Ue, opposizioni all’attacco di Moscovici dopo l’apertura sulla flessibilità: “L’Italia è sovrana, no a ingerenze”

“Inaccettabili le ingerenze del Commissario europeo agli Affari Economici, Moscovici, sul referendum costituzionale e sulla sovranità nazionale dell’Italia. Il voto dei cittadini italiani sulla riforma della Costituzione, già violata da questa Unione Europea con l’inserimento del pareggio di bilancio dello Stato, non è un obolo da portare al ‘banco dei pegni’ dell’Europa”.
Lo dichiarano i deputati del M5S della commissione Politiche Ue riferendosi all’apertura di Moscovici sulla flessibilità.

“Ci preoccupa molto -aggiungono- il fatto che Moscovici affermi di voler sostenere Renzi contro una ‘minaccia populistà in Italia, quasi a voler fare da sponda all’attuale governo per conservare lo status quo, perché che sa che il M5S non terrebbe il gioco a questa Ue complice di banche e poteri forti ma lavorerebbe per creare un nuovo progetto di Europa che metterebbe alla porta lui e tutti gli interessi che rappresenta per fare spazio ai cittadini e alle comunità”, concludono i parlamentari 5stelle.

Anche Forza Italia attacca: “Renzi alla canna del gas: ha bisogno di aiutini Moscovici per avere qualche titolo benevolente dai giornaloni comunque amici…”, scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. “Uscita Moscovici chiaramente politica per aiutare partner in difficoltà. Ma scorretta da punto di vista istituzionale”, sottolinea in un successivo tweet. E ancora: “A cosa si riferisce Moscovici? Governo non ha ancora presentato Legge bilancio e Parlamento non si è espresso. Come si permette?”.

“Ringraziamo Moscovici per le sue dichiarazioni – afferma Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera – sono la dimostrazione che chi governa l’Italia lo sceglie Merkel e la partitocrazia europea. E’ folle e inaccettabile che un commissario europei affermi che la flessibilità si darà solo ai governi amici per evitare che elezioni democratiche scelgano rappresentati delle istituzioni a loro non graditi. Insomma, malgrado i teatrini dell’assurdo che Renzi fa contro l’Ue, abbiamo l’ennesima prova che il premier italiano è solo un burattino nelle mani di Merkel sulla testa e a spese del popolo”.

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Il sosia di Matt Damon in una foto del 1961. Il figlio posta online lo scatto delle nozze dei genitori e il web impazzisce

Immaginate cosa si prova nello sfogliare l’album di nozze dei propri genitori e scoprire che in realtà papà è Matt Damon. Stessa mascella importante, stesso sorriso a mezza bocca, stessa attaccatura dei capelli. Il doppelganger del famoso attore americano non è una star di Hollywood, ha 75 anni e vive a Seattle. Il figlio ha postato la foto del matrimonio con la madre su Reddit, scatenando un’ondata di commenti da parte degli utenti, impressionati dall’incredibile somiglianza.

My parents Wedding day, February 1961. I think Dad looks like Matt Damon…… from OldSchoolCool

“Il giorno delle nozze dei miei genitori. Febbraio 1961. Credo che mio padre somigli a Matt Damon”, si legge nella didascalia della foto, messa online dal nickname “coffeeandtrout”. Un matrimonio felice, fino alla morte di lei, lo scorso anno: “Papà sta cercando ancora di abituarsi. Erano grandi insieme”.

Il complottismo, però, è sempre di casa sul web e in molti si sono lanciati in ipotesi che potessero giustificare l’esistenza di un sosia, senza legami di sangue. All’inizio alcuni hanno pensato a uno scherzo e che nello scatto in bianco e nero fosse stato immortalato effettivamente l’attore. Altri hanno consigliato un test del Dna al figlio, per assicurarsi che nel suo albero genealogico non fosse presente qualche avo in comune con il Jason Bourne del grande schermo.

Alla fine la tesi più accreditata è stata però un’altra. “Coffeeandtrout” è Matt Damon e l’uomo nella foto è suo padre. Dietrologia a parte, sembra davvero non ci sia spiegazione logica e, parenti o no, somigliare a uno degli attori più belli di Hollywood è comunque motivo di vanto. Ma il figlio ha tenuto a precisare: “In realtà mio padre non è identico a Matt Damon: è più alto”.

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Referendum. Matteo Renzi non teme l’assist di Moscovici: risultati concreti sulla flessibilità

In Italia ”c’è una minaccia populista. E’ per questo che sosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue”. E ancora: “Ho fiducia che l’Italia se la caverà come sempre e risolverà i problemi con il nostro aiuto”. Sul piano concreto: la Commissione Ue è pronta a “considerare” le richieste di italiane di flessibilità per “le spese per i rifugiati” e per il “terremoto”. Pierre Moscovici parla a Washington e sembra un renziano. Il commissario agli Affari economici dell’Ue si schiera con il premier italiano nella difficile sfida per il referendum e, particolare non da poco, non crea disturbo a Roma. Perché, è la lettura che danno da Palazzo Chigi, il socialista Moscovici porta risultati palpabili: il suo ok oggi permette di sperare di chiudere la legge di stabilità abbastanza agevolmente. Il resto sono speculazioni astratte.

Insomma l’effetto ‘John Phillips’ non c’è. Le parole di Moscovici sono musica per le orecchie di Renzi anche se a pronunciarle è il commissario di un’Europa che ormai non suscita simpatia in nessun paese del continente. Stavolta il premier e i suoi non reagiscono con gelo, imbarazzo e distanza come è accaduto tre settimane fa, quando l’ambasciatore statunitense Phillips si è azzardato a dire che “una vittoria del no al referendum metterebbe a rischio gli investimenti americani in Italia”. Con Moscovici, commissario e uomo di mediazione nella squadra di Juncker, questo non succede. Anzi. A Roma sono contenti.

Primo perché l’ok di Moscovici sulla flessibilità, seppur non definitivo in quanto la partita con la Commissione si chiuderà tra un mesetto, lascia ben sperare sulla quadratura del cerchio anche per il 2016. E poi non è indifferente il mezzo con cui il commissario decide di dare il suo messaggio. Lo fa in un’intervista a Bloomberg, agenzia economica, e a Washington a margine dei lavori del Fondo Monetario internazionale. Dice Moscovici: “Abbiamo detto chiaramente cosa è la flessbilità nel gennaio 2015. Dobbiamo incoraggiare i paesi che creano molti investimenti, lo abbiamo fatto con l’Italia. Aiutare i paesi che portano avanti riforme strutturali affinché possano avere più tempo, lo abbiamo fatto con l’Italia. Abbiamo detto che saremmo pronti a considerare spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici come il Belgio. Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate. In generale un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio”.

Insomma, questa è l’Europa che si schiera con Renzi e si incarica di ‘garantire’ per l’Italia oltreoceano, quasi volesse calmare le acque dopo le dichiarazioni di Phillips e spingere sulla vittoria del sì al referendum. Ma c’è di più. I Dem di stanza tra Bruxelles e Strasburgo tracciano un ponte ideale tra Moscovici e Jean Claude Juncker, che ieri ha usato le stesse parole di Renzi: “Il vertice di Bratislava è stato un fallimento” sui migranti. Sostanzialmente gli ‘amici’ in Commissione Ue sono almeno due per Renzi: il commissario e il presidente, “determinati a difendere la stabilità di governo in Italia per tutelare un’Europa messa male: l’Italia di Renzi è diventata fondamentale per l’Ue”, ragionano in casa Dem a Bruxelles.

Eppure al referendum sulla Brexit, i commissari Ue si sono tenuti prudentemente a distanza dalla campagna elettorale di David Cameron per non urtare gli euroscettici del Regno Unito, anche se non è servito. Eppure per il referendum greco Juncker, Martin Schulz e altri leader Ue sono entrati a gamba tesa nella campagna elettorale per difendere gli accordi con la troika, non riuscendo a scongiurare la vittoria del no, ‘oxi’. Comunque abbia agito, l’Europa ha sempre perso la scommessa con i referendum.

Ma per l’Italia l’assist di Moscovici non rischia di danneggiare la campagna per il sì, dicono fonti vicine al premier che a Bratislava invece ha rotto con Merkel e Hollande per i mancati risultati sui migranti, convinto che un po’ di distanza con l’Ue faccia bene alla campagna per il sì. La ricetta però non si applica a Moscovici che sta seguendo passo dopo passo il cammino della legge di stabilità italiana, è in continuo contatto con Padoan e poi non è Katainen o Schauble. Insomma non è percepito come il ‘cattivo’ della situazione, bensì la ‘colomba’ contro i falchi, colui che ha le chiavi per liberare la manovra economica 2016.

Lo dimostra anche il fatto che stavolta, a differenza del caso Phillips, non scoppia la polemica politica. Anche se sia Arturo Scotto di Sinistra Italiana che Renato Brunetta di Forza Italia intervengono. “Ci mancava solo Moscovici. La politica economica dell’Europa dovrebbe essere decisa per rendere migliore la vita dei cittadini più deboli, non per salvare Renzi da improbabili minacce neopopuliste”, dice Scotto. ‘In Italia minaccia populista’. Moscovici offende popolo italiano. Democrazia fa paura a certa Ue. C’è da riflettere. Questa Europa non ci piace”, twitta Brunetta. Ma non si sviluppa un incendio di dichiarazioni.

“Apprendiamo che la Commissione europea apre alla flessibilità, è pronta a considerare alcune spese straordinarie, come quelle per la crisi di rifugiati o per le conseguenze di un terremoto ed altri eventi traumatici – dice invece Laura Garavini, dell’Ufficio di Presidenza del Gruppo del Pd alla Camera – E’ una buona notizia ed è anche la prova che la battaglia del governo Renzi per una Europa più giusta e solidale sta buttando giù qualche muro. Eppur si muove?”.
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Polished man: l’importante ragione per la quale alcuni uomini (e star) stanno postando foto con un’unghia smaltata

Scorrendo la bacheca di diversi social a qualcuno sarà capitato d’imbattersi nelle immagini di ragazzi con un’unghia smaltata. Se vi siete chiesti il perché di questa scelta vuol dire che quella foto ha ottenuto il suo scopo. Incuriosire gli utenti è il primo obiettivo che si è posto la campagna Polished man, lo scopo finale, invece, è quello di riuscire a creare un futuro senza più abusi sui minori.

“Polished Man incomincia smaltando un’unghia”, si legge nella spiegazione sul sito, “Quell’unghia conduce a una conversazione, quella conversazione ispira una donazione. La donazione permette di sensibilizzare, prevenire e proteggere. E si conclude con un mondo nel quale i bambini non debbano soffrire per la violenza”.

Paint it. #PolishedMan. Nailed it.

Una foto pubblicata da P O L I S H E D M A N (@polishedman) in data:

La campagna è stata promossa da Ygap, un’organizzazione no-profit australiana, che, per il terzo anno di fila, ha invitato gli utenti uomini ad abbracciare la causa e postare nel mese di ottobre un scatto con un’unghia colorata. Ad aderire sono stati anche alcuni artisti, tra cui l’attore Chris Hemsworth, che sul suo Instagram ha scelto lo smalto rosso per sensibilizzare sul tema.

L’idea a Elliot Costello, ceo di Ygap, è venuta in Cambogia, dove ha incontrato Thea, una ragazza che da piccola, mentre si trovava in orfanotrofio, era stata vittima di abusi fisici e sessuali. Elliot è rimasto colpito dalla sua storia, l’ha ascoltata raccontare la sua difficile infanzia, mentre gesticolava con le unghie smaltate. La campagna è un omaggio a lei, un modo simbolico per rappresentare le sue parole, nella speranza che qualche bambina venga salvata dal rischio di ripeterle.

Al momento sono stati raccolti 257mila dollari, fondi che verranno utilizzati per programmi di recupero dai traumi e per prevenire il rischio di abusi a livello globale.

Elliot Costello. #PolishedMan. Nailed it.

Una foto pubblicata da P O L I S H E D M A N (@polishedman) in data:

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Ricorso sul quesito referendario. “Spot per il Sì” per M5S e Sinistra. “Riprende il titolo della legge” per i dem. Il Colle si tira fuori

“Quella scheda è uno spot, così non rispetta la legge”. La guerra referendaria finisce tra carte bollate e ricorsi con i comitati del No che chiedono l’impugnazione del quesito che comparirà sulla scheda davanti al Tar. Dietro le quinte della tenzone giuridica, i senatori del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi e di Sinistra Italiana, Loredana De Petris che contestano la formulazione “impropria e incompleta ”che finisce per tradursi in uno “spot pubblicitario a favore della conferma e dunque inganna i cittadini”. La querelle è nota da quando è stata svelata la scheda che sarà consegnata agli elettori il prossimo 4 dicembre.

Questo il contenuto: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione, approvato dal Parlamento eccetera eccetera…?”.

“E chi non sarebbe d’accordo?”, dicono i fautori del No, secondo cui nella domanda per loro manca molto altro. Secondo le motivazioni presentate davanti al tribunale amministrativo dagli avvocati Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, quel testo non rispetterebbe la legge che regola i passaggi del referendum costituzionale. Il punto d’attacco è la legge 352 del 1970 dove all’articolo 16, si prescrive che nel quesito sia indicato il singolo o i singoli articoli della Costituzione oggetto di revisione. La seconda contestazione, riguarda la citazione sul “contenimento dei costi” che non trova riferimento nelle norme revisionate, ma è solamente una conseguenza e neppure poi tanto certa. Chiedono perciò di riformulare la domanda nella scheda al fine di rendere chiara in tutte le parti la scelta dell’elettore evitando letture distorte.

“Un ricorso pretestuoso, summa di cavilli” replicano dalla maggioranza, che si limita a ricordare come sia stata la Cassazione a dare il via libera al quesito. Il costituzionalista Stefano Ceccanti conferma che la domanda da sottoporre all’elettore “non può che riprendere il titolo della legge votato dalle Camere e che il richiamo ai singoli articoli non c’è stato neppure nelle precedenti consultazioni”. Ma la vicenda del ricorso fa tanto rumore e ottiene già il primo effetto di rimbalzare sul Quirinale contro il quale si rivolgono le sedici pagine di motivazioni degli avvocati Palumbo e Bozzi. Un quesito e una formulazione da cui la Presidenza della Repubblica si tira subito fuori, ricordando che “è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, secondo le norme e riproduce il titolo della legge approvata dal Parlamento”.

Fondate o meno le motivazioni del ricorso, il Colle non vuole entrare nella disfida restando in territorio neutrale. Una precisazione corretta per il costituzionalista Francesco Clementi, che definisce bene il percorso referendario. Interpellato dall’Huffington Post, spiega che le motivazioni del ricorso hanno pochi appigli. La legge 352 è chiara, e prevede due scelte differenti per la formulazione del quesito referendario. “In questo caso il governo ha preferito la seconda ipotesi così com’è avvenuto anche nelle precedenti tornate referendarie ”. Questa la domanda semplificata: “Approvate il testo della legge costituzionale… concernente… approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero …del …?”. Versione “più leggibile e aggiungo di buon senso”, spiega ancora il professor Clementi, “ perché supportata dalla giurisprudenza con una sentenza della Corte costituzionale: la scelta da sottoporre all’elettore deve essere intellegibile, questi deve capire ciò che sta votando, sia con il voto elettivo sia deliberativo come nel caso del referendum”.

Se lo scontro tra i Sì e i No, si arma delle baionette giuridiche, c’è da giurare che saranno due mesi di campagna elettorale senza esclusione di colpi e il campo di battaglia del Tar, sarà solo uno dei tanti.

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Banksy filmato mentre fa un graffito a Melbourne. Nel video il volto dell’uomo semicoperto

Banksy è stato finalmente scoperto? Una donna dichiara di aver catturato con una videocamera il volto (semicoperto) dello street artist più famoso del mondo. Lo racconta il Daily Mail Australia, l’uomo è stato infatti ripreso a Melbourne e alla vista della donna è fuggito via.

La donna, su Youtube il suo nome è Mia, stava camminando per le strade di Melbourne quando in un vicolo buio ha notato un uomo che stava facendo un graffito su un muro con una bomboletta spray. La donna si è avvicinata e l’uomo, non appena l’ha vista, si è messo il cappuccio ed è scappato via, ma prima ha cercato di fermare la videocamera della donna.

Il graffito raffigura una politica australiana, Pauline Hanson, nota per le sue posizioni contrarie all’immigrazione e, alla destra del disegno, c’è la firma di quello che la donna sostiene essere Banksy.

Lo street artist più famoso al mondo è stato veramente scoperto? Nessuno è mai riuscito a cogliere l’artista in flagrante e per tale ragione sono nate diverse teorie sulla sua misteriosa identità.

Nel video la donna rincorre l’uomo, che cerca di coprirle la telecamera con la mano e di allontanarla con delle parole. Poi l’autore del graffito è fuggito via dal vicolo correndo, accompagnato da due uomini.

Alcuni sospetti sulla veridicità del graffito sono nati per la firma, che in questo caso è fatta con lo stencil, che l’artista non ha utilizzato in passato, dunque l’autenticità dell’opera è dubbia secondo il Daily Mail.

Il Melbourne Hozier Lane è un luogo prediletto per gli street artists ed è proprio qui che la donna ha avvistato Banksy. Il graffito raffigura la politica del Queensland che indossa una maglietta con scritto “F*****o, siamo pazzi!”, un gioco di parole per lo slogan anti-immigrazione “F*****o, siamo pieni!” (in inglese tra fools e full). E a sinistra la scritta in rosso: “Per favore, spiegazioni?”, che è il motto della Hanson. Ultimamente, infatti, la politica ha fatto parlare di sé suscitando una forte indignazione per aver proposto l’arresto dell’immigrazione musulmana in Australia.

Le teorie sull’identità di Banksy sono molte e questa sarebbe l’ennesima. Già nel 2008 si credeva di aver scoperto il nome dell’artista con il sospetto che si trattasse di Robin Gunningham, ma tale voce era stata smentita da Banksy. L’ultima teoria lo identificava con il leader del gruppo musicale dei Massive Attack, Robert Del Naja.

Le opere di Banksy sono sparse in tutto il mondo e sono valutate anche 1,5 milioni di dollari. Ma l’identità dell’artista rimane ancora un mistero. Il video cattura il viso semicoperto dell’uomo, ma non è certo che il graffito sia realmente attribuibile a Banksy.

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Bce nega le indiscrezioni sul graduale ritiro del Quantitative easing

Una doccia fredda del tutto inattesa per i mercati, con l’euro che si impenna – seppure brevemente – oltre quota 1,12 dollari, i titoli di Stato dell’Eurozona sotto pressione e Wall Street che vira in negativo, mentre le piazze europee sono riuscite a salvarsi solo perchè l’indiscrezione – prudentemente – è circolata a Borse appena chiuse nel Vecchio Continente.

A dare lo scossone, l’ipotesi che la Banca centrale europea possa avviare il ritiro progressivo degli acquisti di titoli prima della conclusione del programma di quantitative easing, al ritmo di 10 miliardi di euro al mese. L’indiscrezione è partita dall’agenzia Bloomberg che, citando funzionari della Bce, spiega che a Francoforte starebbe emergendo un certo consenso sulla necessità di far partire il ‘tapering’ – sulla falsariga di quanto già fatto dalla Federal Reserve – che prevede la graduale riduzione degli acquisti di Bond attraverso il Qe la cui conclusione è fissata a marzo 2017.

Immediata la replica della Bce che esclude “discussioni” sull’argomento: “il Consiglio direttivo della Bce non ha discusso di questi argomenti – si legge in una nota ufficiale diffusa via mail – come ha detto il presidente Mario Draghi all’ultima conferenza stampa e durante il recente intervento al Parlamento europeo”. Ma la voce è più che sufficiente a far scattare l’allerta. Il solo accenno al ‘tapering’ ha gelato i mercati insinuando il sospetto che la Bce stia effettivamente iniziando a pianificare la sua ‘exit strategy’ e che l’indiscrezione sia stata fatta filtrare ad arte anche per ‘accompagnare’ le manovre della Federal Reserve: tra meno di un mese la Fed dovrebbe varare la stretta sui tassi mentre tutte le altre maggiori banche centrali continuano sulla strada iper- espansiva. E l’idea che ora anche la Bce inizi a pensare di rientrare nei ranghi può essere un buon assist e aiutare a minimizzare rischi di distorsioni. Così a poco sembra essere servita la postilla con cui le fonti dell’indiscrezione spiegano che la tempistica di un eventuale ‘tapering’ dipende dall’andamento delle prospettive dell’economia e che comunque non è escluso che il piano di quantitative easing possa essere esteso e marciare a pieno ritmo con acquisti di titoli per 80 miliardi mensili.

Lo stesso Draghi ha più volte ripetuto come un mantra che il Qe sarebbe durato “almeno” fino a marzo 2017 “o oltre se necessario” e comunque fino a quando non si vedrà una correzione significativa dell’inflazione accanto a segnali di miglioramento dell’economia. E se si considerano i prezzi anemici e la ripresa sempre a rischio, per il mercato appariva quasi scontato non solo lo scenario di una estensione del piano di stimolo monetario, ma anche la possibilità di un ulteriore ampliamento. Ora, invece, appare inevitabile rifare i calcoli e non resta che aspettare la riunione di politica monetaria della Bce del 20 ottobre per i nuovi indizi che Draghi farà emergere durante la conferenza stampa.

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Primo paziente al mondo a guarire dal virus dell’Hiv

La speranza è che un uomo di 44 anni possa essere la prima persona al mondo ad essere guarita completamente dal virus Hiv, ma il risultato definitivo si potrà avere solo fra qualche anno. Il paziente, riportano molti media tra cui il Guardian, è stato il primo a completare la sperimentazione di un nuovo protocollo messo a punto da diversi istituti britannici, e al momento il virus sembra sparito dal suo sangue.

La ricerca, condotta su 50 persone, combina l’uso delle terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus Hiv ‘dormiente’ nel sangue, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette. Nella prima persona che ha completato la cura il virus non è più rilevabile nel sangue, anche se il risultato definitivo del test non arriverà prima di cinque ani.

“Questo è uno dei primi tentativi seri di trovare una cura definitiva per l’Hiv – spiega Mark Samuels, dirigente dell’Nhs inglese che sta finanziando il test -. È una sfida enorme, ed è ancora all’inizio, ma il progresso è notevole”.

Ora, che con le terapie antiretrovirali si riesce a eliminare il virus Hiv nel sangue, la sfida è riuscire a stanarlo dai ‘reservoir’, i depositi nelle cellule in cui rimane dormiente ma pronto a riattivarsi.

Potrebbero esserci riusciti i ricercatori di un team britannico, che hanno annunciato al Sunday Times che il virus sembra essere sparito nell’organismo del primo paziente che ha concluso la loro terapia sperimentale.

Il protagonista della vicenda è un uomo di 44 anni, assistente sociale, che fa parte di un gruppo di 50 pazienti selezionato per ricevere la terapia. Il protocollo messo a punto dalle università di Oxford, Cambridge, Imperial College, University College London e King’s College combina l’uso delle terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus Hiv ‘dormiente’, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette.

“Questa è la strategia che seguono tutti i diversi gruppi che stanno affrontando il problema nel mondo – spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità -, fra cui anche uno europeo a cui partecipa anche l’Iss”.

“Trovare il modo di curare definitivamente la malattia è fondamentale perchè anche se le terapie antiretrovirali sono un grande successo, così come l’essere riusciti a portarle in Africa dove stanno salvando 17 milioni di persone, c’è un problema di sostenibilità di costi e di difficoltà ad aderire a una terapia che comunque va presa per tutta la vita. La notizia è quindi ottima, anche se bisogna aspettare prima di cantare vittoria, questo virus ha già dimostrato in passato di poter tornare dopo un po’ di tempo”.

“Il risultato definitivo del test, precisano gli stessi autori non arriverà prima di cinque anni. Nel cosiddetto ‘paziente di Berlino’, un uomo sieropositivo colpito da leucemia, l’Hiv è sparito dopo un trapianto di midollo. Nel 2013 aveva suscitato molte speranze la ‘Mississippi baby’, una bambina nata sieropositiva curata aggressivamente fin dalle prime ore di vita, ma anche in questo caso il virus, che sulle prime sembrava sparito, è tornato qualche mese dopo aver interrotto il trattamento.

Lo scorso anno i medici del Necker di Parigi hanno invece presentato il caso di una diciottenne anch’essa nata sieropositiva e curata con la terapia antiretrovirale fino ai sei anni. Nel sangue della ragazza, hanno spiegato i medici pur restando molto cauti sulle prospettive, il virus non è rilevabile ormai da 12 anni. “Le terapie antiretrovirali riescono già a eliminare il virus dal sangue, ma rimane quello il cui Dna è integrato con quello delle cellule – sottolinea Vella -. È quello che si ‘risveglia’ quando si interrompe la terapia, ed è il motivo per cui ci vuole sempre prudenza in questi casi, deve passare molto tempo prima di poter dire che una persona è guarita”.

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Ilva, boom di malattie respiratorie per i bimbi di Taranto

Un eccesso di ricoveri per patologie respiratorie tra i bambini, dai neonati ai 14enni, residenti a Taranto nei quartieri Tamburi (+24%) e Paolo VI (+26%). L’aumento di malattie neurologiche e cardiache, dei tumori a polmoni, stomaco e reni. Gravidanze “con esito abortivo” e casi di cancro alla mammella e alla cute tra le donne. Secondo lo studio epidemiologico commissionato dalla Regione Puglia per “valutare l’effetto delle sostanze tossiche emesse dall’Ilva”, sono questi i ‘mostri’ contro cui combattono dal 1965 oltre 321mila abitanti del capoluogo ionico e dei comuni limitrofi Massafra e Statte, seguiti fino al 2014.

Nell’indagine, presentata oggi, si evidenzia che non solo esiste una “forte relazione” tra “emissioni industriali e danno sanitario”, ma che “l’andamento della mortalità ha seguito in modo speculare quello della produttività e dell’inquinamento”.
Per questo, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano in mattinata aveva anticipato l’intenzione di impugnare dinanzi alla Consulta la legge “che impedisce alla magistratura di bloccare l’impianto”, poiché proroga i termini per l’adeguamento del siderurgico alle normative ambientali. Intenzione realizzata in serata quando la Giunta regionale in seduta straordinaria “ha deliberato di impugnare la legge numero 151/2016 che ha convertito l’ultimo decreto legge sull’Ilva”. La motivazione formale è la “lesione del principio di leale collaborazione che dovrebbe ispirare l’operato del legislatore” in quanto la legge “non prevede alcuna forma di coinvolgimento della Regione nella procedura di modifica o integrazione al piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, o di altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio” dell’Ilva. Per Emiliano, questa era una delle poche frecce che la Regione poteva ancora scoccare per “limitare i danni” di un “impianto che andrebbe bloccato fino a che non si sia in grado di funzionare senza pericolo”, oppure “rallentato” per portare i valori “fuori scala” a un livello “minimo”.

Anche per questo il governatore aveva già dato “indicazione all’Avvocatura regionale di istruire la richiesta di revoca dell’Aia”. Il rapporto, infatti, mette sotto accusa polveri sottoli (Pm10) e anidride solforosa (So2). Sostanze che tra la popolazione più esposta (a concentrazioni di 10 microgrammi al metro cubo) causerebbero un aumento della mortalità, rispettivamente, del 4% e del 9%. Entrambi gli inquinanti sarebbero dunque responsabili di nuovi casi di tumore al polmone (+29% le polveri e +42% la anidride solforosa), e di infarti del miocardio (+10% e +29%). Nel rapporto, inoltre, si è osservato “un eccesso di mortalità per tumore dello stomaco (+41%) e della pleura (+72%) tra i lavoratori impiegati in siderurgia”.
Questo studio, ha sottolineato Emiliano, è “da diversi giorni” sulla scrivania del premier Matteo Renzi ma col governo “non riusciamo ad avere un confronto sull’Ilva da “più di un anno, credo a questo punto per ragioni di natura politica”. Ora, però, “il governo ha l’obbligo giuridico di intervenire” con “provvedimenti immediati”. Ricordando infine di “non aver avuto risposta” neppure alla sua proposta di produrre acciaio in maniera meno inquinante, attraverso la decarbonizzazione del siderurgico, Emiliano ha concluso di essere “al limite della tensione istituzionale: non so cos’altro fare per tenere insieme il mio dovere con il principio di leale collaborazione col governo”.
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Grande Fratello Vip: anche il Ministro della Giustizia contro Clemente Russo

Due uomini, un divano, 4 chiacchere da camerata sulle amanti avute. Sembra una situazione normale, forse di dubbio gusto, ma niente di che. Se i protagonisti però sono Clemente Russo e Stefano Bettarini, e il divano è quello del Grande Fratello Vip, le carte in tavola cambiano, tanto da scatenare condanne e verifiche del Ministro della Giustizia.

Giovedì 29 settembre, intorno alle 3 di notte, Stefano Bettarini intrattiene l’atleta Clemente Russo raccontandogli dei suoi numerosi tradimenti verso l’ex moglie Simona Ventura, con cui era stato sposato dal 1998 al 2008. Racconta di Antonella Mosetti (anche lei nella casa del reality show), Alessia Mancini (all’epoca compagna di Ezio Greggio), Sara Varone e una certa Pamela, lasciandosi andare a commenti espliciti. Clemente ride, dà corda al compagno di chiacchiera.

Quando però Bettarini racconta di aver sorpreso la Ventura con un altro uomo, Clemente utilizza epiteti offensivi, aggiungendo che, sorpresa la donna in flagrante con l’amante, il calciatore avrebbe dovuto “lasciargliela lì nel letto, morta”.

Il tradimento maschile è goliardico e perdonabile, ma quello femminile no, anzi, deve essere punito con violenza. Questo emerge dai commenti pesanti, inadatti ad un atleta che rappresenta le forze dell’ordine. Simona Ventura si è immediatamente rivolta ad un legale per tutelare i suoi diritti e quelli dei suoi figli, “calpestati dalle dichiarazioni gravemente offensive rilasciate da due concorrenti del Grande Fratello Vip, evidentemente espressione del loro pensiero sul ruolo della donna e sulla famiglia”.

La nota dell’avvocato Alessandro Simeone, incaricato dalla Ventura, preannuncia gli sviluppi legali della vicenda.

“Clemente Russo verrà chiamato a rispondere di quanto commesso nelle sedi opportune; quanto a Stefano Bettarini, padre di due dei 3 figli di Simona Ventura, ogni commento appare superfluo. In ogni caso – sottolinea la nota dell’avvocato – lascia perplessi che alla casa di produzione del Grande Fratello Vip, responsabile di un programma ripreso da numerose telecamere, sia potuta sfuggire la situazione, visto che c’erano tutti gli strumenti per interrompere immediatamente la diffusione del dialogo offensivo e riprendere altro. Ritornare ancora sull’argomento, anche se in chiave chiarificatrice, aggraverebbe l’accaduto, ferendo un’altra volta i sentimenti e la serenità della mia assistita e, soprattutto, dei suoi figli, cosicché si confida che dell’episodio si riparli solo nelle sedi giudiziarie opportune”

L’ex calciatore aveva già dimostrato dubbio gusto rilasciando un‘intervista ad Alfonso Signorini sul matrimonio con la conduttrice televisiva, mentre questa partecipava al reality “L’Isola dei Famosi“. Questa conversazione non fa altro che aggiungere benzina sul fuoco.

Se Stefano Bettarini dovrà quindi vedersela con la ex moglie ed i suoi legali, Clemente Russo dovrà invece rispondere del suo comportamento al Ministero della giustizia.

Il ministro Andrea Orlando ha infatti chiesto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di valutare “con verifiche del servizio ispettivo, la conformità allo statuto deontologico del Corpo e la compatibilità con le istanze di tutela dell’immagine dell’Amministrazione penitenziaria dei recenti comportamenti del dipendente Clemente Russo, atleta delle Fiamme Azzurre della Polizia Penitenziaria”.

Le espressioni misogine emerse nella conversazione con Bettarini e i commenti omofobici pronunciati contro il concorrente Bosco Cobos, definito “friarello“, non potranno sparire con un semplice “scusate” in diretta.

Moltissime le condanne online, da parte di utenti ma anche personaggi dello spettacolo e giornalisti. Prese di posizione raccolte sotto hashtag di supporto come #iostoconsimona, e #BettariniRussoFuoriGF per eliminare i concorrenti dallo show Mediaset, al cui scopo sono state create anche petizioni online.

Il presidente del Codacons Carlo Rienzi aveva sottolineato le responsabilità anche della produzione televisiva. “È inaccettabile che in un paese dove ogni giorno ci si indigna per atti di violenza sulle donne e per gravi episodi omofobici, possano andare in onda trasmissioni nelle quali emerge sessismo, maschilismo e omofobia” aveva commentato il presidente. “La messa in onda in diretta di affermazioni offensive per la figura delle donne e per gli omossessuali, senza alcun contraddittorio o censura, lancia messaggi pericolosissimi ai più giovani, che come noto emulano i comportamenti dei personaggi famosi visti in tv”.

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