha discusso di questi argomenti – si legge in una nota ufficiale diffusa via mail – come ha detto il presidente Mario Draghi all’ultima conferenza stampa e durante il recente intervento al Parlamento europeo”. Ma la voce è più che sufficiente a far scattare l’allerta. Il solo accenno al ‘tapering’ ha gelato i mercati insinuando il sospetto che la Bce stia effettivamente iniziando a pianificare la sua ‘exit strategy’ e che l’indiscrezione sia stata fatta filtrare ad arte anche per ‘accompagnare’ le manovre della Federal Reserve: tra meno di un mese la Fed dovrebbe varare la stretta sui tassi mentre tutte le altre maggiori banche centrali continuano sulla strada iper- espansiva. E l’idea che ora anche la Bce inizi a pensare di rientrare nei ranghi può essere un buon assist e aiutare a minimizzare rischi di distorsioni. Così a poco sembra essere servita la postilla con cui le fonti dell’indiscrezione spiegano che la tempistica di un eventuale ‘tapering’ dipende dall’andamento delle prospettive dell’economia e che comunque non è escluso che il piano di quantitative easing possa essere esteso e marciare a pieno ritmo con acquisti di titoli per 80 miliardi mensili.
Lo stesso Draghi ha più volte ripetuto come un mantra che il Qe sarebbe durato “almeno” fino a marzo 2017 “o oltre se necessario” e comunque fino a quando non si vedrà una correzione significativa dell’inflazione accanto a segnali di miglioramento dell’economia. E se si considerano i prezzi anemici e la ripresa sempre a rischio, per il mercato appariva quasi scontato non solo lo scenario di una estensione del piano di stimolo monetario, ma anche la possibilità di un ulteriore ampliamento. Ora, invece, appare inevitabile rifare i calcoli e non resta che aspettare la riunione di politica monetaria della Bce del 20 ottobre per i nuovi indizi che Draghi farà emergere durante la conferenza stampa.
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