Sopra la bara una maglia dell’Inter. Accanto la moglie Erica piange e si dispera. Nella sala del consiglio comunale di Farindola oggi è arrivato il corpo di Alessandro Giancaterino, capo sala del resort Rigopiano travolto da una valanga killer. A salutarlo ci sono gli amici che hanno voluto poggiare la maglia della sua squadra del cuore: “Siamo tutti interisti”, dice il fratello Marco. Seduta c’è la moglie che non si dà pace, urla e stringe al petto una borsa dell’acqua calda portata dalle amiche perché aveva i brividi di freddo. C’è un paese intero in questa stanza, dove in fondo c’è lo stendardo di Farindola, comune difficile da raggiungere, a pochi chilometri da Rigopiano. In Chiesa non si può entrare perché gli ingressi sono bloccati dalla neve e alcune case hanno la luce a intermittenza.
Il dolore è qui, davanti a questa bara. La prima del disastro di Rigopiano. Erica, piegata in due, urla che “anche nella morte, Alessandro è riuscito a fare un miracolo”. Il miracolo di farsi ritrovare subito. È stato infatti il primo corpo individuato dai soccorritori. Il miracolo quindi di non farla aspettare e morire d’attesa. Questo dice la moglie: “Forse non ha sofferto, è morto secco, senza respiro”. L’altro fratello, Massimiliano, ex sindaco di Farindola, racconta di aver “sperato fino all’ultimo che fosse vivo, anche un minuto prima di riconoscerlo. Fino all’ultimo egoisticamente ho sperato che il suo portafogli fosse finito accanto a un altro corpo, ma poi mi è piovuta addosso la realtà durissima”.
Nell’ospedale di Pescara i parenti dei dispersi attendono ancora. Anche oggi, come ieri, non sono arrivate notizie di persone vive individuate sotto le macerie, ma i soccorritori continuano a scavare in condizioni meteo che complicano le operazioni. Domani mattina tutti i bimbi saranno dimessi dall’ospedale, mentre Vincenzo Forti resterà ancora in osservazione. Un amico è andato a trovarlo e si è presentato con un pesce gonfiabile, di quelli da spiaggia, per ricordargli che la vita prosegue. E infatti Vincenzo, che con Giorgia ha pregato da sotto le macerie, ha la passione del mare: “Desidero tornare in barca e andare a pesca”, ha confessato Vincenzo, ancora sconvolto da quanto è successo: “È stata una bomba, mi sono ritrovato pilastri addosso. In un attimo eravamo in un metro quadro, con Giorgia ci siamo abbracciati nutrendoci di neve”.
Farindola è stravolta. Attende ancora notizie di un’altra ragazza presente nel resort, la responsabile della spa. “La famiglia è chiusa in casa da giorni, aspetta la telefonata. Non è voluta andare in ospedale a Pescara, aspettano di essere avvisati. Ma qui non si è visto nessuno, neanche gli assistenti sociali sono venuti”, racconta Simona, all’ingresso della sala del consiglio comunale dove è arrivata, anche lei, per salutare Alessandro: “Non lo conoscevo benissimo, siamo di generazioni diverse, più che altro l’ho visto crescere. Ora bisognerà al figlio”.
Da fuori si sentono ancora le urla di Erica. La madre prova a calmarla, ma si dispera anche lei: “Era come un figlio per me”. Il papà di Alessandro resta seduto e piange senza fine con accanto gli amici che lo sostengono. Nessuno riesci a farsi una ragione di tanto dolore, all’improvviso in un posto conosciuto e frequentato da tutti. “Non avrei mai immaginato una cosa del genere nella mia vita”, dice ancora Erica: “La vita di Alessandro era là, sempre in albergo, non lo lasciava mai. Sono rimasti intrappolati”. Poi getta la borsa dell’acqua calda a terra e continua: “La montagna, la montagna”, grida con la voce rotta: “Montagna maledetta”.
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